1° Documento Riservato: Nuove detrazioni IRPEF: la norma indebolisce il conflitto di interessi contro l’evasione

COMMENTO

DI SANDRA PENNACINI | 15 OTTOBRE 2025

Le politiche fiscali in materia di imposte dirette non assolvono unicamente a una funzione di prelievo, ma operano anche come strumenti di orientamento dei comportamenti economici dei contribuenti. In tale ottica, il sistema delle detrazioni d’imposta è tradizionalmente interpretato come un meccanismo utile anche ad incentivare la lealtà fiscale, sfruttando il conflitto di interessi tra consumatore finale e cedente o prestatore. L’interesse del primo a documentare la spesa per ottenere un beneficio fiscale, infatti, si contrappone all’eventuale interesse del secondo a operare in modo non dichiarato. Il legislatore, con la Legge di Bilancio 2025, è intervenuto sul meccanismo delle detrazioni IRPEF, con l’introduzione dell’art. 16-ter del TUIR, introducendo un meccanismo di decalage per le detrazioni fruibili dai contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro, il cui dettato pare andare in netta controtendenza rispetto alla logica del conflitto di interessi.

Premessa

Tra le strategie di contrasto all’economia sommersa, una delle più note si fonda sulla teoria del conflitto di interessi tra l’erogatore di un servizio o il cedente di un bene e il suo acquirente. Secondo questa impostazione, l’ordinamento fiscale incentiverebbe il consumatore finale alla richiesta di documentazione fiscale (scontrino, fattura) riconoscendo un beneficio economico, tipicamente sotto forma di detrazione d’imposta, a fronte delle spese sostenute e certificate. L’interesse del percipiente a ottenere un vantaggio fiscale si contrapporrebbe a quello del prestatore che, in assenza di certificazione, potrebbe occultare il ricavo al Fisco. La validità di questo meccanismo è considerata direttamente proporzionale al vantaggio che il consumatore può ottenere: maggiore è il risparmio d’imposta, maggiore sarebbe l’incentivo a rifiutare transazioni non correttamente documentate, anche a fronte di eventuali sconti sul prezzo.

In questo quadro si inserisce il nuovo art. 16-ter del TUIR, in vigore dal 2025; il presente contributo si propone di analizzare la coerenza di tale intervento normativo rispetto al predetto obiettivo di incentivazione alla correttezza fiscale, evidenziando come la progressiva riduzione del beneficio fiscale per i contribuenti a più alta capacità contributiva – i medesimi che, come dimostrano i dati, sostengono la quota maggioritaria del gettito IRPEF – possa determinare un serio indebolimento del meccanismo sotteso al conflitto di interessi.

L’architettura del prelievo IRPEF in Italia

Per comprendere l’impatto di una modifica al sistema delle detrazioni, è fondamentale inquadrare l’attuale distribuzione del carico fiscale in Italia. I dati dell’Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi, realizzato dal Centro Studi Itinerari Previdenziali, mostrano un sistema fortemente sbilanciato, nel quale un numero ristretto di contribuenti sostiene la maggior parte del gettito IRPEF. In particolare, emerge che il 27,41% dei contribuenti sostiene oltre il 76% dell’intera imposta sul reddito. La concentrazione è ancora più marcata nelle fasce alte: il solo 5,82% dei contribuenti con redditi superiori a 55mila euro si fa carico del 40,31% dell’IRPEF. Questo scenario evidenzia come le politiche fiscali che incidono sui redditi medio-alti abbiano un impatto strategico non solo sulle entrate complessive, ma anche sui comportamenti fiscali di coloro che finanziano gran parte dei servizi pubblici.

Il nuovo meccanismo di compressione delle detrazioni

In questo contesto si inserisce la Legge di Bilancio 2025, che ha introdotto l’art. 16-ter nel TUIR, ridefinendo la fruizione delle detrazioni per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro. La norma, in vigore dal 1° gennaio 2025, non elimina le singole detrazioni, ma introduce un plafond massimo di spesa detraibile.

