2° Contenuto riservato: Tutto quesiti: Il Welfare aziendale in pratica

CIRCOLARE TUTTOQUESITI

DI SIMONE BAGHIN, CARLA FAVERO | 9 LUGLIO 2025

Le risposte alle domande dei professionisti

Nella presente circolare vengono trattati in maniera dettagliata i quesiti pervenuti nella giornata di Aggiornamento e Applicazione pratica del Master MySolution Lavoro che si è svolto in diretta il 17 giugno e che ha fornito un’analisi sistematica e operativa del welfare aziendale alla luce dell’evoluzione normativa e delle più recenti indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.

Quesito 1 – Welfare premiale

Domanda

Alla luce delle considerazioni fatte, si richiede il parere in merito ad un piano welfare vincolante nel quale è previsto una prima parte rivolta alla generalità dei dipendenti e una seconda parte incentivante rivolta a categorie omogenee di dipendenti con parametri legati al fatturato aziendale.

Risposta

La risposta è positiva fermo restando che l’obiettivo sia aziendale e giustifichi l’esborso ulteriore a titolo di stanziamento welfare e fermo restando che i destinatari possano essere configurati come categoria omogenea e non si ricada nell’ipotesi di welfare riconosciuto ad personam.

Quesito 2 – Gestione buoni spesa

Domanda

Dall’esperienza sul campo le piccole e medie aziende non sono disponibili ad accordi integrativi, regolamenti, piattaforme, erogazioni a categorie, e preferiscono i buoni spesa nei limiti dei 1.000 e dei 2.000 limite valido per gli anni 2025/2026/2027 da erogare a chi vogliono e nella misura che vogliono. Onde evitare contestazioni in sede verifiche ADE/INPS come gestire la tracciabilità?

Risposta

Al fine di evitare possibili contestazioni da parte dell’AE o dell’INPS è consigliabile che al momento della consegna del buono spesa (entro i limiti di esenzione 1.000/2.000 se lavoratore con figli a carico) il valore figurativo dell’importo riconosciuto transiti per il prospetto paga e che venga predisposto un elenco riepilogativo dove si riporta il nominativo del lavoratore, l’eventuale codice del buono spesa, il valore nominale e data e firma del lavoratore per ricevuta.

Naturalmente ci dovrà essere poi riscontro con la documentazione fiscale rilasciata dal fornitore del buono spesa.

Quesito 3 – Ticket restaurant

Domanda

Se il welfare è destinato alla generalità dei dipendenti e il fringe benefit al singolo individuo, si possono riconoscere i ticket restaurant come fringe benefit e quindi darli individualmente e un importo al mese?

Risposta

Il ticket restaurant o buono pasto viene considerato come servizio sostitutivo della mensa con la conseguenza che per essere considerati esenti da un punto di vista fiscale e previdenziale nel limite di 4 euro giorno se cartacei, 8 euro al giorno se telematici, devono essere riconosciuti alla generalità dei lavoratori o categorie omogenee.

Venendo meno tale requisito, l’eventuale valore del buono pasto a nostro parere non può essere considerato esente e non può rientrare nel limite di computabilità ai fini del raggiungimento del plafond dei fringe benefit esenti.

Quesito 4 – Buoni pasto e TFR

Domanda

Il servizio mensa o buoni pasto previsti come politica di welfare per i lavoratori sono da considerarsi nel concetto di retribuzione utile al calcolo del TFR?

Risposta

Con particolare riferimento all’imponibilità ai fini del TFR, ai sensi dell’art. 2120, c.c., salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

La formulazione utilizzata richiama quanto già previsto dall’art. 51, TUIR, ovvero somme e valori, e un ruolo centrale alla contrattazione collettiva (nazionale o aziendale), la quale è l’unica “fonte” ulteriore alla legge che può prevedere o escludere determinati elementi retributivi e non retributivi dal computo ai fini del TFR. Alla luce di quanto sopra evidenziato, si ritiene che i buoni pasto nei limiti di esenzione fiscale previsti non rientrino nel concetto di retribuzione utile al calcolo del TFR.

