1° Contenuto riservato: Lavoro sportivo: istruzioni fiscali dopo la riforma

CIRCOLARE MONOGRAFICA

A CURA DI STUDIO TRIBUTARIO GAVIOLI & ASSOCIATI | 10 OTTOBRE 2025

L’Agenzia delle Entrate fornisce importanti chiarimenti con la Risposta a istanza di consulenza giuridica n. 14/2025

La riforma del lavoro sportivo dilettantistico e professionistico ha introdotto rilevanti disposizioni che hanno interessato l’aspetto fiscale e contributivo, con disposizioni speciali e di favore sia a beneficio dei lavoratori, sia a vantaggio degli enti sportivi. L’Agenzia delle Entrate con un corposo documento (Risposta a istanza di consulenza giuridica 30 settembre 2025, n. 14 ) fornisce importanti chiarimenti alla richiesta di un ente pubblico, che ha posto una serie di quesiti sul trattamento fiscale dei redditi dei lavoratori sportivi e dei premi ricevuti e in merito ai requisiti di accesso al regime forfetario.

Premessa

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta a consulenza giuridica n. 14 del 30 settembre 2025, fornisce importanti indicazioni circa il trattamento fiscale dei compensi percepiti dai lavoratori sportivi nell’ambito del dilettantismo, dopo le novità introdotte con il D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36.

L’ente pubblico istante richiede chiarimenti in ordine all’applicazione di talune disposizioni introdotte dal D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, al fine di fornire indicazioni al riguardo agli enti sportivi.

La riforma del lavoro sportivo

La riforma del lavoro sportivo (art. 25 del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36), stabilisce anzitutto che è lavoratore sportivo:

  • l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo;
  • ogni altro tesserato che svolge verso un corrispettivo le mansioni che rientrano, in base ai regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, escluse le mansioni di carattere amministrativo-gestionale.
Il lavoro subordinato sportivo
La disciplina del lavoro subordinato sportivo, in ragione della sua specialità, prevede delle deroghe espresse a talune normative che interessano la generalità dei rapporti di lavoro subordinato. 
La riforma (art. 26 del D.Lgs. n. 36/2021) stabilisce infatti che ai contratti di lavoro subordinato sportivo non si applicano alcune disposizioni contenute:

negli artt. 45 e 18 della Legge n. 300/1970, recanti rispettivamente la disciplina degli “impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”, gli “accertamenti sanitari” e la “tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”;
in numerose ulteriori disposizioni in materia di licenziamenti (fra le quali quelle contenute nella Legge n. 604/1966, nella Legge n. 108/1990 e nell’art. 24 della Legge n. 223/1991).
Prestazioni di lavoro a tempo determinato
 Anche in relazione alle prestazioni di lavoro a tempo determinato il legislatore introduce alcune deroghe, prevedendo anzitutto la disapplicazione delle disposizioni di alcune norme (contenute negli artt. da 19  a 29 del D.Lgs. n. 81/2015D.Lgs. n. 81/2015). Nell’ambito del lavoro sportivo, infatti, il contratto di lavoro subordinato può contenere l’apposizione di un termine finale non superiore a 5 anni dalla data di inizio del rapporto.È, inoltre, ammessa la successione di contratti a tempo determinato fra gli stessi soggetti e la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società o associazione sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte – e, dunque, con il consenso del lavoratore per l’operatività della cessione – e siano osservate le modalità fissate dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e dagli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici.
Il lavoro sportivo dilettantistico
Diversamente da quanto avviene nel professionismo, nell’area del dilettantismo il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quando ricorrono i seguenti requisiti nei confronti del medesimo committente:

a. la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; al superamento di tale impegno orario resta dunque in capo alle parti dimostrare l’insussistenza degli indici relativi alla natura subordinata del rapporto;

