1° Documento Riservato: La perizia di rivalutazione delle partecipazioni

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI STEFANO ROSSETTI | 16 SETTEMBRE 2025

Rivalutazione delle partecipazioni: requisiti, adempimenti necessari e fac-simile di perizia

Il termine per la rivalutazione delle partecipazioni possedute è fissato al 30 novembre 2025. Entro tale data i contribuenti interessati dovranno essere muniti di una perizia asseverata da un esperto (se la partecipazione non è quotata) e dovrà essere versata l’imposta sostitutiva del 18% (almeno la prima rata).

Premessa

La Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024) ha reso strutturale la disciplina della rivalutazione delle partecipazioni sociali prevista dall’art. 5 della Legge n. 448/2001, di conseguenza non sarà più necessario che un provvedimento legislativo riapra i termini.

I soggetti che possono avvalersi di questa disposizione sono coloro che, a seguito del realizzo della partecipazione, sono suscettibili di produrre un reddito diverso ex art. 67, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR.

Sotto il profilo oggettivo, possono essere oggetto di rivalutazione:

  • le partecipazioni rappresentate da titoli (azioni);
  • le quote di partecipazione al capitale o al patrimonio di società non rappresentate da titoli (quote di s.r.l. o di società di persone);
  • i diritti o i titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (es. diritti di opzione, warrant, obbligazioni convertibili in azioni).

In passato la norma vietava la rivalutazione delle partecipazioni quotate. A seguito dell’inserimento del comma 1-bis nell’art. 5 della Legge n. 448/2001 è ora possibile procedere alla rivalutazione delle partecipazioni quotate nei mercati regolamentati.

Gli adempimenti necessari per perfezionare la rivalutazione

La rivalutazione delle partecipazioni si perfeziona se entro il 30 novembre 2025:

  • viene versata l’imposta sostitutiva nella misura del 18% da applicarsi sul valore di perizia (e non sull’incremento di valore). Entro tale data deve essere versata l’intera imposta sostitutiva ovvero la prima rata;
  • viene asseverata la perizia di rivalutazione delle partecipazioni possedute alla data del 1° gennaio 2025. Nell’ipotesi in cui la partecipazione dovesse essere quotata in un mercato regolamentato la perizia non si rende necessaria, poiché può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore normale determinato ai sensi dell’art. 9, comma 4, lettera a), del TUIR con riferimento al mese di dicembre 2024.

L’imposta sostitutiva può essere versata anche in tre rate di pari importo, le quali devono essere versate:
• per un terzo entro il 30 novembre 2025 senza applicazione degli interessi;
• per un terzo entro il 30 novembre 2026 con applicazione degli interessi nella misura del 3%;
• per un terzo entro il 30 novembre 2027 con applicazione degli interessi nella misura del 3%.

Aspetti particolari

Ai fini della rivalutazione delle partecipazioni occorre tener conto del fatto che:

  • la partecipazione può essere rivalutata anche parzialmente. Ciò avviene mediante un insufficiente versamento dell’imposta sostitutiva. In tal caso si vengono a formare due strati di partecipazione che determinano l’eventuale plusvalenza sulla base del criterio del LIFO (circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E/2023);
  • in caso di donazione della partecipazione il costo fiscale rivalutato si trasferisce in capo al donatario (art. 68, comma 6, del TUIR). Se il donatario, però, intende rivalutare nuovamente la partecipazione, egli non potrà scomputare (o chiedere a rimborso) l’imposta sostitutiva versata dal donante;
  • in caso di successione il costo fiscale rivalutato non si trasferisce in capo agli eredi (art. 68, comma 6, del TUIR). Gli eredi del contribuente non hanno diritto al rimborso della dell’imposta sostitutiva versata dal de cuius (Corte di Cassazione, sent. n. 10298/2019);
  • in caso di rivalutazione di partecipazioni già rivalutate dal medesimo contribuente, l’imposta sostitutiva precedentemente assolta può essere scomputata o chiesta a rimborso (art. 7 del D.L. n. 70/2011 e circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 47/E/2011).

Fac-simile di perizia di rivalutazione

Di seguito riportiamo un fac-simile di perizia di rivalutazione.