Quesito 5 – Polizza rischio non autosufficienza lavoratore

Domanda

Un’azienda ha sottoscritto una polizza assicurativa contro il rischio di non autosufficienza per tutti i lavoratori in forza. Il valore del premio pagato per ciascun lavoratore come deve essere considerato ai fini fiscali? Deve essere considerato al fine del raggiungimento del limite di esenzione previsto dall’art. 51, co. 3 del TUIR?

Risposta

Ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett. f) quater del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti e dei loro familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel medesimo articolo 12, comma 2 (a carico), per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’ articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.

Requisiti essenziali affinché il premio versato non rappresenti retribuzione imponibile sono:
– i contributi e i premi devono essere versati a favore della generalità dei dipendenti o categorie omogenee e dei loro familiari di cui all’art. 12 TUIR che siano fiscalmente a carico;
– il premio deve avere ad oggetto il rischio di non autosufficienza ovvero il rischio di gravi patologie.

Per quanto riguarda l’eventuale imponibilità al fine del raggiungimento del limite di esenzione del valore dei beni e servizi di cui all’art. 51, co. 3 del TUIR (258,23 euro annui innalzato a 1.000/2.000) il valore del premio versato dal datore di lavoro per le finalità di cui sopra non incide sulla soglia di esenzione, fermo restando il verificarsi dei requisiti di cui sopra.

Quesito 6 – Welfare contrattuale e welfare aziendale

Domanda

Un’azienda ha intenzione di mettere a disposizione dei propri collaboratori un piano welfare aziendale. Come va gestito rispetto al welfare previsto dal ccnl metalmeccanica industria? Si integra o si sostituisce?

Risposta

Nel caso di contratto collettivo che regolamenta il welfare aziendale come nel caso del CCNL metalmeccanica industria, il datore di lavoro può legittimamente riconoscere una componente aggiuntiva di welfare mediante regolamento interno unilaterale. Qualora la scelta sia tale, sarà però necessario considerare quelli che sono i limiti di esenzione fiscale e previdenziale ad oggi previsti dalla normativa.

A titolo di esempio, qualora come regolamento aziendale si volesse prevedere la previdenza complementare, è da tener presente che tra eventuale opzione del lavoratore per destinare il welfare da ccnl e importo stanziato come credito welfare non si dovrà superare il limite individuale di 5.164,57 su base annua.

Stesso ragionamento va fatto con riferimento a beni e servizi quali buoni spesa, benzina, e-commerce ecc.; in questo caso il limite di esenzione previsto dalla norma in via ordinaria è di 258,23 che si ricorda essere stato innalzato, per il triennio 2025-2027, a 1.000 euro per tutti i lavoratori ovvero 2.000 per i soli lavoratori con figli a carico.

Quesito 7 – Welfare da regolamento e durata

Domanda

Se un’azienda decide di inserire un welfare aziendale mediante regolamento interno, questo deve essere necessariamente a tempo indeterminato?

Risposta

La normativa (art. 51 co. 2, TUIR) nel disciplinare la fonte istitutiva del welfare aziendale si “limita” a citare il regolamento aziendale senza precisare la durata dello stesso con la conseguenza che la durata del regolamento viene lasciata alla libera scelta del datore di lavoro, il quale potrà legittimamente stanziare il welfare per un periodo indeterminato oppure limitato nel tempo.

Nel caso di regolamento a tempo indeterminato è necessario considerare che l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 28/E/2016 ha chiarito che “l’erogazione dei benefits in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’art. 95 del Tuir, e non nel solo limite del cinque per mille secondo quanto previsto dall’art. 100 del medesimo testo unico. Tale limite di deducibilità continua ad operare, invece, in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro”.

Tale concetto di adempimento di un obbligo negoziale va inteso nel senso che il datore di lavoro una volta inserito e formalizzato il welfare nel regolamento non può recedere liberamente prima della eventuale scadenza né modificarne unilateralmente il contenuto.