b. le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici.
Trattasi di requisiti che, congiuntamente, sono sufficienti a dare luogo alla presunzione di lavoro autonomo tant’è che, anche in ragione della specialità del rapporto di lavoro sportivo, non è applicabile la disciplina in materia di etero-organizzazione (prevista dall’art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015).
Registro delle attività sportive dilettantistiche
La riforma del lavoro sportivo (art. 28, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2021), pone a carico del destinatario delle prestazioni sportive (associazione o società, Federazione Sportiva Nazionale, Disciplina Sportiva associata, Ente di Promozione Sportiva, associazione benemerita, anche paralimpici, CONI, CIP e società Sport e salute Spa) l’obbligo di comunicare al Registro delle attività sportive dilettantistiche i dati necessari per individuare il rapporto di lavoro sportivo.Tale comunicazione – se effettuata con i medesimi contenuti – equivale a tutti gli effetti alle comunicazioni al CPI – Centro per l’Impiego – (di cui all’art. 9-bis, co. 2 e 2-bis, del D.L. n. 510/1996  – Legge n. 608/1996).L’obbligo di comunicare i dati necessari all’individuazione del rapporto di lavoro sportivo – che va assolto entro il 30° giorno del mese successivo all’inizio del rapporto – può essere adempiuto, indifferentemente, tramite comunicazione al Registro delle attività sportive dilettantistiche oppure tramite la consueta comunicazione al CPI (per i rapporti di lavoro iniziati prima del 4 settembre 2023, l’obbligo in esame doveva essere assolto entro il 30 ottobre 2023).
Le prestazioni sportive dei volontari
Le prestazioni dei volontari sono comprensive dello svolgimento diretto dell’attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti.Le prestazioni sportive dei volontari non sono retribuite in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Per tali prestazioni sportive possono essere rimborsate esclusivamente le spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.
Il rimborso delle spese
Le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di autocertificazione (resa ai sensi dell’art. 46del D.P.R. n. 445/2000), purché non superino l’importo di 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso.I rimborsi non concorrono a formare il reddito del percipiente.Tali prestazioni sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva.Gli enti dilettantistici che si avvalgono di volontari devono assicurarli per la responsabilità civile verso i terzi, anche attraverso i meccanismi assicurativi semplificati (di cui all’art. 18, comma 2, del D.Lgs. n. 117/2017).
Rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale
Ricorrendone i presupposti, l’attività di carattere amministrativo-gestionale resa in favore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Discipline Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, riconosciuti dal CONI o dal CIP, può essere oggetto di collaborazioni (ai sensi dell’art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c.c.p.c.).Non rientrano viceversa tra i soggetti in questione coloro che forniscono attività di carattere amministrativo-gestionale nell’ambito di una professione per il cui esercizio devono essere iscritti in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali.Ai rapporti di collaborazione in questione si applica la disciplina dell’obbligo assicurativo (di cui all’art. 5, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 38/2000), secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.I collaboratori hanno diritto all’assicurazione previdenziale e assistenziale, con iscrizione alla Gestione separata INPS, secondo la relativa disciplina previdenziale.

Ritenuta sui redditi di lavoro autonomo superiori a 15mila euro

L’Agenzia delle Entrate osserva che il comma 6, dell’articolo 36, del D.Lgs. 28 febbraio 2021 n. 36,  dispone che “I compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di euro 15.000,00. Tutti i singoli compensi per i collaboratori coordinati e continuativi nell’area del dilettantismo inferiori all’importo annuo di 85.000 euro non concorrono alla determinazione della base imponibile di cui agli articoli 10 e 11 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446“.

Il successivo comma 6-bis , dispone che “Ai fini di quanto previsto al precedente comma 6, all’atto del pagamento il lavoratore sportivo rilascia autocertificazione attestante l’ammontare dei compensi percepiti per le prestazioni sportive dilettantistiche rese nell’anno solare“.

