CIRCOLARE TUTTOQUESITI
DI CARLA DE LUCA, FABRIZIO G. POGGIANI | 16 OTTOBRE 2025
Master Fisco 2025/2026 – Le risposte alle domande dei professionisti
La Giornata del Master Fisco 2025/2026 “Le novità fiscali dopo l’estate” ha analizzato i principali adempimenti fiscali, tributari e amministrativi introdotti dal D.L. n. 84/2025 convertito (Legge n. 108/2025) e dal D.L. “Omnibus” (D.L. n. 95/2025 – Legge n. 118/2025). Nella parte di “Applicazione pratica” è dedicata a casi ed esercitazioni su applicazione dei nuovi istituti e degli adempimenti richiesti, offrendo strumenti concreti per la gestione degli obblighi fiscali nel 2025. Si presentano le risposte alle domande pervenute durante la diretta.
Quesito n. 1 – Rimborsi Km – Spese di trasferta degli amministratori autonomi
Domanda
Una s.r.l. di ingegneria è amministrata da due ingegneri che fatturano il compenso attraverso la partita IVA del loro studio associato. È corretto che, utilizzando la loro auto personale per gli incarichi sociali (come da lettera d’incarico), debbano fatturare i rimborsi chilometrici con IVA attraverso l’associazione, che non andranno tassati in capo all’associazione né dedotti dalla società?
Risposta
Dal 2025, per gli amministratori di s.r.l. che fatturano compensi tramite uno studio associato con partita IVA, i rimborsi chilometrici relativi all’uso dell’auto personale per incarichi sociali devono essere fatturati con IVA dallo studio associato alla società.
Questi rimborsi, se analiticamente documentati e strettamente inerenti all’esecuzione dell’incarico, non concorrono più a formare reddito imponibile per l’associazione professionale e non sono soggetti a ritenuta, specularmente la società non potrà dedurli fiscalmente.
Il nuovo art. 54 del TUIR stabilisce che i rimborsi spese analitici addebitati al committente per incarichi professionali non sono più considerati compensi e non vengono tassati in capo al lavoratore autonomo.
La società che riceve la fattura di rimborso chilometrico non può dedurre il costo relativo, ma deve comunque versare l’IVA presente in fattura.
Lo studio associato emette fattura con IVA verso la s.r.l., addebitando il rimborso chilometrico sulla base delle tabelle ACI e della documentazione probatoria su incarico della società.
Il rimborso, se analitico e documentato, non aumenta il reddito tassabile per l’associazione professionale che presta l’incarico, né come compenso, né come ricavo.
Il costo non è deducibile dalla società s.r.l. secondo la nuova disciplina la spesa diventa neutra fiscalmente sia per chi la paga che per chi la riceve, salvo specifici casi di spese forfait o anticipi ex art. 15, D.P.R. n. 633/1972.
I rimborsi chilometrici per prestazioni professionali continuano ad essere assoggettati ad IVA, salvo siano anticipi per conto del cliente che ricadrebbero nell’esclusione di cui all’art. 15, D.P.R. n. 633/1972.
In sintesi: è corretto fatturare i rimborsi chilometrici con IVA tramite lo studio associato, tali importi non sono tassati in capo all’associazione (se analitici e inerenti), né deducibili dalla s.r.l. (seguendo la nuova disciplina dal 2025).
Quesito n. 2 – Rimborso Km – Compilazione di nota spese
Domanda
Il socio lavorante di una s.a.s. utilizza la propria autovettura per recarsi presso clienti. Per il rimborso può emettere una nota spese alla società, considerando il rimborso Km ACI, o è meglio che conservi gli scontrini del distributore automatico ed addebiti quelle?
Risposta
La soluzione fiscalmente corretta per il socio lavorante di una s.a.s. che usa la propria autovettura per recarsi dai clienti è quella di compilare una nota spese per il rimborso chilometrico, calcolata secondo le tariffe ACI riferite al modello di veicolo utilizzato e ai chilometri effettivamente percorsi nell’interesse della società.
Il rimborso chilometrico ACI può essere richiesto con una nota spese dettagliata, riportando tutti i dati: giorno, destinazione, motivazione della visita, chilometri percorsi, modello veicolo. È preferibile rispetto al rimborso di singoli scontrini carburante, sia in termini di semplicità gestionale che di maggiore deducibilità e trasparenza fiscale.
Il rimborso chilometrico (tariffe ACI) è deducibile per la società, nei limiti di potenza del veicolo e per le trasferte documentate.
Tragitti casa-lavoro non sono trasferte.
Rimborsare solo gli scontrini del distributore comporta il rischio di perdere la deducibilità del costo, perché non si dimostra sempre la piena inerenza tra spesa e chilometri effettivamente percorsi per l’attività societaria. Inoltre, la modalità “scontrini” risulta più macchinosa e fiscalmente meno difendibile rispetto al rimborso chilometrico ACI, soprattutto in caso di verifica: con ACI si evita di tassare come fringe benefit il rimborso documentato e non si eccede i limiti fissati dalla normativa.
In sintesi: il modo fiscalmente più corretto e tutelante è compilare una nota spese dettagliata per il rimborso chilometrico usando le tabelle ACI, anziché conservare e addebitare i singoli scontrini carburante.
Quesito n. 3 – Riduzione INPS 50% – Collaboratore familiare
Domanda
Imprenditore individuale iscritto per la prima volta alla gestione artigiani in data 24 febbraio 2025 con coadiutore familiare iscritto anche lui per la prima volta in data 31 marzo 2025. Il coadiutore cessa attività. In data 1° luglio 2025 il coadiutore si reiscrive e, in questo caso, non ha più diritto alla riduzione del 50%. Per i mesi di febbraio e marzo il coadiutore ha diritto alla riduzione del 50%?
Risposta
Sì, per i mesi di febbraio e marzo 2025 il coadiutore familiare ha diritto alla riduzione contributiva del 50%, essendo la prima iscrizione nel periodo agevolato, anche se la posizione è cessata successivamente.
La riduzione del 50% spetta a chi si iscrive per la prima volta alla gestione artigiani nel corso del 2025, incluso il coadiutore familiare.
Il diritto sussiste per tutti i contributi dovuti in costanza di prima iscrizione, quindi anche nel caso di cessazione dell’attività nel periodo agevolato.
In caso di reiscrizione dopo una cessazione nel medesimo anno, la riduzione non spetta più per il secondo periodo, ma resta valida per il primo periodo (febbraio-marzo) in cui era davvero la prima iscrizione.
In sintesi: per i contributi INPS dei mesi di febbraio e marzo 2025, il coadiutore familiare gode della riduzione del 50% (primo ingresso). Dal momento della reiscrizione successiva, la riduzione non si applica più, ma non perde il diritto sulle mensilità precedenti.
Quesito n. 4 – Superbonus – Cessione delle rate residue
Domanda
Un contribuente PF ha ceduto i suoi crediti superbonus 110% alla sua società s.r.l. (lui è amministratore), la quale ha utilizzato le prime 2 rate, ora la s.r.l. sta per chiudere, è possibile che le rate residue vengano cedute di nuovo al primo cedente PF (amministratore) o ad altre PF?
Risposta
No, dal 29 maggio 2024 non è più consentita la cessione delle rate residue dei crediti superbonus 110% (né ad altre persone fisiche né al soggetto originario), a prescindere dallo stato della società cessionaria. Questo divieto vale anche in caso di chiusura della s.r.l. che aveva acquisito i primi crediti.
Regole attuali sulla cessione delle rate residue
In caso di cessione originaria (ad es. da persona fisica a s.r.l.), la s.r.l. può utilizzare direttamente le quote annuali di credito secondo la ripartizione prevista.
Dal 29 maggio 2024 (D.L. n. 39/2024 convertito in Legge n. 67/2024), è vietata ogni ulteriore cessione delle quote residue non utilizzate, sia ai soggetti originari (il cittadino-amministratore) sia ad altre persone fisiche o società.
Le rate residue vanno usate da chi le detiene.
Non è possibile aggirare il divieto con “retrocessione” o altra cessione di ritorno.
Se la s.r.l. chiude (liquidazione o cancellazione), eventuali crediti non utilizzati vanno persi e non possono tornare nella disponibilità del soggetto privato originario o di altro soggetto.
Le uniche eccezioni riguardano passaggi per operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, ecc.), con subentro del soggetto successore non il ritorno al privato cedente.
Dopo l’utilizzo parziale da parte della s.r.l., le rate residue dei crediti superbonus non possono essere cedute né ritornare al primo cedente persona fisica, né essere cedute a terzi.
Dal 29 maggio 2024, non è più possibile la cessione delle rate residue dei crediti superbonus 110% già acquisite da una s.r.l., indipendentemente dal fatto che la società chiuda o meno: il divieto è espressamente previsto dal D.L. n. 39/2024 convertito in Legge n. 67/2024.
In sintesi: né l’amministratore (come persona fisica originaria) né altre persone fisiche potranno ottenere le rate residue via nuova cessione, la s.r.l. dovrà usarle direttamente o, se non vi riesce prima della chiusura, i crediti andranno persi.
Quesito n. 5 – Bonus Covid – Riporto perdite
Domanda
I contributi Covid esenti dalle tasse devono essere decurtati dalle perdite riportabili?
Risposta
Sì, secondo la prassi consolidata e l’interpretazione dell’art. 84 del TUIR, i contributi Covid esenti dalle tasse devono essere decurtati dalle perdite fiscali riportabili per evitare un doppio beneficio fiscale.
L’art. 10-bis del Decreto “Ristori” (D.L. n. 137/2020) ha stabilito che i contributi Covid non concorrono alla formazione del reddito imponibile e sono completamente esenti. Tuttavia, l’art. 84 del TUIR stabilisce che le perdite fiscali devono essere ridotte degli importi esenti per evitare che si ottenga sia l’esenzione immediata che l’utilizzo del contributo come perdita fiscalmente spendibile negli anni successivi.
Chi era in utile ha beneficiato dell’esenzione immediata dei contributi Covid. Chi era in perdita ha beneficiato dell’esenzione ma non può trasformare il contributo in ulteriore perdita fiscalmente utilizzabile. Le perdite fiscali riportabili devono essere ridotte dell’importo dei contributi Covid ricevuti, seguendo il principio generale dell’art. 84 TUIR che prevede la sottrazione dei proventi esenti. L’Agenzia delle Entrate sta emettendo accertamenti per rettificare le perdite fiscali delle imprese che hanno fruito degli aiuti Covid senza operare tale riduzione, generando un clima di incertezza normativa e potenziali contenziosi.
In sintesi: nonostante l’esenzione fiscale dei contributi Covid, questi devono essere sottratti dalle perdite riportabili per rispettare il principio generale dell’art. 84 TUIR ed evitare il doppio vantaggio fiscale.
Quesito n. 6 – Sismabonus – Utilizzo delle perdite pregresse
Domanda
Una s.r.l. con credito sismabonus e con perdite fiscali pregresse deve obbligatoriamente utilizzare le perdite prima dell’utilizzo del credito sismabonus?
Risposta
No, una s.r.l. con credito sismabonus e perdite fiscali pregresse non è obbligata a utilizzare le perdite fiscali prima di compensare il credito sismabonus, può scegliere liberamente l’ordine di utilizzo tra perdite e crediti fiscali, secondo la disciplina ordinaria del riporto perdite ex art. 84TUIR.
La normativa non impone priorità all’utilizzo delle perdite fiscali rispetto ai crediti d’imposta sismabonus.
Secondo la Corte di Cassazione e la prassi fiscale, il contribuente è libero di decidere se e quando utilizzare le perdite pregresse a scomputo dei redditi imponibili, anche in presenza di crediti d’imposta attivi.
Solo in casi particolari (es. crediti in scadenza imminente, oppure specifiche disposizioni sulla compensazione forzata per debiti erariali) può essere consigliato dare priorità all’utilizzo di crediti d’imposta.
La s.r.l. può utilizzare il credito sismabonus in compensazione F24 per tributi e contributi, mentre le perdite fiscali possono essere riportate senza limiti di tempo, salvo incontro con particolari vincoli derivanti da operazioni societarie, fusioni o modifiche statutarie. Non si perde la possibilità di utilizzare perdite riportabili se si utilizza prima il credito sismabonus.
In sintesi: la società può scegliere se compensare prima il credito sismabonus o scomputare le perdite fiscali pregresse, non esiste priorità obbligatoria a sfavore delle perdite fiscale per la compensazione di crediti agevolativi bonus edilizi.
Quesito n. 7 – CPB 2024/2025 – Adesione per il 2026
Domanda
Chi, nella dichiarazione dell’anno precedente, ha aderito al concordato per gli anni 2024/2025 può aderire per l’anno 2026 entro il 30 settembre?
Risposta
No, chi ha già aderito al concordato preventivo biennale per il biennio 2024/2025 non potrà aderire nuovamente per il solo anno 2026, la nuova adesione riguarda il biennio successivo 2026/2027 e non può “sovrapporsi” o essere attivata annualmente.
Gli attuali chiarimenti normativi e fiscali escludono la possibilità di rinnovo immediato o di “adesione singola” al CPB per l’anno 2026 da parte di chi ha già aderito per 2024-2025.
Quesito n. 8 – CPB 2024/2025 – Reddito eccedente il concordato
Domanda
Nel concordato preventivo biennale dell’anno scorso non vi era limita all’eccedenza rilevata in sede di dichiarazione dei redditi. Il caso mio è CPB 2024 ricavo atteso 70.000,00 ricavo realizzato in dichiarazione dei redditi 110.000,00. Il cliente paga le tasse fino a 70.000,00? Corretto? L’imposta sostitutiva si paga sulla differenze del reddito 2023 fino ad arrivare a 70.000,00 euro. Giusto?
Risposta
Per il concordato preventivo biennale del 2024, se il ricavo atteso e concordato era di 70.000 euro mentre il ricavo effettivamente realizzato in dichiarazione è stato di 110.000 euro, il contribuente paga le imposte solo fino a 70.000 euro, cioè il reddito concordato, anche se il reddito effettivo è superiore. Applico la sostitutiva in via opzionale.
Quesito n. 9 – CPB 2024/2025 – Mancato pagamento acconti INPS o IRPEF per il 2024
Domanda
Un soggetto ha aderito al concordato preventivo per gli anni 2024/2025. Nel caso non avesse pagato acconti INPS o IRPEF per l’anno 2024, pur avendo pagato la maggiorazione prevista, cosa rischia? Cosa fare?
Risposta
Chi ha aderito al concordato preventivo biennale per il 2024/2025 e non ha pagato gli acconti INPS o IRPEF per il 2024, pur avendo versato la maggiorazione prevista, rischia sia l’applicazione di sanzioni per omesso pagamento sia la decadenza dal concordato se non regolarizza tempestivamente la posizione.
Il mancato versamento degli acconti comporta sanzioni pecuniarie, con percentuali ridotte se si utilizza il ravvedimento operoso entro 90 giorni (fino al 12,5% dopo il 1° settembre 2024, ulteriormente ridotte per ritardi inferiori a 15 giorni).