Relazione di stima dell’azienda della Alfa s.r.l. alla data del 1° gennaio 2025
Denominazione: Alfa s.r.l.
Sede legale: Via ………, n. ……… [cap] [città]
Codice fiscale e n. iscr. Registro Imprese ………
Rea: ………
Partita IVA: ………
1. Conferimento dell’incarico
Il sottoscritto Dott. ………, nato a ……… il ………, iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di ……… al n. ……… e al Registro Revisori Contabili n. ……… data pubblicazione G.U. ……… serie speciale n. ………, ha ricevuto incarico dal Sig. ………, in qualità della società Alfa s.r.l., con sede legale in ………, in piazza ………, n. ……… numero d’iscrizione al Registro delle imprese di ……… e Partita IVA ………, iscritta al REA di ………, n. ……… di redigere apposita relazione di stima del valore dell’azienda al fine di pervenire al valore effettivo di mercato della partecipazione sociale alla data del 1° gennaio 2024.
Tale perizia è finalizzata alla rideterminazione del valore di acquisto delle partecipazioni sociali non negoziate in mercati regolamentati ai sensi dell’art. 5 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448, come modificato dall’art. 1, comma 30, della Legge 30 dicembre 2024, n. 207.
2. Documentazione utilizzata
Al fine di rendere il presente lavoro lo scrivente la seguente documentazione prodotta dalla società Alfa s.r.l.:
[inserire l’elenco dei documenti su cui è basata la perizia, a mero titolo esemplificativo:
bilanci esercizi 2022, 2023, 2024;
business plan triennale/quinquennale;
visura camerale;
libro dei cespiti ammortizzabili;
elenco delle attività e delle passività costituenti l’azienda].
3. Assunzioni e limitazioni
La presente relazione di stima deve essere analizzata e considerata alla luce delle seguenti ipotesi di lavoro e limitazioni:
tutte le informazioni, che costituiscono il supporto quantitativo e qualitativo della presente relazione, sono state fornite dalla società Alfa s.r.l.; resta ferma, quindi, la responsabilità del committente per qualsiasi errore od omissione concernente tali documenti, dati e informazioni e per qualsiasi errore od omissione che dovesse emergere in sede di valutazione a seguito del loro impiego;
l’incarico non ha previsto, con riferimento ai documenti utilizzati, lo svolgimento di verifiche contabili integrative;
allo scrivente, inoltre, non sono state comunicate violazioni di regolamenti o di norme di alcun genere i cui effetti avrebbero dovuto essere presi in considerazione ai fini della stima del valore economico;
l’analisi dello scrivente non ha riguardato l’individuazione o la quantificazione di eventuali passività potenziali (o di minori attività attese);
le stime effettuate sono state formulate alla luce degli elementi di previsione ipotizzabili e, pertanto, non tengono conto della possibilità del verificarsi di eventi di natura straordinaria e non prevedibili (nuove normative di settore, variazione della normativa fiscale, catastrofi naturali, sociali e politiche, nazionalizzazioni, etc.);
da quanto procede discende che lo scrivente non risponde dell’accuratezza, completezza, rappresentatività e attendibilità dei dati, documenti e informazioni forniti;
il contenuto della relazione di stima si basa significativamente su elementi di previsione che non possono essere interpretati o assunti come una garanzia sul futuro dell’azienda;
le proiezioni, essendo basate su ipotesi di eventi futuri ed azioni, sono caratterizzate da connaturali elementi di soggettività ed incertezza e, in particolare, dal rischio che eventi preventivati ed azioni dalle quali esse trarranno origine possano non verificarsi ovvero possano verificarsi in misura e in tempi diversi da quelli prospettati dal management societario, mentre potrebbero verificarsi eventi ed azioni non prevedibili al tempo attuale, pertanto eventuali scostamenti rispetto alle ipotesi e ai risultati attesi potrebbero modificare gli esiti della valutazione;
le conclusioni esposte nella relazione sono basate sul complesso delle valutazioni in esso contenute; pertanto, nessuna parte della stessa potrà essere utilizzata disgiuntamente rispetto alla sua interezza.
4. Descrizione dell’azienda oggetto di valutazione
La società Alfa s.r.l. opera nel settore ………
[descrivere l’attività della società e il settore di appartenenza]