In sostanza è stabilita l’irrilevanza reddituale dei compensi fino a 15.000 euro percepiti dai lavoratori sportivi nell’ambito del dilettantismo.
Considerato che la norma stabilisce che detti compensi “non costituiscono base imponibile ai fini fiscali“, l’esclusione dalla tassazione, fino “all’importo complessivo annuo di euro 15.000,00”, trova applicazione in sede di determinazione della base imponibile, indipendentemente dalla categoria reddituale nella quale si collocano i relativi compensi.
Inoltre, l’ammontare dell’importo escluso, in quanto complessivamente individuato, non va ragguagliato al periodo di lavoro nell’anno e, per la medesima ragione, in un anno d’imposta il lavoratore sportivo può fruire di un’unica soglia di esclusione, anche qualora abbia stipulato più contratti di lavoro sportivo durante l’anno.

La norma richiede che il lavoratore sportivo rilasci all’ente che eroga i compensi un’apposita autocertificazione relativa ai compensi per prestazioni sportive rese nell’anno solare.

Il secondo periodo del comma 6, del citato articolo 36,  dispone che “Tutti i singoli compensi per i collaboratori coordinati e continuativi nell’area del dilettantismo inferiori all’importo annuo di 85.000 euro non concorrono alla determinazione della base imponibile di cui agli articoli 10 e 11 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446“, disciplinando in tal modo una specifica agevolazione ai fini dell’IRAP per gli enti che erogano compensi ai collaboratori coordinati e continuativi nell’area del dilettantismo. Visto il dato letterale della previsione normativa, non rilevano ai fini IRAP i singoli compensi di importo inferiore a 85.000 euro, mentre ciascun compenso di ammontare pari o superiore a detto importo rileva per intero ai fini della determinazione della base imponibile Irap dell’ente erogatore. La previsione non introduce, quindi, una “franchigia” da applicare ai singoli compensi di importo pari o superiore agli 85.000 euro.

Le somme versate ad atleti e tecnici che operano nell’area del dilettantismo, a titolo di premio e per la partecipazione a raduni, sono assoggettate alla ritenuta a titolo di imposta, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 30, comma 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Tale ultima disposizione prevede, tra l’altro, che per i premi dei “giuochi svolti in occasione di […] competizioni sportive” la ritenuta a titolo d’imposta è “fissata al 20 per cento“.

L’ambito oggettivo della disposizione in esame è circoscritto ai premi conseguiti dai predetti soggetti in funzione della loro partecipazione a competizioni sportive, nonché per la sola partecipazione a raduni, quali componenti delle squadre nazionali di disciplina nelle manifestazioni nazionali o internazionali.

La norma prevede che sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta non solo le somme conseguite a titolo di premi per la partecipazione a competizioni sportive nazionali o internazionali, ma anche quelle ricevute per la partecipazione a raduni, come componenti delle squadre nazionali di disciplina, a condizione che gli stessi raduni siano connessi alla preparazione delle predette manifestazioni nazionali e internazionali.

Si consideri, a titolo esemplificativo, il caso di lavoratore sportivo autonomo che presta la propria attività nei riguardi due diverse Associazioni sportive dilettantistiche – Asd.
Egli deve rilasciare a ciascuna di esse, in occasione di ogni singolo pagamento che riceve, un’autocertificazione sui compensi complessivamente percepiti, fino a quel momento, nell’anno solare.
L’Asd erogante può non applicare la ritenuta quando rileva, sulla base dell’autocertificazione ricevuta, che l’importo che deve erogare non supera l’importo complessivo di 15.000 euro fino a quel momento percepito dal lavoratore nell’anno solare. Qualora, di contro, l’importo erogato comporta il superamento dell’importo di 15.000 euro complessivi percepiti fino a quel momento dal lavoratore, l’Asd erogante è tenuta all’effettuazione della ritenuta di cui all’articolo 25, del D.P.R. n. 600/1973, per l’importo che eccede i 15.000 euro.