Il rischio più significativo è la perdita del beneficio del concordato preventivo biennale: l’omesso versamento delle imposte e dei contributi dovuti costituisce motivo di decadenza dal regime.
Il mancato pagamento degli acconti da parte di uno dei soci in una società di persone coinvolge anche la società stessa e gli altri soci.
È possibile regolarizzare la posizione tramite ravvedimento operoso, versando gli acconti dovuti con sanzioni ridotte e gli interessi legali (2,5% annuo nel 2024).
Il ravvedimento deve avvenire prima del ricevimento di avvisi bonari o controlli automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Se si riceve avviso bonario, occorre versare il dovuto entro 60 giorni per salvare la validità del concordato.
Per le maggiorazioni di acconto, il versamento è considerato tempestivo se effettuato entro la data di adesione al concordato (nei termini prorogati).
In sintesi: chi non ha pagato acconti INPS/IRPEF rischia sanzioni e la decadenza dal CPB.
È fondamentale ravvedersi versando subito quanto dovuto e le sanzioni, per conservare il regime di concordato.
Quesito n. 10 – CPB 2025/2026 -Forfetario 2024 passato in semplificata nel 2025
Domanda
Un contribuente, in regime forfettario 2024, passa al regime semplificato nel 2025. FAQ A.d.E. n. 3 del 15 ottobre 2024 dice che può accedere al CPB, non vede causa ostativa.
Come si può fare l’adesione per il CPB 2025/2026?
Nel quadro LM è stata eliminata la sezione VI (che consentiva il calcolo per i forfetari) ed il quadro CP è riservato a chi ha aderito CPB 2024/2025.
Risposta
L’adesione al concordato avviene tramite il modello CPB 2025/2026, che deve essere trasmesso telematicamente.
Il quadro CP è riservato ai soggetti che hanno aderito al CPB 2024/2025 pertanto, chi accede al concordato nel 2025/2026 (venendo ai forfetari che transitano al regime semplificato) deve seguire le nuove procedure.
Il contribuente può accettare la proposta trasmettendo il modello CPB, autonomamente o unitamente al frontespizio del modello Redditi PF 2025, selezionando la casella “Comunicazione CPB”.
I forfetari che hanno aderito al CPB devono compilare la sezione apposita del quadro LM (righi LM32-LM33) per il biennio di concordato, non il quadro CP.
Dal 2025, nella dichiarazione Redditi PF queste informazioni vanno riportate nei righi LM32-33, il quadro CP non è utilizzabile dai soggetti che non hanno aderito al CPB 2024/2025.
Quesito n. 11 – CPB – Cause di decadenza
Domanda
Mi sembra che tra le cause di decadenza non si dia sufficiente peso al fatto che bastano tre irregolarità (anche in relazione alla tardiva e/o irregolare oltre naturalmente all’omessa) relative agli scontrini (doc. comm.li) e/o documenti di trasporto. Peraltro non ravvedibili.
Se è corretto e la violazione può essere constata anche sei anni dopo dall’A.d.E., non vi sembra non approcciabile a priori il CPB?
Risposta
Sì, è corretto: il concordato preventivo biennale (CPB) può decadere se vengono contestate anche solo tre violazioni formali (non ravvedibili)relative a scontrini/documenti commerciali o documenti di trasporto, anche se commesse in giorni diversi e anche dopo molti anni.
L’art. 22, D.Lgs. n. 13/2024, include tra le cause di decadenza dal CPB la contestazione di almeno tre violazioni, anche solo formali (mancata, tardiva, errata emissione di scontrini/documenti di trasporto), commesse in giorni diversi all’interno del biennio, a prescindere dall’entità economica della violazione.
Queste violazioni, per la loro tipologia e per espressa previsione normativa, non sono sanabili tramite ravvedimento operoso ai fini del mantenimento del CPB.
L’accertamento può avvenire anche dopo sei anni dagli anni oggetto di concordato, secondo i termini ordinari prorogati per l’attività di accertamento in presenza di adesione al CPB.
Questa causa di decadenza è considerata tra le più insidiose e rischiose del nuovo istituto: la perdita del CPB può avvenire per mere irregolarità formali, anche di modesta entità e se rilevate solo a distanza di anni.
Numerosi esperti sottolineano che questa severità (con espulsione automatica e retroattiva) rende prudente “se non addirittura sconsigliabile” l’accesso al CPB per operatori che gestiscono molti scontrini/documenti di trasporto e che quindi sono statisticamente più esposti a rilievi. Il rischio esiste ed è concreto: bastano tre violazioni formali su documenti commerciali o DDT, non ravvedibili, commesse anche in anni differenti, per far decadere tutto il concordato biennale, con recupero di imposte retroattivo. Ciò rende il CPB poco “appetibile”, specie per attività poco digitalizzate o a rischio errori seriali.
Quesito n. 12 – CPB 2025/2026 – Acquisto crediti d’imposta
Domanda
Un libero professionista che aderisce al CPB 2025/2026 può acquistare dei crediti d’imposta (cedibili) da altro soggetto?
Risposta
Sì, un libero professionista che aderisce al CPB 2025/2026 (concordato preventivo biennale) può acquistare crediti d’imposta cedibili da altri soggetti, senza alcuna incompatibilità normativa o causa di esclusione legata all’operazione di acquisto dei crediti.
Il CPB, secondo la circolare A.d.E. n. 9/E/2025 e normative collegate, limita l’accesso solo per specifiche cause (esclusione forfetari, irregolarità ISA, debiti tributari/previdenziali, operazioni straordinarie), non risultano limitazioni o divieti relativi all’acquisto di crediti fiscali, inclusi quelli cedibili.
Un professionista può acquistare crediti d’imposta da altro soggetto e utilizzarli come previsto dalla legge, sia per compensare tributi/contributi sia per eventuale cessione successiva secondo le regole generali.
I margini realizzati nell’acquisto e nella successiva utilizzazione di crediti cedibili seguono la nuova disciplina della “onnicomprensività” del reddito professionale: eventuali differenziali positivi tra valore nominale e prezzo di acquisto sono imponibili come reddito di lavoro autonomo.
La scelta di aderire al CPB non impedisce in nessun modo di partecipare al mercato dei crediti d’imposta nel rispetto delle regole generali e delle finestre operative.
In sintesi: l’acquisto di crediti d’imposta cedibili da parte di un professionista aderente al CPB 2025/2026 è pienamente consentito dalla normativa in vigore.
Quesito n. 13 – Disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi – Calcolo del 30%
Domanda
In caso di verifica da parte dell’A.d.E. e disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi superiori al 30%, la percentuale del 30% è da calcolare sul totale dei costi e ricavi anno 2024 non sullo scostamento di reddito rideterminato dagli stessi costi/ricavi contestati da A.d.E. per il 2024?
Risposta
Il limite del 30% che comporta la decadenza dal concordato preventivo biennale (CPB), in caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate con disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi, va calcolato sul totale dei ricavi dichiarati per l’anno di riferimento (ad es. 2024), non sullo scostamento di reddito derivante dalla sola contestazione dei costi/ricavi oggetto di accertamento.
La normativa (art. 22, D.Lgs. n. 13/2024) dispone che si decade dal concordato se, a seguito di accertamento, risultano attività non dichiarate o l’inesistenza/indeducibilità di passività dichiarate per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati nei periodi oggetto di concordato (quindi sul totale dei ricavi 2024 se si parla del periodo d’imposta 2024).
Il parametro di riferimento è sempre il totale dei ricavi dichiarati nel periodo e non la differenza di reddito calcolata tra quanto inizialmente concordato e quanto rideterminato dopo le contestazioni.
Se i ricavi dichiarati sono 100.000 euro, la decadenza si verifica solo se il totale dei ricavi non dichiarati o dei costi indeducibili supera i 30.000 euro, a prescindere dall’effetto che ciò genera sul reddito imponibile.
Anche la circolare n. 18/E/2024 (§ 2.6) conferma che la soglia del 30% va rapportata al totale dei ricavi dichiarati, non allo scostamento di reddito.
Il focus della regola è quindi sull’entità assoluta delle attività nette non dichiarate (o delle passività indeducibili) rispetto ai ricavi complessivi, non sull’impatto derivante dalla singola contestazione nel calcolo del reddito ordinario o concordato.
In conclusione, ai fini della decadenza dal CPB, la percentuale del 30% si calcola sui ricavi dichiarati dell’anno (2024) e non sullo scostamento di reddito rideterminato a seguito delle contestazioni dell’Agenzia.
Quesito n. 14 – Adesione a CPB – Dichiarazione correttiva nei termini
Domanda
Per una serie di motivi la dichiarazione dei redditi è stata presentata prima della valutazione della opzione, come si può procedere con la accettazione della proposta CPB? Si presenta una correttiva nei termini?
Risposta
Sì, se la dichiarazione dei redditi è stata presentata prima di aver valutato l’opzione di accettazione della proposta CPB (concordato preventivo biennale), è possibile procedere con l’adesione presentando una dichiarazione correttiva nei termini.
Quesito n. 15 – Adesione a CPB – Multiattività
Domanda
Nel 2025 il codice ATECO commercio ambulante è stato soppresso. Il mio cliente aveva commercio in sede fissa e ambulante nel 2024 e quindi come multiattività non poteva accedere al CPB. In UNICO 2025 la dichiarazione risulta predisposta con il nuovo codice ATECO 2025 (commercio in sede fissa) non rilevando più il multiattività (il software non consente alternative). È possibile aderire a CPB?
Risposta
Sì, con la soppressione dei codici ATECO relativi al commercio ambulante dal 2025, la multiattività tra sede fissa e ambulante non viene più rilevata in sede dichiarativa: l’attività viene ora inquadrata unicamente in base ai prodotti venduti e non alla modalità di vendita.
Quadro normativo e procedure
Dal 1° aprile 2025, la nuova classificazione ATECO elimina la distinzione tra commercio in sede fissa e ambulante, i codici “ambulante” 47.8 e 47.9 sono stati soppressi e tutte le attività vengono riclassificate come commercio al dettaglio sulla base dei prodotti, senza specifica del canale di vendita.
Non essendoci più una “multiattività” per la vendita ambulante in dichiarazione 2025, il software, attribuendo solo il nuovo codice di sede fissa, consente l’accesso alle procedure CPB come per qualsiasi attività commerciale in sede fissa.
Le nuove regole sugli ISA (Indici sintetici di affidabilità) sono state aggiornate per eliminare le distinzioni specifiche per commercio ambulante, accorpando tutte le tipologie di commercio al dettaglio.
Possibilità di adesione al CPB
In assenza di multiattività in dichiarazione 2025, la situazione del cliente ricade nelle nuove fattispecie ammesse al concordato preventivo biennale e può aderire al CPB, se rispettati tutti gli altri requisiti di accesso e le scadenze specifiche.
Il fatto che nel 2024 fosse escluso dal CPB per multiattività non impedisce la nuova adesione nel 2025 se la compilazione è ora monocodice in sede fissa.
In sintesi: dal 2025, se il sistema consente la dichiarazione come commercio in sede fissa e mostra solo l’attività prevalente senza “multiattività”, è possibile aderire al CPB per il nuovo biennio.
Quesito n. 16 – CPB 2025/2026 – modello SC 2025
Domanda
Un contribuente s.r.l. ha accettato CPB 2023/2024. È in fase del modello SC 2025 che deve concordare la nuova proposta per 2025/2026, o lo deve fare nel prossimo modello?
Risposta
La s.r.l. che ha aderito al CPB per 2023/2024 deve concordare la nuova proposta per il biennio 2025/2026 già in fase di presentazione del modello SC 2025 (dichiarazione 2025), entro il termine di invio fissato al 30 settembre 2025.
Modalità e decorrenza
La proposta e l’accettazione del concordato per il biennio 2025/2026 va formalizzata entro il 30 settembre 2025, allegando il quadro P al modello ISA nella dichiarazione SC 2025 o tramite invio autonomo del modello CPB insieme al frontespizio della dichiarazione. Non si attende la dichiarazione dell’anno successivo: il rinnovo/conferma del concordato deve avvenire nel modello SC relativo al primo anno del nuovo biennio.
Per soggetti con esercizio non solare, la scadenza è spostata all’ultimo giorno del nono mese dopo la chiusura del periodo d’imposta, ma resta legata al modello dichiarativo del primo esercizio del nuovo biennio.
In sintesi: l’adesione al nuovo CPB 2025/2026 va presentata in SC 2025, entro il 30 settembre 2025, senza aspettare il modello dell’anno successivo.
Quesito n. 17 – CPB 2025/2026 – Fuoriuscita dal regime forfetario
Domanda
Un contribuente nel 2023 era forfetario e ha aderito al CPB. Nel 2024 è fuoriuscito dal regime perché ha fatturato più di 100.000 euro. Può accedere al CPB 2025/2026?
Risposta
Sì, il contribuente che era forfetario nel 2023 ha aderito al CPB, ed è uscito dal regime nel 2024 per superamento della soglia dei 100.000 euro, può accedere al concordato preventivo biennale per il 2025/2026 come soggetto ISA, a condizione che la fuoriuscita dal regime forfetariosia avvenuta prima della scadenza del termine per l’adesione al CPB (30 settembre 2025).
Quesito n. 18 – CPB 2025/2026 – Iperammortamento
Domanda
Nel caso in cui il reddito 2024 sia bassissimo a causa di un residuo iperammortamento, questo si riflette sulle basi imponibili IRES concordatarie per il 2025 e 2026, anni in cui l’iperammortamento è terminato. È possibile?
Risposta
Sì, un reddito 2024 molto basso dovuto a un residuo iperammortamento si riflette sulle basi imponibili concordatarie per il biennio successivo, in quanto il reddito effettivo dichiarato nel 2024 costituisce la soglia di riferimento per la proposta di concordato su cui calcolare l’imposta sostitutiva e determinare le eccedenze.
Il valore del reddito imponibile 2024 (comprensivo del beneficio da iperammortamento) diventa la base per la proposta di concordato preventivo biennale nel 2025 e 2026.
L’imposta sostitutiva viene applicata sull’eccedenza tra il reddito concordato negli anni di CPB e quello effettivo dichiarato per il 2024. Quindi, più basso è il reddito di partenza (2024), più contenuta sarà la base su cui calcolare le imposte concordatarie per il biennio successivo, anche se negli anni 2025 e 2026 l’iperammortamento non sarà più deducibile.
Si tratta di un effetto “traino” della deduzione extra sul triennio, che il legislatore non ha neutralizzato. Eventuali oscillazioni straordinarie del reddito dovute a agevolazioni come iperammortamento vanno valutate con attenzione, perché impattano la convenienza dell’adesione al concordato.
In conclusione: sì, la base bassa dovuta all’iperammortamento nel 2024 influenza l’ammontare del reddito concordatario e delle imposte dovute in regime CPB per il 2025/2026, anche se l’agevolazione è terminata.
