2° Contenuto riservato: L’Approfondimento: La stretta sulla disciplina delle CFC: impatto sulle imprese con controllate estere

CIRCOLARE MONOGRAFICA

DI LELIO CACCIAPAGLIA, GIUSEPPE MERCURIO | 8 LUGLIO 2025

CFC: novità normative, ambito soggettivo, condizioni, tassazione e schemi di sintesi

La disciplina delle Controlled foreign companies (CFC), contenuta nell’art. 167 del TUIR, è stata recentemente modificata dal D.L. n. 84/2025 e prevede per il soggetto residente in Italia possa tassare per trasparenza il reddito della società estera della quale è socio; la ratio è quella di evitare che redditi prodotti in Italia siano tassati in giurisdizioni a bassa fiscalità. Le recenti modifiche impattano in modo peggiorativo sui soggetti residenti che hanno il controllo di soggetti societari non residenti localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata.

Premessa

L’art. 4 del D.L. n. 84/2025 ha apportato modifiche alla disciplina delle Controlled foreign companies (CFC), contenuta nell’art. 167 del TUIR. La disciplina, completamente riscritta con l’art. 4 del D.Lgs. n. 142/2018 che ha recepito nell’ordinamento le indicazioni degli artt. 7 e 8 della Direttiva UE n. 1164/2016 c.d. ATAD I, come modificata dalla Direttiva UE n. 952/2017 c.d. ATAD II, era stata già modificata con l’art. 3 del D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209.

La disciplina CFC, comporta per il soggetto residente in Italia la tassazione per trasparenza del reddito della società estera della quale è socio; la ratio è quella di evitare che redditi prodotti in Italia siano tassati in giurisdizioni a bassa fiscalità.

Le modifiche del D.L. n. 84/2025 impattano (in peggio) sui soggetti residenti che hanno il controllo di soggetti societari non residenti localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata.

Novità: riscrittura della opzione per l’imposta sostitutiva

Con l’art. 3 del D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209 era stato stabilito che, in alternativa ai complessi calcoli (vedi parte successiva del presente contributo) per individuare il reddito da tassare per trasparenza, i soggetti controllanti con riferimento ai soggetti controllati non residenti avrebbero potuto corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio della controllata (calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi).

Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per l’imposta sostitutiva:

  • aveva una durata per 3 esercizi del soggetto controllante ed era irrevocabile. Al termine del triennio l’opzione si intendeva tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non fosse stata revocata;
  • era effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti.

L’opzione per l’imposta sostitutiva era applicabile a condizione che i bilanci di esercizio fossero oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.

La norma è stata sostanzialmente riscritta come illustrata nel paragrafo che segue.

Novità: l’opzione del pagamento della sostitutiva ha solo un effetto sbiancante

Dunque, la disciplina delle Controlled foreign companies (CFC) prevedeva, fino alle modifiche apportate dall’art. 2 del D.L. n. 84/2025 che, piuttosto che effettuare le complesse verifiche per stabilire se una impresa ricadeva o meno nell’ambito di applicazione della disposizione, il soggetto controllante italiano poteva esercitare un’opzione triennale effettuando il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi.

Con le modifiche apportate dall’art. 2 citato, la nuova disposizione prevede che il versamento dell’imposta del 15% non avrà più effetto sostitutivo, con liberazione della società controllante da qualsiasi altra imposizione in relazione al reddito della società controllata, ma consentirà solo di qualificare le partecipazioni in società estere come soggette a un regime fiscale ordinario.

In sostanza, il pagamento dell’imposta consente lo “sbiancamento”, vale quello a dire far diventare redditi “da Paese white” quelli che sono o avrebbero potuto essere redditi “da Paese black”. Ne discende che le società partecipate, con il pagamento dell’imposta del 15% escono dall’ambito di applicazione della disciplina CFC, ma restano comunque soggette alla normale imposizione sugli utili eventualmente distribuiti alla società controllante, come se provenissero da soggetti a regime ordinario (esempio, imposizione al 5% in caso di una s.r.l. o s.p.a. italiana controllante).

In particolare, con il versamento di un importo pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio (calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi e oneri) la tassazione effettiva si considera non inferiore al 15% per i soggetti controllanti e, dunque, non si applica la disciplina CFC, ma si applica quella ordinaria.

Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (data di entrata in vigore della previgente disposizione che ha introdotto l’imposta sostitutiva).

