1° Contenuto riservato: Somministrazione di lavoro: le misure di prevenzione e tutela

CIRCOLARE MONOGRAFICA

Quadro legislativo di riferimento, indirizzi giurisprudenziali e considerazioni pratiche

DI LORENZO FANTINI | 27 NOVEMBRE 2025

La somministrazione di lavoro è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico in tempi relativamente recenti (nel 1997, quando si parlava di lavoro “interinale”) ma ha avuto da allora una sempre più ampia diffusione e applicazione. In tale contesto si pone il tema della ripartizione degli adempimenti prevenzionistici tra il titolare del rapporto di lavoro (l’Agenzia) e l’impresa che tale prestazione in concreto utilizzi (l’impresa utilizzatrice). La regolamentazione di riferimento è contenuta nel D.Lgs. n. 81/2015, il quale ha modificato l’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 prevedendo che la formazione, l’informazione e l’addestramento siano a carico dell’Agenzia ma anche consentendo alle parti una diversa ripartizione degli obblighi e, comunque, imponendo all’impresa utilizzatrice di applicare nei riguardi dei lavoratori in somministrazione le medesime misure di prevenzione e tutela applicate nei riguardi dei lavoratori dipendenti. La apparente linearità delle disposizioni legislative applicabili si scontra, però, con una serie di difficoltà applicative, sottolineate da una giurisprudenza ormai consistente in materia, della quale occorre tener conto nella gestione degli adempimenti prevenzionistici, perché la tutela sia davvero efficace.

Il quadro legislativo di riferimento

Le originarie disposizioni dell’articolo 3, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 in materia di somministrazione di lavoro sono state modificate dall’articolo 55, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (uno dei decreti legislativi di attuazione del c.d. “Jobs Act”), con la conseguenza che la disciplina legale al momento vigente in tema di gestione della salute e sicurezza nella somministrazione di lavoro va rinvenuta all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, che di seguito si riporta testualmente.

“Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale essi vengono assunti, in conformità al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore. L’utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori somministrati gli obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti”.

L’ultimo comma della normativa appena riportata evidenzia un elemento fondamentale, vale a dire che il soggetto principalmente obbligato nei riguardi del lavoratore avviato con contratto di somministrazione resta l’utilizzatore, al quale spetta garantire al lavoratore interinale condizioni di tutela analoghe ai propri dipendenti; egli, di conseguenza,  dovrà considerare la somministrazione di lavoro in sede di valutazione dei rischi (come, del resto, comunque imposto dall’articolo 28, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008) rimanendo obbligato non solo alla valutazione dei rischi per tali lavoratori ma, soprattutto, alla identificazione delle misure di prevenzione e protezione da garantire ai medesimi.

In tale contesto generale le previsioni che permettono alle parti di regolare tra loro la ripartizione di alcuni obblighi prevenzionistici vanno lette dall’impresa utilizzatrice con particolare cautela chiedendosi se quanto possa essere convenzionalmente lasciato all’Agenzia risulti poi davvero corrispondere ad un adempimento corretto e completo in ordine a luoghi di lavoro e rischi che l’Agenzia è normale che non conosca.

Ad esempio, è noto che i contenuti della formazione debbono essere conseguenza diretta e immediata della valutazione dei rischi, tanto che il Giudice può sindacare l’efficacia e l’effettività della formazione realizzata in concreto, anche qualora il datore di lavoro riesca a dimostrare di aver fatto seguire al lavoratore infortunato un corso di formazione con contenuti e numero di ore corrispondenti a quanto normativamente previsto (dall’articolo 37, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 e dal pertinente Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 17 aprile 2025, richiamato dal comma 2 del medesimo articolo 37).
In tale contesto, spetterà senz’altro all’azienda utilizzatrice dare prova della circostanza di avere valutato che la formazione “specifica” garantita dall’Agenzia al lavoratore interinale sia comprensiva esattamente (e non solo genericamente) dei rischi peculiari presenti nell’azienda utilizzatrice.

Il problema appena segnalato diventa davvero grave in relazione alle attività di addestramento, particolarmente importanti in materia di prevenzione di infortuni e malattie, che secondo quanto disposto dall’articolo 37, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 81/2008, vanno effettuate al momento dell’inizio dell’utilizzazione, da persona esperta e necessariamente sul luogo di lavoro. E’ chiaro che una attività di addestramento svolta in un luogo diverso (presumibilmente presso il somministratore o presso soggetti formativi di cui questo si avvalga per l’addestramento) da quello in cui il lavoratore opererà e/o su una attrezzatura diversa da quella che il lavoratore dovrà usare presso l’utilizzatore non solo non è conforme a quanto nella vigente legislazione (il citato articolo 37, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 81/2008) ma soprattutto rischia di essere gravemente inefficace in termini prevenzionistici aggravando il rischio infortunistico e, allo stesso modo, esponendo l’impresa utilizzatrice a possibili contestazioni giudiziali in caso di infortunio.

