2° Contenuto: Mismatch: una analisi del disallineamento tra TUIR e CCI

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI MASSIMILIANO TASINI | 14 OTTOBRE 2025

TUIR e Codice della crisi disallineati: necessario intervento legislativo correttivo

Lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e imposta sul valore aggiunto introduce modifiche all’art. 88, comma 4-ter, TUIR, estendendo l’esclusione da imposizione delle sopravvenienze attive alle procedure del nuovo Codice della Crisi d’impresa. Tuttavia, permane il disallineamento con l’art. 101, comma 5, TUIR, non aggiornato. Il contributo analizza le conseguenze di tale incoerenza sistematica e sollecita un intervento correttivo per evitare contenziosi e incertezze operative nella deducibilità delle perdite su crediti e nel trattamento delle procedure concorsuali.

La Legge delega per la riforma tributaria

L’art. 9 della Legge delega n. 111/2023 chiede al Governo di risolvere una delicata questione: colmare il disallineamentogeneratosi tra il Testo Unico delle Imposte sui redditi, che in alcune disposizioni fa riferimento solo ad alcuni degli istituti contemplati dal D.Lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi di Impresa, di seguito CCI): come noto, dalla sua entrata in vigore, il CCI è stato più volte modificato, anche attraverso la decretazione d’urgenza, senza che però tali modifiche siano state coordinate con le disposizioni che disciplinano la determinazione del reddito di impresa.

L’Agenzia delle Entrate, chiamata a pronunciarsi su tali disallineamenti, ha ritenuto, correttamente, che il vuoto creatosi non può e non deve essere colmato in via interpretativa, tanto più che è stato lo stesso legislatore a ritenere necessario un intervento normativo.

Di qui, appunto, il citato art. 9.

Il Decreto sul Terzo settore

In questi giorni è entrata nel vivo la discussione sulla riforma del Terzo settore.

L’Ufficio Studi di Camera e Senato ha pubblicato un Dossier che descrive il contenuto del provvedimento che sta giungendo alla luce.

Esaminando l’indice di tale provvedimento, una sorta di “fritto misto” (vi figurano anche disposizioni in materia di IVA e di imposte dirette del tutto estranee al Terzo settore), ritroviamo l’art. 5, il cui scopo è appunto quello di colmare il vuoto normativo di cui ho detto sopra.

Questo l’attuale testo dell’art. 88, comma 4-ter, del TUIR:

 “4-ter. Non si considerano, altresì, sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione. In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del citato regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, o di procedure estere a queste equivalenti, la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84, senza considerare il limite dell’ottanta per cento, la deduzione di periodo e l’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell’articolo 96 del presente testo unico. Ai fini del presente comma rilevano anche le perdite trasferite al consolidato nazionale di cui all’articolo 117 e non ancora utilizzate. Le disposizioni del presente comma si applicano anche per le operazioni di cui al comma 4-bis”.

Ed ecco il commento della Scheda parlamentare:

“Le norme, sostituendo il comma 4-ter dell’articolo 88 del TUIR, estendono agli istituti introdotti dal nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza, di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019, l’applicazione della disciplina prevista dal vigente comma 4-ter, citato in precedenza, con la quale si esclude, totalmente o parzialmente, l’imponibilità delle riduzioni dei debiti di impresa quali sopravvenienze attive, generate nell’ambito delle procedure concorsuali indicate nel medesimo comma. 
La relazione illustrativa chiarisce che tale intervento normativo si è reso necessario al fine di adeguare la disciplina fiscale in materia di tassazione delle sopravvenienze attive conseguenti alle riduzioni dei debiti dell’impresa derivanti dall’accesso alle procedure di gestione della crisi per le quali la normativa vigente, nell’escludere, totalmente o parzialmente, l’imponibilità, fa riferimento solamente agli istituti preesistenti al Codice della Crisi e dell’Insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019  e non a quelli successivamente introdotti dal citato Codice per consentire alle imprese di ricorrere, in alternativa, a strumenti generalmente più flessibili dei precedenti.
In particolare, si dispone che non si considerino sopravvenienze attive (e quindi non soggette a tassazione) le riduzioni dei debiti che si realizzano, oltre che nei casi di concordato fallimentare e concordato preventivo già previsti a legislazione vigente, anche nelle seguenti procedure liquidatorie previste dal nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza: 
• liquidazione giudiziale; 
• concordato minore liquidatorio; 
• concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. 
Come già previsto dal testo vigente per le procedure del concordato fallimentare e preventivo, anche i nuovi istituti rilevano in caso di procedure estere equivalenti, purché con lo Stato estero esista un adeguato scambio di informazioni sul piano fiscale. Restano incluse inoltre nella categoria delle sopravvenienze attive non tassabili anche la riduzione dei debiti derivanti dalla partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione. 
Nel caso di procedure in continuità aziendale le norme estendono la disciplina vigente circa la non rilevanza fiscale delle sopravvenienze attive anche al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO) e al concordato di continuità aziendale minore. Inoltre, sono aggiornati i riferimenti normativi degli istituti già inclusi in questa fattispecie, quali l’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato e il piano attestato, e viene sostituita l’espressione “accordo di risanamento” con quella di “concordato in continuità aziendale” come disciplinato del nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza.”.

