1° Documento Riservato: Polizza assicurativa fine mandato amministratore: trattamento fiscale

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI STUDIO TRIBUTARIO GAVIOLI & ASSOCIATI | 12 SETTEMBRE 2025

Il Trattamento Fine Mandato (TFM) per amministratori è un compenso differito con importanti vantaggi fiscali e patrimoniali per impresa e amministratore

La polizza TFM (Trattamento di Fine Mandato) è lo strumento ideale per accantonare l’indennità di fine mandato da erogare all’amministratore della società. La polizza offre importanti vantaggi fiscali e patrimoniali per impresa e amministratore, rendendola una scelta strategica fondamentale per una corretta pianificazione fiscale; la società deduce i premi pagati alla compagnia di assicurazione mentre per l’amministratore sono tassati i proventi netti incassati.

Polizza assicurativa TFM

È molto diffusa la consuetudine di corrispondere agli amministratori delle società oltre al compenso anche una indennità di fine mandato (c.d. TFM) che si forma per effetto dell’accantonamento pluriennale.

La questione del trattamento di fine mandato degli amministratori di società di capitali rappresenta da sempre un argomento complesso su cui spesso è intervenuta l’Amministrazione finanziaria per cercare di fornire i necessari chiarimenti per la mancanza di raccordo tra la normativa civilistica e fiscale. La tematica affrontata è alquanto dibattuta in dottrina, in considerazione del fatto che la formulazione letterale del TUIR non appare delle più chiare.

In questi ultimi anni, sempre con più frequenza le società attribuiscono ai propri amministratori una ulteriore forma di remunerazione sotto forma di indennità di fine mandato che costituisce una sorta di compenso differito prestato e che, contestualmente, rappresenta un costo relativo alla quota accantonata che viene scontato, a certe condizioni, in ogni esercizio.

Aspetti civilistici

Sul piano civilistico non c’è una vera e propria norma che, analogamente a quanto avviene con l’art. 2120 del c.c. per i dipendenti, disciplini il trattamento di fine mandato per gli amministratori.

Da ciò consegue che le parti, nell’ambito del rapporto obbligatorio di natura contrattuale tra amministratore e società, hanno ampia autonomia in ordine alla definizione dell’ammontare e alle modalità di erogazione della predetta indennità.

L’art. 2389 c.c. tratta le problematiche inerenti ai compensi agli amministratori. Mentre i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione sono stabiliti dall’atto costitutivo della nomina o dall’assemblea, le remunerazioni degli amministratori sono deliberate dal consiglio di amministrazione, sentito il collegio sindacale se presente; è previsto che anche l’assemblea possa determinare l’importo complessivo della remunerazione degli amministratori.

L’importanza della data anteriore

Aspetto determinante del TFM ai fini della deduzione fiscale è che il compenso deve essere stabilito e determinato dall’atto costitutivo della società o dall’assemblea dei soci in modo tale che risulti da data certa anteriore all’inizio del rapporto.

La data certa anteriore al rapporto, nelle società di capitali, si potrebbe ottenere dalla redazione di verbale di assemblea da parte di un notaio, dall’estratto notarile del libro delle deliberazioni dell’assemblea, dall’autentica notarile delle firme dei soci sul verbale di delibera, dalla notifica rituale del verbale di delibera dell’amministratore stesso, dall’invio all’amministratore con raccomandata di copia della delibera, in plico senza busta.

Nelle società per azioni gli unici articoli di riferimento previsti nel Codice civile sono quelli contenuti nell’art. 2364, comma 1, n. 3, dove viene previsto che “l’assemblea determina il compenso degli amministratori, se non è stabilito dallo statuto” e nell’art. 2389 dove è disposto che i compensi agli amministratori sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea.

Con riferimento alla s.r.l. la durata in carica degli amministratori, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, è lasciata alla decisione dei soci (art. 2479 c.c.) o all’assemblea (art. 2479-bis).

È opportuno evidenziare che se il diritto all’indennità risulta da data certa anteriore all’inizio del rapporto, ai fini fiscali la società può dedurre, in ogni esercizio, la quota di trattamento di competenza per l’amministratore e l’indennità incassata da quest’ultimo è soggetta a IRPEF con tassazione separata.

L’orientamento delle Entrate

Con la Risoluzione del 22 maggio 2008, n. 211/E, l’Agenzia delle Entrate ha fatto conoscere il proprio orientamento in materia di deducibilità del trattamento di fine mandato degli amministratori di società; nell’Istanza di interpello è stato chiesto, all’Agenzia da parte di una società di capitali, di sapere se gli accantonamenti per il trattamento di fine mandato (TFM) degli amministratori, i quali, al pari dei compensi a questi ultimi corrisposti, rappresentano parte della retribuzione ad essi spettante, possono essere dedotti dal reddito d’impresa, secondo il criterio di competenza (art. 105 del TUIR).

Secondo l’Agenzia delle Entrate tale norma (art. 105, comma 4, del TUIR) consente, in ordine alla determinazione del reddito d’impresa, la deduzione degli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto (art. 17, comma 1, lett. c, del TUIR): trattasi, in particolare, delle indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (art. 50, comma 2, lett. c-bis, TUIR) vale a dire le indennità dovute “in relazione agli uffici di amministratore”.