Quesito n. 19 – Incremento occupazionale – Conteggio dei lavoratori somministrati
Domanda
Per quanto riguarda i requisiti attinenti il personale e precisamente il requisito inerente l’incremento occupazionale, nelle ULA vanno conteggiati anche i lavoratori somministrati oltre al personale dipendente? La modalità di determinazione delle ULA eventualmente considerando i somministrati va anche utilizzata (per analogia) per la verifica ULA dicembre 2025 sui 36 mesi precedenti?
Risposta
Ai fini della superdeduzione, i lavoratori somministrati vanno conteggiati nel calcolo delle Unità Lavorative Annue (ULA) insieme al personale dipendente per la verifica dell’incremento occupazionale.
Per il requisito di incremento occupazionale, il datore di lavoro utilizzatore deve includere sia i dipendenti diretti che i lavoratori somministrati nel conteggio delle ULA.
I lavoratori part-time (dipendenti e somministrati) si conteggiano pro-quota in base all’orario contrattuale rispetto al tempo pieno.
La media delle ULA si determina secondo il D.M. 25 giugno 2024: si somma la presenza (giorni lavorativi) effettiva di ciascun lavoratore nel periodo valutato, dividendo per 365 (o 366). Il metodo di calcolo utilizzando i somministrati e i part-time in proporzione (ULA) si applica anche per la verifica dell’incremento occupazionale nel controllo sul periodo dei 36 mesi precedenti (verifica “a regime” al 31 dicembre 2025).
I chiarimenti ministeriali specificano che occorre mantenere coerenza metodologica nel calcolo delle ULA sia per la verifica iniziale, sia per quelle periodiche successive (per analogia).
Sì, i lavoratori somministrati partecipano al calcolo delle ULA per la superdeduzione.
La stessa modalità (inclusione dei somministrati, calcolo pro-quota di part-time) si applica anche nella verifica ULA riferita ai 36 mesi a dicembre 2025, assicurando uniformità interpretativa.
In conclusione: per la superdeduzione, il calcolo delle ULA deve includere anche i lavoratori somministrati, sia per la determinazione dell’incremento, sia per le successive verifiche sui 36 mesi.
Quesito n. 20 – CPB 2025/2026 – S.r.l. costituita e con inizio attività nel 2023
Domanda
Una s.r.l. costituita nel gennaio 2023 presenta modello Redditi 2024 (redditi 2023) senza ISA (inizio attività 2023). Presenta Redditi 2025 (redditi 2024) con ISA. Può aderire al CPB per il 2025/2026?
Risposta
No, una s.r.l. costituita e con inizio attività nel 2023, che presenta ISA per la prima volta nel modello Redditi 2025 (relativo al 2024), non può aderire al concordato preventivo biennale (CPB) per il biennio 2025/2026.
Sono esclusi dall’accesso al CPB i soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2023, in quanto la normativa prevede che occorra almeno un periodo d’imposta completo con applicazione degli ISA prima dell’adesione al concordato.
La proposta di concordato riguarda i contribuenti che hanno già applicato gli ISA nel periodo d’imposta precedente a quello di applicazione dell’accordo, condizione che non si verifica per i soggetti di primo anno ISA.
Ne consegue che la s.r.l. potrà accedere al CPB solo dal biennio successivo, ovvero 2026/2027, dopo aver applicato gli ISA anche per il 2024.
Chiarimenti ufficiali e FAQ AE confermano l’esclusione dei soggetti con inizio attività nel 2023 dalla proposta per il biennio 2025/2026.
La s.r.l. potrà quindi prendere in considerazione il CPB per il biennio 2026/2027, non per il 2025/2026.
Quesito n. 21 – Esercizio a cavallo d’anno – Riserve accantonate e investimenti
Domanda
Società chiude l’esercizio al 31 ottobre di ogni anno. Si considerano le riserve accantonate al 31 ottobre 2025?
Gli investimenti dal 1° gennaio 2025 al 31 agosto 2027?
ULA per che periodo?
Risposta
Per una società che chiude l’esercizio al 31 ottobre, il requisito di accantonamento dell’utile si verifica riferendosi agli utili accantonati al 31 ottobre 2025 (fine esercizio 2024).
Gli investimenti minimi richiesti vanno effettuati dal 1° novembre 2024 (inizio esercizio 2025) al termine di presentazione della dichiarazione per l’esercizio chiuso al 31 ottobre 2026, ad esempio, entro il 30 aprile 2027 se la dichiarazione si presenta entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Riserve accantonate: si considerano quelle deliberate a valere sull’utile dell’esercizio chiuso il 31 ottobre 2025.
Periodo investimenti: gli investimenti devono essere effettuati in un intervallo che va dall’inizio del successivo esercizio (1° novembre 2024) fino al termine previsto per la presentazione della dichiarazione (di regola, 6 mesi dopo il 31 ottobre 2026, quindi fino al 30 aprile 2027).
Il Decreto attuativo chiarisce che il periodo non è fisso per tutti, ma è allineato alla chiusura del bilancio dell’impresa e alla relativa dichiarazione.
Quesito n. 22 – IRES premiale – Impatto sui bilanci e sul modello dichiarativo SC 2025
Domanda
Dal momento che alla data odierna i bilanci al 31 dicembre 2024 sono stati già elaborati, approvati e depositati, quale impatto doveva avere questa normativa sulla loro redazione? E in merito al modello dichiarativo SC 2025, anno 2024, da inviare entro il 31 ottobre?
Risposta
L’introduzione dell’IRES premiale non comporta modifiche contabili retroattive al bilancio già approvato al 31 dicembre 2024, ma richiede una corretta informativa in nota integrativa e un’attenzione specifica nella compilazione del modello Redditi SC 2025 relativo all’anno 2024.
Se l’IRES premiale è stata applicata o si presume sia applicabile, in sede di redazione del bilancio occorreva fornire informativa in nota integrativa su eventuali effetti della minore imposta a carico dell’esercizio e sulla eventuale divergenza tra imponibile civilistico e fiscale.
Gli importi delle imposte differite e anticipate vanno ricalcolati considerando la riduzione d’imposta derivante dal regime premiale, con sterilizzazione delle partite che non avranno più effetto nei periodi successivi.
Il Principio OIC 25 richiede motivazione e trasparenza per eventuali storni di imposte differite e anticipate generati dalla nuova disciplina.
Nella dichiarazione dei Redditi SC 2025, è necessario valorizzare correttamente gli appositi quadri e righi previsti per la fruizione dell’IRES premiale, indicando con precisione il reddito agevolato e l’importo dell’imposta ridotta.
La documentazione a supporto (calcoli, delibere, eventuali istanze) va conservata per eventuali verifiche successive.
Gli acconti e il saldo dovranno essere calcolati tenendo conto dell’agevolazione e della normativa specifica.
In sintesi: nessuna modifica retroattiva ai bilanci già depositati, ma la nuova normativa richiede trasparenza nell’informativa, il corretto calcolo delle imposte differite e una compilazione dettagliata e conforme del modello Redditi SC 2025.
Quesito n. 23 – IRES premiale – Esempio di calcolo dei requisiti
Domanda
A prescindere dal raffronto degli utili 2023/2024, ipotizzo un utile dell’esercizio 2024 di 1.000.000 portato a riserva per l’intero importo, ma che blindo per l’80% = 800.000. Il calcolo degli investimenti minimi eseguibili quale prerequisito, va calcolato sull’intero utile del 2024 (1.000.000 x 30%) o sull’utile blindato (800.000 x 30%)?
Risposta
Il calcolo dell’investimento minimo necessario per accedere all’agevolazione va effettuato sull’utile “blindato” (cioè quello accantonato a riserva vincolata, almeno l’80% dell’utile netto d’esercizio 2024), non sull’utile totale conseguito.
Per usufruire dell’IRES premiale (aliquota ridotta al 20%), almeno l’80% dell’utile dell’esercizio 2024 deve essere accantonato in una riserva vincolata e non distribuita.
Il requisito degli investimenti minimi è da calcolare su questa riserva vincolata: quindi, se l’utile è 1.000.000 euro e la riserva “blindata” è 800.000 euro, l’investimento minimo deve corrispondere almeno al 30% di tale riserva, cioè 800.000 x 30% = 240.000 euro.
Il D.M. attuativo chiarisce che l’investimento va riferito “alla quota di utile effettivamente vincolata e non distribuibile”.
I commenti specialistici e i portali di settore confermano che non si richiede di investire il 30% dell’utile totale, bensì solo della parte vincolata e destinata a riserva “blindata”.
Il calcolo per esempio sull’utile totale (1.000.000 x 30%) non sarebbe aderente alla ratio della norma e porterebbe a investimenti obbligatori più alti del necessario.
In sintesi: si conferma che il calcolo dell’investimento minimo eseguibile come prerequisito va effettuato sull’utile blindato accantonato a riserva, quindi nel caso indicato: 800.000 x 30% = 240.000 euro.
Quesito n. 24 – Crediti fiscali per interventi edilizi – Redditi di lavoro autonomo
Domanda
Un professionista individuale, che ha acquistato crediti fiscali per interventi edilizi nell’esercizio 2023 e utilizzati dal 2024, e successivi, deve rilevare e tassare come reddito di lavoro autonomo il differenziale, a seguito art. 54, comma 3-bis, nell’esercizio 2024 e seguenti (Agenzia Entrate Risposta n. 171/2025)?
Risposta
Sì, a decorrere dal 2024, il professionista individuale che acquista crediti fiscali per interventi edilizi a prezzo inferiore rispetto al valore nominale deve tassare come reddito di lavoro autonomo il “differenziale positivo” tra il valore nominale del credito utilizzato (in compensazione) e il costo sostenuto per l’acquisto, in base al principio di onnicomprensività introdotto dall’art. 54, comma 3-bis, TUIR e chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 171/2025.
Dal 2024, qualsiasi vantaggio o provento economico, anche non derivante direttamente da prestazioni professionali, che sia correlato all’attività, rientra nel reddito di lavoro autonomo se non escluso da espresse disposizioni normative.
Il costo di acquisizione del credito (prezzo pagato) è deducibile nell’anno di pagamento.
Il valore nominale del credito va registrato come componente positivo del reddito nell’esercizio in cui il credito viene effettivamente utilizzato in compensazione dei debiti tributari o contributivi.
Il differenziale positivo (valore nominale meno costo di acquisto) costituisce reddito imponibile per ogni annualità in cui viene utilizzata la quota del credito.
Quesito n. 25 – Spese di trasferta – Amministratori di s.r.l.
Domanda
Per gli amministratori di s.r.l. la sede di lavoro, se scritta nel verbale di conferimento dell’incarico, può essere considerata la residenza? Le spese di trasferta dalla residenza alla sede attività della s.r.l. possono essere considerate spese di trasferta deducibili per la società e non tassabili per l’amministratore?
Risposta
La sede di lavoro dell’amministratore di s.r.l. può coincidere con la residenza se viene specificato nel verbale di conferimento dell’incarico, ma ai fini del rimborso spese di trasferta, la prassi fiscale fa una distinzione importante per la deducibilità e la tassazione.
La sede di lavoro operativa può essere indicata formalmente nel verbale, tuttavia ai fini delle trasferte si segue il principio che la sede di lavoro è normalmente quella dichiarata dalla società e dove si svolge l’attività.
Se la residenza coincide con la sede operativa nel verbale, questo può essere vincolante ai fini civilistici e organizzativi, ma non sempre ai fini fiscali per qualificare le trasferte.
Le spese relative al tragitto dalla residenza dell’amministratore alla sede della società, o viceversa, sono considerate normalmente come spese non di trasferta, ma di trasferimento da “abitazione a luogo di lavoro”.
Tali spese di rimborso sono, di regola, imponibili per l’amministratore e non possono essere considerate trasferte deducibili per la società (non sono trasferte extra-comunali).
Se la trasferta avviene verso una località diversa dal Comune della sede di lavoro, il rimborso può essere esente per l’amministratore e deducibile per la società, sempre che la distanza percorsa dalla residenza sia uguale o inferiore al percorso che sarebbe stato fatto dalla sede della società.
Se il tragitto dalla residenza verso la località della trasferta supera la distanza rispetto a quella che sarebbe percorsa dalla sede della società, la quota eccedente è considerata reddito imponibile per l’amministratore.
Quesito n. 26 – Bonus edilizi – Fatture di acconto
Domanda
In caso di ristrutturazione edilizia con detrazione al 50% si possono considerare come spese sostenute e detraibili al 50% le fatture di acconto regolarmente pagate con bonifico parlante entro il 31 dicembre 2024 anche se i lavori non sono stati conclusi entro la medesima data?
Risposta
Sì, è corretto che le fatture di acconto regolarmente pagate con bonifico parlante entro il 31 dicembre 2024 possano beneficiare della detrazione del 50% per ristrutturazione edilizia, anche se i lavori non sono stati conclusi entro la stessa data.
Per il bonus ristrutturazione, vale il principio di cassa: ciò che conta è la data del bonifico parlante, non la data di conclusione dei lavori.
Se il pagamento viene effettuato entro il 31 dicembre 2024, si applica la detrazione del 50% vigente per quell’anno.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 13/E/2019, ha chiarito che la detrazione spetta anche per le spese sostenute prima dell’inizio dei lavori, inclusi: acconti per progettazione e prestazioni professionali, acquisto materiali, perizie e sopralluoghi e altri costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi.
Se si paga un acconto nel 2024 e il saldo nel 2025: l’acconto 2024 comporta la detrazione del 50% (aliquota vigente nel 2024) mentre il saldo 2025: detrazione del 36% (aliquota ridotta prevista dal 2025).
Il bonifico deve contenere: causale con riferimento all’art. 16-bis del D.P.R. n. 917/1986, numero e data della fattura, codice fiscale dell’ordinante (beneficiario della detrazione), partita IVA o codice fiscale del fornitore.
Quindi gli acconti pagati entro il 31 dicembre 2024 con bonifico parlante beneficiano della detrazione al 50%, indipendentemente dalla conclusione dei lavori. È fondamentale rispettare le modalità di pagamento e la documentazione richiesta.
Quesito n. 27 – Bonus ristrutturazioni – Mancato utilizzo della quota annuale del credito 2024
Domanda
Un’impresa edile ha nel proprio cassetto fiscale del credito d’imposta derivante dal bonus ristrutturazioni 50% ottenuto tramite sconto in fattura avvenuto nel 2022. Nel cassetto fiscale il credito è suddiviso in rate decennali. Per il 2024 tale credito non è stato né utilizzato in compensazione, né è stato ceduto. Tale credito del 2024 deve essere considerato non più utilizzabile, e dunque perso?
Risposta
Sì, la quota annuale 2024 del credito d’imposta bonus ristrutturazioni 50% ottenuto tramite sconto in fattura e non utilizzata in compensazione entro il 31 dicembre 2024 è persa e non può più essere utilizzata negli anni successivi né richiesta a rimborso.