Gli indirizzi giurisprudenziali

Conferma di quanto appena esposto si rinviene, per tutte, in una ordinanza penale della Corte di Cassazione (9 maggio 2018, n. 11170, anche disponibile sul sito www.assolavoro.it) nella quale – in relazione a un grave infortunio occorso a un lavoratore “interinale” – la Suprema Corte, riformando sul punto la sentenza di secondo grado, argomenta nel senso della possibile assenza di responsabilità del somministratoreconfermando la condanna dell’utilizzatore.

In particolare, la Suprema Corte sottolinea come il fondamento della responsabilità o meno dell’imprenditore in caso di infortunio sul lavoro, anche nel lavoro interinale, rimane l’articolo 2087 c.c. in quanto “disposizione che individua, al pari delle disposizioni relative alla retribuzione, agli obblighi contributivi, assistenziali, assicurativi, il nucleo essenziale dei doveri contrattuali che pesano sul datore di lavoro. Questi ultimi, nella stessa previsione della disciplina in materia di somministrazione, continuano a permanere (art. 25) in capo al somministratore (…)”.
Tuttavia, “la particolarità del contratto di somministrazione, la presenza di una scissione tra utilizzatore e datore di lavoro, e, soprattutto, l’impossibilità giuridica e materiale che il somministratore disponga le cautele antinfortunistiche all’interno dell’azienda dell’utilizzatore, ha determinato la scelta legislativa di articolare differentemente gli obblighi datoriali e, deve ritenersi, le relative responsabilità. Sia nel D.Lgs n. 276/2003 (all’art. 23, comma 5), ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, che nel successivo art. 35 del D.Lgs n. 81/2015 (abrogativo dell’art. 23), il legislatore ha individuato,nella informazione dei rischi e nella formazione e addestramento all’uso dei macchinari, gli obblighi del somministratore, ed ha poi imposto all’utilizzatore, nei confronti dei lavoratori somministrati, i medesimi obblighi di protezione che la legge o il contratto pone a suo carico con riguardo ai suoi dipendenti. A disciplinare la materia è da ultimo intervenuto l’art 3, comma 5 del D.Lgs n. 81/2008 dispositivo delle misure in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, che ha chiarito ulteriormente che “nell’ipotesi di prestatori di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti,del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell’articolo 23 del citato Decreto Legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono a carico dell’utilizzatore“. Quest’ultimo intervento legislativo (…) è utile a comprendere come l’individuazione del soggetto responsabile e degli oneri di protezione a questo collegati, abbia seguito la strada della effettività del rapporto di lavoro e della sua concreta vicinanza ai soggetti che in esso vengono coinvoltiDall’assetto normativo così delineato consegue quindi un riparto di responsabilità che fa convergere sull’utilizzatore ogni finale responsabilità sugli specifici obblighi di prevenzione e protezionerelativi alla attività di lavoro prestata in suo favore e sul somministratore una responsabilità derivata dall’obbligo di informare e formare il lavoratore”.
In tale contesto logico, prosegue la Suprema Corte, “La possibilità di delegare all’utilizzatore gli obblighi in questione risponde ad una logica di effettività delle tutele in quanto sposta sul soggetto direttamente presente nel luogo di lavoro e diretto conoscitore dei macchinari, delle lavorazioni e, in sintesi, delle problematiche legate alla specifica sicurezza di quel luogo di lavoro, gli obblighi di puntuale e diretta formazione e informazione del lavoratore. La indisponibilità del luogo della prestazione da parte del somministratore determina, infatti, il rischio che gli obblighi formativi e informativi a lui rimessi in via primaria risultino poco efficaci. L’accordo in questione, se indicato (come richiesto dall’art. 23, comma 5 richiamato) nel contratto individuale di lavoro, diviene opponibile anche al lavoratore, con ciò determinando l’ampliamento della obbligazione assunta dall’utilizzatore e la esclusione della responsabilità del somministratore”.

