CIRCOLARE MONOGRAFICA
Omaggi: deducibili, sia sotto il profilo IRES sia sotto quello IRAP, solo se sostenuti in maniera tracciata
DI STEFANO ROSSETTI | 3 DICEMBRE 2025
Nel presente contributo verrà illustrato il trattamento fiscale dei costi per omaggi sia nell’ambito del reddito d’impresa sia nell’ambito dell’IRAP. La disciplina non ha subito modifiche sostanziali, mentre occorre segnalare una novità di carattere procedurale: dal 2025 (per i soggetti solari) i costi per omaggi sono deducibili, sia sotto il profilo IRES sia sotto quello IRAP, solo se sostenuti in maniera tracciata. Alla luce di questa novità, introdotta con la Legge di Bilancio 2025, i contribuenti devono prestare attenzione alla modalità di sostenimento del costo delle regalie relative alle imminenti festività.
Premessa
L’art. 1, comma 81, lett. d) della Legge n. 207/2024 ha integrato il comma 2 dell’art. 108 del TUIR prevedendo l’obbligo di sostenimento in maniera tracciata dei costi relativi a beni concessi gratuitamente e delle spese di rappresentanza in generale.
Tale obbligo decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025 per i soggetti solari).
Questa misura antievasione obbliga i contribuenti a prestare attenzione alla modalità di sostenimento delle spese per omaggi al fine di evitare l’indeducibilità in radice delle stesse.
Sotto il profilo sostanziale, invece, la disciplina fiscale degli omaggi non ha subito variazioni rispetto al recente passato.
La disciplina degli omaggi nel reddito d’impresa
Il trattamento fiscale degli omaggi nell’ambito del reddito d’impresa varia in ragione del soggetto a cui è destinato l’omaggio.
Se il bene oggetto di regalia è destinato a clienti e/o fornitori si applica la disciplina prevista dall’art. 108, comma 2 del TUIR in tema di spese di rappresentanza.
In base a tale disposizione:
- i costi per omaggi di valore unitario pari o inferiore a 50 euro sono deducibili dall’imponibile incondizionatamente;
- i costi per omaggi di valore unitario superiore a 50 euro sono considerati spese di rappresentanza e, quindi, deducibili secondo le regolepreviste dall’art. 108, comma 2 del TUIR.
Occorre sottolineare come il valore del bene oggetto di omaggio assume rilevanza esclusivamente ai fini dell’applicazione del regime fiscaleda applicare; infatti, oggetto di deduzione è sempre il costo sostenuto.
Ciò significa che, se un bene oggetto di regalia:
- ha un costo (di acquisto o di produzione) di 40 euro e un valore di 60 euro, si tratta di un omaggio che rientra nella disciplina delle spese di rappresentanza; pertanto, il costo di 40 euro è deducibile solo se rientrante nel plafond di deducibilità calcolato secondo le disposizioni dell’art. 108, comma 2 del TUIR e del D.M. 19 novembre 2008;
- ha un costo di 40 euro e un valore di 45 euro, si tratta di un omaggio non rientrante nella disciplina delle spese di rappresentanza e, di conseguenza, il costo è deducibile senza condizioni.
Alla luce di quanto sopra, il valore dei beni rappresenta un discrimine per l’individuazione della disciplina applicabile.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
- nell’ipotesi di omaggio composto da più beni “il valore di 50 euro deve essere riferito al valore complessivo dell’omaggio e non al valore dei singoli beni che lo compongono. Ad esempio, un cesto natalizio composto di tre diversi beni che hanno un valore di 20 euro ciascuno, dovrà essere considerato come un unico omaggio dal valore complessivo di 60 euro” e in tal caso il costo di acquisto di detti beni deve essere trattato come spesa di rappresentanza ai sensi del comma 2 dell’art. 108 del TUIR (circolare n. 34/E/2009). Dunque, l’acquisto frazionato dei beni e il confezionamento da parte dell’impresa non permettono di trattare tali acquisti come singolarmente effettuati;
- nel costo di acquisto dei beni oggetto di omaggio occorre anche considerare l’eventuale IVA indetraibile ai sensi dell’art. 19-bis1, comma 1, lett. h) del D.P.R. n. 633/1972. L’IVA può essere detratta solo nel caso in cui si tratti di beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa di costo non superiore a 50 euro;
- “per i beni c.d. autoprodotti, ossia i beni alla cui ideazione, produzione, commercializzazione è diretta l’attività di impresa, che vengono prodottidalla società oppure che sono commissionati a lavoranti esterni e acquistati dalla impresa per la successiva rivendita, il valore di mercatodell’omaggio rileva unicamente al fine di individuare la spesa di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata. Resta inteso che, una volta qualificata la spesa come spesa di rappresentanza (qualora il valore di mercato sia superiore a euro 50), al limite di deduzione di cui all’art. 1, comma 2, D.M. 19 novembre 2008 (plafond di deducibilità) concorrerà, invece, per intero, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno ad euro 50” (risoluzione n. 27/E/2014).