Appare evidente, quindi, come gli accantonamenti a fondi del passivo per le indennità di trattamento di fine mandato (TFM), per effetto del rinvio contenuto nel citato articolo (105, comma 4), rientrano nel tassativo novero degli accantonamenti per i quali è riconosciuta rilevanza fiscale, essendo sostanzialmente equiparati a quelli di quiescenza e previdenza.

Più in particolare, la norma richiamata (comma 1, lett. c, dell’art. 17 del TUIR) prevede, ai fini della tassazione di tali indennità in capo al soggetto percipiente, l’applicazione del beneficio della tassazione separata solo “se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”.

L’orientamento dell’AIDC

Di diverso avviso, rispetto a quanto sostenuto dalla Agenzia delle Entrate, è l’Associazione italiana dei Dottori Commercialisti che, con la Norma di comportamento n. 180/2011, in linea con il parere della maggioranza della dottrina, sostiene “che le società di capitali che abbiano correttamente deliberato l’indennità di fine mandato possono effettuare un corrispondente accantonamento deducibile per competenza, a prescindere dal momento in cui il diritto all’indennità sia sorto, senza sottostare ai limite ed alle condizioni previste dalla normativa (art. 17 del TUIR)”.

La tassazione del TFM per l’amministratore

Particolarmente conveniente è la tassazione per l’amministratore nel senso che la normativa fiscale consente la possibilità di assoggettare ad imposizione il trattamento di fine mandato sia con metodo ordinario, sia applicando il regime di tassazione separata.

L’art. 17, del D.P.R. n. 917/1986, al comma 1, lett. c), prevede espressamente che le indennità percepite per la cessazione del rapporto di collaborazione coordinata continuativa, possono essere tassate separatamente solamente se il diritto al TFM risulti da atto di data certa anteriore al rapporto con la società erogatrice.

La tassazione separata consente all’amministratore di beneficiare di un’aliquota media di imposta che a certe condizioni risulterà sicuramente più vantaggiosa rispetto a quella ordinaria. In questo caso in sede di dichiarazione dei redditi l’amministratore dovrà espressamente optare per la tassazione separata del trattamento di fine rapporto con la conseguenza che gli Uffici finanziari competenti provvederanno alla determinazione dell’imposta in via definitiva tramite la tassazione separata con aliquota media oppure qualora risultasse favorevole all’amministratore stesso farà concorrere l’indennità alla formazione del reddito dell’anno di percezione con il ricalcolo dell’imposta.

Compito della società in ogni caso è quello di effettuare al momento dell’erogazione dell’indennità una ritenuta a titolo di acconto pari al 20% sull’ammontare imponibile dello stesso trattamento.

Copertura del TFM con polizza assicurativa: la tesi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3994, del 16 febbraio 2021, ha chiarito che gli accantonamenti al fondo TFM investiti in polizze assicurative non incidono sulla disciplina applicabile ai fini del reddito d’impresa, costituendo una mera modalità di accantonamento.

Nel caso in esame una società nel ricorrere in Cassazione lamenta la illegittimità dell’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 105, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per avere la CTR escluso la deducibilità dei premi pagati per polizze assicurative in quanto non valutati come costi, ma come investimenti finanziari, benché fossero confluiti in quelle polizze gli importi accantonati nell’esercizio a titolo di trattamento di fine mandato maturato, rispettivamente dall’amministratore unico e procuratore della società, come dimostrato dal fatto che ne fossero queste le dirette beneficiarie e non la società e dalla previsione in tal senso contenuta nella delibera assembleare.

Ad avviso della società ricorrente, tale fattispecie rientra infatti nella previsione di cui al D.P.R. n. 917/1986, art. 105, applicabile anche alle indennità di fine rapporto relative a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, mentre, ai fini della deducibilità dei relativi costi da parte della società, non rilevano i limiti e le condizioni previsti dall’art. 17, comma 1, lett. c), citato dal D.P.R. n. 917/1986, art. 105, come mero riferimento alla natura dell’indennità di fine rapporto, valendo essi per il solo soggetto percettore.

La Cassazione nel confermare la tesi della società ricorrente evidenzia che il D.P.R. n. 917/1986, art. 105 (ex art. 70), rubricato “Accantonamenti di quiescenza e previdenza”, prevede, al comma 1, che gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi, mentre al successivo, comma 4, estende tale disposizione anche agli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui al D.P.R. n. 917/1986, art. 17, lett. c), ossia alle indennità derivanti dalla cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 53, comma 2 (ora art. 50, comma 1, lett. c-bis), tra i quali rientra anche il trattamento di fine mandato.

La facoltà delle aziende di decidere di corrispondere agli amministratori, al termine del loro mandato, un’indennità definita “trattamento di fine mandato”, quale compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto sociale ovvero dall’assemblea dei soci e lasciato alla libera contrattazione delle parti, rientra del resto tra i poteri dell’assemblea ordinaria, come sancito dall’art. 2364 c.c., se non previsto dallo statuto della società.