La Corte di Cassazione, quindi, conferma che soggetto comunque obbligato a garantire ai lavoratori interinali la cui prestazione utilizzi livelli di tutela obbligatori ai sensi e per gli effetti della vigente normativa antinfortunistica rimane il datore di lavoro utilizzatore e quasi “suggerisce” al medesimo di farsi comunque carico della formazione, dell’informazione e dell’addestramento del lavoratore in somministrazione utilizzando la convenzione con l’Agenzia per accollarsi gli obblighi che la norma attribuisce all’Agenzia.

In altre parole, in caso di infortunio la responsabilità andrà senz’altro comunque e sempre cercata in primis e necessariamente in capo all’utilizzatore e solo in via “residuale” nell’Agenzia di Lavoro; analogo orientamento si rinviene, tra le alter, in Cass. pen., 10 ottobre 2014, n. 42309, mentre la più recente Cass. lav., 10 maggio 2024, n. 12783, conferma il diritto dell’INAIL di agire “in regresso” in caso di infortunio sul lavoro nei riguardi dell’impresa utilizzatrice, tenuta all’applicazione delle misure di prevenzione e tutela nei confronti del lavoratore “interinale” analogamente a quanto dovuto nei confronti dei lavoratori propri dipedenti, con conseguente responsabilità risarcitoria in caso di inosservanza dell’obbligo di tutela (ai sensi dell’articolo 2087 c.c.).

Infine, piena conferma dell’orientamento qui ricostruito viene fornita da Cass. pen., Sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 5187, che conferma la condanna del datore di lavoro dell’impresa utilizzatrice per l’infortunio subito da una lavoratrice in somministrazione per non aver provveduto il datore di lavoro ad assicurare alla medesima una “adeguata e specifica formazione” (per usare la formula che si rinviene all’articolo 37, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008) e ribadendo, in termini generali, quanto segue: “…in caso di contratto di somministrazione, il datore di lavoro, anche nella sua veste di utilizzatore, deve comunque ottemperare a un dovere di vigilanza e scrupolo nell’addestramento anche nei confronti del lavoratore interinale (ossia di un dipendente non stabilmente inquadrato dell’azienda, pur già dotato di una formazione da parte dell’agenzia fornitrice), dovendone ad ogni modo assicurare un’adeguata e specifica formazione rispetto alle mansioni cui verrà adibito e ai macchinari che dovrà utilizzare”. 

Va rimarcato, rispetto al caso di specie, come sia importante che la Suprema Corte concluda per l’insufficienza delle informative fornite, in quanto: “asseritamente demandate a mere disposizioni orali da parte dei dipendenti dell’impresa guidata dall’imputato (…) sulla cui precisione ed efficacia nulla è stato dimostrato” e che: “non sono oggettivamente apparse sufficienti e non risulta, peraltro, che all’infortunata sia stato messo a disposizione il manuale di istruzione per l’uso del macchinario (onere di specifica pertinenza dell’utilizzatore, con rappresentazione delle conseguenze pericolose dell’eventuale inosservanza delle istruzioni ricevute)”. Nel caso di specie, aveva affermato la Corte territoriale (la cui pronuncia è stata confermata dalla Suprema Corte) che: “fermo restando che non era stata fornita una procedura scritta, né un manuale per l’uso e la manutenzione della macchina non è dimostrato che la prassi verbalmente tramandata venisse generalmente osservata”.

Considerazioni pratiche

Il quadro legislativo e giurisprudenziale appena evidenziato consente di individuare una serie di scenari e adempimenti, come di seguito proposto.

A) Le parti decidono di confermare l’assetto legislativo di riferimento, affidando all’impresa di somministrazione gli adempimenti relativi alla formazione, informazione e addestramento del lavoratore in somministrazione e demandando all’impresa utilizzatrice tutte le restanti tutele (valutazione dei rischi in cui venga, nel relativo documento (DVR), inserita una parte sul lavoro in somministrazione, eventuale sorveglianza sanitaria (qualora la mansione di riferimento la richieda), eventuale fornitura di Dispositivi di Protezione Individuale, etc.).

In questo caso, occorrerà che l’impresa utilizzatrice fornisca all’Agenzia di lavoro interinale o il proprio DVR (almeno nella parte relativa alle mansioni alle quali verrà adibito il lavoratore in somministrazione) o, almeno, una lista dei rischi di riferimento (sempre tratta dal DVR) che sono propri delle mansioni che il lavoratore in somministrazione eseguirà; questo perché l’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, riferimento obbligatorio al momento applicabile in materia di formazione e salute e sicurezza sul lavoro anche per i lavoratori, impone di garantire che la formazione fornisca al lavoratore nozioni sui rischi specifici di mansione, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 37, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 81/2008. Resta inteso che la formazione del lavoratore interinale dovrà essere completata prima dell’inserimento presso l’impresa utilizzatrice, atteso quanto previsto dall’articolo 37, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008, che impone in modo inequivoco che la formazione (e, “ove previsto”, l’addestramento) del lavoratore debba essere garantita al momento “dell’inizio dell’utilizzazione”.