Forse, è sfuggito qualcosa. Dov’è la modifica all’art. 101 del TUIR?

Al momento, della modifica non vi è traccia, quantomeno non vi è traccia nel Decreto “Terzo settore”.

Se le cose stanno così, abbiamo un bel problema da affrontare: perché il legislatore delegato crea un grave “mismatch” tra art. 88, comma 4-ter e art. 101, comma 5, TUIR, il quale ultimo continua a così disporre:

“5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o, per le procedure estere equivalenti, dalla data di ammissione ovvero, per i predetti piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese. (…)”.

Peraltro, questo vuoto, oltreché di notevole gravità, è vieppiù incomprensibile, ove si consideri che il legislatore è invece già correttamente intervenuto sull’art. 54-ter del TUIR.

Come noto, tale disposizione interviene sulla annosa questione della determinazione del reddito imponibile dei soggetti che producono reddito di lavoro autonomo, i quali non fanno più confluire tra i proventi tassabili le spese riaddebitate ai loro committenti essendo state poste a loro carico. Naturalmente, se il riaddebito non concorre a determinare il reddito, a monte la spesa non può essere dedotta (quindi, si tratta di mere poste finanziarie).

Può darsi però il caso che il committente, che pur si era impegnato a rimborsare le spese al professionista, non adempia. E allora, opportunamente, il legislatore è intervenuto, per derogare alla generale disciplina della indeducibilità, consentendo cioè di sposarle fiscalmente, ricorrendo precisi presupposti. Nasce così l’art. 54-ter che, nella versione introdotta dal D.Lgs. n. 192/2024così dispone:

“2. Le spese di cui all’articolo 54, comma 2, lettera b), non rimborsate da parte del committente sono deducibili a partire dalla data in cui:
a) il committente ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti di regolazione disciplinati dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, o a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni;
b) la procedura esecutiva individuale nei confronti del committente sia rimasta infruttuosa;
c) il diritto alla riscossione del corrispondente credito si è prescritto.
3. Ai fini del comma 2, lettera a), il committente si considera che abbia fatto ricorso o sia stato assoggettato a uno degli istituti disciplinati dal citato codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019:
a) in caso di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata del sovraindebitato, dalla data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o controllata;
b) in caso di liquidazione coatta amministrativa, dalla data del provvedimento che la dispone;
c) in caso di procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dalla data di ammissione alla procedura;
d) in caso di procedura di concordato preventivo, dalla data del decreto di apertura della procedura;
e) in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti e di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, dalla data di omologazione dell’accordo ovvero del piano;
f) in caso di piano attestato di risanamento, dalla data certa degli atti e dei contratti di cui all’articolo 56, comma 5, del predetto codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019;
g) in caso di contratto o accordo di cui all’articolo 23, comma 1, lettere a), b) e c), del citato decreto legislativo n. 14 del 2019, dalla data certa di tali atti;
h) in caso di concordato semplificato di cui all’articolo 25-sexies del medesimo decreto legislativo n. 14 del 2019, dalla data del decreto previsto dal citato articolo 25-sexies, comma 4;
i) in caso di concordato minore, dalla data di apertura della procedura;
l) in caso di ristrutturazione dei debiti del consumatore di cui all’articolo 67  e seguenti del citato codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019, dalla data della pubblicazione della relativa proposta ai sensi dell’articolo 70 del medesimo decreto.”.

La tecnica casistica è sempre pericolosa, poiché ad ogni modifica del CCI dovrà corrispondere analoga modifica del TUIR, ma tant’è: quanto meno, si è cercato di colmare il vuoto.

Per completezza, vale la pena di evidenziare che il legislatore è recentemente intervenuto ulteriormente sull’art. 54-ter, aggiungendo – con l’art. 1, D.L. n. 84/2025, convertito – un nuovo comma, che così dispone:

“5-bis. Nei casi disciplinati dai commi 2 e 5 le spese, sostenute nel territorio dello Stato, relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea di cui all’articolo 1 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, sono deducibili a condizione che i pagamenti siano stati eseguiti con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.”.

Si tratta della disposizione che impone la tracciabilità quale ulteriore presupposto per la deducibilità delle spese in discorso.

Conclusione

Ci sono due modi per affrontare i problemi.

Il primo modo è quello più semplice, ed è anche quello che piace a noi, operatori/manovali del diritto: vederli prima e gestirli.

Il secondo modo è quello più complicato: vederli dopo e subirli.

Noi abbiamo una occasione straordinaria: evitare in un solo colpo un vero e proprio mismatch ed al contempo chiarire se il riallineamento ha efficacia anche per il passato: lo chiede al Governo a gran voce il dossier parlamentare ed è una richiesta che non può restare senza risposta. Non dobbiamo alimentare un contenzioso inutile e dibattiti infiniti se possiamo intervenire prima.

Se qualcuno ci ascolta, per favore faccia qualcosa.

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