Quesito n. 28 – Riduzione forfetari 35% – Chiusura e riapertura della p. IVA
Domanda
Se un forfetario che ha richiesto la riduzione del 35% dei contributi INPS chiude la partita IVA, ma in futuro decide di riaprirla sempre come forfetario può di nuovo usufruire della riduzione del 35%?
Risposta
No, il beneficio della riduzione del 35% dei contributi INPS per i forfetari può essere richiesto una sola volta nella vita: chi ha già beneficiato della riduzione e chiude la partita IVA, se la riapre in futuro non potrà più richiederla, anche se mantiene o ritorna al regime forfetario.
Normativa e chiarimenti applicativi
La riduzione del 35% INPS per artigiani e commercianti in regime forfetario è riservata a chi non l’ha mai richiesta prima, non è possibile beneficiarne nuovamente dopo una chiusura e riapertura di partita IVA.
La richiesta può essere presentata solo una volta: se la riduzione viene annullata volontariamente (o cessa con la chiusura della partita IVA), non si ha più diritto a ripresentarla in futuro.
Questo limite vale indipendentemente dal tempo trascorso e dal fatto che la nuova attività abbia caratteristiche analoghe o diverse dalla precedente.
Eccezioni e riduzioni alternative
Se il forfetario si iscrive per la prima volta (mai stata iscritto) nel periodo agevolato 2025-2027, potrebbe valutare la riduzione del 50% prevista dalla Legge di Bilancio 2025 (che ha regole particolari e decorrenza triennale).
In sintesi: la riduzione del 35% dei contributi INPS può essere richiesta solo una volta nella vita e non è più disponibile dopo una riapertura di partita IVA già beneficiata in precedenza.
Quesito n. 29 – Sismabonus ed ecobonus – Soci incapienti
Domanda
Lavori sismabonus ed ecobonus sostenuti da società di persone, con lavori ultimati in parte 2022 e in parte 2024, le cui spese sono state trasferite ai soci pro-quota nelle rispettive dichiarazioni. I soci nella dichiarazione del periodo PF 2025 sono diventati incapienti e lo saranno che nei prossimi 9 anni. I titoli abilitativi del lavoro sono ante 2023. È possibile cedere le quote 2025 e seguenti?
Risposta
Sì, se i titoli abilitativi dei lavori sismabonus e ecobonus sono stati presentati prima del 17 febbraio 2023, è ancora possibile per i soci “incapienti” di una società di persone cedere le quote delle detrazioni non utilizzate nelle dichiarazioni dei redditi PF 2025 e successive, purché si rispettino le finestre e le procedure attualmente in vigore.
Regole attuali sulla cessione delle quote incapienti
Il blocco generale della cessione del credito e dello sconto in fattura decorre dal 17 febbraio 2023: fa eccezione, per le vecchie pratiche, chi ha CILAS/CILA o altro titolo abilitativo/atti deliberativi presentati entro quella data. Per questi interventi “protetti” resta ammessa la cessione delle rate residue di detrazione non usufruita in dichiarazione, anche oltre il 2024, come confermato da recenti FAQ e prassi dell’Agenzia delle Entrate.
I soci possono cedere le quote annuali non detratte (per incapienza o scelta) a soggetti terzi: la cessione deve essere effettuata tramite la procedura telematica dell’Agenzia delle Entrate entro il termine annuale ordinario (16 marzo dell’anno successivo).
Novità e attenzione
Per i lavori con titoli abilitativi dopo il 17 febbraio 2023 la cessione è ormai bloccata, salvo deroghe per specifiche categorie protette (es. Onlus, crateri sismici, alcune aree colpite da eventi calamitosi).
Per spese a cavallo di più anni, la detrazione segue la regola di “pro-quota” annuale anche in caso di lavori conclusi in anni diversi.
In sintesi: se i titoli abilitativi sono ante 17 febbraio 2023, i soci incapienti possono ancora cedere le quote 2025 e seguenti non utilizzate, secondo le vecchie regole e dopo averne fatto comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Sì: per lavori con titoli abilitativi presentati prima del 17 febbraio 2023, i soci incapienti di società di persone possono ancora cedere le quote di detrazione non utilizzate relative a sismabonus ed ecobonus nelle dichiarazioni PF 2025 e seguenti, secondo la normativa attuale.
Requisiti e condizioni
La possibilità di cessione delle quote annuali di detrazione rimane valida per interventi edilizi il cui titolo abilitativo (CILA/CILAS o permesso) sia stato presentato entro il 16 febbraio 2023. In questi casi, le quote di detrazione non fruite perché incapienti possono essere cedute, anche negli anni successivi, attraverso la piattaforma dell’Agenzia Entrate e secondo i termini comunemente previsti (16 marzo dell’anno successivo). Il blocco delle cessioni disposto dal D.L. n. 11/2023 riguarda i nuovi lavori ma non incide sui vecchi titoli “protetti”.
In sintesi: se i titoli abilitativi sono ante 17 febbraio 2023, la cessione delle rate della detrazione non utilizzate dai soci incapienti nelle dichiarazioni 2025 e seguenti resta possibile, secondo le regole in vigore.
Quesito n. 30 – Studio associato professionisti – Variazione delle quote di partecipazione
Domanda
Studio associato fra professionisti, nel caso in cui si voglia riproporzionare le quote di partecipazione per cambio intensità apporto lavoro è necessario redigere atto dal notaio o è sufficiente atto con data certa (PEC?) scrittura privata che vari l’atto di costituzione? Quali sono gli adempimenti necessitano?
Risposta
Per la variazione delle quote di partecipazione in uno studio associato fra professionisti non è necessario l’atto notarile: è sufficiente una scrittura privata autenticata o una scrittura privata con data certa, da effettuarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dello studio per renderla efficace dal periodo di imposta di riferimento.
Forme e modalità valide
La modifica delle quote richiede un atto pubblico o una scrittura privata autenticata: la semplice scrittura privata con data certa (anche tramite PEC o altro mezzo) può non essere sufficiente secondo la rigida interpretazione dell’art. 5, comma 3, lett. c), TUIR, la prassi però in molti casi ammette la scrittura privata con data certa tramite PEC.
L’atto deve essere predisposto e datato al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione, così da essere efficace sull’imputazione del reddito dello stesso periodo d’imposta.
Adempimenti operativi
Registrazione: non è richiesta in Conservatoria, ma la modifica può essere registrata all’Agenzia Entrate per ragioni di certezza fiscale.
Comunicazione: occorre aggiornare i dati presso l’Agenzia delle Entrate (modello AA7/AA9D) comunicando le nuove quote tra i dati dell’associazione professionale.
Decorrenza: la variazione avrà effetto dal periodo per cui è predisposta se formalizzata prima della presentazione della dichiarazione relativa a quell’anno.
In sintesi: è sufficiente una scrittura privata autenticata (firma autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale) o, secondo l’orientamento più ampio, una scrittura privata con data certa (ad esempio via PEC) laddove non richiesto dal proprio ordine un atto più formale. Non occorre recarsi dal notaio a meno di vincoli statutari specifici.
Quesito n. 31 – Superbonus – Credito rifiutato dalla banca
Domanda
Spese sostenute nel 2023 e credito ceduto ad una banca. La banca, all’ultimo, ha rifiutato parte del credito, ma il contribuente non ha reddito sufficiente per la detrazione. Il credito rifiutato che risulta nel cassetto fiscale del contribuente che fine fa?
Risposta
Il credito rifiutato dalla banca rimane nel cassetto fiscale del contribuente nella sezione “crediti rifiutati” e torna nella piena disponibilità del titolare originario.
In questo caso, il contribuente può: optare per una nuova cessione, eventualmente verso un altro istituto, un privato o un’impresa, attraverso una nuova comunicazione.
Se non trova nuovi cessionari, può utilizzare il credito direttamente in dichiarazione dei redditi, nei limiti della propria capienza fiscale (ossia solo se ha abbastanza reddito imponibile).
Il credito rifiutato dalla banca viene quindi “sbloccato” e può essere ceduto nuovamente o utilizzato in detrazione dal beneficiario originale.
Nel caso di incapienza fiscale, se il contribuente non trova nuovi cessionari e non può detrarre, il credito rischia di restare inutilizzato.
Il credito rifiutato dalla banca non viene perso né eliminato: torna “attivo” nel cassetto fiscale e può essere riceduto o usato per compensazione/detrazione dall’avente diritto, nei limiti della propria situazione personale.
Quesito n. 32 – Ecobonus – Immobile in comodato
Domanda
Quanto tempo prima occorre trasferire la residenza per usufruire degli incentivi dell’ecobonus (su immobile in comodato)?
Risposta
Per usufruire degli incentivi dell’ecobonus su un immobile in comodato, la normativa non fissa un termine uniforme per il trasferimento della residenza come requisito formale per la fruizione della detrazione, ma prevede che il beneficiario debba essere residente nell’immobile (o destinarlo ad abitazione principale) al momento dell’utilizzo in dichiarazione dei redditi o, comunque, al momento del sostenimento delle spese.
Per quanto riguarda le detrazioni fiscali (ecobonus, bonus ristrutturazione), è necessario che l’immobile sia destinato come abitazione principale, quindi occorre aver trasferito la residenza nell’immobile entro il periodo d’imposta di riferimento per la fruizione della detrazione maggiorata (es. aliquota al 50% per la prima casa).
Non è richiesto che la residenza sia già attiva all’inizio lavori, ma deve risultare al momento della detrazione (o, cautelativamente, al momento del pagamento delle spese).
Per sicurezza, si consiglia di trasferire la residenza nell’immobile in comodato prima di effettuare il pagamento delle spese agevolate o, comunque, entro l’anno in cui si utilizza la detrazione nella dichiarazione dei redditi.
Nel caso il contratto di comodato sia la base per la detrazione, il contratto deve essere registrato prima dell’inizio dei lavori.
Se le spese vengono sostenute nel 2025 e si intende fruire della detrazione nella dichiarazione dei redditi relativa al 2025, la residenza dovrà risultare trasferita entro il 31 dicembre 2025 per poter utilizzare la detrazione come “prima casa”.
In sintesi: il trasferimento della residenza sull’immobile in comodato deve avvenire entro la fine dell’anno delle spese agevolate e comunque prima dell’utilizzo della detrazione, meglio se già fatta prima dei pagamenti, per garantire la legittima fruizione dell’aliquota maggiorata.
Quesito n. 33 – Riduzione INPS 50% – Iscrizione alla Camera di Commercio nel 2024 ed inizio attività nel 2025
Domanda
Posso fare la richiesta di riduzione INPS nel caso di apertura partita IVA ed iscrizione alla Camera di Commercio nel 2024 ed inizio attività nel 2025?
Risposta
No, non puoi richiedere la riduzione contributiva INPS (50% per nuovi iscritti) se la partita IVA e l’iscrizione alla Camera di Commercio sono state effettuate nel 2024 ma l’inizio attività è nel 2025.
La riduzione spetta solo a chi si iscrive per la prima volta alla gestione INPS in corso di nuovo avvio di attività nel 2025.
Requisiti chiave per accedere all’agevolazione
Iscrizione alla gestione INPS: deve risultare una “prima iscrizione” entro il 2025 aperture anticipate (2024) escludono il diritto alla riduzione, anche se l’attività operativa parte dopo.
Avvio attività: la nuova attività deve essere avviata nel corso del 2025, con contestuale iscrizione a INPS e Camera di Commercio entro 30 giorni, l’anticipazione in anni precedenti ne preclude il beneficio.
Circolare INPS n. 83/2025: chiarisce che la riduzione del 50% è riservata a chi avvia e si iscrive nel 2025, con esclusione esplicita di chi risulta già iscritto in anni precedenti, anche a diverse qualifiche.
In sintesi: la riduzione contributiva INPS nuovi iscritti nel 2025 non può essere richiesta se apertura partita IVA e iscrizione a Camera di Commercio sono state fatte nel 2024, sono richieste iscrizione e avvio attività esclusivamente nel 2025.
Quesito n. 34 – Spese di ristrutturazione – Immobile in comodato
Domanda
Per un immobile in comproprietà tra due fratelli, viene fatto un comodato gratuito in favore della figlia e nipote dal 1° gennaio 2024. Successivamente sono iniziati i lavori di ristrutturazione e, dopo qualche mese, la comodataria prende anche la residenza e continua a fare lavori e pagare le fatture. Le detrazioni sono tutte detrazioni al 36% o avendo preso la residenza per le fatture, dopo la data della residenza possono essere al 50%?
Risposta
Le spese di ristrutturazione sostenute dalla figlia comodataria che ha preso la residenza dopo l’inizio dei lavori restano detraibili, ma la normativa 2025 prevede che il comodatario possa beneficiare della sola aliquota ordinaria 36%, senza accedere alla detrazione maggiorata del 50% riservata ai proprietari o a chi detiene un diritto reale sull’immobile, anche se successivamente vi trasferisce la residenza.
Regole 2025 per le detrazioni in comodato
Dal 2025 la detrazione del 50% per ristrutturazione spetta solo ai titolari di un diritto reale che detengono l’immobile come prima casa (abitazione principale).
I comodatari (anche se trasferiscono la residenza nell’immobile in corso d’opera o dopo l’inizio dei lavori) possono accedere alla sola aliquota base del 36%, anche per le spese pagate dopo la residenza.
L’interpretazione restrittiva della Legge di Bilancio 2025 e i primi commenti confermano che comodato e successivo trasferimento di residenza non danno diritto al 50%, ma restano agevolabili solo nella quota minima.
Dettaglio operativo
Anche con residenza trasferita dopo l’inizio lavori, tutte le spese (sia prima sia dopo il cambio di residenza) restano detraibili al 36%.
Fino al 31 dicembre 2024, per le spese sostenute entro il 2024, era possibile accedere al 50% come comodatario, ma dal 2025 vale la regola più restrittiva.
In sintesi: per le spese sostenute nel 2025 dalla comodataria che trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio lavori, l’aliquota detraibile resta il 36% secondo la normativa attuale, e non si ottiene il 50% anche dopo il cambio di residenza. Dal 2025, anche se la comodataria trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio dei lavori di ristrutturazione, la detrazione spettante resta al 36% per tutte le spese sostenute a suo nome come comodataria, secondo la nuova disciplina che limita il 50% ai soli proprietari (o titolari di diritto reale) che risiedono nell’immobile.
Quadro attuale per comodatari e residenza
Se il comodato e il consenso all’esecuzione dei lavori sono stati regolarmente registrati, il comodatario può detrarre le spese di ristrutturazione.
Dal 2025, però, la detrazione al 50% è riservata solo a chi possiede un diritto reale sull’immobile (proprietà, usufrutto, uso, abitazione).
Al comodatario (anche se trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio dei lavori e paga personalmente le fatture) la detrazione è riconosciuta solo al 36% delle spese sostenute, sia prima che dopo il cambio di residenza, perché la residenza non modifica la natura del titolo di detenzione rispetto al nuovo limite di legge.