Quesito 8 – Apprendisti

Domanda

È possibile escludere dalla platea dei beneficiari alcuni lavoratori con particolare tipologia contrattuale quali per esempio gli apprendisti?

Risposta

La normativa in materia di welfare subordina il beneficio dell’esenzione fiscale e previdenziale del valore dei beni e servizi al fatto che gli stessi siano offerti/concessi/messi a disposizione della generalità dei lavoratori ovvero di categorie omogenee; categoria omogenea che non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti i dipendenti di un certo livello o di una certa qualifica, ovvero tutti gli operai del turno di notte ecc.), purché tali inquadramenti siano sufficienti ad impedire, in senso teorico, che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte.

Per quanto riguarda la possibilità di escludere dai beneficiari alcune particolari tipologie di lavoratori, in mancanza di norma specifica che non lo vieta, sembrerebbero non sussistere problemi di incompatibilità qualora le eventuali esclusioni di lavoratori risultino giustificate dal carattere non definitivo del rapporto (es. tempo determinato, contratti di apprendistato) fermo restando però che l’eventuale esclusione sia generale per tutti i lavoratori titolari di tali tipologie contrattuali.

Quesito 9 – Welfare e PDR

Domanda

In caso PDR per il 2025 al raggiungimento di determinati obiettivi di produttività, il datore di lavoro può obbligare la conversione del premio da denaro a beni e servizi di welfare?

Risposta

La possibilità di “welfarizzare” il premio di risultato in beni e servizi di welfare, nel limite delle somme ammesse a imposta sostitutiva è esclusivamente lasciata alla scelta del lavoratore. In particolare, l’art. 1, c. 184, Legge n. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) prevede espressamente che le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182.

Pertanto, al fine di poter convertire il premio di risultato in beni e servizi esenti sarà necessario che questa opzione sia prevista dall’accordo collettivo che ha istituito il PDR e che la scelta sia esercitata esclusivamente dal lavoratore.

Sul punto si segnala che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che: “La disposizione (art. 1, c. 184, Legge n. 208/2015) attribuisce al dipendente un’ulteriore facoltà di scelta in relazione ai premi di risultato, in quanto accanto alla possibilità di avvalersi della tassazione sostitutiva, in luogo di quella ordinaria, gli riconosce anche la possibilità di scegliere se ottenere il premio in denaro o in natura, prevedendo che, in ogni caso, i benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR non scontino alcuna tassazione, nei limiti previsti dai citati commi. Ai sensi del successivo comma 187, la fungibilità tra la componente monetaria e i beni e servizi deve essere contemplata dai contratti aziendali o territoriali; l’applicazione del regime di favore in esame, pertanto, è sottratto alla libera disposizione delle parti essendo subordinato alla condizione che sia la contrattazione collettiva di secondo livello ad accordare al dipendente la facoltà di scegliere se ricevere i premi in denaro o in beni e servizi di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR” (Agenzia delle Entrate, Circolare n. 28/E/2016 punto 3).

Quesito 10 – Welfare e somministrazione

Domanda

Un’azienda cliente sta valutando di inserire tra i beneficiari del welfare aziendale anche i lavoratori impiegati nell’ambito di un contratto di somministrazione. È possibile inserirli nella platea dei destinatari? Qualora la risposta fosse positiva come avviene la messa a disposizione dei beni e servizi?

Risposta

I lavoratori in somministrazione (in possesso dei requisiti previsti dal piano di welfare per i lavoratori dipendenti dell’utilizzatore addetti alla stessa mansione ovvero rientranti nella medesima categoria omogenea) hanno diritto, ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 81/2015, “a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore”.

Sul tema si segnala che l’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 10 del 25 gennaio 2019 ha chiarito che il welfare può riguardare anche un lavoro somministrato, dal momento che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale adottata, anche questi è titolare di reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 49 del TUIR, la cui base imponibile è determinata ai sensi del successivo articolo 51 del TUIR.