Inoltre, resta confermato che:

  • l’importo del 15% non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP;
  • l’opzione per la modalità semplificata di calcolo ha durata per 3 esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile;
  • al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non è revocata;
  • nel caso di esercizio dell’opzione, essa è effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti per i quali oltre 1/3 dei proventi da essi realizzati rientra nei “passive income” di cui all’art. 167, comma 4, lett. b) – vedi oltre per approfondimenti.

TUIR – Art. 167, comma 4-ter  
“La tassazione effettiva di cui al comma 4, lettera a), si considera non inferiore al 15 per cento per i soggetti controllanti di cui al comma 1  che, con riferimento ai soggetti di cui ai commi 2  e 3, corrispondono, nel rispetto degli articoli 7  e 8 della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, un importo pari al 15 per cento dell’utile contabile netto dell’esercizio. L’importo di cui al primo periodo non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. L’utile contabile netto è calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi e oneri. Permanendo il requisito del controllo, l’opzione per la modalità semplificata di calcolo di cui al presente comma ha durata per tre esercizi del soggetto controllante ed è irrevocabile.
Al termine del triennio l’opzione si intende tacitamente rinnovata per il successivo triennio a meno che non è revocata, secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione. La disposizione di cui al quinto periodo si applica al termine di ciascun triennio. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite le modalità di comunicazione dell’esercizio e revoca dell’opzione. Nel caso di esercizio dell’opzione, essa è effettuata per tutti i soggetti controllati non residenti come definiti ai commi 2  e 3  e che integrano le condizioni di cui al comma 4, lettera b).”.

Novità: come gioca l’imposta minima nazionale sulla tassazione effettiva

L’art. 4 del D.L. n. 84/2025 modifica, inoltre, le modalità con cui l’imposta minima nazionale equivalente eventualmente assolta dalla società controllata estera rileva ai fini del calcolo della tassazione effettiva per la verifica dell’applicazione della disciplina CFC di cui all’art. 167, comma 4, lett. a).

Nel caso in cui vi siano più entità localizzate nella stessa giurisdizione, ai fini dell’applicazione della CFC, il soggetto controllante deve individuare la quota di imposta minima nazionale attribuibile alla propria controllata (o a ciascuna delle proprie controllate) in quella giurisdizione.

Con la modifica in questione, si sostituisce il criterio di attribuzione della quota di imposta minima nazionale equivalente basato sul rapporto tra i profitti eccedenti della controllata e il totale dei profitti eccedenti delle entità soggette all’imposta minima nazionale con il criterio di attribuzione stabilito dalla legislazione del Paese di localizzazione della controllata estera.

In particolare, è previsto che ai fini del calcolo della tassazione effettiva della controllata estera rileva:

  • l’imposta minima nazionale equivalente, dovuta dal soggetto controllato non residente nel Paese di localizzazione rilevata in base al criterio di allocazione adottato dalla legislazione del Paese di localizzazione della controllata estera;
  • in assenza di tale criterio, in base al rapporto tra il reddito rilevante relativo al soggetto controllato non residente e la somma di tutti redditi rilevanti relativi alle imprese ed entità del gruppo soggette all’imposta minima nazionale equivalente calcolata in maniera unitaria con il soggetto controllato non residente.

Esposizione sistematica della disciplina della CFC

A seguire una illustrazione complessiva della normativa in argomento.

Ambito soggettivo di applicazione della CFC rule

La disciplina CFC si applica ai seguenti soggetti residenti in Italia (a condizione che controllino soggetti non residenti):

  • persone fisiche;
  • soggetti di cui all’art. 5 del TUIR, vale a dire:
    1. società semplici;
    2. società in nome collettivo;
    3. società in accomandita semplice;
    4. soggetti equiparati ai precedenti;
  • soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), b) e c) del TUIR, vale a dire:
    1. s.p.a.;
    2. s.a.p.a;
    3. s.r.l.;
    4. società cooperative e società di mutua assicurazione;
    5. società europee di cui al Regolamento CE n. 2157/2001 e società cooperative europee di cui al Regolamento CE n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato;
    6. enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
    7. enti pubblici e privati diversi dalle società, trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, nonché organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato.

La disciplina si applica, inoltre, anche alle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d), del TUIR che controllano soggetti non residenti.