In merito al trattamento fiscale delle somme accantonate, la Cassazione ha già avuto modo di affermare che, con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, il D.P.R. n. 917/1986, art. 70, comma 3 (ora art. 105, comma 4), nello stabilire che le disposizioni dei precedenti commi 1 e 2, concernenti la deducibilità degli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente, “valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui alle lettere c) (…) dell’art. 16 (ora art. 17), comma 1 dello stesso Decreto, opera un rinvio pieno a quest’ultima disposizione, ossia non limitato al solo fine di identificare la categoria del rapporto sottostante al quale l’indennità si riferisce, ma esteso alle condizioni richieste dalla lettera c) dell’art. 16, giacché, altrimenti, sarebbe stato sufficiente il rinvio all’art. 49, comma 2 – pure menzionato all’art. 16, comma 1, lett. c -, che individua appunto i redditi di lavoro autonomo, fra i quali rientra quello dell’amministratore della s.r.l.” .

Ciò vuol dire che, ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti, si richiede che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Soltanto in presenza di atto scritto anteriore all’avvio del rapporto, dunque, può operare il regime di tassazione separata, giacché, in assenza, l’indennità corrisposta in occasione della cessazione del mandato è soggetta, ai fini IRPEF, al regime di tassazione ordinaria.

Ciò comporta che le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo, trovando altrimenti applicazione il principio di cassa, come disposto dal medesimo D.P.R. n. 917/1986, art. 95, comma 5, che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti (cfr. Cass., sez. 5, 19 ottobre 2018, n. 26431).

Per la Cassazione la forma data, nella specie, agli accantonamenti effettuati a titolo di trattamento di fine mandato in favore dell’amministratore unico e del rappresentante, ossia il fatto che essi siano stati fatti confluire in premi di polizze assicurative, non incide invece sulla disciplina applicabile, costituendo essa una mera modalità dell’accantonamento, non incidente sul titolo dell’operazione.

La Cassazione, invero, pronunciandosi in tema di accantonamento di somme per premi fedeltà in forma di prodotti assicurativi e previdenziali da attribuire ai promotori finanziari al momento della cessazione del rapporto, ne ha ritenuta la deducibilità secondo il principio di competenza, sul presupposto che questi costituiscano un costo certo, determinato in base a criteri oggettivi e inerente all’attività aziendale, essendo gli esborsi destinati a garantire l’erogazione di tali benefici integrativi sopportati dall’impresa in costanza di rapporto lavorativo (cfr. Cass., sez. 5, 18 gennaio 2019, n. 1304Cass., sez. 5, 19 marzo 2008, n. 7340).

Nel caso in esame, osserva la Cassazione, la CTR non si è attenuta a tali principi, essendosi limitata a sostenere che “i premi assicurativi pagati in base alla stipula di una polizza assicurativa ai fini della liquidazione d’indennità, non possono che rappresentare costi di esercizio, trattandosi di investimento finanziario, e, come tali, indeducibili”, senza in alcun modo affrontare la questione della disciplina applicabile sulla base della documentazione prodotta e, segnatamente, della sussistenza o meno di un atto scritto antecedente all’avvio del rapporto e alla individuazione dei beneficiari delle polizze, ciò che avrebbe consentito di verificare la soggezione dell’indennità al regime ordinario o a quello separato.

Le caratteristiche della polizza assicurativa TFM

La polizza assicurativa TFM consente all’impresa di accantonare periodicamente le somme destinate al trattamento di fine mandato in modo organizzato e vantaggioso.

Le caratteristiche principali della polizza TFM sono:

  • impignorabilità e insequestrabilità: le somme accantonate tramite la polizza TFM sono impignorabili e insequestrabili, offrendo quindi una protezione giuridica alle risorse destinate al trattamento;
  • deduzione fiscale: ogni anno, l’azienda può dedurre come costo fiscale gli importi accantonati per il TFM. Questo consente di abbassare l’imponibile, riducendo così le imposte da pagare.

Tassazione polizza assicurativa TFM in capo all’amministratore

Le somme erogate dalla compagnia di assicurazione sono tassate a monte, dalla compagnia stessa, tramite l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

proventi netti che sono incassati dall’amministratore sono a loro volta tassati in capo a questi; le modalità di tassazione possono essere di tipo ordinario oppure a tassazione separata per opzione.

La deduzione in capo alla società delle polizze assicurative TFM

Si segnala preliminarmente che sull’argomento la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente, con due sentenze depositate il 30 gennaio 2024; i giudici tributari del merito hanno affermato che l’Amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti come Trattamento Fine Mandato (polizza TFM) agli amministratori di società.

L’utilizzo delle polizze vita per accantonare il TFM dell’amministratore, chiarisce il Collegio, non costituisce un fringe benefit ed è completamente deducibile.

In sostanza la società deduce i premi pagati alla compagnia di assicurazione, ai fini della formazione del TFM, sulla base del disposto normativo contenuto nell’art. 105, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986, e dell’art. 17, comma 1, del citato D.P.R.

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