1° Documento Riservato: Domicilio digitale: obblighi, scadenze e sanzioni

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI SANDRA PENNACINI | 13 NOVEMBRE 2025

Il quadro completo degli adempimenti PEC per imprese, amministratori, professionisti (scadenza 31 dicembre 2025), e l’opzione facoltativa per i soggetti non INI-PEC

La progressiva introduzione e successiva implementazione dell’obbligo di domicilio digitale (PEC) ha profondamente modificato le modalità di comunicazione tra Pubblica Amministrazione, imprese e professionisti. Tale obbligo si è stratificato nel tempo, creando un panorama complesso. Originariamente ad essere interessate sono state le imprese ed i professionisti iscritti agli Albi; nel seguito è intervenuto il travagliato obbligo per gli amministratori societari, recentemente oggetto di quella che, si spera, sarà l’ultima modifica. Con il presente contributo si intende delineare il quadro normativo e procedurale attualmente vigente, evidenziando tempistiche, criticità operative e conseguenze sanzionatorie.

Premessa

L’adozione del domicilio digitale quale canale esclusivo per le comunicazioni aventi valore legale rappresenta una delle colonne portanti del processo di digitalizzazione amministrativa nazionale. L’obbligo di dotazione e pubblicità di un indirizzo PEC, introdotto originariamente per le società dal D.L. n. 185/2008 (convertito dalla Legge n. 2/2009), è stato successivamente esteso alle imprese individuali con il D.L. n. 179/2012. Il punto sul regime sanzionatorio, in caso di inadempienza, avviene ad opera del D.L. n. 76/2020

A questo quadro ormai consolidato, si è aggiunto da ultimo un nuovo adempimento, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024). L’art. 1, comma 860, di tale Legge, modificando l’art. 5, comma 1, del D.L. n. 179/2012, ha esteso l’obbligo di possedere un domicilio digitale anche agli “amministratori di imprese costituite in forma societaria”. L’entrata in vigore di tale disposizione (1° gennaio 2025), a causa della sua formulazione estremamente sintetica, aveva innescato una palese incertezza operativa, che le successive interpretazioni hanno contribuito solo in parte a chiarire. Nei mesi successivi all’introduzione della citata norma, infatti, si sono contrapposte le posizioni del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) e quelle degli organi di Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato. In questo quadro, già piuttosto confuso, si è recentemente innestato l’art. 13 del D.L. 31 ottobre 2025, n. 159 (c.d. Decreto “Sicurezza Lavoro”), che ha nuovamente modificato l’adempimento, i cui tratti sono stati, da ultimo, chiariti da una recente nota di Unioncamere (11 novembre 2025).

La vigilanza continua sul domicilio digitale delle imprese

L’obbligo di dotazione e pubblicità di un indirizzo PEC, introdotto originariamente per le società dal D.L. n. 185/2008 (convertito dalla Legge n. 2/2009), è stato successivamente esteso alle imprese individuali con il D.L. n. 179/2012. Si tratta di norma consolidata, sulla quale appare superfluo tornare; tuttavia, è bene ricordare che per tutte le imprese, a prescindere dalla forma giuridica (societaria o individuale), la comunicazione obbligatoria della PEC al Registro delle imprese non è un adempimento che si esaurisce istantaneamente. Infatti, all’iniziale comunicazione del domicilio fiscale deve necessariamente seguire una costante opera di monitoraggio, affinché l’indirizzo PEC resti sempre operativo.

La normativa, in particolare l’art. 16 del D.L. n. 185/2008, impone che l’indirizzo iscritto sia non solo valido e attivo, ma anche univoco. Ciò significa che la casella non solo non deve risultare scaduta, revocata o inattiva, ma deve anche essere nella titolarità esclusiva di un’unica impresa.