In sintesi: per il 2025 rimane applicabile al comodatario la sola aliquota al 36% anche dopo il trasferimento della residenza, senza possibilità di portare al 50% le spese pagate successivamente al cambio di residenza.
Quesito n. 35 – Preliminare di compravendita e concessione utilizzo dell’immobile – Art. 67 TUIR
Domanda
Viene stipulato un preliminare di compravendita e concessione utilizzo dell’immobile stesso prevedendo che il prezzo di vendita di 170.000 euro verrà pagato di n. 120 rate mensili di 900 euro a titolo di caparra confirmatoria mentre i rimanenti 62.000 euro a saldo all’atto notarile. L’operazione dal 1° gennaio 2024, in base alla nuova interpretazione dell’art. 67 potrebbe rientrare nei redditi diversi?
Risposta
Sì, sulla base della nuova formulazione e interpretazione dell’art. 67 TUIR in vigore dal 1° gennaio 2024, operazioni che prevedono un preliminare di compravendita con concessione dell’utilizzo dell’immobile, dove il prezzo viene corrisposto tramite rate identificate come caparra confirmatoria per un lungo periodo, possono rientrare nei “redditi diversi” imponibili, specie se si configura di fatto un “trasferimento mascherato” del godimento dell’immobile fino al saldo definitivo.
Quadro normativo e interpretativo
L’art. 67 TUIR, nella nuova versione seguita a riformulazione e chiarimenti estivi 2024, qualifica come “redditi diversi” una più ampia casistica di proventi derivanti da cessione onerosa di immobili e dai rapporti che di fatto comportano il trasferimento, anche anticipato, di godimento o disponibilità dell’immobile, pur formalmente “ancora” in capo al promettente venditore.
L’utilizzo prolungato dell’immobile da parte del promissario acquirente, formalmente a titolo di “caparra confirmatoria” (ma per un importo rilevante, mediante 120 rate da 900 euro), può essere considerato agli effetti fiscali come un “corrispettivo anticipato” per il trasferimento di un diritto reale di godimento, con conseguente tassazione ai sensi dell’art. 67 come reddito diverso, in capo al promittente venditore.
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che assume importanza la sostanza economica e non solo la forma giuridica: se la struttura dell’operazione fa apparire il pagamento come un vero e proprio “prezzo dilazionato” che consente la fruizione anticipata dell’immobile, il relativo provento può essere attratto a tassazione.
Tendenze e attenzione
L’operazione così strutturata viene ora esaminata alla luce del c.d. “abuso del diritto” o dell’“elusione”, ed è a maggior rischio assimilazione nella nuova categoria dei redditi diversi, anche a seguito delle più recenti modifiche introdotte dai decreti attuativi di riforma.
Le somme corrisposte come “caparra confirmatoria” in misura tale e con modalità tali da mascherare un’anticipazione di uso/godimento possono quindi integrare una fattispecie di reddito diversamente imponibile in dichiarazione.
In sintesi: con la riforma dell’art. 67 TUIR, il caso da te descritto ha concrete possibilità di essere considerato reddito diverso ai fini IRPEF/IRES, e occorre molta attenzione nella struttura degli accordi e nella doppia verifica civilistica-fiscale dell’operazione.
Quesito n. 36 – Superbonus – Cessione dei crediti
Domanda
Un contribuente ha un credito 2022 da 110% nel cassetto fiscale. Non ha mai dedotto le rate perché aveva cercato di cedere il credito ad una banca che, dopo aver firmato il contratto, non ha mai accettato nel cassetto fiscale il credito, pur avendo dato il codice fiscale per la cessione del credito. Il contribuente può cedere ora ad altri soggetti anche privati, e non solo banche, il credito?
Risposta
Il D.L. n. 39/2024 ha effettivamente bloccato quasi tutte le nuove cessioni dei crediti fiscali da bonus edilizi, inclusi quelli 110%, con decorrenza dalle spese sostenute e lavori non avviati entro il 30 marzo 2024, e ha disattivato la remissione in bonis per le opzioni non comunicate nei termini.
Dal 29 maggio 2024 la normativa vieta la cessione dei crediti fiscali e lo sconto in fattura per tutte le nuove rate e crediti, salvo poche eccezioni tassative (es. immobili terremotati, taluni lavori già avviati prima delle date spartiacque).
Sui crediti già presenti nel cassetto fiscale (derivanti da spese e lavori antecedenti al 30 marzo 2024, e per cui sono state rispettate tutte le comunicazioni e decorrenze), la cessione rimane possibile solo se la prima comunicazione è avvenuta correttamente, la rata è stata effettivamente generata prima del blocco, e non sono intervenute cause di esclusione o restrizioni specifiche.
I crediti mai ceduti, o per i quali la prima rata non è stata oggetto di cessione o utilizzo diretto, ora (salvo specifiche deroghe) non possono più essere ceduti a terzi: restano fruibili solo in detrazione diretta da parte del titolare originario.
Per crediti residui in cassetto, non ceduti e mai accettati da cessionari prima delle date limite, la nuova normativa ne impedisce la cessione a privati, banche, imprese. Il titolare potrà utilizzarli solo in detrazione IRPEF/IRES, non più trasferirli ad altri soggetti.
In sostanza: dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 39/2024, la cessione del credito è ormai bloccata per la quasi totalità dei crediti edilizi, salvo rarissime eccezioni, e resta valida solo la detrazione personale.
Quesito n. 37 – Riduzione INPS 50% – Revoca della riduzione al 35%
Domanda
Ma perché “deve revocare” il 35%, avete notizie da INPS? Nessuno aveva parlato di “dover revocare” il 35% scegliendo il 50%, anzi la stessa INPS aveva suggerito di fare intanto il 35%. Non ho mai sentito che la revoca fosse dovuta.
Risposta
Possono beneficiare dell’agevolazione gli imprenditori individuali, i soci di società di persone e di s.r.l., i coadiuvanti e i coadiutori familiari dei titolari.
Sono ammessi a fruire della disposizione anche gli imprenditori che applicano ai fini fiscali il regime forfetario.
Poiché la riduzione della Legge n. 207/2024 è fruibile in alternativa rispetto ad altre misure agevolative che prevedono riduzioni di aliquota, per i contribuenti in regime forfetario la misura è alternativa a quella prevista dall’art. 1, commi da 76 a 84, della Legge n. 190/2014.
L’INPS precisa che, se prima della pubblicazione della circolare è stata richiesta la riduzione del regime forfetario, è possibile comunque presentare domanda per la maggior riduzione del 50%, ciò determina la revoca dell’agevolazione precedente dalla data di prima iscrizione alla gestione previdenziale. Successivamente, esaurito il periodo di fruizione della riduzione del 50%, potrà essere chiesta nuovamente quella prevista dalla Legge n. 190/2014.
Quesito n. 38 – Reverse charge – Settore trasporto e logistica
Domanda
In caso di mancata opzione per il pagamento in capo al committente, l’applicabilità della nuova norma come rettificata dall’art. 9 del Decreto è tuttora sospesa in attesa di autorizzazione UE?
Risposta
Sì, l’applicabilità della nuova norma come rettificata dall’art. 9 del Decreto è tuttora sospesa in attesa di autorizzazione UE, in particolare per il regime opzionale di pagamento in capo al committente.
La nuova norma prevede l’obbligo (o la facoltà) per il committente di effettuare direttamente il pagamento delle ritenute fiscali dovute dall’appaltatore o subappaltatore (reverse charge delle ritenute). Tuttavia, l’entrata in vigore effettiva del regime è condizionata dal rilascio della preventiva autorizzazione europea, trattandosi di una misura in deroga alle normali regole IVA/tributarie e soggetta a procedure di compatibilità comunitaria.
In mancanza di opzione da parte del committente, e in assenza di autorizzazione UE, la normativa rettificata resta sospesa e non trova applicazione.
Circolari e dossier ufficiali (Camera, MEF, enti specializzati) ribadiscono che l’operatività è differita all’esito della procedura di notifica e al rilascio dell’autorizzazione formale UE, ai sensi delle direttive sulle misure fiscali nazionali.
La nuova disciplina di versamento diretto delle ritenute da parte del committente rimane sospesa fino a specifica autorizzazione UE nel caso di mancata opzione o assenza di autorizzazione, la norma rettificata non si applica.
Quesito n. 39 – Superbonus – Attrazione nel reddito professionale dei crediti acquistati
Domanda
Un medico ha acquistato un credito da superbonus da una azienda avendo chiaramente un margine.
Detto margine rientra in quelli da dichiarare ai sensi della nuova normativa sul reddito professionale che attrae i redditi extraprofessionali a quello principale?
Non ha avuto il credito in pagamento per una prestazione ma ha colto una opportunità, quindi tale margine non dovrebbe essere attratto.
Risposta
Sì, secondo la nuova normativa fiscale post riforma (D.Lgs. n. 192/2024 e art. 54, comma 3-bis, TUIR), il margine derivante dall’acquisto di crediti da superbonus a prezzo inferiore rispetto al valore nominale è fiscalmente attratto nel reddito professionale, anche se non deriva da una prestazione medica o professionale specifica.
Dal 2024, tutti i proventi e margini, anche quelli derivanti da operazioni “extraprofessionali” strettamente connessi all’attività (incluso acquisto crediti fiscali) vengono attratti al reddito di lavoro autonomo.
Questo principio include anche i margini realizzati a seguito di opportunità colte nell’ambito dell’attività, anche se il credito non è stato ricevuto in pagamento di una prestazione professionale.
L’Agenzia delle Entrate (Interpello n. 171/2025) chiarisce che il valore nominale del credito compensato, meno il costo di acquisto, va tassato come componente positivo di reddito professionale secondo il principio di cassa.
Restano esclusi dall’attrazione nel reddito professionale solo i proventi espressamente esclusi da disposizione di legge.
Operazioni occasionali e non connesse minimamente all’attività possono eventualmente essere qualificate come redditi diversi, ma dal 2024 l’orientamento è molto “espansivo” e ricomprende i margini da acquisto crediti anche colti come opportunità imprenditoriale, se parametrabili alla “sfera professionale”.
In sintesi: il margine derivante dall’acquisto a sconto di credito superbonus da parte di un medico rientra ora tra i redditi professionali ai sensi dell’art. 54, comma 3-bis, TUIR, anche se l’operazione non ha natura diretta di pagamento per una prestazione.
Quesito n. 40 – Superbonus – Cessione crediti del 2024
Domanda
Un professionista ha un credito da superbonus che aveva caricato sul suo cassetto fiscale da parte di un cliente ed aveva utilizzato nel 2024 solo parzialmente, quindi residua un credito che poteva utilizzare nel 2024. in base alla nuova Risposta di interpello del 15 settembre 2025 può a sua volta cedere il credito non utilizzato nel 2024 anche se scaduto? Sembrerebbe di sì, lo confermate?
Risposta
Sì, secondo la Risposta Agenzia Entrate del 15 settembre 2025, n. 240, il professionista che ha nel proprio cassetto fiscale un credito superbonus non utilizzato nel 2024, può cederlo a terzi anche dopo la scadenza annuale di utilizzo, purché il credito stesso non sia già stato utilizzato in compensazione.
Cosa stabilisce la nuova risposta A.d.E.
Il blocco alle cessioni delle rate residue introdotto dal D.L. n. 39/2024 riguarda solo i beneficiari originari delle detrazioni (ad esempio il privato che riceve per la prima volta il credito), ma non impedisce al cessionario (professionista) che ha già ricevuto il credito nel proprio cassetto fiscale di cedere ulteriormente le quote non ancora utilizzate. Il professionista può quindi effettuare ulteriore cessione delle quote residue non fruite, anche se formalmente scadute per l’utilizzo nell’anno, finché il credito risulta ancora “disponibile” nel cassetto fiscale.
Limite fondamentale
La cessione è possibile solo per crediti non ancora compensati in F24. Il nuovo modello di comunicazione telematica (dal 8 settembre 2025) dovrà essere utilizzato per dette operazioni.
In sintesi: la Risposta dell’Agenzia Entrate conferma che il professionista può cedere i crediti superbonus residui non utilizzati nel 2024, anche se formalmente scaduti, purché non siano stati utilizzati in compensazione.
Quesito n. 41 – Crediti fiscali per interventi edilizi – Redditi di lavoro autonomo
Domanda
Se un professionista si fa pagare da una ditta edile le proprie fatture con i crediti edilizi che la stessa ditta ha in carico, a tassazione va soltanto il differenziale tra l’importo del credito acquistato e gli importi delle fatture del professionista, è corretto?
Risposta
No, con la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 192/2024, non si tassa soltanto il differenziale tra il valore d’acquisto del credito edilizio e l’importo nominale delle fatture compensate: il valore nominale del credito utilizzato per pagare la prestazione professionale va interamente tassato come compenso professionale.
Principio di onnicomprensività (art. 54, comma 3-bis, TUIR)
Dal 2024, quando una fattura di un professionista viene “pagata” con crediti edilizi di valore nominale, l’intero importo nominale dei crediti ceduti che corrispondono al valore delle fatture costituisce compenso tassabile per il professionista, a prescindere dal prezzo di acquisto originario del credito da parte della ditta edile.
Solo nel caso in cui il professionista acquisti personalmente crediti da terzi a prezzo inferiore rispetto al valore nominale, il differenziale positivo (tra nominale e costo di acquisto) genera un provento tassabile al momento dell’utilizzo.
Pagamento della prestazione professionale
Se la ditta edile salda la parcella cedendo direttamente, come pagamento, propri crediti di imposta edilizi, il valore fatto risultare in fattura rappresenta pieno reddito del professionista. Il differenziale (plusvalenza) tra il valore nominale e il prezzo pagato dalla ditta interessa esclusivamente la ditta stessa, non il professionista che riceve il credito in pagamento.
In sintesi: il professionista deve assoggettare a tassazione l’intero valore nominale del credito edilizio ricevuto in pagamento, e non soltanto l’eventuale differenziale, ciò vale anche per la liquidazione IVA e i conseguenti obblighi reddituali.
Quesito n. 1 – Rimborsi Km – Spese di trasferta degli amministratori autonomi
Domanda
Una s.r.l. di ingegneria è amministrata da due ingegneri che fatturano il compenso attraverso la partita IVA del loro studio associato. È corretto che, utilizzando la loro auto personale per gli incarichi sociali (come da lettera d’incarico), debbano fatturare i rimborsi chilometrici con IVA attraverso l’associazione, che non andranno tassati in capo all’associazione né dedotti dalla società?
Risposta
Dal 2025, per gli amministratori di s.r.l. che fatturano compensi tramite uno studio associato con partita IVA, i rimborsi chilometrici relativi all’uso dell’auto personale per incarichi sociali devono essere fatturati con IVA dallo studio associato alla società.