Soggetti controllati non residenti

I soggetti controllati non residenti possono essere:

  • imprese individuali;
  • società;
  • enti non residenti.

Tali soggetti possono essere localizzati ovunque nel mondo, dunque non solo nei classici “paradisi fiscali”, ma anche nei Paesi dell’Unione Europea (UE) o dello Spazio Economico Europeo (SEE).

1° presupposto: il controllo dei soggetti non residenti – nozione

Il controllo di un soggetto non residente rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina CFC si verifica se una impresa, società o ente non residenti nel territorio dello Stato:

  1. è controllato direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile, da un soggetto residente;
    e/o
  2. oltre il 50% della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto residente.

Codice civile – art. 2359
Società controllate e società collegate
Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
…omissis…”

Pertanto, ai fini del controllo, ai classici requisiti del controllo partecipativo in base ai diritti di voto di cui all’art. 2359, comma 1, del Codice civile, è affiancato anche il requisito di una partecipazione maggioritaria agli utili previsto dall’art. 167, comma 2, lett. b), del TUIR (controllo economico – maggioranza del diritto agli utili).

Di seguito tutte le ipotesi in cui il soggetto estero è considerato controllato ai fini della disciplina CFC.

Il controllo nella disciplina CFC
Maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinariaControllo ex art. 2359, comma 1, Codice civile
Voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante
Influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali
Partecipazione agli utili diretta per oltre il 50%Controllo ex art. 167, comma 2, lett. b), del TUIR
Partecipazione agli utili indiretta, mediante una o più società controllate ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona.

Basta anche solo una delle condizioni sopra illustrate per considerare “controllato” il soggetto estero ai fini della CFC.

Per la verifica dell’esistenza della condizione di controllo, con riferimento ai diritti di voto:

  1. non si applica la demoltiplicazione della catena partecipativa nel caso di percentuale di partecipazione superiore al 50%;
  2. si applica la demoltiplicazione della catena partecipativa nel caso di partecipazione non superiore al 50%.
Esempio 1: diritti di votoLa società ITA ha il 55% dei voti della società ESP e nella società PL.ESP e PL a loro volta, detengono ciascuna il 40% dei voti nella società CAYMAN localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata.Non si applica il demoltiplicatore, in quanto la percentuale di partecipazione di ITA in ESP (55%) e in PL (55%) è superiore al 50%.La società ITA controlla l’80% (40 + 40) dei voti della società CAYMAN che, dunque, è considerata una CFC.
Esempio 2: diritti di votoLa società ITA ha il 45% dei voti della società ESP e nella società PL.ESP e PL a loro volta, detengono ciascuna il 40% dei voti nella società CAYMAN localizzata in un paese a fiscalità privilegiata.Posto che la percentuale di partecipazione di ITA in ESP (45%) e in PL (45%) è inferiore al 50% si applica il demoltiplicatore.La società ITA non controlla la società CAYMAN (45 x 40 = 18%) + (45 x 40 = 18%) = 36% che, pertanto, non è considerata una CFC.Invece, per la ricognizione circa l’esistenza della condizione di controllo, con riferimento alla verifica in base alla maggioranza della partecipazione agli utili si applica sempre la demoltiplicazione della catena partecipativa.
Esempio 3: diritto agli utiliLa società ITA ha una partecipazione agli utili del 80% nella società ESP e nella società PL.ESP e PL, a loro volta, hanno ciascuna una partecipazione agli utili del 40% nella società CAYMAN localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata.Si applica il demoltiplicatore.La società ITA controlla il (80 x 40 = 32%) + (80 x 40 = 32%) = 64% degli utili della società CAYMAN che, pertanto, è considerata una CFC.
Esempio 4: diritto agli utiliLa società ITA ha una partecipazione agli utili del 70% nella società ESP e nella società PL.ESP e PL, a loro volta, hanno ciascuna una partecipazione agli utili del 30% nella società CAYMAN localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata.Si applica il demoltiplicatore.La società ITA non controlla la società CAYMAN (70 x 30 = 21%) + (70 x 30 = 21%) = 42% che, pertanto, non è considerata una CFC.

Infine, ai sensi del comma 3 dell’art. 167 del TUIR, si considerano in ogni caso soggetti controllati non residenti:

  • le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti non residenti controllati;
  • le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che hanno optato per il regime della branch exemption di cui all’art. 168-ter del TUIR.