* * *
Alla data del 1° gennaio 2025 la situazione contabile dell’azienda della società Alfa s.r.l. è la seguente:
ATTIVO PATRIMONIALE
Immobilizzazioni materiali
………
Crediti
………
Disponibilità liquide
………
………
………
Totale attivo
………
PASSIVO PATRIMONIALE
TFR
………
Debiti
………
………
………
Totale passivo
………
Attività
Le attività dell’azienda oggetto di valutazione risultano essere costituite dalle seguenti componenti:
Immobilizzazioni materiali
La voce immobilizzazioni materiali ammonta a ……… euro ed è composta da:
[inserire l’elenco puntato delle voci che compongono le immobilizzazioni materiali e il loro valore contabile]
Crediti
La voce crediti pari a ……… euro è composta da:
[inserire l’elenco puntato delle voci che compongono le immobilizzazioni materiali e il loro valore contabile]
Disponibilità liquide
La voce disponibilità liquide ammonta ad ……… euro.
Passività
Le passività dell’azienda oggetto di valutazione risultano essere costituite dalle seguenti componenti:
Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato ammonta a ……… euro.
Debiti
La voce debiti che ammonta a ……… euro è composta da:
[inserire l’elenco puntato delle voci che compongono i debiti e il loro valore contabile]
* * *
L’azienda oggetto della presente valutazione comprende, inoltre:
[inserire l’elenco puntato delle voci che compongono i debiti e il loro valore contabile]
5. Note metodologiche
5.1. La valutazione del capitale economico
I criteri di valutazione di un’azienda sono essenzialmente finalizzati alla valorizzazione del capitale economico. Pertanto, essi, sul piano teorico, dovrebbero presentare contestualmente i seguenti requisiti:
razionalità;
dimostrabilità;
obiettività;
stabilità;
generalità.
Ciò significa, in altri termini, che lo specifico criterio di valutazione adottato dovrebbe:
derivare da un processo logico convincente (razionalità);
utilizzare variabili e parametri adeguatamente supportati da dati controllabili (dimostrabilità);
prescindere da valutazioni soggettive (obiettività);
generare un valore che non muta per effetto di eventi contingenti (stabilità);
prescindere dalla finalità per cui la valutazione dell’azienda è effettuata e dalla forza contrattuale delle parti (generalità).
I metodi di valutazione elaborati dalla dottrina non appaiono ottimali sotto ogni profilo, in quanto ogni metodo di valutazione presenta una diversa “intensità” di tali requisiti, ben potendo accadere che il metodo di valutazione che appare ottimale sotto il profilo di un requisito non sia ottimale sotto il profilo di un altro requisito.
Da ciò discende l’esigenza di ricorrere all’impiego di più metodi di valutazione, al fine di “mediare” i risultati ottenuti e di utilizzare, eventualmente, un metodo come principale e uno o più metodi alternativi in funzione di controllo della stima ottenuta attraverso l’applicazione del primo. In sede di concreta applicazione dei metodi di valutazione lo scenario è reso ulteriormente complesso dalla specificità dei settori merceologici in cui le aziende oggetto di valutazione operano, nonché, dato uno specifico settore, dalle caratteristiche di ogni singola azienda. Un’ultima variabile necessariamente da considerare in sede di scelta tra i metodi di valutazione disponibili è costituita dalla specifica finalità per cui la valutazione dell’azienda è effettuata.
In definitiva, non è possibile fornire metodologie universalmente applicabili, risultando peraltro possibile evidenziare, con riferimento ad aziende operanti in diversi settori (industriale, commerciale, finanziario, assicurativo, ecc.), i metodi di valutazione più diffusamente utilizzati qualora l’azienda oggetto di valutazione presenti, nell’ambito dello specifico settore in cui opera, condizioni “normali”.
In generale, la determinazione del capitale economico di un’azienda è strettamente connessa alle seguenti componenti:
il patrimonio aziendale vero e proprio;
la capacità prospettica di produrre flussi reddituali e finanziari.
Per poter raggiungere tale risultato diversi sono i criteri di valutazione che la dottrina aziendalistica consiglia come utilizzabili (patrimoniale, reddituale, misto, finanziario), i quali verranno di seguito brevemente illustrati al fine di una migliore comprensione del presente elaborato.
