2° Contenuto: Percentuali di ricarico e accertamento: alleggerito il fardello della prova a carico del contribuente

COMMENTO

DI MATTEO RIZZARDI | 30 DICEMBRE 2025

Il tema della determinazione induttiva o analitico-induttiva del reddito d’impresa rappresenta uno dei campi di battaglia più aspri nel contenzioso tributario italiano. L’impianto normativo che disciplina questo strumento affonda le sue radici nelle modifiche introdotte dall’art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993 (convertito in Legge n. 427/1993), che ha ampliato le facoltà degli Uffici fiscali modificando l’art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/1973 e l’art. 54 D.P.R. n. 633/1972.

Introduzione giuridica: il grimaldello delle presunzioni semplici

L’art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993 (convertito in Legge n. 427/1993) ha fornito all’Amministrazione finanziaria un vero e proprio “grimaldello per scardinare contabilità inattaccabili dal punto di vista formale”. L’accertamento può, infatti, fondarsi sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli che si possono fondatamente desumere dalle caratteristiche operative dell’attività svolta. Tali incongruenze spesso emergono da una non corretta valutazione delle rimanenze di magazzino.

In questi scenari, gli Uffici ricorrono abitualmente alle cosiddette percentuali di ricarico, che sono la misura della maggiorazione applicata dall’impresa al costo di acquisto per definire il prezzo di vendita. Attraverso questa tecnica, i verificatori mirano a ricostruire i ricavi non dichiarati applicando tale maggiorazione sul “costo del venduto” (Giacenze iniziali + Acquisti – Rimanenze finali).

L’operazione aritmetica è CDV x % di ricarico = margine di guadagno.

È fondamentale, tuttavia, distinguere tra il metodo analitico-induttivo (art. 39, comma 1, lett. d, D.P.R. n. 600/1973) e l’induttivo puro (art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/1973):

  • il primo si applica quando la contabilità, sebbene formalmente corretta, è ritenuta complessivamente inattendibile o parzialmente incompleta, ma comunque utilizzabile come base di partenza. In questo caso, l’Ufficio può completare le lacune usando presunzioni semplici, purché graviprecise e concordanti;
  • il secondo, invece, consente all’Amministrazione di prescindere totalmente dalle scritture in presenza di omissioni o falsità così gravi e ripetute da inficiarne l’attendibilità assoluta.

L’utilizzo delle percentuali di ricarico rientra tipicamente nell’accertamento analitico-induttivo e sposta l’onere della prova sul contribuente. Tuttavia, è “acclarato” che la presunzione non può basarsi semplicemente sulla media di settore, se non c’è una “difformità evidente” rispetto alla percentuale applicata dal contribuente.

Commento alla sentenza n. 31784/2025: i limiti al “super-calcolo” imposto al contribuente

Il recente intervento della Corte di Cassazione, espresso nell’ordinanza del 5 dicembre 2025, n. 31784, offre un chiarimento essenziale circa i limitientro cui il giudice di merito può spingere l’onere probatorio del contribuente che contesti l’accertamento analitico-induttivo fondato sull’applicazione di una percentuale di ricarico.

Il contenzioso trae origine da un avviso di accertamento notificato a una società per il periodo d’imposta 2007, nel quale l’Ufficio aveva rideterminato i ricavi applicando il metodo analitico-induttivo, basandosi sull’elaborazione di una percentuale di ricarico ricavata da un campione di articoli e calcolata tramite media ponderata. La Commissione Tributaria Regionale, confermando l’operato dell’Ufficio e la correttezza del ricorso al metodo prescelto, aveva però ritenuto insufficienti le contestazioni della società, che pure aveva lamentato l’applicazione di una percentuale ritenuta abnorme (nell’ordine dell’83,7933%).

La società aveva infatti adeguatamente evidenziato fattori che incidono inesorabilmente sul margine di guadagno reale: l’applicazione frequente di sconti, la pratica di saldi stagionali, la vendita di merce a prezzo ribassato a causa di rottamazioni di articoli fuori moda.

Ma qui sta l’errore del giudice di merito, chirurgicamente rilevato dalla Cassazione.

La CTR, pur avendo preso atto di contestazioni specifiche, aveva richiesto alla contribuente un “ulteriore onere probatorio non previsto ex lege”, ovvero la dimostrazione della misura dell’incidenza di tali elementi (sconti, saldi, ribassi) sulla media ponderata accertata. In sostanza, il giudice esigeva una vera e propria ricostruzione matematica alternativa da parte della società.

Ebbene, il Supremo Collegio ha sentenziato che tale richiesta è palesemente illegittima.

Immaginatevelo pure, questo contribuente, che dopo aver lottato contro la presunzione dell’Ufficio, si trova davanti al giudice che gli intima: “Non basta che tu mi dica che vendi a saldo, devi anche dimostrarmi in quale preciso quantum matematico il saldo ha eroso l’83,7933% di ricarico calcolato dall’Amministrazione!”. È la tirannia della precisione aritmetica imposta a fronte di una realtà commerciale intrinsecamente complessa e stagionale.

La Cassazione chiarisce con rigore che l’onere probatorio gravante sul contribuente si esaurisce nella dimostrazione dell’illogicità e incongruenza dei criteri adottati dall’Ufficio nella determinazione del ricarico.

Il contribuente deve, sì, evidenziare gli elementi concreti che possono alterare il margine (sconti, saldi, stagionalità), ma non gli si può imporre di fornire una quantificazione numerica dell’impatto di ciascuna variabile. Non si può pretendere che il contribuente si trasformi in un super-perito contabile per rifare l’accertamento tecnico al posto dell’Ufficio.

Il Giudice di merito, invece, deve esaminare in modo completo e critico gli elementi specifici e analitici offerti dal contribuente, valutando la loro attitudine a incidere sulla percentuale di ricarico, e non può limitarsi ad addossare al ricorrente un onere di quantificazione numerica insostenibile e non previsto.

La decisione della Corte, accogliendo il motivo di ricorso relativo a questo eccessivo onere probatorio, riafferma così un principio cruciale: la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo basato sul ricarico dipende dalla coerenza logica e metodologica del criterio adottato dall’Amministrazione e dalla valutazione critica di tutti i fattori commerciali che possono aver alterato il margine, senza che al contribuente sia imposta la schiavitù della prova matematica dell’incidenza. La palla torna, con onere ben definito, alla Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame dei fatti alla luce di questi principi.

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