COMMENTO
DI MATTIA MERATI | 4 DICEMBRE 2025
Il Decreto “correttivo IRPEF-IRES”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 novembre 2025, introduce una disciplina ad hoc per i contribuenti italiani che operano in Paesi che hanno sospeso unilateralmente la Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia. Al momento, la misura riguarda i rapporti con la Federazione Russa e la Bielorussia. La “contromisura” nasce in risposta alle iniziative di questi Stati, che – a seguito del conflitto in Ucraina – hanno sospeso unilateralmente ampie parti delle convenzioni bilaterali stipulate con l’Italia.
Contesto di riferimento
Con il Decreto presidenziale n. 585 dell’8 agosto 2023, la Federazione Russa ha inibito l’applicazione di vari articoli delle convenzioni concluse con un novero di Paesi qualificati come “ostili”, tra cui l’Italia. Per quanto concerne la Convenzione Italia‑Russia (firmata a Roma il 9 aprile 1996, come modificata dal protocollo del 13 giugno 2009), la sospensione ha riguardato:
- artt. 5‑23, relativi a stabile organizzazione, redditi d’impresa, utili, interessi, canoni e altre categorie reddituali;
- art. 25, in tema di non discriminazione;
- parr. a-d e f del Protocollo aggiuntivo.
Non è stato invece interessato da tale sospensione l’art. 24, che disciplina l’eliminazione della doppia imposizione.
Misure di analoga portata sono state assunte anche dalla Bielorussia (cfr. Nota Verbale del 22 marzo 2024),conimpatto sulla Convenzione Italia-Bielorussia firmata l’11 agosto 2005.
Natura della sospensione
Dal punto di vista del diritto dei trattati, la sospensione unilaterale così attuata non trova fondamento né nella disciplina convenzionale né nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. Quest’ultima stabilisce che la validità, la cessazione, la denuncia o la sospensione di un trattato sono ammissibili solo se:
- previste dal trattato stesso, oppure
- concordate tra le parti (artt. 42 e 57).
L’art. 60 consente la sospensione solo in caso di violazione sostanziale, circostanza che – almeno per quanto riguarda l’Italia – non era stata finora sollevata (a differenza di quanto avvenuto in altre giurisdizioni interessate dalla medesima sospensione).
Le convenzioni bilaterali in questione prevedono la possibilità di denuncia (art. 30 per la Russia e art. 31 per la Bielorussia), ma non contemplano la sospensione, tantomeno parziale. In ogni caso, la “denuncia” formale del Trattato non è stata effettuata né dall’Italia né dalla Russia (o dalla Bielorussia).
Ne deriva che la procedura adottata da Russia e Bielorussia non è conforme ai meccanismi previsti dai trattati bilaterali né alla Convenzione di Vienna.
Riflessi nel diritto interno e orientamenti dell’Amministrazione finanziaria
Nonostante le sospensioni dichiarate da Russia e Bielorussia, l’ordinamento italiano ha continuato a considerare le convenzioni pienamente operative. Con la Risposta 7 agosto 2025, n. 206, resa in un caso di distribuzione di dividendi da società italiana a socio russo, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che:
- la convenzione resta in vigore sino a formale denuncia (art. 30 “Denuncia”);
- la denuncia determina la cessazione dell’accordo, ma non è intervenuta né da parte italiana né da parte russa;
- in assenza di denuncia, la convenzione continua a spiegare effetti nell’ordinamento italiano.
Tale indirizzo si colloca nel solco del principio di prevalenza del diritto convenzionale su quello interno (art. 169 TUIR e art. 75 D.P.R. n. 600/1973).
Il nodo del credito d’imposta nei flussi inbound
A seguito della sospensione unilaterale operata dalla Federazione Russa e dalla Bielorussia, il regime convenzionale di favore – che prevedeva aliquote ridotte su dividendi, interessi e royalties – è stato disapplicato nella prospettiva di quel Paese estero, con conseguente applicazione delle aliquote domestiche ordinarie (per la Russia, generalmente pari al 15% per i dividendi e al 20% per interessi e canoni).