L’art. 19-bis1, comma 1 del D.P.R. n. 633/1972 dispone che:
h) non è ammessa in detrazione l’imposta relativa alle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore ad euro cinquanta.
Ai fini dell’IVA, dunque, il legislatore ha fissato sempre il limite di 50 euro, ma, contrariamente a quanto visto in tema di imposte dirette, questa volta è riferito al costo unitario.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 34/E/2009) “la particolare disciplina recata dalla norma in commento [art. 108, comma 2 del TUIR] è applicabile solo ai ‘beni’ di modico valore distribuiti gratuitamente e non è, al contrario, riferibile alle spese relative a ‘servizi’”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, dunque, le spese per servizi “omaggio” sono deducibili secondo la disciplina delle spese di rappresentanza anche se inferiori a 50 euro.
Se i destinatari degli omaggi sono i dipendenti e/o i collaboratori, il costo è deducibile ai sensi dell’art. 95 del TUIR.
L’art. 95 del TUIR prevede che rappresentano costi deducibili nella determinazione del reddito d’impresa, al pari dei costi sostenuti in relazione al personale dipendente, anche le spese sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità in favore dei lavoratori ad eccezione delle spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per finalità di:
- educazione,
- istruzione,
- ricreazione,
- assistenza sociale e sanitaria;
- culto
le quali sono deducibili per un ammontare pari al 5 per mille delle spese di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate (Risposta ad istanza di interpello n. 519/E/2019) i costi sostenuti dalle imprese per acquistare i “buoni-corrispettivo” o i “voucher” a scopo promozionale non sono espressamente inclusi tra le spese di rappresentanza, in quanto la formulazione letterale della disposizione normativa fa diretto riferimento alla nozione di beni e servizi.
Nonostante ciò, l’Amministrazione finanziaria ritiene che gli oneri sostenuti dalla società per i buoni corrispettivo rientrino nella lett. e) dell’art. 1, comma 1, del D.M. 19 novembre 2008.
Pertanto, tali costi soggiacciono alla disciplina delle spese di rappresentanza ex art. 108, comma 2 del TUIR.
Le cessioni gratuite di gadgets, brochures e depliants a clienti o fornitori devono essere considerate spese di pubblicità e non spese di rappresentanza.
Recentemente la Corte di Cassazione (sentenza n. 25143/2025) è tornata sulla distinzione tra le due tipologie di spese affermando che:
- le spese di rappresentanza sono sostenute per accrescere il prestigio e l’immagine della società, senza dar luogo a un’aspettativa di incremento delle vendite;
- le spese di pubblicità sono finalizzate alla realizzazione di iniziative che tendono, in modo prevalente anche se non esclusivo, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque al fine diretto di incrementare le vendite.
La disciplina degli omaggi nell’IRAP
Sotto il profilo IRAP, la deducibilità del costo degli omaggi dipende dalla modalità di calcolo della base imponibile.
Le società di capitali e le società di persone che hanno optato per la determinazione della base imponibile ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997 (c.d. metodo da bilancio) possono dedurre interamente i costi sostenuti per gli omaggi.
Tali costi vengono classificati tra gli oneri diversi di gestione classificati nella voce B.14 del conto economico, la quale rappresenta una voce rilevante ai fini della base imponibile IRAP.
I costi per omaggi al personale dipendente sono, in linea generale, indeducibili ad eccezione dei costi per omaggi destinati ai dipendenti assunti a tempo indeterminato o a lavoratori i cui costi analiticamente deducibili.
Diversamente da quanto sopra, invece, i costi per omaggi sostenuti da società di persone che determinano la base imponibile ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 446/1997 non deducono i costi per omaggi; infatti, gli oneri diversi di gestione non rappresentano una voce rilevante ai fini della quantificazione della base imponibile.
Anche per tali soggetti i costi per omaggi al personale dipendente sono, in linea generale, indeducibili ad eccezione dei costi per omaggi destinati ai dipendenti assunti a tempo indeterminato o a lavoratori i cui costi analiticamente deducibili.