2° doppio presupposto – Ulteriori condizioni per l’applicazione della CFC rule

Come noto, le disposizioni del nuovo art. 167 del TUIR, in vigore dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 prevedono CFC rule valida per i soggetti controllati localizzati ovunque, anche nei Paesi dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo, al ricorrere congiunto di specifiche condizioni.

In sintesi, la disciplina si applica se un soggetto residente in Italia controlla un soggetto localizzato all’estero che:

  • condizione A: è assoggettato a tassazione effettiva “privilegiata” rispetto a quella a cui sarebbe stato soggetto qualora residente in Italia;
  • condizione B: che ha oltre 1/3 dei proventi realizzati derivanti da passive income.

Condizione A: tassazione effettiva dei soggetti non residenti – Calcolo semplificato

La prima delle condizioni è che il soggetto controllato non residente sia assoggettato a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia.

In deroga a tale criterio l’art. 3 del D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209 ha introdotto, in presenza di uno specifico requisito, il criterio della tassazione effettiva inferiore al 15%, da determinarsi con modalità semplificate.

Il calcolo semplificato dell’aliquota effettiva è possibile a condizione che il bilancio d’esercizio dei soggetti controllati non residenti sia oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti, i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.

Dunque, in questo caso, la tassazione effettiva estera è determinata come rapporto tra l’importo risultante dal bilancio d’esercizio delle imposte correnti dovute, anticipate e differite, e l’utile ante imposte.

Più nel dettaglio, secondo la citata disposizione, la tassazione effettiva dei soggetti controllati non residenti (in modalità semplificata) è pari al rapporto tra i seguenti dati contabili del soggetto estero:

Ai fini del calcolo della tassazione effettiva rileva anche l’imposta minima nazionale equivalente (introdotta in base alla global minimum tax) dovuta dal soggetto controllato non residente.

Se dal calcolo suddetto la tassazione effettiva è superiore al 15% la disciplina CFC non si applica poiché il soggetto controllato estero non è considerato localizzato in un Paese a fiscalità privilegiata.

Condizione A: Tassazione effettiva dei soggetti non residenti – calcolo standard

Per i soggetti controllati non residenti:

  • che non certificano il bilancio o
  • per i quali la tassazione effettiva è inferiore al 15%,

i soggetti controllanti devono comunque verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, determinata secondo le modalità stabilite con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.

Per verificare che la controllata sia assoggettata a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbe andata incontro qualora fosse stata residente in Italia, assume rilevanza il carico effettivo di imposizione (non quello nominale).

Dunque, per la realizzazione della condizione A per l’applicazione della CFC rule deve effettuarsi un confronto tra tax rate “effettivo” estero con tax rate “virtuale” interno.

Esempio: Tax rate CAYMAN50% Tax rate virtuale ITA

Dunque, la prima delle condizioni è che il soggetto controllato non residente (nell’esempio ubicato in Cayman) sia assoggettato a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia.

Il confronto riguarda solo l’IRES (con relative addizionali – addizionale IRES per il settore bancario), non anche l’IRAP. In sostanza, deve essere confrontata la tassazione effettivamente estera con quella che sull’utile prodotto dalla controllata sarebbe stata pagata in Italia in base all’applicazione delle disposizioni fiscali interne.

Tassazione estera effettiva: come si individua

Con il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 376652 del 27 dicembre 2021 sono stati disciplinati i criteri per determinare l’effettivo livello di tassazione a cui è assoggettata la controllata al fine della comparazione tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale interna.

I chiarimenti sono stati forniti con la circolare n. 18 del 27 dicembre 2021.

Il confronto deve essere effettuato tra i due rapporti indicati nella tabella seguente.