Tale sospensione unilaterale ha generato una asimmetria applicativa penalizzante, con l’Italia che:
- da un lato, era tenuta a mantenere il riconoscimento dei benefici convenzionali (applicando la minore aliquota prevista dai rispettivi trattati sui flussi in uscita)
- e dall’altro, non riconosceva ai soggetti residenti in Italia, che abbiano subito le maggiori ritenute domestiche estere, il riconoscimento del credito di imposta “pieno”.
Invero, sul versante italiano, la prassi dell’Amministrazione finanziaria è consolidata nel ritenere che il credito d’imposta estero disciplinato dall’art. 165 del TUIR sia riconosciuto nei limiti dell’imposta estera dovuta “secondo convenzione”.
Ne deriva che ogni ritenuta applicata in difformità dal trattato non è accreditabile in Italia e deve essere richiesta a rimborso nello Stato della fonte (cfr. circolare n. 9/2015; Risposta ad interpello 22 marzo 2022, n. 145).
Questa interpretazione determina(va) un effetto penalizzante per i contribuenti italiani:
- le imprese con stabili organizzazioni o partecipazioni in Russia e Bielorussia hanno subito prelievi alla fonte secondo le aliquote interne di quei Paesi (15%-20%),
- mentre in Italia il credito è stato riconosciuto solo entro i limiti convenzionali (tipicamente 0% per le royalties e tra il 5% e il 10% per i dividendi e gli interessi).
La soluzione nel Decreto “correttivo-ter”: principio di reciprocità
La VI Commissione Finanze della Camera aveva sollecitato l’introduzione di una misura simmetrica per evitare penalizzazioni sui contribuenti italiani. Il Decreto “correttivo IRPEF-IRES”, approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri il 20 novembre 2025, accoglie tale parere e introduce all’art. 10 (“Sospensione di una convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia”) un meccanismo (reattivo) di “reciprocità”:
Quando uno Stato estero sospende unilateralmente una convenzione (anche parzialmente), l’Italia ne riflette la sospensione nel proprio ordinamento.
Decorrenze ed efficacia temporale
La sospensione “italiana”, in una logica di allineamento, ha efficacia dalla sospensione estera:
- per la Federazione Russa dal 8 agosto 2023;
- per la Repubblica di Bielorussia dal 1° giugno 2024
ed è efficace per la Bielorussia sino al 31 dicembre 2026, mentre per la Russia è destinata a perdurare fino alla revoca della sospensione da parte dello Stato russo e, in ogni caso, non oltre il periodo d’imposta 2028.
La disposizione non si applica alle ipotesi di estinzione del trattato.
Pur originata da circostanze specifiche (i.e., Russia e Bielorussia), la disposizione ha portata generale e potrà essere applicata in (eventuali) futuri casi analoghi.
Implicazioni operative per i contribuenti
L’efficacia retroattiva del meccanismo consente ai contribuenti italiani di:
- scomputare le imposte effettivamente prelevate all’estero secondo la propria disciplina interna, applicabile in assenza di convenzione, senza più riferimento al limite delle aliquote convenzionali;
- per i periodi per cui è ormai scaduto il termine di presentazione della dichiarazione, presentare dichiarazioni integrative, allineando il credito d’imposta ai dettami dell’art. 165 TUIR nella nuova prospettiva reciproca.
L’efficacia retroattiva della nuova disposizione legislativa incide direttamente sull’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 206/2025. In particolare, sul versante outbound, i sostituti d’imposta italiani che – a decorrere dall’8 agosto 2023 per la Federazione Russa e dal 1° giugno 2024 per la Bielorussia – abbiano applicato le aliquote convenzionali ai pagamenti verso soggetti residenti in tali Paesi, sono ora tenuti a versare all’erario la differenza rispetto alla tassazione prevista dalla normativa interna. Tale adempimento avviene senza applicazione di sanzioni né interessi, ma comporta un impatto finanziario immediato a fronte dell’incerta recuperabilità dal percipiente russo.
Questa impostazione apre, infatti, un nodo critico: come recuperare dal percipiente estero la maggiore imposta italiana, che avrebbe dovuto essere trattenuta originariamente.
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 22 Dicembre 1986, n. 917, art. 165;
- Comunicato CdM 20 novembre 2025;
- Agenzia delle Entrate, Risposta a istanza di interpello 7 agosto 2025, n. 206.
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