1° Documento Riservato: Rush finale per assegnazioni e trasformazioni societarie, con qualche criticità

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI FABRIZIO G. POGGIANI | 26 SETTEMBRE 2025

Dubbi sull’intervento della D.R.E. Toscana in vista della scadenza del 30 settembre 2025

Entro il prossimo 30 settembre devono essere redatti gli atti di assegnazione o di cessione o di trasformazione in società semplice, al fine di beneficiare dell’agevolazione riproposta con la Legge di Bilancio 2025. 
I beni non devono essere qualificati come strumentali all’esercizio della propria attività ma il mutamento di destinazione è ammesso anche a ridosso dell’atto di assegnazione e/o di trasformazione societaria.
Una recente Risposta all’interpello della D.R.E. Toscana, però, ha reso ancor più complicata e meno appetibile la trasformazione agevolata, disattendendo, a parere di chi scrive, le finalità delle disposizioni, riproposte con la più recente Legge di Bilancio.

Disciplina agevolativa

La disciplina agevolativa serve a mitigare l’imposizione sulle plusvalenze e, in particolare, nell’ambito della trasformazione da società commerciale in società semplice, per la destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa dei beni della società che si trasforma.

L’agevolazione consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP dell’8% (o del 10,5% se società di comodo) sulle plusvalenze da assegnazione e/o destinazione a finalità estranea all’esercizio di impresa relative ai beni immobili diversi da quelli strumentali, di cui al primo periodo del comma 2 dell’art. 43 del D.P.R. n. 917/1986 ed ai beni mobili registrati non utilizzati in modo strumentale nell’esercizio di impresa e nell’ applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP del 13% sulle riserve in sospensione d’imposta.

Nell’ambito di detta agevolazione è possibile sostituire al “valore normale”, di cui al comma 3 dell’art. 9 del medesimo TUIR, degli immobili, un importo pari al prodotto della rendita catastale per i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità di cui al comma 4 dell’art. 52 del D.P.R. n. 131/1986.

Trasformazione in società semplice: natura e conseguenze fiscali

Si ricorda che la trasformazione di una società commerciale (di capitali o di persone) in società semplice si qualifica come una trasformazione omogenea regressiva (art. 2500-sexies c.c.) sebbene sia considerata, dall’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 811/2021 ) dal punto di vista tributario, eterogenea, giacché comporta la fuoriuscita dei beni della società trasformata dal regime di impresa.

La trasformazione, ai fini tributari, rappresenta una ipotesi di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio d’impresa (Agenzia delle Entrate, circolare n. 26/E/2016 , cap. III, Parte I), con conseguente realizzo al “valore normale” (comma 1, art. 171 del D.P.R. n. 917/1986 e circolare n. 137/E/1997 , § 15.3) e forte impatto a livello di imposte dovute.

In relazione alla fuoriuscita dei beni dal regime d’impresa, per effetto della trasformazione da società commerciale a società semplice, si rende necessario confrontare il “valore normale” dei beni stessi con il loro costo fiscalmente riconosciuto e sottoporre a tassazione le eventuali plusvalenze, mentre le minusvalenze restano indeducibili, in quanto non realizzate, ai sensi comma 1 dell’art. 101 del TUIR.

La trasformazione agevolata, in particolare, si differenzia dall’assegnazione agevolata in quanto i beni della società fuoriescono dal regime dei beni d’impresa ma restano di proprietà del medesimo soggetto ovvero la società, nella sua nuova veste giuridica. L’operazione riguarda il soggetto che si trasforma, e non i beni, per cui a questo è richiesto il requisito di avere per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni immobili o dei beni mobili registrati e tutti i beni e tutte le poste contabili subiscono gli effetti della trasformazione, anche se non rientrano tra quelli agevolabili.

È opportuno segnalare, inoltre, che, ove compatibili, stante il fatto che le norme sono del tutto analoghe a quelle introdotte dalla disciplina previgente, restano validi i chiarimenti già forniti dall’Agenzia delle Entrate.