Questi rimborsi, se analiticamente documentati e strettamente inerenti all’esecuzione dell’incarico, non concorrono più a formare reddito imponibile per l’associazione professionale e non sono soggetti a ritenuta, specularmente la società non potrà dedurli fiscalmente.
Il nuovo art. 54 del TUIR stabilisce che i rimborsi spese analitici addebitati al committente per incarichi professionali non sono più considerati compensi e non vengono tassati in capo al lavoratore autonomo.
La società che riceve la fattura di rimborso chilometrico non può dedurre il costo relativo, ma deve comunque versare l’IVA presente in fattura.
Lo studio associato emette fattura con IVA verso la s.r.l., addebitando il rimborso chilometrico sulla base delle tabelle ACI e della documentazione probatoria su incarico della società.
Il rimborso, se analitico e documentato, non aumenta il reddito tassabile per l’associazione professionale che presta l’incarico, né come compenso, né come ricavo.
Il costo non è deducibile dalla società s.r.l. secondo la nuova disciplina la spesa diventa neutra fiscalmente sia per chi la paga che per chi la riceve, salvo specifici casi di spese forfait o anticipi ex art. 15, D.P.R. n. 633/1972.
I rimborsi chilometrici per prestazioni professionali continuano ad essere assoggettati ad IVA, salvo siano anticipi per conto del cliente che ricadrebbero nell’esclusione di cui all’art. 15, D.P.R. n. 633/1972.
In sintesi: è corretto fatturare i rimborsi chilometrici con IVA tramite lo studio associato, tali importi non sono tassati in capo all’associazione (se analitici e inerenti), né deducibili dalla s.r.l. (seguendo la nuova disciplina dal 2025).
Quesito n. 2 – Rimborso Km – Compilazione di nota spese
Domanda
Il socio lavorante di una s.a.s. utilizza la propria autovettura per recarsi presso clienti. Per il rimborso può emettere una nota spese alla società, considerando il rimborso Km ACI, o è meglio che conservi gli scontrini del distributore automatico ed addebiti quelle?
Risposta
La soluzione fiscalmente corretta per il socio lavorante di una s.a.s. che usa la propria autovettura per recarsi dai clienti è quella di compilare una nota spese per il rimborso chilometrico, calcolata secondo le tariffe ACI riferite al modello di veicolo utilizzato e ai chilometri effettivamente percorsi nell’interesse della società.
Il rimborso chilometrico ACI può essere richiesto con una nota spese dettagliata, riportando tutti i dati: giorno, destinazione, motivazione della visita, chilometri percorsi, modello veicolo. È preferibile rispetto al rimborso di singoli scontrini carburante, sia in termini di semplicità gestionale che di maggiore deducibilità e trasparenza fiscale.
Il rimborso chilometrico (tariffe ACI) è deducibile per la società, nei limiti di potenza del veicolo e per le trasferte documentate.
Tragitti casa-lavoro non sono trasferte.
Rimborsare solo gli scontrini del distributore comporta il rischio di perdere la deducibilità del costo, perché non si dimostra sempre la piena inerenza tra spesa e chilometri effettivamente percorsi per l’attività societaria. Inoltre, la modalità “scontrini” risulta più macchinosa e fiscalmente meno difendibile rispetto al rimborso chilometrico ACI, soprattutto in caso di verifica: con ACI si evita di tassare come fringe benefit il rimborso documentato e non si eccede i limiti fissati dalla normativa.
In sintesi: il modo fiscalmente più corretto e tutelante è compilare una nota spese dettagliata per il rimborso chilometrico usando le tabelle ACI, anziché conservare e addebitare i singoli scontrini carburante.
Quesito n. 3 – Riduzione INPS 50% – Collaboratore familiare
Domanda
Imprenditore individuale iscritto per la prima volta alla gestione artigiani in data 24 febbraio 2025 con coadiutore familiare iscritto anche lui per la prima volta in data 31 marzo 2025. Il coadiutore cessa attività. In data 1° luglio 2025 il coadiutore si reiscrive e, in questo caso, non ha più diritto alla riduzione del 50%. Per i mesi di febbraio e marzo il coadiutore ha diritto alla riduzione del 50%?
Risposta
Sì, per i mesi di febbraio e marzo 2025 il coadiutore familiare ha diritto alla riduzione contributiva del 50%, essendo la prima iscrizione nel periodo agevolato, anche se la posizione è cessata successivamente.
La riduzione del 50% spetta a chi si iscrive per la prima volta alla gestione artigiani nel corso del 2025, incluso il coadiutore familiare.
Il diritto sussiste per tutti i contributi dovuti in costanza di prima iscrizione, quindi anche nel caso di cessazione dell’attività nel periodo agevolato.
In caso di reiscrizione dopo una cessazione nel medesimo anno, la riduzione non spetta più per il secondo periodo, ma resta valida per il primo periodo (febbraio-marzo) in cui era davvero la prima iscrizione.
In sintesi: per i contributi INPS dei mesi di febbraio e marzo 2025, il coadiutore familiare gode della riduzione del 50% (primo ingresso). Dal momento della reiscrizione successiva, la riduzione non si applica più, ma non perde il diritto sulle mensilità precedenti.
Quesito n. 4 – Superbonus – Cessione delle rate residue
Domanda
Un contribuente PF ha ceduto i suoi crediti superbonus 110% alla sua società s.r.l. (lui è amministratore), la quale ha utilizzato le prime 2 rate, ora la s.r.l. sta per chiudere, è possibile che le rate residue vengano cedute di nuovo al primo cedente PF (amministratore) o ad altre PF?
Risposta
No, dal 29 maggio 2024 non è più consentita la cessione delle rate residue dei crediti superbonus 110% (né ad altre persone fisiche né al soggetto originario), a prescindere dallo stato della società cessionaria. Questo divieto vale anche in caso di chiusura della s.r.l. che aveva acquisito i primi crediti.
Regole attuali sulla cessione delle rate residue
In caso di cessione originaria (ad es. da persona fisica a s.r.l.), la s.r.l. può utilizzare direttamente le quote annuali di credito secondo la ripartizione prevista.
Dal 29 maggio 2024 (D.L. n. 39/2024 convertito in Legge n. 67/2024), è vietata ogni ulteriore cessione delle quote residue non utilizzate, sia ai soggetti originari (il cittadino-amministratore) sia ad altre persone fisiche o società.
Le rate residue vanno usate da chi le detiene.
Non è possibile aggirare il divieto con “retrocessione” o altra cessione di ritorno.
Se la s.r.l. chiude (liquidazione o cancellazione), eventuali crediti non utilizzati vanno persi e non possono tornare nella disponibilità del soggetto privato originario o di altro soggetto.
Le uniche eccezioni riguardano passaggi per operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, ecc.), con subentro del soggetto successore non il ritorno al privato cedente.
Dopo l’utilizzo parziale da parte della s.r.l., le rate residue dei crediti superbonus non possono essere cedute né ritornare al primo cedente persona fisica, né essere cedute a terzi.
Dal 29 maggio 2024, non è più possibile la cessione delle rate residue dei crediti superbonus 110% già acquisite da una s.r.l., indipendentemente dal fatto che la società chiuda o meno: il divieto è espressamente previsto dal D.L. n. 39/2024 convertito in Legge n. 67/2024.
In sintesi: né l’amministratore (come persona fisica originaria) né altre persone fisiche potranno ottenere le rate residue via nuova cessione, la s.r.l. dovrà usarle direttamente o, se non vi riesce prima della chiusura, i crediti andranno persi.
Quesito n. 5 – Bonus Covid – Riporto perdite
Domanda
I contributi Covid esenti dalle tasse devono essere decurtati dalle perdite riportabili?
Risposta
Sì, secondo la prassi consolidata e l’interpretazione dell’art. 84 del TUIR, i contributi Covid esenti dalle tasse devono essere decurtati dalle perdite fiscali riportabili per evitare un doppio beneficio fiscale.
L’art. 10-bis del Decreto “Ristori” (D.L. n. 137/2020) ha stabilito che i contributi Covid non concorrono alla formazione del reddito imponibile e sono completamente esenti. Tuttavia, l’art. 84 del TUIR stabilisce che le perdite fiscali devono essere ridotte degli importi esenti per evitare che si ottenga sia l’esenzione immediata che l’utilizzo del contributo come perdita fiscalmente spendibile negli anni successivi.
Chi era in utile ha beneficiato dell’esenzione immediata dei contributi Covid. Chi era in perdita ha beneficiato dell’esenzione ma non può trasformare il contributo in ulteriore perdita fiscalmente utilizzabile. Le perdite fiscali riportabili devono essere ridotte dell’importo dei contributi Covid ricevuti, seguendo il principio generale dell’art. 84 TUIR che prevede la sottrazione dei proventi esenti. L’Agenzia delle Entrate sta emettendo accertamenti per rettificare le perdite fiscali delle imprese che hanno fruito degli aiuti Covid senza operare tale riduzione, generando un clima di incertezza normativa e potenziali contenziosi.
In sintesi: nonostante l’esenzione fiscale dei contributi Covid, questi devono essere sottratti dalle perdite riportabili per rispettare il principio generale dell’art. 84 TUIR ed evitare il doppio vantaggio fiscale.
Quesito n. 6 – Sismabonus – Utilizzo delle perdite pregresse
Domanda
Una s.r.l. con credito sismabonus e con perdite fiscali pregresse deve obbligatoriamente utilizzare le perdite prima dell’utilizzo del credito sismabonus?
Risposta
No, una s.r.l. con credito sismabonus e perdite fiscali pregresse non è obbligata a utilizzare le perdite fiscali prima di compensare il credito sismabonus, può scegliere liberamente l’ordine di utilizzo tra perdite e crediti fiscali, secondo la disciplina ordinaria del riporto perdite ex art. 84TUIR.
La normativa non impone priorità all’utilizzo delle perdite fiscali rispetto ai crediti d’imposta sismabonus.
Secondo la Corte di Cassazione e la prassi fiscale, il contribuente è libero di decidere se e quando utilizzare le perdite pregresse a scomputo dei redditi imponibili, anche in presenza di crediti d’imposta attivi.
Solo in casi particolari (es. crediti in scadenza imminente, oppure specifiche disposizioni sulla compensazione forzata per debiti erariali) può essere consigliato dare priorità all’utilizzo di crediti d’imposta.
La s.r.l. può utilizzare il credito sismabonus in compensazione F24 per tributi e contributi, mentre le perdite fiscali possono essere riportate senza limiti di tempo, salvo incontro con particolari vincoli derivanti da operazioni societarie, fusioni o modifiche statutarie. Non si perde la possibilità di utilizzare perdite riportabili se si utilizza prima il credito sismabonus.
In sintesi: la società può scegliere se compensare prima il credito sismabonus o scomputare le perdite fiscali pregresse, non esiste priorità obbligatoria a sfavore delle perdite fiscale per la compensazione di crediti agevolativi bonus edilizi.
Quesito n. 7 – CPB 2024/2025 – Adesione per il 2026
Domanda
Chi, nella dichiarazione dell’anno precedente, ha aderito al concordato per gli anni 2024/2025 può aderire per l’anno 2026 entro il 30 settembre?
Risposta
No, chi ha già aderito al concordato preventivo biennale per il biennio 2024/2025 non potrà aderire nuovamente per il solo anno 2026, la nuova adesione riguarda il biennio successivo 2026/2027 e non può “sovrapporsi” o essere attivata annualmente.
Gli attuali chiarimenti normativi e fiscali escludono la possibilità di rinnovo immediato o di “adesione singola” al CPB per l’anno 2026 da parte di chi ha già aderito per 2024-2025.
Quesito n. 8 – CPB 2024/2025 – Reddito eccedente il concordato
Domanda
Nel concordato preventivo biennale dell’anno scorso non vi era limita all’eccedenza rilevata in sede di dichiarazione dei redditi. Il caso mio è CPB 2024 ricavo atteso 70.000,00 ricavo realizzato in dichiarazione dei redditi 110.000,00. Il cliente paga le tasse fino a 70.000,00? Corretto? L’imposta sostitutiva si paga sulla differenze del reddito 2023 fino ad arrivare a 70.000,00 euro. Giusto?
Risposta
Per il concordato preventivo biennale del 2024, se il ricavo atteso e concordato era di 70.000 euro mentre il ricavo effettivamente realizzato in dichiarazione è stato di 110.000 euro, il contribuente paga le imposte solo fino a 70.000 euro, cioè il reddito concordato, anche se il reddito effettivo è superiore. Applico la sostitutiva in via opzionale.
Quesito n. 9 – CPB 2024/2025 – Mancato pagamento acconti INPS o IRPEF per il 2024
Domanda
Un soggetto ha aderito al concordato preventivo per gli anni 2024/2025. Nel caso non avesse pagato acconti INPS o IRPEF per l’anno 2024, pur avendo pagato la maggiorazione prevista, cosa rischia? Cosa fare?
Risposta
Chi ha aderito al concordato preventivo biennale per il 2024/2025 e non ha pagato gli acconti INPS o IRPEF per il 2024, pur avendo versato la maggiorazione prevista, rischia sia l’applicazione di sanzioni per omesso pagamento sia la decadenza dal concordato se non regolarizza tempestivamente la posizione.
Il mancato versamento degli acconti comporta sanzioni pecuniarie, con percentuali ridotte se si utilizza il ravvedimento operoso entro 90 giorni (fino al 12,5% dopo il 1° settembre 2024, ulteriormente ridotte per ritardi inferiori a 15 giorni).
Il rischio più significativo è la perdita del beneficio del concordato preventivo biennale: l’omesso versamento delle imposte e dei contributi dovuti costituisce motivo di decadenza dal regime.
Il mancato pagamento degli acconti da parte di uno dei soci in una società di persone coinvolge anche la società stessa e gli altri soci.
È possibile regolarizzare la posizione tramite ravvedimento operoso, versando gli acconti dovuti con sanzioni ridotte e gli interessi legali (2,5% annuo nel 2024).
Il ravvedimento deve avvenire prima del ricevimento di avvisi bonari o controlli automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Se si riceve avviso bonario, occorre versare il dovuto entro 60 giorni per salvare la validità del concordato.
Per le maggiorazioni di acconto, il versamento è considerato tempestivo se effettuato entro la data di adesione al concordato (nei termini prorogati).
In sintesi: chi non ha pagato acconti INPS/IRPEF rischia sanzioni e la decadenza dal CPB.
È fondamentale ravvedersi versando subito quanto dovuto e le sanzioni, per conservare il regime di concordato.
Quesito n. 10 – CPB 2025/2026 -Forfetario 2024 passato in semplificata nel 2025
Domanda
Un contribuente, in regime forfettario 2024, passa al regime semplificato nel 2025. FAQ A.d.E. n. 3 del 15 ottobre 2024 dice che può accedere al CPB, non vede causa ostativa.
Come si può fare l’adesione per il CPB 2025/2026?