Tassazione effettiva esteraTassazione “virtuale” italiana
Imposta esteraUtile ante imposte risultante dal bilancio della controllataImposta che sarebbe stata pagata in Italia sul reddito rideterminato secondo le disposizioni italiane in materia di reddito d’impresaUtile ante imposte risultante dal bilancio della controllata
Numeratore del rapportoNumeratore del rapporto
Nella determinazione della tassazione effettiva estera rilevanole imposte sul reddito effettivamente dovute dall’entità estera controllata nello Stato di localizzazione, al netto dell’utilizzo di eventuali crediti d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi da quello di insediamento;le imposte prelevate sui redditi della medesima entità estera in altre giurisdizioni, versate a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso.L’IRES, senza considerare sue eventuali addizionali, al lordo di eventuali crediti di imposta per i redditi prodotti in uno Stato diverso da quello di localizzazione della controllata. Non rileva l’IRAP.
Qualora tra l’Italia e lo Stato di localizzazione della controllata ovvero lo Stato in cui si verifica il pagamento delle imposte sul reddito della controllata stessa è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, le imposte sul reddito sono quelle ivi individuate nonché quelle di natura identica o analoga che siano intervenute successivamente in sostituzione di quelle individuate nella medesima Convenzione. rilevano anche se non espressamente incluse nell’eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e lo Stato di localizzazione della controllata.Nell’ipotesi di Confederazione di Stati, nel computo della tassazione effettiva estera si considerano, oltre che le imposte federali, anche le imposte sul reddito proprie di ciascuno Stato federato e delle amministrazioni locali. Tenuto conto della natura di imposte sul reddito, queste rilevano anche se non espressamente incluse nell’eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e lo Stato di localizzazione della controllata.

Tassazione effettiva: i criteri del Provvedimento del 27 dicembre 2021

Per determinare la tassazione effettiva estera e la tassazione virtuale interna si applicano i seguenti criteri individuati dal Provvedimento del 27 dicembre 2021 :

  1. il calcolo della tassazione virtuale interna è eseguito sulla base delle caratteristiche della controllata, partendo dai dati risultanti dal bilancio di esercizio o dal rendiconto della stessa, redatti secondo le norme dello Stato di localizzazione. In particolare, se il bilancio o il rendiconto sono redatti in conformità ai Principi contabili internazionali, il socio residente è tenuto a determinare il reddito della controllata secondo le disposizioni appositamente previste per i soggetti che adottano tali Principi contabili internazionali;
  2. salvo quanto previsto nelle successive lettere c), d), h) e i), sono prese in considerazione le imposte sul reddito effettivamente dovute nello Stato o territorio estero di localizzazioneRilevano anche le imposte dovute, a titolo definitivo, in giurisdizioni diverse da quelle di localizzazione, sia dalla controllata sia da altri soggetti, in relazione al reddito della controllata stessa. Le imposte devono trovare evidenza nel bilancio o rendiconto di esercizio della controllata, nella relativa dichiarazione dei redditi presentata alle competenti Autorità fiscali, nelle connesse ricevute di versamento, nonché nella documentazione relativa alle eventuali ritenute subite ad opera di sostituti d’imposta o altri soggetti locali;
  3. se la controllata aderisce a una forma di tassazione di gruppo prevista nello Stato estero di insediamento, assumono rilievo esclusivamente le imposte sul reddito di competenza della medesima, singolarmente considerata;
  4. per determinare la tassazione effettiva estera e la tassazione virtuale interna sono irrilevanti le variazioni non permanenti della base imponibile, con riversamento certo e predeterminato in base alla legge o per piani di rientro (ad esempio, gli ammortamenti). Tale previsione non riguarda il riversamento collegato alle predette variazioni che sono state considerate rilevanti ai fini del confronto tra tassazione effettiva estera e tassazione virtuale interna nei periodi d’imposta precedenti a quello di entrata in vigore del D.Lgs. n. 147/2015. Sono considerate altresì irrilevanti:
    • ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera:
      1. le variazioni temporanee dal riversamento non certo e predeterminato che abbiano dato luogo, all’estero, ad una imposizione anticipata di componenti positivi di reddito o a una deduzione posticipata di componenti negativi di reddito rispetto a quanto rilevato in bilancio;
      2. le variazioni in diminuzione della base imponibile estera di natura temporanea e prive di riversamento certo e predeterminato (e relativi riassorbimenti), qualora trovino corrispondenza in variazioni analoghe a quelle dettate dalla disciplina interna sul piano della qualità, della quantità e della cadenza temporale;
    • ai fini del calcolo della tassazione virtuale interna:
      1. le variazioni temporanee dal riversamento non certo e predeterminato che avrebbero dato luogo, in Italia, a una deduzione anticipata di componenti negativi di reddito o a una tassazione posticipata di componenti positivi di reddito rispetto a quanto rilevato in bilancio;
      2. le variazioni in aumento della base imponibile virtuale italiana di natura temporanea e prive di riversamento certo e predeterminato (e relativi riassorbimenti), qualora trovino corrispondenza in variazioni analoghe a quelle dettate dalla disciplina estera sul piano della qualità, della quantità e della cadenza temporale.
  5. ai fini della determinazione della tassazione virtuale interna non si tiene conto dell’applicazione in Italia del regime di cui all’art. 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. Aiuto alla crescita economica – ACE) e delle disposizioni riguardanti le società di comodo, le società in perdita sistematica e gli Indici Sintetici di Affidabilità (c.d. ISA);
  6. non rilevano i regimi fiscali opzionali cui la controllata avrebbe potuto aderire qualora fosse stata residente in Italia;
  7. l’imposizione italiana nei limiti del 5% del dividendo o della plusvalenza, prevista negli artt. 87, comma 1, lett. c), e 89, comma 3, del TUIR, si considera equivalente a un regime di esenzione totale che preveda, nello Stato di localizzazione della controllata, l’integrale indeducibilità dei costi connessi alla partecipazione;
  8. ai fini del calcolo della tassazione virtuale interna non si tiene conto del limite dell’80 per cento del reddito di utilizzo delle perdite fiscali pregresse stabilito nel primo periodo del comma 1 dell’art. 84 del TUIR e, ai fini della tassazione effettiva estera, delle limitazioni di analoga natura previste dalla normativa dello Stato o territorio di localizzazione;
  9. ai fini del calcolo della tassazione effettiva estera vanno considerati gli effetti sul calcolo del reddito imponibile o delle imposte corrispondenti di qualsiasi agevolazione fruita dalla controllata ovvero accordata in base ad un apposito accordo concluso con l’Amministrazione fiscale estera;
  10. è ammessa la possibilità di effettuare, in ciascun esercizio, i calcoli connessi alla tassazione effettiva estera e alla tassazione virtuale interna attribuendo rilevanza fiscale ai valori di bilancio della controllata estera secondo le disposizioni di cui all’art. 2, comma 2, del D.M. n. 429/2001.

