1° Contenuto riservato: Valutazione dei rischi connessi alla specifica tipologia di contratto di lavoro

CIRCOLARE MONOGRAFICA

Aspetti metodologici, adempimenti pratici, divieti e redazione dei contratti

DI MARIO GALLO | 26 NOVEMBRE 2025

La gestione dei rapporti di lavoro incentrati su contratti c.d. “atipici” comporta diversi adempimenti specifici a carico dei datori di lavoro e anche molteplici problematiche da risolvere da parte dei professionisti che li assistono; in particolare, in tale ambito è centrale la valutazione dei rischi connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro, prevista dall’art. 28, c. 1, del D.Lgs. n. 81/2008, da riportare nel DVR.

Tale adempimento è fondamentale sia per poter legittimamente stipulare alcuni contratti – es. di lavoro a tempo determinato – che per identificare le misure di sicurezza che, per alcuni di essi, devono essere indicate nel contratto stesso.

Lavoratori tutelati e obbligo della valutazione dei rischi

Il datore di lavoro, sia pubblico che privato, nella gestione del rapporto di lavoro, com’è noto, deve adempiere a numerosi obblighi, tra i quali stanno assumendo, specie negli ultimi anni, un peso sempre maggiore quelli legati alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che comportano anche un coinvolgimento sempre maggiore della direzione HR e del Consulente del lavoro; tra questi quello fondamentale è certamente costituito dal dovere di valutare tutti i rischi ai quali sono esposti le lavoratrici e i lavoratori nell’esecuzione della propria prestazione lavorativa (artt. 2, c. 1, lett. q, 172829 e ss. del D.Lgs. n. 81/2008D.Lgs. n.81/2008).

Tale obbligo ha una portata particolarmente ampia e sorge, unitamente agli altri previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 e dalle altre norme in materia, qualora il datore di lavoro occupi – anche in modo irregolare c.d. “in nero” – almeno 1 lavoratore subordinato (art. 2094 c.c.)  o ad esso equiparato ai fini della tutela antinfortunistica; sotto tale profilo, infatti, rispetto a quanto prevedeva originariamente il D.Lgs. n.626/1994, il D.Lgs. n. 81/2008, ha notevolmente ampliato il quadro dei soggetti tutelati.

Infatti, se nella previgente disciplina si faceva riferimento essenzialmente al lavoro subordinato, l’art. 2, c. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che per “lavoratore” s’intende la: “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privatocon o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari…..”.

Al lavoratore così definito la stessa norma equipara numerosi altri soggetti come ad esempio:

  • soci lavoratori;
  • tirocinanti;
  • studenti in “alternanza scuola lavoro” (PTCO);
  • volontari.

La valutazione dei rischi, quindi, è finalizzata a garantire tutte le necessarie e specifiche misure di tutela, declinate nel D.Lgs. n. 81/2008 e non nominate dall’art. 2087 c.c., che in base alla particolarità del lavoro, all’esperienza e il progresso tecnologico sono necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica dei predetti prestatori di lavoro e a prescindere dalla forma d’impiego.

Di conseguenza, la valutazione deve essere globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori – da natura infortunistica, per la salute e organizzativi – che sono presenti nell’ambito dell’organizzazione, anche non avente uno scopo di lucro, in cui essi prestano la propria attività, i cui esiti dovranno essere riportati nel documento di valutazione dei rischi (DVR) unitamente alle adeguate misure di prevenzione e di protezione e il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.

Considerazioni pratiche

La valutazione dei rischi:

  • è legata alle diverse mansioni (art.2103 Cod. Civ.) che sono effettivamente svolte dai lavoratori e alle concrete condizioni espositive ai diversi rischi per la salute e la sicurezza;
  • richiede l’impiego di mansionari che fotografano ciò che i lavoratori effettivamente fanno;
  • per essere svolta correttamente presuppone, come punto di partenza, l’effettivo coinvolgimento oltre che del datore di lavoro e del RSPP, anche del medico competentedel RLS e degli stessi lavoratori (es. attraverso un piano di interviste incentrate sul rapporto tra mansione/rischi);
  • richiede un flusso informativo riguardante numerosi dati relativi all’organizzazione del lavoro – es. struttura del personale, tipologie contrattuali, PAT INAIL, denunce d’infortunio sul lavoro, sanzioni disciplinari, lavoro all’estero, dinamica delle malattie, lavoratori con disabilità, etc. – in possesso della direzione del personale e del consulente del lavoro; 
  • è un obbligo indelegabile del datore di lavoro – così come la redazione del DVR e la nomina del RSPP – secondo quanto prevede l’art. 17 del D.Lgs. n. 81/2008, e di conseguenza anche qualora il datore si affidi a consulenti tecnici esterni rimane esclusivo responsabile degli esiti e delle misure adottate (Cass. Pen. Sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6613);
  • deve essere aggiornata anche in caso di mutamenti dell’organizzazione del lavoro come, ad esempio, l’impiego di personale occupato in base a nuove forme contrattuali, oltre che nelle altre ipotesi previste dall’art. 29, c. 3, del D.Lgs. n. 81/2008 riportate nella sottostante tabella 1.

