1° Contenuto riservato: Responsabilità da provvedimento illegittimo: concorso di colpa

DIRITTO AMMINISTRATIVO

Consiglio di Stato – Sezione Quinta – Sentenza n. 368 del 17 gennaio 2025

Massima: “Non può ravvisarsi un concorso di colpa del danneggiato, riconducibile agli artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a., idoneo a precludere ogni pretesa risarcitoria, nel caso di incompleta instaurazione del contraddittorio processuale, dovendosi tener conto, ai fini della graduazione della ‘colpa’, dei temperamenti e/o correttivi previsti dal sistema ordinamentale in ipotesi di inesatto adempimento degli oneri processuali”. (massima ufficiale)

Con la sentenza che si annota, il Consiglio di Stato chiarisce la rilevanza che assume, ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa da provvedimento illegittimo, l’incompleta instaurazione del contraddittorio processuale nella fase cautelare.

La questione riguarda l’accertamento del grado di diligenza processuale che si deve pretendere dalla parte nel giudizio; diligenza che va necessariamente, per dettato legislativo (art. 30 c.p.a.), rapportata a quella ordinaria, ossia alla condizione soggettiva che si concreta nel doveroso adempimento di quegli oneri processuali che l’ordinamento pretende per la proposizione rituale della domanda, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio.

L’art. 30 del c.p.a. opera, infatti, una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di auto-responsabilità e sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati, recide il nesso causale che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., deve legare la presunta condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili.

Tanto premesso, ritiene il Consiglio di Stato che non possa essere ravvisato un concorso di colpa del danneggiato, riconducibile agli artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a., idoneo a precludere ogni pretesa risarcitoria, nel caso di incompleta instaurazione del contraddittorio processuale, dovendosi tener conto, ai fini della graduazione della ‘colpa’, dei temperamenti e/o correttivi previsti dal sistema ordinamentale in ipotesi di inesatto adempimento degli oneri processuali.

Va rammentato, infatti, che l’art. 27, comma 2, c.p.a. statuisce che:

Se il giudizio è promosso solo contro alcune delle parti e non si è verificata alcuna decadenza, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre entro un termine perentorio. Nelle more dell’integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali”.

L’art. 55, comma 12, c.p.a., dispone altresì che:

In sede di esame della domanda cautelare il collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio”.

Il sistema processuale, quindi, prevede un correttivo perché si possa impedire un arretramento del diritto di difesa della parte processuale pretermessa, posto che, come noto, l’art. 101 c.p.c. stabilisce che il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.

Ed ancora, nella fase cautelare, le regole processuali non comminano alcuna sanzione (ad esempio, d’inammissibilità, improcedibilità ecc.) in ipotesi di omissione della completa integrazione del contraddittorio, se non l’obbligo imposto dall’art. 27 c.p.a. sopra richiamato.

E va, altresì, tenuto conto che vi è una eccezione al divieto di pronunciarsi da parte del giudice della cautela, che riguarda le ipotesi di tutela cautelare anticipata, in cui l’irreparabilità del pregiudizio non consente di attendere una pronuncia del giudice emessa nel contraddittorio delle parti e rende necessaria la tutela ante causam o, comunque, inaudita altera parte.

La norma conferma che, nelle more dell’integrazione del contraddittorio, il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali (da intendersi come provvisori in attesa dell’integrazione e della possibilità del controinteressato di contraddire e di dedurre sul punto).

In definitiva, l’omessa integrazione del contraddittorio non è circostanza di per sé idonea a recidere il nesso di causalità giuridica ex art. 1227, comma 2, c.c., potendo al più rilevare, secondo una interpretazione rigorosa che il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, non condivide, ai fini di una riduzione del quantum risarcitorio dovuto ai sensi del primo comma del medesimo articolo.

Avv. Mariangela Di Biase

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