L’obbligo di tracciabilità
L’art. 1, comma 81, lett. d) della Legge n. 207/2024 ha aggiunto all’art. 108, comma 2 del TUIR un periodo secondo cui:
Le spese di cui al presente comma sono deducibili se i pagamenti sono eseguiti con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Viene previsto che tale disposizione vale anche ai fini dell’IRAP ed esplica efficacia dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025 per i soggetti solari).
Il pagamento tracciato, dunque, rappresenta una condicio sine qua non ai fini della deducibilità del costo sia nell’ipotesi in cui l’omaggio abbia un valore unitario inferiore a 50 euro (deducibilità immediata) sia nell’ipotesi in cui abbia un valore superiore a 50 euro e, dunque, si debba applicare la disciplina delle spese di rappresentanza (deducibilità condizionata).
La norma non pone vincoli territoriali, pertanto, a differenza delle spese di trasferta, l’obbligo di pagamento tracciato sussiste anche per le spese sostenute all’estero.
Un pagamento può considerarsi tracciato quando è effettuato tramite:
- versamento bancario o postale;
- altri sistemi di pagamento ex art. 23 del D.Lgs. n. 241/1997. Secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 14/E/2023), seppur riferendosi agli oneri detraibili ex art. 15 del TUIR, “per ‘altri sistemi di pagamento’ devono intendersi gli strumenti che garantiscano la tracciabilità e l’identificazione dell’autore del pagamento al fine di facilitare gli eventuali controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ad esempio, si può far riferimento al pagamento effettuato tramite un Istituto di moneta elettronica autorizzato mediante applicazione via smartphone che, tramite l’inserimento di codice IBAN e numero di cellulare, permette all’utente di effettuare transazioni di denaro senza carta di credito o di debito e senza necessità di un dispositivo dotato di tecnologia NFC. Tale sistema di pagamento può, infatti, essere definito “tracciabile” essendo collegato a conti correnti bancari che individuano univocamente sia i soggetti che prelevano il denaro sia i soggetti a cui il denaro viene accreditato”.
Sotto il profilo probatorio, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 14/E/2023) ha chiarito che il contribuente può dimostrare l’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili” mediante la relativa annotazione in fattura, ricevuta fiscale o documento commerciale, da parte del percettore delle somme che cede il bene o effettua la prestazione di servizio.
In alternativa, l’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili” può essere dimostrato mediante prova cartacea della transazione (ovvero tramite ricevuta della carta di debito o della carta di credito, copia del bollettino postale, MAV, copia dei pagamenti con PagoPA, estratto conto, ecc.). L’estratto conto, in particolare, costituisce una possibile prova del sistema di pagamento “tracciabile”, opzionale, residuale e non aggiuntiva, che il contribuente può utilizzare a proprio vantaggio nel caso non abbia disponibili altre prove dell’utilizzo di sistemi di pagamento “tracciabili”.
In caso di pagamento con applicazioni via smartphone tramite Istituti di moneta elettronica autorizzati, il contribuente deve esibire il documento fiscale che attesti l’onere sostenuto e la documentazione che attesti che il pagamento è avvenuto per il tramite delle predette applicazioni che può essere rappresentata anche dalla e-mail di conferma dell’Istituto di moneta elettronica o della piattaforma su cui si sta effettuando l’operazione. Nei casi in cui il contribuente non ha la possibilità di dare con altro mezzo prova del pagamento, può esibire l’estratto del conto corrente della banca a cui il predetto istituto si è collegato, se riporta tutte le informazioni circa il beneficiario del pagamento e, nel caso da tale documento non si evincano tutte le informazioni necessarie, anche la copia delle ricevute dei pagamenti presenti nell’app.
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108;
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19-bis1;
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, D.M. 19 novembre 2008, art. 1.
Il contenuto di questa newsletter è strettamente riservato e destinato esclusivamente ai destinatari autorizzati.
È espressamente vietata la condivisione totale o parziale di questa comunicazione su qualsiasi piattaforma pubblica o privata, inclusi (ma non limitati a):
• Gruppi e canali Telegram
• Chat di gruppo o broadcast su WhatsApp
• Post o storie su Facebook, Instagram, X (Twitter), LinkedIn, o altri social network.
Ogni violazione di questa norma potrà comportare l’esclusione immediata dalla lista dei destinatari e, nei casi più gravi, azioni legali.