Tabella 1 – I CASI IN CUI È OBBLIGATORIO L’AGGIORNAMENTO DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI E DEL DVR

Fattispecie obbligatorie art. 29, c. 3, D.Lgs. n. 81/2008Esempi
a) In occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro significativeIntroduzione di un nuovo reparto produttivo
Variazione delle mansioni
Modifica del ciclo produttivo
Introduzione di un nuovo macchinario
Apertura di nuove unità locali
Ampliamento dello stabilimento
Modifica dell’organizzazione del lavoro con ricorso alla somministrazione di manodopera, lavoro a termine, etc.
b) In relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezioneIntroduzione di nuove tecniche o procedure di lavoro che consentono di eliminare un rischio 
c) A seguito di infortuni significativi Infortunio mortale
Infortunio con lesioni gravi o gravissime
Infortunio con lesioni non gravi ma che denota la presenza di carenze tecniche, organizzative, formative, etc.
d) Quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessitàLavoratori che denunciano disturbi comuni aventi quale causa l’impiego di una determinata sostanza chimica
Risultati delle analisi cliniche che mostrano un’alterazione di valori sintomatica dell’impiego di una determinata sostanza, della carenza di DPI o di errate procedure di lavoro

Forme flessibili d’impiego del personale e salute e sicurezza sul lavoro

I profondi mutamenti dei modelli economici-produttivi che si sono registrati a livello globale soprattutto a partire dal 2001, hanno portato in molti settori l’affermazione di organizzazioni del lavoro sempre più “flessibili” al fine di migliorare le performances e la competitività aziendale.

Tale risultato è stato reso possibile anche mediante l’apertura del mercato del lavoro europeo ai contratti di lavoro c.d. “atipici”; invero, anche se non esiste una definizione legale comunemente con l’espressione “contratti atipici” si vuole intendere essenzialmente tutte quelle tipologie di contratto di lavoro diverso dal modello socio-economico prevalente incentrato sul rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dell’art. 2094 c.c.

titolo esemplificativo rientrano, quindi, in tale nozione:
→ il contratto di lavoro a tempo parziale (art. 4 e ss. D.Lgs. n. 81/2015);
→ il lavoro intermittente (art. 13 e ss. D.Lgs. n. 81/2015);
→ il contratto di lavoro a tempo determinato (art. 19 e ss. D.Lgs. n. 81/2015);
→ la somministrazione di lavoro (art. 30 e ss. D.Lgs. n. 81/2015);
→ il distacco di personale (art. 30 D.Lgs. n. 276/2003)
→ le collaborazioni coordinate e continuative (art. 409, c. 1 , n. 3, c.p.c.)
→ il lavoro agile (art. 18  e ss., Legge n. 81/2017).

Invero, come si può agevolmente rilevare poiché si tratta di contratti specificamente disciplinati dal legislatore, qualificarli ancora come “atipici” risulta essere improprio mentre, invece, sarebbe più corretto definirli “forme d’impiego flessibili”.

Ma a prescindere da ciò il dato rilevante è che tali tipologie contrattuali comportano il sorgere di molteplici rischi aggiuntivi rispetto a quelli ai quali sono esposti i lavoratori occupati stabilmente in base al canonico contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e con orario pieno, che porta ad inquadrarli come una categoria “debole”, più esposta agli infortuni sul lavoro.                

Valutazione dei rischi legati alla specifica tipologia contrattuale

La crescente diffusione del ricorso nelle aziende a tali forme contrattuali flessibili ha indotto, quindi, il legislatore a intervenire sull’oggetto della valutazione, di cui all’art. 28, c 1, del D.Lgs. n. 81/2008, attraverso l’importante novella dell’art. 18, c. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 106/2009, che codifica il principio secondo il quale il datore di lavoro nel processo di valutazione dei rischi deve tenere in debita considerazione anche “… quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”.

Infatti, i dati statistici resi noti nel tempo dall’INAIL e il Rapporto OIL del 28 aprile 2010 “Rischi emergenti e nuove forme di prevenzione in un mondo del lavoro che cambia”, testimoniano che sono proprio i lavoratori con rapporto a tempo determinato, in somministrazione e, in generale, in base a forme flessibili d’impiego, ad essere esposti maggiormente agli infortuni sul lavoro e, al tempo stesso, come rivelano alcune ricerche sono anche maggiormente esposti ai rischi di natura psicosociale.