Con particolare riferimento ai beni agevolati, si ricorda che rientrano nella disciplina agevolativa i beni immobili (terreni e fabbricati), con la sola eccezione di quelli strumentali per destinazione, e i beni mobili iscritti nei pubblici registri (per esempio, gli autoveicoli) non utilizzati quali beni strumentali nella propria attività.

I beni agevolabili e i chiarimenti interpretativi

Per i beni immobili, come disposto dal richiamato comma 31, si richiede che gli stessi siano “diversi da quelli indicati nell’articolo 43, comma 2, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi (…)”, quindi diversi da quelli strumentali per destinazione.

Pertanto, è necessario che i beneficiari valutino la natura dei beni appena richiamati al momento dell’atto con cui viene definita l’operazione di trasferimento o di trasformazione societaria (Agenzia delle Entrate, circolare n. 112/1999 , § 3.1) che dovrà avvenire (rogito) entro e non oltre il 30 settembre 2025.

L’Agenzia delle Entrate (circolare n. 26/E/2016, § 3.1) ha precisato, relativamente agli immobili, che non sono ritenuti strumentali per destinazione quando gli stessi sono suscettibili di produrre un loro ”autonomo reddito” mentre, quando sono strumentali per destinazione, gli stessi partecipano alla produzione del reddito fornendo un apporto all’attività esercitata, con la conseguente deduzione di spese e ammortamenti.

L’Agenzia delle Entrate, sempre sul tema (circolare n. 26/E/2016, § 3), ha precisato che la modifica della destinazione dei beni oggetto di assegnazione o cessione può essere eseguito anche a ridosso della redazione dell’atto e che tale comportamento non può essere inquadrato tra le fattispecie abusive ma deve essere valutato come un atto preordinato a un legittimo risparmio d’imposta.

Con altro documento di prassi (Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 99/E/2017 ) la stessa Agenzia ha riscontrato un profilo elusivo, nell’ambito di una operazione di conferimento d’azienda e successiva assegnazione agevolata dell’immobile, poiché l’operazione appariva soltanto preordinata al fine di beneficiare del regime agevolativo, stante il fatto che non si era verificata alcuna sostanziale modifica della destinazione dell’immobile, sempre utilizzato per l’esercizio dell’attività d’impresa.

Il Consiglio Nazionale del Notariato (Studi n. 45-2023/T e 46-2023/T) ha sostenuto di poter prescindere dalla destinazione originaria dei beni oggetto di assegnazione, ritenendo legittimo programmare l’operazione agevolata con la modifica, in qualunque momento, della destinazione del bene al fine di renderlo agevolabile.

Lo stesso Notariato (Studio n. 46-2023/T, § C.2.2 e C.2.3) ritiene che i beni locati o concessi in comodato o non utilizzati direttamente possano integrare i requisiti richiesti dalla disciplina in commento, poiché, pur concorrendo alla determinazione del reddito d’impresa, non si considerano strumentali per destinazione essendo idonei a produrre un reddito autonomo alla stessa stregua dei beni appartenenti alle società in liquidazione che, nella sostanza, non esercitano più alcuna attività d’impresa.

Pertanto, dai vari chiarimenti forniti si deduce, per esempio, che gli immobili detenuti dalle società immobiliari di gestione possono rientrare nella norma agevolativa in quanto produttivi di un reddito autonomo rappresentato, in tal caso, dal canone di locazione.

Peraltro, poiché l’attività della società che si trasforma non può essere d’impresa, i beni immobili e i beni mobili registrati non possono qualificarsi, al momento della trasformazione, come strumentali per destinazione (per esempio, i terreni agricoli, utilizzati dalla società commerciale per l’esercizio delle attività, di cui all’art. 2135 c.c., a prescindere o meno dall’esercizio dell’opzione per la tassazione fondiaria, assumono natura di immobili strumentali “per destinazione” e, quindi, non possono essere oggetto del trattamento agevolato).