L’opzione alternativa di monitorare i valori fiscali di riferimento durante il periodo di possesso della partecipazione di controllo nella entità estera, con conseguente loro rilevanza anche in caso di tassazione per trasparenza, va effettuata attraverso una manifestazione di volontà, non modificabile, da esprimere attraverso apposita indicazione attraverso il quadro FC del modello Redditi.

Ai fini del confronto tra la tassazione effettiva dei soggetti controllati e quella a cui gli stessi sarebbero stati assoggettati qualora residenti in Italia, ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a), del TUIR, la riduzione dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società, c.d. IRES premiale, introdotta per il periodo d’imposta 2025 dall’art. 1, commi da 436 a 444, della Legge 30 dicembre 2024, n. 207, non dovrebbe rilevare (indicazioni ufficiali in tal senso dovrebbero essere fornite con l’atteso D.M. attuativo della disciplina dell’IRES premiale).

A tal fine, dovrebbe, dunque, assumersi l’aliquota IRES con l’aliquota ordinaria del 24% di cui all’art. 77 del TUIR.

Condizione B: proventi derivanti da passive income

Altra condizione per l’applicazione della CFC rule è che oltre 1/3 dei proventi realizzati dai soggetti controllati non residenti rientri tra i “passive income” in una o più delle seguenti categorie:

  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. redditi da operazioni di cessione di beni o prestazione di servizi a valore economico aggiunto scarso o nullo con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

Con riferimento ai redditi di cui al punto 6):

  • deve ritenersi che gli stessi rilevino solo se derivano da operazioni infragruppo, ossia se sia l’acquisto che la cessione del bene avviene all’interno del gruppo, mentre non rilevino nel caso in cui nell’operazione interviene un soggetto terzo;
  • per valore economico aggiunto scarso o nullo si intende quello apportato dal soggetto controllato non residente con la sua attività economica;
  • per l’individuazione delle attività con valore economico aggiunto scarso o nullo la disposizione rinvia al Decreto 14 maggio 2018, che contiene le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’art. 110, comma 7, del TUIR (transfer pricing), che all’art. 7 delinea le caratteristiche dei servizi a basso valore aggiunto.

Decreto 14 maggio 2018 – art. 7  
Servizi a basso valore aggiunto
…omissis…
2. Ai fini di cui al comma 1, sono considerati servizi a basso valore aggiunto quei servizi che:
a) hanno natura di supporto;
b) non sono parte delle attività principali del gruppo multinazionale;
c) non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e non contribuiscono alla creazione degli stessi;
d) non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio significativo da parte del fornitore del servizio né generano in capo al medesimo l’insorgere di un tale rischio.
3. Non si considerano in ogni caso a basso valore aggiunto quei servizi che il gruppo multinazionale presta a soggetti indipendenti.”.