L’ammontare di tale massimale si calcola attraverso una formula a due fattori:

  1. Un “Importo base”, il cui valore dipende dallo scaglione di reddito del contribuente.
  2. Un “Coefficiente”, che modula l’importo base in funzione del numero di figli fiscalmente a carico.

Il primo elemento della formula è l’Importo base, fissato in base a due soglie di reddito:

  • Per redditi superiori a 75.000 euro e fino a 100.000 euro, l’Importo base è pari a 14.000 euro.
  • Per redditi superiori a 100.000 euro, l’Importo base si riduce a 8.000 euro.

Il secondo elemento è il Coefficiente, che premia i nuclei familiari più numerosi o con situazioni di fragilità:

  • Nessun figlio a carico: il coefficiente è 0,50.
  • Un figlio a carico: il coefficiente è 0,70.
  • Due figli a carico: il coefficiente è 0,85.
  • Tre o più figli a carico, oppure almeno un figlio con disabilità (Legge n. 104/1992): il coefficiente è 1,00, annullando la riduzione dell’Importo base.

Il nuovo meccanismo non sostituisce, ma si aggiunge a una limitazione già in vigore, il c.d. “taglia-detrazioni” (art. 15, comma 3-bis, del TUIR). Questa norma prevede che, per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 120.000 euro, la detrazione spettante per la maggior parte degli oneri a fronte dei quali viene riconosciuta una detrazione del 19%, escluse spese sanitarie e interessi su mutui, venga progressivamente ridotta fino ad azzerarsi a 240.000 euro. Pertanto, per i contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro, ed anche superiori a 120.000 euro, a partire dal 2025 si applica un doppio livello di riduzione: prima si limita la base di spesa massima riconosciuta, tramite l’art. 16-ter, e poi la detrazione calcolata su tale base viene ulteriormente decurtata.

L’impatto pratico della riforma

Per illustrare l’effetto combinato delle due limitazioni, si riporta, in estrema sintesi, un caso esemplificativo basato sugli esempi forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E del 29 maggio 2025.

Si consideri un contribuente con reddito complessivo di 150.000 euro e due figli a carico, che nel 2025 ha sostenuto oneri e spese detraibili per un totale di 9.550 euro.
Il primo passaggio è quello che consiste nel calcolo del plafond massimo di spesa (art. 16-ter). Per il contribuente, trovandosi nella fascia di reddito superiore a 100.000 euro, l’Importo base è di 8.000 euro. Avendo due figli a carico, il Coefficiente è 0,85. Il plafond si calcola come segue:
• Plafond massimo di spesa: 8.000 € (Importo base) x 0,85 (Coefficiente) = 6.800 euro.
Ne consegue che, nonostante il contribuente abbia sostenuto e certificato spese per 9.550 euro, può utilizzarne solo 6.800 come base per il calcolo delle detrazioni. La spesa eccedente (2.750 euro) non genera alcun beneficio fiscale.
Detto questo, visto che il reddito supera anche 120.000 euro, si applica anche il “Taglia-Detrazioni” (art. 15). Di conseguenza, le detrazioni calcolate sulla base del plafond di 6.800 euro sono soggette all’ulteriore riduzione progressiva.

Conclusioni

La logica sottesa alla riforma delle detrazioni appare in netto ed evidente contrasto con la teoria del conflitto di interessi.

Proprio i contribuenti a più alto reddito, che sostengono la quota preponderante del gettito IRPEF e che avrebbero il maggior interesse teorico a ridurre il proprio carico fiscale, vedono vanificata o fortemente ridotta la convenienza a sostenere e certificare molte delle proprie spese, indebolendo quel meccanismo di contrapposizione di interessi che spinge all’emersione del sommerso.

Il meccanismo introdotto dalla riforma, i cui effetti saranno meglio percepiti in sede di dichiarazione dei redditi 2026 anno di imposta 2025, potrebbe quindi portare ad una conclusione paradossale, alterando il calcolo di convenienza per i contribuenti che hanno già raggiunto il plafond di spesa, i quali potrebbero considerare economicamente più vantaggioso accettare una prestazione non certificata a fronte di uno sconto.

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