5.2. Il metodo patrimoniale
Il metodo patrimoniale consente di giungere alla valutazione del capitale economico della società tramite la valutazione analitica dei singoli elementi dell’attivo e del passivo del patrimonio aziendale. Il valore dell’azienda (W) viene a corrispondere, pertanto, al valore del patrimonio netto rettificato (K’) espresso a valori correnti.
Tale metodo, che ha il pregio di consentire una stima del patrimonio aziendale oggettiva e riscontrabile, si caratterizza per la stima analitica a valori correnti di sostituzione:
analitica, perché effettuata distintamente per ciascun elemento del patrimonio;
a valori correnti, perché basata sui prezzi di mercato del momento;
di sostituzione, perché l’ipotesi di base è quella del riacquisto (o della riproduzione) per gli elementi attivi e della rinegoziazione per quelli passivi.
Nell’ambito dei metodi di valutazione patrimoniali, si distingue tra metodi patrimoniali semplici e metodi patrimoniali complessi; nei primi, sono considerati ai fini della valutazione, oltre ai beni materiali – compresi i crediti e la liquidità – i soli elementi immateriali suscettibili di trasferimento autonomo (brevetti industriali, marchi, diritti di concessione, ecc.); nei secondi, vengono inclusi nella valutazione anche altri elementi immateriali, compresi quelli per i quali non è consentita l’iscrizione in bilancio.
Nell’ambito dei beni patrimoniali, è utile distinguere, inoltre, tra beni pertinenti e beni estranei alla gestione caratteristica, dovendo i primi essere trattati separatamente mediante l’applicazione di criteri di liquidazione o comunque di realizzo a breve, anche al fine di:
escludere i flussi da essi generati dalle misure di flusso atteso;
sommare il loro valore di realizzo ai valori del capitale economico delle aree di attività caratteristica.
Il criterio patrimoniale, inteso come valore-stock, non costituisce, in via generale, eccettuate particolari situazioni, un metodo di valutazione delle aziende in sé razionale ed accettabile; infatti, fatta eccezione per particolari tipologie di azienda (aziende immobiliari o che hanno per oggetto la gestione di partecipazioni societarie), nella maggior parte dei casi il metodo patrimoniale non consente di ottenere risultati tali da poter essere utilizzati senza procedere a ulteriori verifiche, correttivi o comparazioni. Il metodo patrimoniale costituisce spesso, tuttavia, un fondamentale punto di partenza o, comunque, una fase di prima verifica dei valori patrimoniali, propedeutica a valutazioni più complesse e articolate.
5.3. Il metodo reddituale
Il metodo reddituale considera l’azienda come un complesso economico unitario, in prospettiva generatore di risultati economici. Esso si basa sull’assunto che il valore dell’azienda dipende dalla sua capacità di generare flussi reddituali. Pertanto, tale metodo consente di superare la “visione disaggregata” del complesso aziendale che caratterizza il metodo patrimoniale.
Il metodo reddituale tiene implicitamente conto non solo dei beni materiali che compongono l’azienda bensì anche di quegli elementi immateriali (know-how, tecnologia, clientela e ubicazione dell’esercizio, marchi commerciali, brevetti, ecc.) che contribuiscono, forse ancor più concretamente, al realizzo di risultati economici al di sopra della media. In base al metodo reddituale il valore del capitale economico dell’azienda è determinato “attualizzando” o “capitalizzando” i redditi attesi; i parametri necessari per l’applicazione di tale metodo sono i seguenti:
i flussi reddituali attesi;
l’orizzonte temporale;
il tasso di attualizzazione.