CFC – Determinazione e imputazione del reddito

L’art. 167, comma 6, del TUIR, prevede che l’ammontare del reddito attribuito dalle società controllate estere al socio residente in Italia, deve essere determinato facendo riferimento alle regole fiscali applicabili alle imprese residenti in Italia per i soggetti IRES.

Le regole di determinazione del reddito dei soggetti IRES si applicano a prescindere dalla natura del soggetto residente (che può essere un soggetto IRPEF o IRES), nonché dalla natura del soggetto controllato non residente.

Non devono, tuttavia, essere applicate le disposizioni relative a:

  • società di comodo;
  • studi di settore e Indici sintetici di affidabilità;
  • aiuto alla crescita economica (ACE);
  • splittaggio fino ad un massimo di 5 periodi d’imposta delle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di cespiti (art. 86, comma 4, del TUIR).

Secondo quanto dispone l’art. 3 del D.M. n. 429/2001, i redditi determinati secondo le regole poc’anzi esposte, dovranno essere convertiti secondo il cambio del giorno di chiusura dell’esercizio o del periodo di gestione dell’impresa, società o ente localizzato nel Paese a tassazione privilegiata e saranno imputati al soggetto residente che esercita il controllo secondo la sua quota di partecipazione agli utili.

CFC – La tassazione del reddito pervenuto per trasparenza

Il reddito attribuito per trasparenza al socio controllante dovrà essere soggetto a tassazione separata nel periodo d’imposta in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione dell’impresa, società o ente non residente.

Si applica l’aliquota media che scaturisce dalla tassazione nazionale del reddito complessivo del soggetto residente (senza considerare quello pervenuto per CFC) e, comunque, non inferiore al 24%. In caso di soggetto IRPEF si fa riferimento all’aliquota media applicata sul reddito complessivo, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria IRES.

Ciò detto, sotto il profilo procedurale occorre comportarsi come segue:

  1. individuare il reddito dichiarato per l’anno di competenza dal suddetto socio (sia esso persona fisica o soggetto societario);
  2. calcolare la relativa imposta (IRPEF, addizionali, ovvero IRES);
  3. quindi, dividere l’imposta per il reddito e individuare l’aliquota media che, comunque, non può essere inferiore al 24%;
  4. applicarle la suddetta aliquota al reddito della società CFC per la quota imputabile al socio.

Dall’imposta risultante, il contribuente potrà scomputare l’importo delle imposte sul reddito versate all’estero, a titolo definitivo, dal soggetto partecipato secondo le regole di cui all’art. 165 del TUIR, sia nel Paese di localizzazione che in altri Stati esteri.

Poiché la tassazione è già avvenuta per trasparenza, quando poi gli utili saranno effettivamente distribuiti dai soggetti controllati non residenti non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti fino a concorrenza dei redditi già assoggettati a tassazione, anche nei periodi d’imposta precedenti. Ciò a prescindere dalla circostanza che, a seguito delle variazioni in aumento ed in diminuzione effettuate nella determinazione del reddito imponibile, quest’ultimo sia superiore o inferiore all’utile dell’esercizio distribuito.

Esimente unica

Le disposizioni della CFC rule non si applicano se il soggetto controllante residente dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

A tal fine, dovrà, dunque, essere dimostrato da parte del soggetto residente che il soggetto controllato non residente possiede una struttura idonea allo svolgimento dell’attività economica e che tale struttura sia coerente con la stessa.

Nel caso in cui oltre a redditi derivanti da un’attività economica effettiva vi siano proventi derivanti da passive incomela dimostrazione dell’esimente dovrà riguardare entrambe le attività.

Interpello non obbligatorio

Quanto sopra può anche essere dimostrato tramite interpello preventivo. L’interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate non è più obbligatorio bensì facoltativo e la presenza dell’esimente può essere dimostrata anche in sede di verifica.

Dal punto di vista procedurale, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate deve inviare un questionario al contribuente concedendo 90 giorni per presentare gli elementi che consentono la disapplicazione della disciplina CFC. Inoltre, l’Amministrazione finanziaria, oltre a concedere al contribuente il tempo per fornire i dati e le notizie richieste dalla normativa, deve poi motivare l’avviso di accertamento, se ritiene non idonee le prove fornite dal contribuente.