L’Agenzia ha anche precisato che possono rientrare nell’agevolazione solo i beni immobili con esclusione dei singoli diritti; in tale ultimo caso, l’assegnazione agevolata è possibile soltanto se la società assegna al socio il diritto parziale che gli consente di acquisire la piena proprietà del bene (socio con usufrutto e assegnazione agevolata della nuda proprietà) e se la società assegna totalmente anche nel caso in cui la nuda proprietà sia attribuita a un socio e l’usufrutto sia assegnato ad altro socio (circolare n. 37/E/2016, § 2.1).

Per l’Agenzia, un immobile facente parte di un’azienda concessa in affitto a terzi, pur non essendo lo stesso qualificabile come strumentale, non può essere qualificato come unità produttiva di reddito autonomo, con la conseguenza che lo stesso non può ritenersi agevolabile; per quanto detto in precedenza, però, è possibile procedere, anche a ridosso del termine per l’assegnazione, con una modifica (o risoluzione e contestuale sottoscrizione di un nuovo contratto) dell’affitto di azienda, con estromissione dell’immobile oggetto di assegnazione.

Una criticità è rappresentata dal fatto che la società trasformata (società semplice) deve avere, per oggetto esclusivo o principale, la “gestione” (passiva) di beni immobili e mobili registrati; requisito che, sulla base dei chiarimenti forniti (circolare n. 26/E/2016, cap. III, parte I) deve essere integrato “prima” dell’atto di trasformazione.

Una ulteriore criticità, come già indicato, è rappresentata dal fatto che rientrano nell’agevolazione esclusivamente i beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione; gli immobili strumentali per natura, ma non impiegati in attività d’impresa, possono godere del trattamento agevolato in quanto non strumentali per destinazione.

L’assegnazione o la cessione agevolata possono, quindi, riguardare gli immobili patrimoniali, di cui all’art. 90 del TUIR, gli immobili “merce”, alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa e gli immobili strumentali per natura, iscritti nelle categorie catastali “B”, “C”, “D”, “E” e “A/10”, non utilizzati direttamente per l’esercizio dell’attività d’impresa.

Sul punto, è opportuno evidenziare che l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il cambio di destinazione dei beni da strumentali a non strumentali può essere effettuato anche in prossimità dell’operazione, senza che ciò possa costituire oggetto di una contestazione di abuso del diritto (circolare n. 26/E/2016, cap. I, parte I, § 3); chiarimento da estendere, certamente, anche alla trasformazione in società semplice, di cui sopra.

Il recente interpello 911-260/2025 e le criticità operative

A complicare la situazione, di per sé già articolata e complessa, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Toscana – Settore persone fisiche, lavoratori autonomi, imprese minori ed enti non commerciali – Ufficio Consulenza – nella Risposta (n. 911-260/2025) ad un preciso e recentissimo interpello presentato il 27 maggio 2025, avente ad oggetto la trasformazione da società commerciale a società semplice.

La società istante, infatti, ha presentato una istanza di interpello articolata e ben definita al fine di ottenere ulteriori e precise indicazioni per la corretta applicazione della disciplina nell’ambito della trasformazione agevolata in società semplice di una società a responsabilità limitata, costituita nel 2007, avente ad oggetto l’attività di locazione immobiliare, con unità immobiliari acquisite con contratto di leasing, con esecuzione di interventi edili di ristrutturazione, poi riscattate.

Il rappresentante della società, quindi, rappresentando accuratamente la situazione, ha chiesto precisazioni in merito alla determinazione dell’imponibile, di cui alla lett. c), comma 2, dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972, alla rettifica alla detrazione, di cui all’art. 19-bis del Decreto IVA, alla rilevanza dell’autofattura ai fini dell’imposizione diretta e, infine, alla rilevanza della permuta eseguita nel corso del 2025.