Per ciò che concerne l’individuazione dei flussi reddituali attesi, è evidente che sarebbe più opportuno procedere alla puntuale attualizzazione dei singoli redditi futuri, piuttosto che capitalizzare un “reddito medio atteso”. Peraltro, considerata la difficoltà di prevedere in maniera attendibile i singoli risultati economici attesi per il futuro, si finisce spesso con l’applicare la formula della capitalizzazione di un reddito “medio atteso”, determinato proiettando nel futuro la situazione economica aziendale “storica” e tentando di rappresentare un reddito che mediamente l’impresa sia in grado di produrre in futuro. Il reddito che viene utilizzato in questa ultima ipotesi spesso è il risultato di una media (semplice o di tipo ponderato). Gli elementi che vengono considerati possono essere sia la serie storica di risultati già conseguiti, sia le proiezioni reddituali che risultano dai budget e dai piani aziendali. I pesi da utilizzare saranno crescenti in funzione del realismo e della credibilità dei singoli livelli reddituali a cui vengono attribuiti.
L’applicazione del metodo reddituale richiede che i risultati economici “storici” presi a base delle stime siano oggetto di un attento processo di “normalizzazione” mediante il quale si cerca di eliminare le seguenti componenti economiche:
quelle di tipo “straordinario”;
quelle riferibili a “eventi” o “condizioni” gestionali non esistenti alla data di riferimento della perizia;
quelle generate da mere “politiche di bilancio”.
In particolare:
per le componenti straordinarie, si cerca non tanto di giungere ad una loro eliminazione totale, quanto piuttosto (ove possibile) di distribuirle ordinatamente nel tempo;
tra gli aggiustamenti necessari per eliminare le interferenze esterne sul bilancio assumono particolare rilievo quelli dedicati a “correggere” alcune impostazioni derivanti da problematiche fiscali.
I valori reddituali risultanti dal procedimento di “normalizzazione” devono poi essere verificati alla luce delle linee programmatiche contenute nei piani aziendali e del futuro andamento del mercato (domanda, offerta, prezzi, concorrenza, ecc.).
Al termine del processo di normalizzazione si perviene a risultati considerabili come ragionevolmente “normali”, la cui media è destinata a perdurare nel tempo (almeno nell’orizzonte temporale preso in considerazione). Il risultato economico così determinato è qualificabile come:
prospettico: riflette le condizioni di redditività attesa dell’azienda;
medio: è quello che l’impresa è stabilmente in grado di produrre;
normalizzato: depurato dalle componenti straordinarie non ripetibili e comunque estranee alla gestione.
Il “risultato economico medio prospettico”, quindi, è quello ottenibile in condizioni normali di svolgimento della gestione al netto degli oneri tributari gravanti, seppur potenzialmente, su di esso e dei compensi figurativi diversi dalla remunerazione del capitale proprio e dalle eventuali partecipazioni agli utili spettanti a terzi.
Occorre poi definire l’orizzonte temporale nel quale è ragionevole attendersi il realizzo del risultato economico medio prospettico. Pur non avendo fondamento nella realtà, è frequente nella prassi il ricorso all’ipotesi di durata indefinita del reddito, cui corrisponde l’applicazione della funzione del valore attuale della rendita perpetua, in considerazione della circostanza che, oltre un certo numero di anni, la differenza tra il valore attuale della rendita limitata a n anni e il valore attuale della rendita perpetua diviene trascurabile.
In casi particolari, tuttavia, quando l’azienda opera in condizioni tali da prevederne con ragionevole certezza il termine della vita economica utile, la durata viene assunta entro tali limiti, ricorrendo alla formula del valore attuale della rendita annua.
In termini matematici, a seconda dei casi, il valore del capitale economico dell’azienda è determinato applicando una delle seguenti formule:
nel caso di durata indefinita dell’orizzonte temporale di riferimento, W = R/i
nel caso di durata dell’orizzonte temporale di riferimento pari a n, W = R a n/i,
dove:
R = reddito medio normale atteso;
a n/i = valore attuale della rendita unitaria annuale posticipata per “n” anni al tasso “i”;
n = anni costituenti l’orizzonte temporale limitato;
i = tasso di attualizzazione.
Il tasso di attualizzazione deve essere determinato tenendo conto dei rendimenti generati da investimenti simili, vale a dire caratterizzati dal medesimo grado di rischio; in particolare, il tasso di attualizzazione incorpora il compenso derivante dal semplice trascorrere del tempo (sostanzialmente pari al rendimento riconosciuto ad attività prive di rischio) e altresì l’adeguata remunerazione per il rischio sopportato; in dettaglio, esso comprende:
il tasso di puro interesse, relativo agli impieghi di capitale a rischio nullo, è determinato sostanzialmente con riferimento a titoli del debito pubblico a scadenza non breve;
la maggiorazione del tasso di puro interesse, a titolo di premio per il rischio di impresa, è commisurata all’intensità del rischio generale d’impresa.
La prassi ha individuato “tassi normali di settore”, peraltro variabili da Paese a Paese e anche in funzione di situazioni storiche particolari.
In presenza di investimenti patrimoniali non strettamente riferibili al complesso aziendale produttivo del reddito (si pensi alle unità immobiliari a uso civile abitazione di proprietà di imprese commerciali) al valore ottenuto applicando una delle due formule riportate deve essere aggiunto il valore di tali investimenti patrimoniali.
5.4. Il metodo misto patrimoniale-reddituale
In base al metodo misto il valore del capitale economico dell’azienda è determinato come sommatoria dei seguenti elementi:
il capitale netto rettificato;
l’avviamento.
Il metodo prevede che nella determinazione del capitale economico occorre partire dalla riespressione a valori correnti degli elementi patrimoniali pertinenti all’azienda da valutare.
Secondo questo approccio, il capitale economico è quindi determinato quale somma algebrica del patrimonio netto rivalutato e del valore di avviamento (positivo o negativo), quest’ultimo configurato attualizzando, per un periodo limitato e ad un tasso appropriato, il differenziale di redditività (sovra/sottoreddito) che l’azienda si stima potrà generare in futuro, rispetto a un livello giudicato normale.
L’attualizzazione dei sovraredditi è generalmente limitata nel tempo, poiché è ragionevole pensare che essi non permarranno a lungo.
La formula più frequentemente utilizzata è la seguente:
W = K + (R – i’ K) a n/i
dove:
R = reddito medio normale atteso;
i’ = tasso di redditività medio normale, riferibile sia al “settore” sia alla specifica realtà dell’impresa oggetto di valutazione;
K = capitale netto “rettificato”;
n/i = valore attuale della rendita unitaria annuale posticipata per “n” anni al tasso “i”;
n = anni costituenti l’orizzonte temporale limitato di manifestazione dell’avviamento;
i = tasso di attualizzazione del sovrareddito (R – i’ K).
Nell’ambito del presente criterio di valutazione, le variabili fondamentali, che necessitano di adeguato commento, sono quelle relative all’orizzonte temporale (n), al tasso di redditività medio normale (i’) e al tasso di attualizzazione del sovrareddito (i).
Quanto all’orizzonte temporale n, occorre considerare che nell’impostazione originale del modello misto patrimoniale reddituale con stima autonoma del goodwill la durata del sovrareddito era considerata limitata, su di un orizzonte temporale ricompreso tra i tre e i cinque anni.
Nel tempo l’evoluzione concettuale che il modello ha seguito ha comportato la prevalenza della componente reddituale, propria dell’avviamento, rispetto a quella patrimoniale. Ciò ha determinato l’utilizzo di un orizzonte temporale più allargato, e quindi, soprattutto per aziende dotate di stabile e elevata redditività, si è giunti a considerare un valore di n pari a dieci anni.
Il tasso di redditività medio del settore (i’) è quel tasso che consente di determinare il reddito differenziale, che nasce dal confronto tra il reddito specifico dell’azienda oggetto di valutazione R e la redditività media del settore, data appunto dal prodotto di i’ per il capitale netto rettificato (K). Questo tasso è pertanto composto da un elemento che esprime il rendimento delle attività prive di rischio (tasso risk free) e che generalmente coincide con il tasso di rendimento dei titoli di Stato a medio-lungo termine, che vengono considerati appunto privi di rischio. A ciò si aggiunge una componente specifica che attiene alla rischiosità del settore in qui l’azienda opera, e che serve a remunerare l’investimento in funzione del livello di rischiosità specifico, che risulta essere maggiore rispetto a quello di un’attività finanziaria priva di rischio quale il titolo di Stato.
Il tasso i corrisponde invece al tasso di attualizzazione del sovrareddito. Nella storia del modello misto patrimoniale-reddituale la scelta di questo tasso ha oscillato nell’intervallo ricompreso tra:
il rendimento delle attività prive di rischio (tasso risk free), che generalmente coincide con il tasso di rendimento dei titoli di Stato a medio-lungo termine;
la somma della componente risk free e di un premio per il rischio azionario, questo ultimo moltiplicato per il beta derivante dall’applicazione del Capital Asset Pricing Model (CAPM).
La scelta finale dipende soprattutto dal segno dei redditi differenziali: a redditi differenziali negativi può corrispondere la prima scelta; a redditi differenziali positivi la seconda.
5.5. Il metodo finanziario
Tale metodo correla il valore del capitale economico alla capacità della società di generare flussi di cassa per la remunerazione dei soci e dei finanziatori in un arco temporale definito, nonché al valore finale della società stessa, ipotizzabile al termine del periodo considerato. Il valore del capitale aziendale è pertanto dato dall’attualizzazione sia dei flussi di cassa attesi dall’investimento sia del valore finale. Sul piano pratico tale metodologia risulta non priva di incertezze anche rilevanti nei suoi risultati, in considerazione dell’aleatorietà dei dati e dei parametri di calcolo di riferimento che riguardano esclusivamente proiezioni economiche e finanziarie future di lungo termine. Il tasso utilizzato ai fini dell’attualizzazione dei flussi di cassa può essere il tasso di rendimento del capitale di rischio, se il flusso di cassa da scontare è il flusso disponibile per gli azionisti, ovvero al costo medio ponderato del capitale, se il flusso di cassa da scontare è il flusso disponibile per tutti i finanziatori, sia a titolo di capitale di rischio che a titolo di capitale di credito. Tali metodi trovano spesso applicazione nei casi in cui esiste una forte discrepanza tra redditi e flussi di cassa (ad esempio perché l’azienda sostiene forti investimenti nello sviluppo dimensionale e tecnologico o vive una forte fase di espansione dei fatturati e del capitale circolante).
In base al metodo del discounted cash flow (DCF) il valore della società è determinato dalla somma dei seguenti elementi:
valore attuale dei flussi di cassa operativi netti che la società sarà in grado di generare nel periodo esplicito di pianificazione;
valore attuale flussi di cassa operativi netti normalizzati previsti per il periodo successivo all’orizzonte temporale esplicito (Terminal Value);
valore di mercato della posizione finanziaria netta della società alla data di riferimento.
6. Scelta del metodo di valutazione
Come illustrato nei paragrafi precedenti, la dottrina economico aziendale propone diversi metodi di valutazione tutti astrattamente utilizzabili. Si tratta pertanto di stabilire quale metodo di valutazione, o quali metodi di valutazione, debbano essere utilizzati nel caso specifico della stima di cui alla presente relazione.
In relazione a questa esigenza, il modo opportuno di procedere è quello consistente nell’identificare il metodo di valutazione da utilizzare sulla base dei seguenti elementi:
la situazione dell’azienda nel momento cui si riferisce la stima;
la finalità della stima;
le caratteristiche dell’attività svolta attraverso l’azienda.
L’esame degli aspetti sopra elencati consente di identificare il criterio (od i criteri) di valutazione che sono maggiormente idonei a valorizzare la specifica impresa oggetto di stima.
Tenuto conto di ciò, [indicare il metodo di valutazione scelto e le motivazioni della scelta].
7. Valutazione dell’azienda
[descrivere il metodo di valutazione prescelto ed evidenziare i calcoli che conducono ad ottenere il valore dell’azienda]
8. Conclusioni
Sulla base di quanto sopra esposto e, in particolare, applicando il metodo ………, si conclude che il valore economico dell’azienda oggetto di cessione, alla data del 1° gennaio 2025, è quantificabile in ……… euro.
[città], [data]
Dott. ………
Allegati:
Allegato 1 ………
Allegato 2 ………

Riferimenti normativi:

  • Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 30
  • Legge 28 dicembre 2001, n. 448, art. 5;
  • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67.

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