Obbligo di indicazione in UNICO e sanzioni in caso di omissione

Il socio residente in Italia è tenuto ad indicare nell’apposita sezione I del quadro FC del modello Redditi la partecipazione che ha i requisiti CFC nell’ipotesi in cui:

  • non ha presentato l’interpello;
  • lo ha presentato ma ha ottenuto una risposta non favorevole.

Trascurare questa incombenza comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa:

  • pari al 10% del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d’imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta;
  • con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000.

Schemi di sintesi

Condizione 1: tassazione effettiva privilegiata

→ La disciplina CFC si applica se il soggetto estero è assoggettato a tassazione effettiva inferiore a quella italiana.

Modalità di calcolo della tassazione effettiva:

2 ModalitàQuando si applicaSoglia
1. Calcolo semplificatoSe il bilancio della controllata è certificato da revisori esteri autorizzati e utilizzato dal revisore italiano15%
2. Calcolo standardIn assenza dei requisiti del calcolo semplificato50% della tassazione italiana virtuale

◊ Calcolo semplificato – Schema operativo

ParametroDescrizione
NumeratoreImposte correnti dovute + imposte anticipate e differite
DenominatoreUtile ante imposte da bilancio
Aliquota effettiva estera= (Imposte totali) / (Utile ante imposte)
EffettoSe ≥ 15% ➜ CFC non applicabile

Riferimento: D.Lgs. n. 209/2023 – art. 3

Condizione 2: passive income

→ Seconda condizione necessaria per l’applicazione della disciplina CFC: oltre 1/3 dei proventi del soggetto estero deve derivare da “passive income”.

  • Categorie di passive income rilevanti:
    • Interessi o altri redditi da attivi finanziari.
    • Canoni o altri redditi da proprietà intellettuale.
    • Dividendi e plusvalenze da partecipazioni.
    • Redditi da leasing finanziario.
    • Redditi da attività assicurativa, bancaria e finanziaria.
    • Redditi da operazioni infragruppo a basso valore economico aggiunto.

◊ Focus: operazioni a basso valore economico aggiunto

  • Rilevano solo se le operazioni avvengono all’interno del gruppo (operazioni infragruppo).
  • Il valore economico aggiunto deve essere scarso o nullo.
  • Si considera “scarso o nullo” se l’attività del soggetto estero non apporta valore significativo.

Riferimento: D.M. 14 maggio 2018 – art. 7  – Servizi a basso valore aggiunto

RequisitoDescrizione
a)Servizi di natura di supporto
b)Non fanno parte delle attività principali del gruppo
c)Non usano beni immateriali unici e di valore
d)Non implicano assunzione/controllo di rischi significativi

Non si considerano a basso valore aggiunto i servizi resi a soggetti indipendenti.

→ Rileva anche l’imposta minima nazionale equivalente (global minimum tax).

◊ Calcolo standard – Confronto tra tassazione effettiva estera e virtuale italiana

Tassazione estera effettivaTassazione virtuale italiana
Imposta estera dovutaImposta virtuale che sarebbe stata pagata in Italia
÷ Utile ante imposte del bilancio estero÷ Stesso utile, ma ricalcolato secondo norme italiane
➜ Se rapporto estero < 50% rapporto italiano ➜ CFC applicabile

L’IRAP non rileva nel confronto. Si considera solo l’IRES e relative addizionali (es. 3,5% banche).

◊ Imposte rilevanti nel calcolo estero

√ Si considerano:

  • Imposte effettivamente dovute nello Stato estero.
  • Imposte versate a titolo definitivo in altri Stati per redditi della controllata.
  • Imposte federali e locali (es. USA, Svizzera).

× Non si considerano:

  • Crediti di imposta.
  • Regimi opzionali ipotetici.
  • Agevolazioni non effettivamente fruite.

◊ Esclusioni dalla tassazione virtuale italiana

Nella tassazione “virtuale” interna non si considerano:

  • Regime ACE (Aiuto alla crescita economica).
  • Regime delle società di comodo.
  • ISA.
  • Utilizzo parziale perdite (limite 80%).
  • Tassazione su dividendi/plusvalenze (5% imponibile) = trattata come esenzione.

Riferimenti normativi:

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