Regime di non imponibilità per autonomi e forfetari

Il secondo quesito posto dall’ente istante attiene alla soglia di non imponibilità di 15.000 euro relativamente ai lavoratori autonomi nel dilettantismo e per coloro che accedono al regime forfetario e relativo alle modalità di applicazione della soglia di esclusione di cui all’articolo 36, comma 6 , del D.Lgs. n. 36/2021, in caso di lavoratori sportivi del dilettantismo che conseguono redditi di lavoro autonomo, e per coloro che accedono al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89 , della Legge 23 dicembre 2014, n. 190; il problema nasce dal fatto che, in applicazione della citata disposizione agevolativa, rilevano quali componenti positivi del reddito di lavoro autonomo, per i lavoratori sportivi autonomi del settore del dilettantismo, i compensi che eccedono l’importo di 15.000 euro.

Pertanto, ai fini del reddito di lavoro autonomo del lavoratore sportivo autonomo (che rientra tra i redditi di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR, da determinarsi secondo le regole di cui agli articoli 54 e seguenti) viene assunto, tra gli elementi positivi di reddito, l’importo dei compensi che eccede i 15.000 euro, al quale devono essere sommati gli importi relativi agli altri componenti positivi di reddito, procedendo, successivamente, con la deduzione delle spese ammissibili.

Trattamento fiscale dei premi correlati alle manifestazioni sportive

Con riferimento al quesito posto dall’ente istante relativo alla rilevanza ai fini dell’accesso al regime forfetario dei rapporti da cui nel 2023 hanno originato compensi, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, ai fini della verifica delle cause ostative per l’accesso al citato regime nel periodo di imposta 2024, rilevino unicamente i rapporti di lavoro sportivo, così come disciplinato dal Decreto Legislativo, attivati nel 2023.

Pertanto, a detti fini, non rilevano i compensi rientranti tra i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR anche qualora i citati compensi siano stati erogati dal medesimo soggetto con il quale, nel 2024, viene attivato un rapporto di lavoro sportivo autonomo. Resta inteso, di contro osserva l’Agenzia delle Entrate che, qualora i compensi del 2023 originino da un rapporto di lavoro sportivo secondo la nuova disciplina, detto rapporto rileva quale causa ostativa ai medesimi fini.

Per i tecnici delle Entrate  restano esclusi dal campo di applicazione della ritenuta a titolo di imposta le somme che atleti e tecnici del dilettantismo conseguono in dipendenza dei contratti di lavoro sportivo di cui sono titolari, anche qualora dette somme siano qualificate nei contratti come “premi” correlati al raggiungimento di determinati risultati sportivi. Ciò in quanto tali somme costituiscono parti variabili della retribuzione fissata nel contratto e devono essere assoggettate ad imposizione unitamente alla parte fissa della retribuzione stessa, secondo le regole proprie della categoria reddituale in cui esse ricadono, in funzione della modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (ad esempio, lavoro subordinato o autonomo).

Sono, inoltre, esclusi dall’ambito di applicazione della ritenuta i premi corrisposti non al singolo atleta o tecnico, ma direttamente all’ente sportivo di cui questi ultimi fanno parte.

In base a quanto rappresentato in istanza, l’attività delle squadre nazionali rientra in ogni caso nell’ambito del settore del dilettantismo delle varie Federazioni, anche di quelle che hanno istituito il settore del professionismo sportivo.

Rilevanza Irap dei compensi sopra gli 85mila euro

La questione posta dall’ente istante è la seguente e riguarda gli enti che erogano i compensi: poiché la legge speciale prevede l’irrilevanza IRAP dei compensi inferiori a 85mila euro annui erogati in favore di collaboratori coordinati e continuativi dello sport dilettantistico, può ritenersi tale soglia una sorta di “franchigia”, con imponibilità della sola eccedenza?

L’Agenzia delle Entrate  ritiene che la norma agevolativa, prevendendo che non concorrono alla determinazione della base imponibile i singoli compensi per i collaboratori coordinati e continuativi nell’area del dilettantismo “inferiori all’importo annuo di 85.000 euro“, non introduce una “franchigia” da applicare ai singoli compensi di importo pari o superiore agli 85.000 euro, con la conseguenza che qualora uno (o più) dei singoli compensi superi l’importo di 85.000 euro, detto compenso rileverà per intero ai fini della determinazione della base imponibile Irap dell’ente erogatore.

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