Nel quadro LM è stata eliminata la sezione VI (che consentiva il calcolo per i forfetari) ed il quadro CP è riservato a chi ha aderito CPB 2024/2025.
Risposta
L’adesione al concordato avviene tramite il modello CPB 2025/2026, che deve essere trasmesso telematicamente.
Il quadro CP è riservato ai soggetti che hanno aderito al CPB 2024/2025 pertanto, chi accede al concordato nel 2025/2026 (venendo ai forfetari che transitano al regime semplificato) deve seguire le nuove procedure.
Il contribuente può accettare la proposta trasmettendo il modello CPB, autonomamente o unitamente al frontespizio del modello Redditi PF 2025, selezionando la casella “Comunicazione CPB”.
I forfetari che hanno aderito al CPB devono compilare la sezione apposita del quadro LM (righi LM32-LM33) per il biennio di concordato, non il quadro CP.
Dal 2025, nella dichiarazione Redditi PF queste informazioni vanno riportate nei righi LM32-33, il quadro CP non è utilizzabile dai soggetti che non hanno aderito al CPB 2024/2025.
Quesito n. 11 – CPB – Cause di decadenza
Domanda
Mi sembra che tra le cause di decadenza non si dia sufficiente peso al fatto che bastano tre irregolarità (anche in relazione alla tardiva e/o irregolare oltre naturalmente all’omessa) relative agli scontrini (doc. comm.li) e/o documenti di trasporto. Peraltro non ravvedibili.
Se è corretto e la violazione può essere constata anche sei anni dopo dall’A.d.E., non vi sembra non approcciabile a priori il CPB?
Risposta
Sì, è corretto: il concordato preventivo biennale (CPB) può decadere se vengono contestate anche solo tre violazioni formali (non ravvedibili)relative a scontrini/documenti commerciali o documenti di trasporto, anche se commesse in giorni diversi e anche dopo molti anni.
L’art. 22, D.Lgs. n. 13/2024, include tra le cause di decadenza dal CPB la contestazione di almeno tre violazioni, anche solo formali (mancata, tardiva, errata emissione di scontrini/documenti di trasporto), commesse in giorni diversi all’interno del biennio, a prescindere dall’entità economica della violazione.
Queste violazioni, per la loro tipologia e per espressa previsione normativa, non sono sanabili tramite ravvedimento operoso ai fini del mantenimento del CPB.
L’accertamento può avvenire anche dopo sei anni dagli anni oggetto di concordato, secondo i termini ordinari prorogati per l’attività di accertamento in presenza di adesione al CPB.
Questa causa di decadenza è considerata tra le più insidiose e rischiose del nuovo istituto: la perdita del CPB può avvenire per mere irregolarità formali, anche di modesta entità e se rilevate solo a distanza di anni.
Numerosi esperti sottolineano che questa severità (con espulsione automatica e retroattiva) rende prudente “se non addirittura sconsigliabile” l’accesso al CPB per operatori che gestiscono molti scontrini/documenti di trasporto e che quindi sono statisticamente più esposti a rilievi. Il rischio esiste ed è concreto: bastano tre violazioni formali su documenti commerciali o DDT, non ravvedibili, commesse anche in anni differenti, per far decadere tutto il concordato biennale, con recupero di imposte retroattivo. Ciò rende il CPB poco “appetibile”, specie per attività poco digitalizzate o a rischio errori seriali.
Quesito n. 12 – CPB 2025/2026 – Acquisto crediti d’imposta
Domanda
Un libero professionista che aderisce al CPB 2025/2026 può acquistare dei crediti d’imposta (cedibili) da altro soggetto?
Risposta
Sì, un libero professionista che aderisce al CPB 2025/2026 (concordato preventivo biennale) può acquistare crediti d’imposta cedibili da altri soggetti, senza alcuna incompatibilità normativa o causa di esclusione legata all’operazione di acquisto dei crediti.
Il CPB, secondo la circolare A.d.E. n. 9/E/2025 e normative collegate, limita l’accesso solo per specifiche cause (esclusione forfetari, irregolarità ISA, debiti tributari/previdenziali, operazioni straordinarie), non risultano limitazioni o divieti relativi all’acquisto di crediti fiscali, inclusi quelli cedibili.
Un professionista può acquistare crediti d’imposta da altro soggetto e utilizzarli come previsto dalla legge, sia per compensare tributi/contributi sia per eventuale cessione successiva secondo le regole generali.
I margini realizzati nell’acquisto e nella successiva utilizzazione di crediti cedibili seguono la nuova disciplina della “onnicomprensività” del reddito professionale: eventuali differenziali positivi tra valore nominale e prezzo di acquisto sono imponibili come reddito di lavoro autonomo.
La scelta di aderire al CPB non impedisce in nessun modo di partecipare al mercato dei crediti d’imposta nel rispetto delle regole generali e delle finestre operative.
In sintesi: l’acquisto di crediti d’imposta cedibili da parte di un professionista aderente al CPB 2025/2026 è pienamente consentito dalla normativa in vigore.
Quesito n. 13 – Disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi – Calcolo del 30%
Domanda
In caso di verifica da parte dell’A.d.E. e disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi superiori al 30%, la percentuale del 30% è da calcolare sul totale dei costi e ricavi anno 2024 non sullo scostamento di reddito rideterminato dagli stessi costi/ricavi contestati da A.d.E. per il 2024?
Risposta
Il limite del 30% che comporta la decadenza dal concordato preventivo biennale (CPB), in caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate con disconoscimento di costi o accertamento di maggiori ricavi, va calcolato sul totale dei ricavi dichiarati per l’anno di riferimento (ad es. 2024), non sullo scostamento di reddito derivante dalla sola contestazione dei costi/ricavi oggetto di accertamento.
La normativa (art. 22, D.Lgs. n. 13/2024) dispone che si decade dal concordato se, a seguito di accertamento, risultano attività non dichiarate o l’inesistenza/indeducibilità di passività dichiarate per un importo superiore al 30% dei ricavi dichiarati nei periodi oggetto di concordato (quindi sul totale dei ricavi 2024 se si parla del periodo d’imposta 2024).
Il parametro di riferimento è sempre il totale dei ricavi dichiarati nel periodo e non la differenza di reddito calcolata tra quanto inizialmente concordato e quanto rideterminato dopo le contestazioni.
Se i ricavi dichiarati sono 100.000 euro, la decadenza si verifica solo se il totale dei ricavi non dichiarati o dei costi indeducibili supera i 30.000 euro, a prescindere dall’effetto che ciò genera sul reddito imponibile.
Anche la circolare n. 18/E/2024 (§ 2.6) conferma che la soglia del 30% va rapportata al totale dei ricavi dichiarati, non allo scostamento di reddito.
Il focus della regola è quindi sull’entità assoluta delle attività nette non dichiarate (o delle passività indeducibili) rispetto ai ricavi complessivi, non sull’impatto derivante dalla singola contestazione nel calcolo del reddito ordinario o concordato.
In conclusione, ai fini della decadenza dal CPB, la percentuale del 30% si calcola sui ricavi dichiarati dell’anno (2024) e non sullo scostamento di reddito rideterminato a seguito delle contestazioni dell’Agenzia.
Quesito n. 14 – Adesione a CPB – Dichiarazione correttiva nei termini
Domanda
Per una serie di motivi la dichiarazione dei redditi è stata presentata prima della valutazione della opzione, come si può procedere con la accettazione della proposta CPB? Si presenta una correttiva nei termini?
Risposta
Sì, se la dichiarazione dei redditi è stata presentata prima di aver valutato l’opzione di accettazione della proposta CPB (concordato preventivo biennale), è possibile procedere con l’adesione presentando una dichiarazione correttiva nei termini.
Quesito n. 15 – Adesione a CPB – Multiattività
Domanda
Nel 2025 il codice ATECO commercio ambulante è stato soppresso. Il mio cliente aveva commercio in sede fissa e ambulante nel 2024 e quindi come multiattività non poteva accedere al CPB. In UNICO 2025 la dichiarazione risulta predisposta con il nuovo codice ATECO 2025 (commercio in sede fissa) non rilevando più il multiattività (il software non consente alternative). È possibile aderire a CPB?
Risposta
Sì, con la soppressione dei codici ATECO relativi al commercio ambulante dal 2025, la multiattività tra sede fissa e ambulante non viene più rilevata in sede dichiarativa: l’attività viene ora inquadrata unicamente in base ai prodotti venduti e non alla modalità di vendita.
Quadro normativo e procedure
Dal 1° aprile 2025, la nuova classificazione ATECO elimina la distinzione tra commercio in sede fissa e ambulante, i codici “ambulante” 47.8 e 47.9 sono stati soppressi e tutte le attività vengono riclassificate come commercio al dettaglio sulla base dei prodotti, senza specifica del canale di vendita.
Non essendoci più una “multiattività” per la vendita ambulante in dichiarazione 2025, il software, attribuendo solo il nuovo codice di sede fissa, consente l’accesso alle procedure CPB come per qualsiasi attività commerciale in sede fissa.
Le nuove regole sugli ISA (Indici sintetici di affidabilità) sono state aggiornate per eliminare le distinzioni specifiche per commercio ambulante, accorpando tutte le tipologie di commercio al dettaglio.
Possibilità di adesione al CPB
In assenza di multiattività in dichiarazione 2025, la situazione del cliente ricade nelle nuove fattispecie ammesse al concordato preventivo biennale e può aderire al CPB, se rispettati tutti gli altri requisiti di accesso e le scadenze specifiche.
Il fatto che nel 2024 fosse escluso dal CPB per multiattività non impedisce la nuova adesione nel 2025 se la compilazione è ora monocodice in sede fissa.
In sintesi: dal 2025, se il sistema consente la dichiarazione come commercio in sede fissa e mostra solo l’attività prevalente senza “multiattività”, è possibile aderire al CPB per il nuovo biennio.
Quesito n. 16 – CPB 2025/2026 – modello SC 2025
Domanda
Un contribuente s.r.l. ha accettato CPB 2023/2024. È in fase del modello SC 2025 che deve concordare la nuova proposta per 2025/2026, o lo deve fare nel prossimo modello?
Risposta
La s.r.l. che ha aderito al CPB per 2023/2024 deve concordare la nuova proposta per il biennio 2025/2026 già in fase di presentazione del modello SC 2025 (dichiarazione 2025), entro il termine di invio fissato al 30 settembre 2025.
Modalità e decorrenza
La proposta e l’accettazione del concordato per il biennio 2025/2026 va formalizzata entro il 30 settembre 2025, allegando il quadro P al modello ISA nella dichiarazione SC 2025 o tramite invio autonomo del modello CPB insieme al frontespizio della dichiarazione. Non si attende la dichiarazione dell’anno successivo: il rinnovo/conferma del concordato deve avvenire nel modello SC relativo al primo anno del nuovo biennio.
Per soggetti con esercizio non solare, la scadenza è spostata all’ultimo giorno del nono mese dopo la chiusura del periodo d’imposta, ma resta legata al modello dichiarativo del primo esercizio del nuovo biennio.
In sintesi: l’adesione al nuovo CPB 2025/2026 va presentata in SC 2025, entro il 30 settembre 2025, senza aspettare il modello dell’anno successivo.
Quesito n. 17 – CPB 2025/2026 – Fuoriuscita dal regime forfetario
Domanda
Un contribuente nel 2023 era forfetario e ha aderito al CPB. Nel 2024 è fuoriuscito dal regime perché ha fatturato più di 100.000 euro. Può accedere al CPB 2025/2026?
Risposta
Sì, il contribuente che era forfetario nel 2023 ha aderito al CPB, ed è uscito dal regime nel 2024 per superamento della soglia dei 100.000 euro, può accedere al concordato preventivo biennale per il 2025/2026 come soggetto ISA, a condizione che la fuoriuscita dal regime forfetariosia avvenuta prima della scadenza del termine per l’adesione al CPB (30 settembre 2025).
Quesito n. 18 – CPB 2025/2026 – Iperammortamento
Domanda
Nel caso in cui il reddito 2024 sia bassissimo a causa di un residuo iperammortamento, questo si riflette sulle basi imponibili IRES concordatarie per il 2025 e 2026, anni in cui l’iperammortamento è terminato. È possibile?
Risposta
Sì, un reddito 2024 molto basso dovuto a un residuo iperammortamento si riflette sulle basi imponibili concordatarie per il biennio successivo, in quanto il reddito effettivo dichiarato nel 2024 costituisce la soglia di riferimento per la proposta di concordato su cui calcolare l’imposta sostitutiva e determinare le eccedenze.
Il valore del reddito imponibile 2024 (comprensivo del beneficio da iperammortamento) diventa la base per la proposta di concordato preventivo biennale nel 2025 e 2026.
L’imposta sostitutiva viene applicata sull’eccedenza tra il reddito concordato negli anni di CPB e quello effettivo dichiarato per il 2024. Quindi, più basso è il reddito di partenza (2024), più contenuta sarà la base su cui calcolare le imposte concordatarie per il biennio successivo, anche se negli anni 2025 e 2026 l’iperammortamento non sarà più deducibile.
Si tratta di un effetto “traino” della deduzione extra sul triennio, che il legislatore non ha neutralizzato. Eventuali oscillazioni straordinarie del reddito dovute a agevolazioni come iperammortamento vanno valutate con attenzione, perché impattano la convenienza dell’adesione al concordato.
In conclusione: sì, la base bassa dovuta all’iperammortamento nel 2024 influenza l’ammontare del reddito concordatario e delle imposte dovute in regime CPB per il 2025/2026, anche se l’agevolazione è terminata.
Quesito n. 19 – Incremento occupazionale – Conteggio dei lavoratori somministrati
Domanda
Per quanto riguarda i requisiti attinenti il personale e precisamente il requisito inerente l’incremento occupazionale, nelle ULA vanno conteggiati anche i lavoratori somministrati oltre al personale dipendente? La modalità di determinazione delle ULA eventualmente considerando i somministrati va anche utilizzata (per analogia) per la verifica ULA dicembre 2025 sui 36 mesi precedenti?
Risposta
Ai fini della superdeduzione, i lavoratori somministrati vanno conteggiati nel calcolo delle Unità Lavorative Annue (ULA) insieme al personale dipendente per la verifica dell’incremento occupazionale.
Per il requisito di incremento occupazionale, il datore di lavoro utilizzatore deve includere sia i dipendenti diretti che i lavoratori somministrati nel conteggio delle ULA.
I lavoratori part-time (dipendenti e somministrati) si conteggiano pro-quota in base all’orario contrattuale rispetto al tempo pieno.
La media delle ULA si determina secondo il D.M. 25 giugno 2024: si somma la presenza (giorni lavorativi) effettiva di ciascun lavoratore nel periodo valutato, dividendo per 365 (o 366). Il metodo di calcolo utilizzando i somministrati e i part-time in proporzione (ULA) si applica anche per la verifica dell’incremento occupazionale nel controllo sul periodo dei 36 mesi precedenti (verifica “a regime” al 31 dicembre 2025).