Alla luce di ciò il D.Lgs. n. 81/2015, in continuità con il D.Lgs. n. 276/2003, prevede anche per alcuni contratti “atipici” un divieto di stipula qualora il datore di lavoro non abbia effettuato la valutazione dei rischi: tale principio deve essere letto in combinato disposto con il citato art. 28, c. 1 del D.Lgs. n. 81/2008.

Considerazioni pratiche

La lavoratrice e il lavoratore che esegue la prestazione tramite i “contratti atipici” sono esposti a maggiori rischi “da flessibilità” (cfr. Cass. sez. Lavoro, n. 5241 del 2 aprile 2012 e n. 21683/2019) soprattutto perché:

  • è temporanea;
  • viene svolta in ambienti di lavoro poco conosciuti, con conseguenti maggiori rischi nell’uso delle macchine e attrezzature di lavoro, delle vie di transito e di fuga, etc.;
  • non consente spesso di realizzare il tempo minimo di familiarizzazione non solo con gli ambienti ma anche con le procedure di lavoro aziendali;
  • determina a volte un grado di percezione dei rischi affievolito da parte del lavoratore, che tende a dare scarsa importanza a quelli presenti nell’ambiente in cui agisce e alle misure di sicurezza e su tale atteggiamento spesso influisce molto anche la preoccupazione di perdere il lavoro;
  • a volte è gestita in modo non corretto attribuendo al lavoratore temporaneo maggiori carichi di lavoro (es. imposizione di continui straordinari) rispetto a quelli dei lavoratori stabilmente assunti;
  • comporta difficoltà d’adattamento organizzativo che può condurre ad un possibile isolamento del lavoratore temporaneo;
  • determina spesso un’attenuata motivazione;
  • amplia la sfera dei possibili rischi psicosociali (stress lavoro correlato, mobbing, burnout).

Aspetti metodologici applicativi

La valutazione dei rischi legati alla specifica tipologia contrattuale richiede, sul piano applicativo, un’attenta analisi preliminare delle diverse tipologie di contratti di lavoro flessibili che sono, in un determinato momento, applicati all’interno dell’azienda o dei quali se ne prevede ragionevolmente in futuro un ricorso, stabilendo la dimensione – ossia il numero di occupati distinto per tipologia contrattuale – e identificando i rischi potenziali da flessibilità, ossia quei rischi che potrebbero essere generati direttamente o indirettamente dall’architettura di ciascuno schema contrattuale, al fine di adottare le specifiche misure di prevenzione di carattere essenzialmente organizzativo che consentano di garantire al lavoratore una maggiore tutela.

Al momento sono, però, quasi rare le indicazioni sulla metodologia richiesta per compiere operativamente, in modo corretto, questa particolare valutazione che non è di facile effettuazione e richiede soprattutto un’approfondita conoscenza delle particolari problematiche gestionali che pone la salute e la sicurezza per i lavoratori “atipici”.

Chiarimenti applicativi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Sul piano applicativo alcune utili indicazioni operative si rintracciano nella nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) 21 dicembre 2020, prot. n.1148, nella quale ha risposto come segue.

Quesito dell’ITL di TorinoSi chiede se, con riferimento a quanto prevede l’art. 14, c.1 lett. c), del D.Lgs. n. 81/2015, recante il divieto del ricorso al lavoro intermittente per quei “datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”, la conversione del rapporto di lavoro intermittente in rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, possa ricorrere non solo nei casi di totale assenza del DVR ma anche qualora lo stesso, pur presente, risulti carente di una apposita sezione dedicata ai lavoratori a chiamata.

L’INL ha chiarito che:

Indicazioni dell’INLDal combinato disposto dell’art. 28, c. 1 del D.Lgs. n. 81/2008 e dell’art. 14, c. 1 lett. c), del D.Lgs. n. 81/2015, tenuto conto che il lavoratore è esposto a maggiori rischi:
il DVR dovrà contenere delle specifiche indicazioni in ordine alle tipologie contrattuali diverse da quella “comune” di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 81/2015 (lavoro subordinato a tempo indeterminato), quanto meno tese ad escludere i rischi alle stesse pertinenti nei termini chiariti dalla giurisprudenza di legittimità e a prevedere le correlate modalità per l’effettuazione dell’attività di formazione e informazione;
laddove i rischi connessi alle specifiche mansioni a cui tali lavoratori sono adibiti risultano individuati, valutati e classificati, unitamente alle relative misure di prevenzione e protezione e l’esposizione a fattori potenzialmente dannosi non risulta essere in alcun modo correlata alla peculiare tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro a chiamata, neanche sotto il profilo formativo, il DVR non potrà ritenersi incompleto solo in quanto privo di un dato formale quale la specifica sezione dedicata ai lavoratori intermittenti.
A quali contratti “atipici” si applica tale interpretazioneContratto di lavoro intermittente
Contratto di lavoro a tempo determinato
Contratto di somministrazione di lavoro