Chi scrive, tuttavia, reputa che la scelta qui descritta sia inopportuna rispetto all’addestramento, misura di prevenzione diversa dalla formazione (e, infatti, definita in modo differente dalla formazione all’articolo 2, comma 1, lettera cc) del D.Lgs. n. 81/2008 come segue: “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro”), ed eventuale, obbligatoria solo nei riguardi dei nuovi assunti o, comunque, di chi debba svolgere mansioni che richiedano l’utilizzo di attrezzature, macchine, impianti, sostanze o che, comunque, richiedano istruzioni operative di tipo pratico.

In simili casi, infatti, l’articolo 37, comma 5 , del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro impone che l’addestramento si svolga tramite “persona esperta” e, soprattutto, “sul posto di lavoro”. Dunque, anche nel caso che le parti optino contrattualmente per l’ipotesi A, resta più che opportuno che l’Agenzia garantisca evidenza formale all’impresa utilizzatrice rispetto all’avvenuta effettuazione di attività di addestramento tramite “persona esperta” in modo che si riproducano le peculiari condizioni di rischio che il lavoratore troverà presso l’impresa utilizzatrice. La necessità di una evidenza formale deriva, del resto, dalla semplice lettura dell’ultimo capoverso dell’articolo 37, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008, già citato, che dispone quanto segue: “Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”;

B) Le parti decidono di affidare all’impresa di somministrazione la formazione e l’informazione del lavoratore, prevedendo che spetti all’impresa utilizzatrice l’addestramento del lavoratore (sempre, ovviamente, che le mansioni di riferimento richiedano una attività di addestramento), oltre che tutti i restanti adempimenti prevenzionistici (valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria etc.), come già esposto in relazione all’ipotesi A.

In tal caso occorrerà inserire una clausola contrattuale nell’accordo tra le imprese e l’impresa utilizzatrice dovrà garantire, ove le mansioni lo richiedano (avuto riguardo a quanto venga previsto dal DVR), che prima dell’inizio dell’attività da parte del lavoratore interinale, il medesimo sia destinatario di addestramento, tramite “persona esperta” e “sul luogo di lavoro” (intendendosi come tale o la postazione lavorativa dove il lavoratore andrà ad operare o postazione lavorativa che riproduca esattamente le stesse condizioni di rischio “operativo”).

C) Le parti decidono che l’Agenzia provveda alla formazione “generale” del lavoratore, vale a dire alla progettazione ed erogazione di un percorso formativo coerente con quanto imposto dall’articolo 37, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 81/2008 (il quale specifica che la formazione del lavoratore deve riguardare i seguenti argomenti: “a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza”).

In concreto ciò significa che, avuto riguardo a quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, l’impresa di somministrazione dovrà procedere ad erogare un corso di formazione di 4 ore (con i contenuti di legge, già citati), dandone evidenza all’impresa utilizzatrice, la quale dovrà procedere ad erogare la restante parte della formazione (c.d. “formazione specifica”, di durata minima di 4, 8 o 12 ore, tenendo conto della circostanza che l’azienda sia considerata – ancora una volta secondo le previsioni di cui all’Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 – a rischio basso, medio o alto) e ad assicurare, ove previsto dalla legge e, di conseguenza, contemplato dal DVR, che il lavoratore riceva “addestramento”, prima dell’inizio delle attività lavorative. Ad avviso di chi scrive, questo è l’assetto più efficace in termini prevenzionistici, essendo più facile che garantisca la coerenza tra le attività di formazione e di addestramento con le condizioni di lavoro e di rischio presso l’impresa utilizzatrice.

D) Le parti affidano all’impresa utilizzatrice tutti gli adempimenti di legge in materia di formazione, informazione e addestramento. In questo (assai infrequente) caso, l’Agenzia si limiterà a inviare il lavoratore presso l’impresa utilizzatrice, che dovrà, sempre e comunque prima dell’inizio delle attività di lavoro, formare, informare e addestrare il lavoratore, secondo quanto già finora evidenziato.

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