Le Camere di Commercio sono investite di un compito di vigilanza attiva e costante sul rispetto dell’adempimento da parte delle imprese. Infatti, gli uffici camerali procedono a verifiche automatizzate e periodiche, finalizzate ad intercettare gli indirizzi PEC irregolari (ovvero quelli non validi o revocati). L’emersione di un’irregolarità innesca un procedimento amministrativo formale, disciplinato dall’art. 37 del D.L. n. 76/2020, che può portare alla cancellazione d’ufficio dell’indirizzo invalido ed all’assegnazione automatica di un nuovo recapito, valido a tutti gli effetti legali – ma in grado solo di ricevere e non di inviare PEC – nonché all’irrogazione di specifiche sanzioni.

La procedura di vigilanza camerale presenta specifiche criticità operative, posto che l’avvio del procedimento è notificato esclusivamente mediante pubblicazione su un apposito Albo On Line dell’ente camerale. Tale pubblicazione ha pieno valore di notifica legale, e di fatto impone un onere di monitoraggio costante e proattivo dell’Albo da parte delle imprese stesse (e dei consulenti che li assistono), rendendo complesso venire a conoscenza dell’avvio di un procedimento a proprio carico. La notifica non avviene, infatti, tramite comunicazione diretta (neppure alla PEC oggetto di contestazione, proprio perché ritenuta inattiva), e dunque il mantenimento di un indirizzo PEC valido può essere accertato solo tenendo sotto stretta osservazione la scadenza contrattuale oppure consultando periodicamente il citato Albo On line.

Più nel dettaglio, la procedura di verifica da parte della CCIAA si articola in distinte fasi temporali:

  1. pubblicazione (45 giorni): l’elenco delle imprese con PEC irregolare è pubblicato sull’Albo On Line e vi rimane per 45 giorni consecutivi, durante i quali è possibile consultare l’elenco delle imprese per le quali l’indirizzo PEC comunicato risulta essere invalido e per il quale, quindi, è richiesta la regolarizzazione;
  2. regolarizzazione (30 giorni): decorso il periodo di pubblicazione, le imprese interessate dispongono di un termine perentorio di ulteriori 30 giorni per regolarizzare la propria posizione. Il termine ultimo per la regolarizzazione è esplicitato nell’avviso pubblicato sull’Albo On Line.
  3. modalità di regolarizzazione: l’impresa può sanare la propria posizione in due modi alternativi:
    • rinnovo: l’impresa può semplicemente rinnovare con il proprio gestore l’indirizzo PEC originariamente dichiarato. In questo caso, una volta riattivata la casella, non è necessario inviare alcuna ulteriore comunicazione al Registro Imprese;
    • iscrizione nuovo indirizzo: l’impresa può iscrivere un nuovo e diverso indirizzo PEC. Tale variazione deve essere comunicata mediante una pratica telematica di Comunicazione Unica.

In caso di inerzia oltre il termine complessivo (45+30 giorni), il Conservatore del Registro Imprese dispone la cancellazione dell’indirizzo e avvia la fase sanzionatoria e di attribuzione d’ufficio di un nuovo domicilio digitale.

Le conseguenze dell’inadempienza sono duplici e particolarmente severe. In primo luogo, la Camera di Commercio assegna d’ufficio un nuovo domicilio digitale. Tale domicilio:

  • ha il formato CODICEFISCALEIMPRESA@IMPRESA.ITALIA.IT;
  • viene iscritto d’ufficio nell’indice INI-PEC (raccolta ufficiale di tutti gli indirizzi PEC);
  • è attivo solo in ricezione. L’impresa non può utilizzarlo per inviare comunicazioni;
  • è accessibile solo tramite il cassetto digitale dell’imprenditore sulla piattaforma impresa.italia.it.

Le modalità di consultazione dell’indirizzo PEC assegnato dall’ufficio rendono altamente probabile il fatto che le comunicazioni pervenute sul nuovo domicilio digitale possano non venire lette. Si tratta evidentemente di un aspetto particolarmente delicato, posto che a tale indirizzo potrebbero essere recapitati, ad esempio, avvisi di accertamento o cartelle di pagamento, che si considerano regolarmente notificati ad ogni effetto di legge.