Soluzioni operative

Aggiornamento del DVR  

L’aggiornamento del DVR con la valutazione dei rischi connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro, può essere effettuata attraverso la seguente metodologia generale (si veda lo schema 1):

  • svolgimento di una riunione periodica di prevenzione (art. 35 del D.Lgs. n. 81/2008) in cui, oltre alle figure già previste dalla norma (datore di lavoro, RSPP, medico competente, RLS) partecipano anche il responsabile del personale e il consulente del lavoro, finalizzata a focalizzare i diversi aspetti della valutazione in oggetto, la struttura contrattuale;
  • individuazione delle diverse tipologie contrattuali “atipiche” presenti nella vigente legislazione e delle prescrizioni particolari sulla salute e la sicurezza previste (es. divieto di stipulare il contratto di somministrazione di lavoro qualora non sia stata effettuata la valutazione dei rischi);
  • catalogazione” nel DVR dei contratti “atipici” a cui attualmente l’azienda fa ricorso o ne preveda in futuro l’utilizzo;
  • analisi delle mansioni svolte o da svolgere da parte di lavoratori assunti con tali contratti e delle prevedibili condizioni di soggettive e di contesto;
  • valutazione dei rischi connessi alla specifica natura del rapporto contrattuale, sulla base della normativa e degli attuali orientamenti scientifici, delle esperienze pregresse e delle indicazioni fornite dagli stessi lavoratori;
  •  definizione, per ogni tipologia contrattuale “atipica” del quadro delle problematiche operative da risolvere e delle misure di prevenzione e protezione da mettere in campo;
  • tenere conto anche della valutazione dei collegati allo stress lavoro-correlato (art. 28, c. 1, del D.Lgs. n. 81/2008).

Informazione, formazione e addestramento

  • Integrare il progetto formativo dei lavoratori – ma anche dei preposti e dei dirigenti – tenendo conto anche dell’analisi del fabbisogno formativo e del contesto in cui sono chiamati ad operare quelli assunti in base a contratti “atipici”, secondo quanto prevede la parte IV dell’Accordo Stato – Regioni del 17 aprile 2025.
  • Programmare temporalmente i corsi di formazione e l’addestramento dei lavoratori in modo che siano erogati già al momento dell’assunzione (art. 37, c.4, D.Lgs. n.81/2008).
  • Sensibilizzare i preposti sui maggiori rischi ai quali sono esposti i lavoratori “atipici” e sulle corrette modalità di gestione.

Divieti e vincoli contrattuali

Il D.Lgs. n. 81/2015, prevede per la redazione e la stipula di diversi contratti di lavoro “atipici” alcune prescrizioni poste a maggior tutela del prestatore di lavoro.

Divieto di stipula del contratto

  1. Tra le varie ipotesi di divieto vige il principio che non è consentito stipulare il contratto di lavoro intermittente, a tempo determinato e di somministrazione di lavoro da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
  2. la violazione di tale divieto comporta, per i primi due contratti, la conversione del rapporto di lavoro in subordinato a tempo indeterminato;
  3. nel caso della somministrazione di lavoro, invece, il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione (art. 38, c. 2); l’utilizzatore è anche passibile di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250 (art. 40, c. 2).

Integrazione del contratto

  1. Il contratto di lavoro intermittente deve riportare anche le misure di sicurezza in relazione al tipo di attività dedotta in contratto (art. 15, c. 1, lett. f);
  2. il contratto di somministrazione di lavoro deve riportare l’indicazione di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottate (art. 33, c. 1, lett. c), e al suo interno le parti possono regolare la ripartizione degli obblighi d’informazione, formazione e addestramento dei lavoratori (art. 35, c. 4);
  3. i lavoratori impiegati in base al contratto di lavoro tramite piattaforme digitali devono ricevere dal committente, entro la data di instaurazione del rapporto di lavoro, le informazioni inerenti alla tutela della sicurezza e gli oneri riguardanti le misure del D.Lgs. n.  81/2008, sono a suo carico (artt. 47-ter, c. 1 e 47-septies, c. 3).

Riferimenti normativi:

Il contenuto di questa newsletter è strettamente riservato e destinato esclusivamente ai destinatari autorizzati.

È espressamente vietata la condivisione totale o parziale di questa comunicazione su qualsiasi piattaforma pubblica o privata, inclusi (ma non limitati a):
• Gruppi e canali Telegram
• Chat di gruppo o broadcast su WhatsApp
• Post o storie su Facebook, Instagram, X (Twitter), LinkedIn, o altri social network.

Ogni violazione di questa norma potrà comportare l’esclusione immediata dalla lista dei destinatari e, nei casi più gravi, azioni legali.

Grazie per il rispetto delle regole e per contribuire a mantenere la riservatezza delle informazioni condivise