Sulla prima questione, nell’ambito di un immobile acquisito con un contratto di leasing, l’istante riteneva che la base imponibile ai fini IVA potesse essere stabilita per un ammontare inferiore alla sommatoria del prezzo di riscatto e di tutti i canoni pagati, tempo per tempo, al netto della quota interessi e di eventuali deprezzamenti di valore stante i contenuti di un datato documento di prassi (Agenzia delle Entrate, circolare n. 26/E/2016, § 7.1, capoverso 7)

L’agenzia non ha condiviso la soluzione interpretativa e, pur tenendo conto delle indicazioni fornite a suo tempo con il documento di prassi citato (circolare n. 26/E/2016 ), al contrario, ha ribadito che “la base imponibile deve essere calcolata tenendo anche conto dei canoni leasing pagati alla società concedente prima del riscatto”; in estrema sintesi, l’Agenzia delle Entrate ritiene, a parere di scrive in modo totalmente illogico, che anche la quota interessi, ricompresa nei canoni leasing, debba concorrere alla determinazione della base imponibile IVA.

Invero, la componente finanziaria, insita nei contratti di leasing, non è rappresentativa del reale valore economico del bene ma discende unicamente dalla modalità contrattuale prescelta (acquisizione con contratto di leasing piuttosto che acquisto diretto); ove nel prezzo di acquisto si considerasse anche la quota interessi ricompresa nei canoni si arriverebbe all’assurdo che il medesimo bene avrebbe una base imponibile e/o prezzo di acquisto diverso a seconda che sia stato acquistato direttamente o acquisito in leasing e poi riscattato e, addirittura, il medesimo bene acquistato in leasing e poi riscattato darebbe luogo ad una base imponibile diversa nel caso in cui il leasing prevedesse una durata (dieci anni) piuttosto che un’altra (venti anni).

Tenere conto del deprezzamento, quindi, come da indicazioni di prassi, lascia spazio a valutazioni discrezionali che espongono i contribuenti a un serio rischio di subire un accertamento per mere questioni valutative; rischio, peraltro, che mal si concilia con una norma agevolativa di questa portata.

Sulla necessità di eseguire una rettifica alla detrazione, di cui all’art. 19-bis2 del Decreto IVA, l’istante riteneva che la rettifica in oggetto dovesse riguardare soltanto l’IVA pagata sul prezzo del riscatto per tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio (cosiddetto “periodo di osservazione”) facendo riferimento alla data di riscatto ma l’Agenzia delle Entrate, confermando tale soluzione interpretativa, ha sollevato una eccezione, emergente in particolari circostanze ovvero quando i beni possono considerarsi sostanzialmente acquistati prima della data di esercizio del diritto di acquisto in sede di riscatto finale; è il caso, per esempio, di un contratto con maxi-canone iniziale eccessivamente elevato.

Per l’istante, infine, l’autofattura emessa, ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972 non doveva rilevare ai fini dell’imposizione diretta poiché la stessa viene emessa al solo fine di ottemperare a un obbligo IVA, giacché la trasformazione agevolata in commento, infatti, non ha effetti traslativi e non genera ipotesi realizzativa del bene de quo, ulteriore e diverso da quello soggetto a imposta sostitutiva dell’8%.

L’Agenzia delle Entrate, al contrario, sostiene che la plusvalenza contabile, ottenuta come differenza tra il valore attribuito al bene e il suo valore netto contabile, pur non concorrendo alla determinazione della base imponibile, formi l’utile di esercizio e costituisca una riserva di utili da tassare come dividendo (aliquota fissata al 26%) per la quota che eccede la plusvalenza già assoggettata a imposta sostitutiva (8%).

La detta interpretazione, sempre a parere di chi scrive, appare estremamente illogica dal momento che viene uniformato il trattamento fiscale delle riserve di utili generate negli anni precedenti la trasformazione agevolata (che, non essendo ricomprese nell’agevolazione, dovrebbero essere trattate come dividendi da tassare al 26%) con le riserve di utili generate per effetto dell’operazione di trasformazione agevolata (che in quanto tale, tanto agevolata non risulta).

Infine, in relazione all’ultimo quesito sul tema dell’operazione di permuta, l’Agenzia delle Entrate si è limitata a confermare che, in presenza di una trasformazione in società semplice, i beni che non possono beneficiare delle agevolazioni, devono essere assoggettati a tassazione con applicazione dei criteri ordinari.

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