Ulteriore aspetto da tenere in considerazione è quello delle sanzioni pecuniarie conseguenti all’inerzia nel regolarizzare l’indirizzo PEC. L’importo, pagabile in misura ridotta, è di 412,00 euro per le società (frutto del raddoppio della sanzione ex art. 2630 c.c., come previsto dall’art. 37 D.L. n. 76/2020) e 60,00 euro per le imprese individuali (frutto della triplicazione della sanzione ex art. 2194 c.c.).

Il domicilio digitale degli amministratori: l’evoluzione normativa e la scadenza del 31 dicembre 2025

La Legge n. 207/2024  (Legge di Bilancio 2025), modificando l’art. 5 del D.L. n. 179/2012, ha esteso l’obbligo di domicilio digitale agli “amministratori di imprese costituite in forma societaria” (formulazione originaria della disposizione). L’estrema sinteticità della norma ha creato, fin dal 1° gennaio 2025, una situazione di forte incertezza. L’interpretazione iniziale estendeva l’obbligo a tutti i membri degli organi amministrativi (es. tutti i consiglieri di un CdA o tutti i soci di una S.n.c.) delle società neocostituite, senza tuttavia fissare alcun termine per l’iscrizione dei domicili digitali dei medesimi soggetti facenti capo a società già esistenti.

Successivamente, con la nota del 12 marzo 2025 (prot. n. 43836), il Ministero aveva fissato il termine per gli amministratori in carica al 30 giugno 2025. Tale termine era stato poi prorogato al 31 dicembre 2025 con successiva nota del 25 giugno (prot. n. 127654). Punto qualificante della posizione ministeriale era il divieto assoluto di coincidenza tra la PEC dell’amministratore e quella della società, basato sulla necessità della titolarità esclusiva del domicilio digitale e sulla motivazione di garantire un canale di comunicazione diretto con il soggetto interessato (amministratore ecc.), che è soggetto diverso dalla società. La nota, infine, includeva nell’obbligo tutti gli amministratori e i liquidatoriescludendo però consorzi e società consortili.

Con un orientamento dell’8 maggio 2025, la Commissione Unioncamere/Notariato aveva sostenuto tesi difformi da quelle ministeriali: nessun termine di scadenza per gli amministratori in carica (“la comunicazione… per la quale non è previsto un termine di scadenza”), ritenendo l’adempimento necessario solo all’atto della nomina o rinnovo dell’incarico. Inoltre, veniva ammessa la possibilità di utilizzare la PEC della societàtramite “elezione di domicilio speciale” ai sensi dell’art. 47 c.c.

In sintesi,si era creata una palese dicotomia interpretativa, dovuta a due indicazioni operative contrastanti: il MIMIT (autorità vigilante) imponeva un divieto (non coincidenza) e una scadenza (31 dicembre 2025), mentre il sistema camerale (che gestisce le pratiche) ammetteva la coincidenza e negava la scadenza.

A ridefinire il quadro d’insieme è intevenuto il D.L. 31 ottobre 2025, n. 159 (c.d. Decreto “Sicurezza Lavoro”), art. 13 (commi 3 e 4 che ha modificato in modo sostanziale l’art. 5, comma 1, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, come di seguito indicato.

Riformulazione della normativa
Soggetti obbligatiL’obbligo di comunicazione del domicilio digitale è posto in capo non genericamente agli amministratori ma solo, in via alternativa: all’Amministratore Unico o all’Amministratore Delegato o, in loro mancanza, al Presidente del Consiglio di Amministrazione
Soggetti esclusiL’obbligo, come confermato da Unioncamere, non si applica agli amministratori di società di persone. Inoltre, per le società con organo collegiale (CDA), sono esclusi dall’obbligo tutti i consiglieri diversi dal Presidente (o dall’AD), così come non sono attratte nell’obbligo altre figure, quali i procuratori
Divieto di coincidenzaLa nuova formulazione della norma prevede espressamente che “il domicilio digitale dei predetti amministratori non può coincidere con il domicilio digitale dell’impresa”
TermineIl termine fissato dalla norma, così come riformulata, per la comunicazione del domicilio digitale degli amministratori delle imprese già iscritte prima del 2025, è stabilito nel 31 dicembre 2025