Venendo alla modalità operativa di erogazione dei beni e servizi di welfare inseriti nel paniere, la particolarità nel caso del welfare per i somministrati sta nel fatto che lo stesso non può essere erogato direttamente ai lavoratori da parte dell’utilizzatore ma l’erogazione deve essere da parte dell’agenzia di somministrazione in quanto datore di lavoro originario nonché sostituto di imposta. Tale scenario va contestualizzato sulla base dei beni e servizi offerti: se per esempio nel welfare aziendale è compreso l’asilo aziendale, ovviamente il lavoratore somministrato ha diritto (secondo i criteri di accesso per gli altri lavoratori) di poterne usufruire (non è l’agenzia che deve creare un asilo aziendale), così per esempio la mensa o il servizio di trasporto.

Se invece il welfare consiste in una somma spendibile in beni e servizi la corretta gestione è che sia l’agenzia a riconoscere il credito con la conseguenza che il relativo costo sarà poi riconducibile al costo del lavoro che deve essere rimborsato dall’utilizzatore all’agenzia (così come previsto dall’art. 33, D.Lgs. n. 81/2015).

Quesito 11 – Fringe benefit

Domanda

Si può erogare un fringe benefit ad personam?

Risposta

Si è legittimo riconoscere un fringe benefit anche ad un solo lavoratore dipendente. Il beneficio fiscale NON decade se sono rispettate le soglie previste (per il 2025 confermati 1.000 euro annui senza figli a carico e 2.000 euro con figli a carico) ma anche se rispettano i requisiti di inerenza (legame con l’attività aziendale) e congruità (proporzionalità del costo) secondo l’art. 109 TUIR ed è consigliabile documentare le motivazioni dell’erogazione per evitare contestazioni in caso di verifica fiscale.

Quesito 12 – Familiari e welfare aziendale

Domanda

I familiari possono beneficiare del welfare aziendale anche se non sono fiscalmente a carico? Quali parenti nel dettaglio?

Risposta

Sì, i familiari non devono essere necessariamente conviventi né fiscalmente a carico del lavoratore per poter beneficiare delle misure di welfare aziendale, salvo che la misura specifica non lo richieda espressamente (es. abbonamenti per il trasporto pubblico o coperture assicurative). È però indispensabile che tali familiari rientrino tra quelli indicati dall’art. 12 del TUIR, come modificato dalla Legge di Bilancio 2025.

Secondo la Circolare Ministero delle Finanze n. 238/E/2000 , il requisito della convivenza o del carico fiscale non è generalmente richiesto, a meno che non sia previsto in modo espresso.

Inoltre, la Circolare Agenzia delle Entrate n. 4/E del 2025 ribadisce che l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente delle misure di welfare è limitata ai familiari individuati dall’art. 12 TUIR, tra cui:
– coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
– partner dell’unione civile;
– figli (naturali, adottivi, affidati o affiliati);
– ascendenti (es. genitori e, in loro mancanza, nonni; non possono usufruirne fratelli e sorelle).

Quesito 13 – Ferie e permessi convertibili in welfare

Domanda

È possibile convertire in welfare le ferie o i permessi non goduti?

Risposta

No, le ferie e i permessi non goduti non possono essere convertiti in misure di welfare aziendale.

La normativa vigente vieta la sostituzione di elementi retributivi o contrattuali con beni o servizi di welfare, in quanto tale prassi comporterebbe una elusione fiscale e violerebbe i principi costituzionali di capacità contributiva e progressività dell’imposizione (art. 53 Cost.).

Pertanto, NON possono essere convertiti: ferie non godute, permessi, superminimi, TFR, premi individuali.
L’unica eccezione ammessa riguarda i premi di risultato convertiti volontariamente dal lavoratore in welfare, come previsto dalla legge (c.d. “welfarizzazione del PDR”).

Riferimenti normativi:

  • D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51

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