Contrariamente alle prime interpretazioni, quindi, un’ampia platea di soggetti resta fuori dall’obbligo: basti pensare ai soci di società di persone aventi poteri di amministrazione. Resta da comprendere, posto che moltissimi hanno già effettuato comunicazioni al Registro Imprese anche per tali soggetti, se ciò possa comportare nel seguito l’obbligo del mantenimento dell’indirizzo attivo, o meno. Salvo ulteriori modifiche normative, stante l’ormai chiara assenza di obbligo, si ritiene che tali PEC potranno essere in futuro abbandonate senza conseguenze.

L’obbligo di domicilio digitale per i professionisti

Per quanto riguarda i professionisti iscritti in Albi o elenchi istituiti con legge dello Stato l’obbligo di comunicare il proprio domicilio digitale (PEC) all’Ordine di appartenenza è previsto dall’art. 16 del D.L. n. 185/2008.

La criticità, in questo ambito, risiede nell’equiparazione della casella non funzionante all’omessa comunicazione. Il CNDCEC (Pronto Ordini n. 63/2025) ha chiarito che la ratio dell’obbligo è garantire l’efficienza e la certezza legale delle comunicazioni. Pertanto, un indirizzo PEC comunicato ma risultato “inattivo” (scaduto o disattivato), “non valido” (errato) o “saturo” (incapace di ricevere messaggi), non adempie alla funzione legale e fa scattare la procedura sanzionatoria.

La procedura, gestita dall’Ordine di appartenenza, prevede:

  1. diffida: l’Ordine invia all’iscritto una diffida ad adempiere (comunicare una PEC valida o riattivarla/svuotarla) entro 30 giorni;
  2. sanzione: in caso di mancata ottemperanza, l’Ordine applica la sanzione.

La sanzione per i professionisti inadempienti non è pecuniaria, ma consiste nella sospensione amministrativa dall’Albo. Come chiarito dal Ministero della Giustizia, non si tratta di una sanzione disciplinare; pertanto, la competenza ad irrogarla è del Consiglio dell’Ordine e non del Consiglio di Disciplina. La sospensione perdura fino a quando l’iscritto non regolarizza la propria posizione.

Il domicilio digitale speciale: una facoltà per i soggetti non INI-PEC

A margine dei regimi obbligatori sopra descritti, occorre menzionare un’ulteriore infrastruttura di digitalizzazione: il domicilio digitale speciale per le notifiche fiscali, attivabile dai soggetti non obbligati.

In attuazione del D.Lgs. n. 13/2024 (che ha introdotto l’art. 60-ter nel D.P.R. n. 600/1973) e secondo quanto previsto dal Provvedimento AdE n. 379575/2024dal 12 marzo 2025 è attivo un servizio web dell’Agenzia delle Entrate che consente l’elezione di un domicilio digitale per la ricezione di atti, avvisi e provvedimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e di AdE-Riscossione.

L’elemento qualificante di questo servizio è la sua natura facoltativa e la platea dei destinatari. Il servizio è rivolto esclusivamente a persone fisiche, professionisti o altri enti di diritto privato che non sono tenuti all’iscrizione nell’Indice Nazionale INI-PEC. Restano, pertanto, esclusi da questa facoltà (e il sistema inibisce la registrazione) tutte le imprese e i professionisti iscritti a Ordini, per i quali l’indirizzo presente in INI-PEC costituisce già il mezzo esclusivo per le notificazioni.

La procedura di attivazione avviene interamente online, tramite l’area riservata AdE (SPID/CIE/CNS).

Una particolarità degna di nota riguarda la titolarità della casella. Il Provvedimento prov2024100779575 stabilisce che, anche qualora si elegga domicilio presso un indirizzo PEC di cui non si ha la titolarità, la notifica ivi effettuata è pienamente valida; pertanto, il contribuente che opera tale scelta non potrà opporre eccezioni sulla forma o la data della ricezione. Non è comunque consentito eleggere un indirizzo già associato a un altro contribuente.

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