I chiarimenti ministeriali specificano che occorre mantenere coerenza metodologica nel calcolo delle ULA sia per la verifica iniziale, sia per quelle periodiche successive (per analogia).
Sì, i lavoratori somministrati partecipano al calcolo delle ULA per la superdeduzione.
La stessa modalità (inclusione dei somministrati, calcolo pro-quota di part-time) si applica anche nella verifica ULA riferita ai 36 mesi a dicembre 2025, assicurando uniformità interpretativa.
In conclusione: per la superdeduzione, il calcolo delle ULA deve includere anche i lavoratori somministrati, sia per la determinazione dell’incremento, sia per le successive verifiche sui 36 mesi.
Quesito n. 20 – CPB 2025/2026 – S.r.l. costituita e con inizio attività nel 2023
Domanda
Una s.r.l. costituita nel gennaio 2023 presenta modello Redditi 2024 (redditi 2023) senza ISA (inizio attività 2023). Presenta Redditi 2025 (redditi 2024) con ISA. Può aderire al CPB per il 2025/2026?
Risposta
No, una s.r.l. costituita e con inizio attività nel 2023, che presenta ISA per la prima volta nel modello Redditi 2025 (relativo al 2024), non può aderire al concordato preventivo biennale (CPB) per il biennio 2025/2026.
Sono esclusi dall’accesso al CPB i soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2023, in quanto la normativa prevede che occorra almeno un periodo d’imposta completo con applicazione degli ISA prima dell’adesione al concordato.
La proposta di concordato riguarda i contribuenti che hanno già applicato gli ISA nel periodo d’imposta precedente a quello di applicazione dell’accordo, condizione che non si verifica per i soggetti di primo anno ISA.
Ne consegue che la s.r.l. potrà accedere al CPB solo dal biennio successivo, ovvero 2026/2027, dopo aver applicato gli ISA anche per il 2024.
Chiarimenti ufficiali e FAQ AE confermano l’esclusione dei soggetti con inizio attività nel 2023 dalla proposta per il biennio 2025/2026.
La s.r.l. potrà quindi prendere in considerazione il CPB per il biennio 2026/2027, non per il 2025/2026.
Quesito n. 21 – Esercizio a cavallo d’anno – Riserve accantonate e investimenti
Domanda
Società chiude l’esercizio al 31 ottobre di ogni anno. Si considerano le riserve accantonate al 31 ottobre 2025?
Gli investimenti dal 1° gennaio 2025 al 31 agosto 2027?
ULA per che periodo?
Risposta
Per una società che chiude l’esercizio al 31 ottobre, il requisito di accantonamento dell’utile si verifica riferendosi agli utili accantonati al 31 ottobre 2025 (fine esercizio 2024).
Gli investimenti minimi richiesti vanno effettuati dal 1° novembre 2024 (inizio esercizio 2025) al termine di presentazione della dichiarazione per l’esercizio chiuso al 31 ottobre 2026, ad esempio, entro il 30 aprile 2027 se la dichiarazione si presenta entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Riserve accantonate: si considerano quelle deliberate a valere sull’utile dell’esercizio chiuso il 31 ottobre 2025.
Periodo investimenti: gli investimenti devono essere effettuati in un intervallo che va dall’inizio del successivo esercizio (1° novembre 2024) fino al termine previsto per la presentazione della dichiarazione (di regola, 6 mesi dopo il 31 ottobre 2026, quindi fino al 30 aprile 2027).
Il Decreto attuativo chiarisce che il periodo non è fisso per tutti, ma è allineato alla chiusura del bilancio dell’impresa e alla relativa dichiarazione.
Quesito n. 22 – IRES premiale – Impatto sui bilanci e sul modello dichiarativo SC 2025
Domanda
Dal momento che alla data odierna i bilanci al 31 dicembre 2024 sono stati già elaborati, approvati e depositati, quale impatto doveva avere questa normativa sulla loro redazione? E in merito al modello dichiarativo SC 2025, anno 2024, da inviare entro il 31 ottobre?
Risposta
L’introduzione dell’IRES premiale non comporta modifiche contabili retroattive al bilancio già approvato al 31 dicembre 2024, ma richiede una corretta informativa in nota integrativa e un’attenzione specifica nella compilazione del modello Redditi SC 2025 relativo all’anno 2024.
Se l’IRES premiale è stata applicata o si presume sia applicabile, in sede di redazione del bilancio occorreva fornire informativa in nota integrativa su eventuali effetti della minore imposta a carico dell’esercizio e sulla eventuale divergenza tra imponibile civilistico e fiscale.
Gli importi delle imposte differite e anticipate vanno ricalcolati considerando la riduzione d’imposta derivante dal regime premiale, con sterilizzazione delle partite che non avranno più effetto nei periodi successivi.
Il Principio OIC 25 richiede motivazione e trasparenza per eventuali storni di imposte differite e anticipate generati dalla nuova disciplina.
Nella dichiarazione dei Redditi SC 2025, è necessario valorizzare correttamente gli appositi quadri e righi previsti per la fruizione dell’IRES premiale, indicando con precisione il reddito agevolato e l’importo dell’imposta ridotta.
La documentazione a supporto (calcoli, delibere, eventuali istanze) va conservata per eventuali verifiche successive.
Gli acconti e il saldo dovranno essere calcolati tenendo conto dell’agevolazione e della normativa specifica.
In sintesi: nessuna modifica retroattiva ai bilanci già depositati, ma la nuova normativa richiede trasparenza nell’informativa, il corretto calcolo delle imposte differite e una compilazione dettagliata e conforme del modello Redditi SC 2025.
Quesito n. 23 – IRES premiale – Esempio di calcolo dei requisiti
Domanda
A prescindere dal raffronto degli utili 2023/2024, ipotizzo un utile dell’esercizio 2024 di 1.000.000 portato a riserva per l’intero importo, ma che blindo per l’80% = 800.000. Il calcolo degli investimenti minimi eseguibili quale prerequisito, va calcolato sull’intero utile del 2024 (1.000.000 x 30%) o sull’utile blindato (800.000 x 30%)?
Risposta
Il calcolo dell’investimento minimo necessario per accedere all’agevolazione va effettuato sull’utile “blindato” (cioè quello accantonato a riserva vincolata, almeno l’80% dell’utile netto d’esercizio 2024), non sull’utile totale conseguito.
Per usufruire dell’IRES premiale (aliquota ridotta al 20%), almeno l’80% dell’utile dell’esercizio 2024 deve essere accantonato in una riserva vincolata e non distribuita.
Il requisito degli investimenti minimi è da calcolare su questa riserva vincolata: quindi, se l’utile è 1.000.000 euro e la riserva “blindata” è 800.000 euro, l’investimento minimo deve corrispondere almeno al 30% di tale riserva, cioè 800.000 x 30% = 240.000 euro.
Il D.M. attuativo chiarisce che l’investimento va riferito “alla quota di utile effettivamente vincolata e non distribuibile”.
I commenti specialistici e i portali di settore confermano che non si richiede di investire il 30% dell’utile totale, bensì solo della parte vincolata e destinata a riserva “blindata”.
Il calcolo per esempio sull’utile totale (1.000.000 x 30%) non sarebbe aderente alla ratio della norma e porterebbe a investimenti obbligatori più alti del necessario.
In sintesi: si conferma che il calcolo dell’investimento minimo eseguibile come prerequisito va effettuato sull’utile blindato accantonato a riserva, quindi nel caso indicato: 800.000 x 30% = 240.000 euro.
Quesito n. 24 – Crediti fiscali per interventi edilizi – Redditi di lavoro autonomo
Domanda
Un professionista individuale, che ha acquistato crediti fiscali per interventi edilizi nell’esercizio 2023 e utilizzati dal 2024, e successivi, deve rilevare e tassare come reddito di lavoro autonomo il differenziale, a seguito art. 54, comma 3-bis, nell’esercizio 2024 e seguenti (Agenzia Entrate Risposta n. 171/2025)?
Risposta
Sì, a decorrere dal 2024, il professionista individuale che acquista crediti fiscali per interventi edilizi a prezzo inferiore rispetto al valore nominale deve tassare come reddito di lavoro autonomo il “differenziale positivo” tra il valore nominale del credito utilizzato (in compensazione) e il costo sostenuto per l’acquisto, in base al principio di onnicomprensività introdotto dall’art. 54, comma 3-bis, TUIR e chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 171/2025.
Dal 2024, qualsiasi vantaggio o provento economico, anche non derivante direttamente da prestazioni professionali, che sia correlato all’attività, rientra nel reddito di lavoro autonomo se non escluso da espresse disposizioni normative.
Il costo di acquisizione del credito (prezzo pagato) è deducibile nell’anno di pagamento.
Il valore nominale del credito va registrato come componente positivo del reddito nell’esercizio in cui il credito viene effettivamente utilizzato in compensazione dei debiti tributari o contributivi.
Il differenziale positivo (valore nominale meno costo di acquisto) costituisce reddito imponibile per ogni annualità in cui viene utilizzata la quota del credito.
Quesito n. 25 – Spese di trasferta – Amministratori di s.r.l.
Domanda
Per gli amministratori di s.r.l. la sede di lavoro, se scritta nel verbale di conferimento dell’incarico, può essere considerata la residenza? Le spese di trasferta dalla residenza alla sede attività della s.r.l. possono essere considerate spese di trasferta deducibili per la società e non tassabili per l’amministratore?
Risposta
La sede di lavoro dell’amministratore di s.r.l. può coincidere con la residenza se viene specificato nel verbale di conferimento dell’incarico, ma ai fini del rimborso spese di trasferta, la prassi fiscale fa una distinzione importante per la deducibilità e la tassazione.
La sede di lavoro operativa può essere indicata formalmente nel verbale, tuttavia ai fini delle trasferte si segue il principio che la sede di lavoro è normalmente quella dichiarata dalla società e dove si svolge l’attività.
Se la residenza coincide con la sede operativa nel verbale, questo può essere vincolante ai fini civilistici e organizzativi, ma non sempre ai fini fiscali per qualificare le trasferte.
Le spese relative al tragitto dalla residenza dell’amministratore alla sede della società, o viceversa, sono considerate normalmente come spese non di trasferta, ma di trasferimento da “abitazione a luogo di lavoro”.
Tali spese di rimborso sono, di regola, imponibili per l’amministratore e non possono essere considerate trasferte deducibili per la società (non sono trasferte extra-comunali).
Se la trasferta avviene verso una località diversa dal Comune della sede di lavoro, il rimborso può essere esente per l’amministratore e deducibile per la società, sempre che la distanza percorsa dalla residenza sia uguale o inferiore al percorso che sarebbe stato fatto dalla sede della società.
Se il tragitto dalla residenza verso la località della trasferta supera la distanza rispetto a quella che sarebbe percorsa dalla sede della società, la quota eccedente è considerata reddito imponibile per l’amministratore.
Quesito n. 26 – Bonus edilizi – Fatture di acconto
Domanda
In caso di ristrutturazione edilizia con detrazione al 50% si possono considerare come spese sostenute e detraibili al 50% le fatture di acconto regolarmente pagate con bonifico parlante entro il 31 dicembre 2024 anche se i lavori non sono stati conclusi entro la medesima data?
Risposta
Sì, è corretto che le fatture di acconto regolarmente pagate con bonifico parlante entro il 31 dicembre 2024 possano beneficiare della detrazione del 50% per ristrutturazione edilizia, anche se i lavori non sono stati conclusi entro la stessa data.
Per il bonus ristrutturazione, vale il principio di cassa: ciò che conta è la data del bonifico parlante, non la data di conclusione dei lavori.
Se il pagamento viene effettuato entro il 31 dicembre 2024, si applica la detrazione del 50% vigente per quell’anno.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 13/E/2019, ha chiarito che la detrazione spetta anche per le spese sostenute prima dell’inizio dei lavori, inclusi: acconti per progettazione e prestazioni professionali, acquisto materiali, perizie e sopralluoghi e altri costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi.
Se si paga un acconto nel 2024 e il saldo nel 2025: l’acconto 2024 comporta la detrazione del 50% (aliquota vigente nel 2024) mentre il saldo 2025: detrazione del 36% (aliquota ridotta prevista dal 2025).
Il bonifico deve contenere: causale con riferimento all’art. 16-bis del D.P.R. n. 917/1986, numero e data della fattura, codice fiscale dell’ordinante (beneficiario della detrazione), partita IVA o codice fiscale del fornitore.
Quindi gli acconti pagati entro il 31 dicembre 2024 con bonifico parlante beneficiano della detrazione al 50%, indipendentemente dalla conclusione dei lavori. È fondamentale rispettare le modalità di pagamento e la documentazione richiesta.
Quesito n. 27 – Bonus ristrutturazioni – Mancato utilizzo della quota annuale del credito 2024
Domanda
Un’impresa edile ha nel proprio cassetto fiscale del credito d’imposta derivante dal bonus ristrutturazioni 50% ottenuto tramite sconto in fattura avvenuto nel 2022. Nel cassetto fiscale il credito è suddiviso in rate decennali. Per il 2024 tale credito non è stato né utilizzato in compensazione, né è stato ceduto. Tale credito del 2024 deve essere considerato non più utilizzabile, e dunque perso?
Risposta
Sì, la quota annuale 2024 del credito d’imposta bonus ristrutturazioni 50% ottenuto tramite sconto in fattura e non utilizzata in compensazione entro il 31 dicembre 2024 è persa e non può più essere utilizzata negli anni successivi né richiesta a rimborso.
Quesito n. 28 – Riduzione forfetari 35% – Chiusura e riapertura della p. IVA
Domanda
Se un forfetario che ha richiesto la riduzione del 35% dei contributi INPS chiude la partita IVA, ma in futuro decide di riaprirla sempre come forfetario può di nuovo usufruire della riduzione del 35%?
Risposta
No, il beneficio della riduzione del 35% dei contributi INPS per i forfetari può essere richiesto una sola volta nella vita: chi ha già beneficiato della riduzione e chiude la partita IVA, se la riapre in futuro non potrà più richiederla, anche se mantiene o ritorna al regime forfetario.
Normativa e chiarimenti applicativi
La riduzione del 35% INPS per artigiani e commercianti in regime forfetario è riservata a chi non l’ha mai richiesta prima, non è possibile beneficiarne nuovamente dopo una chiusura e riapertura di partita IVA.
La richiesta può essere presentata solo una volta: se la riduzione viene annullata volontariamente (o cessa con la chiusura della partita IVA), non si ha più diritto a ripresentarla in futuro.
Questo limite vale indipendentemente dal tempo trascorso e dal fatto che la nuova attività abbia caratteristiche analoghe o diverse dalla precedente.
Eccezioni e riduzioni alternative
Se il forfetario si iscrive per la prima volta (mai stata iscritto) nel periodo agevolato 2025-2027, potrebbe valutare la riduzione del 50% prevista dalla Legge di Bilancio 2025 (che ha regole particolari e decorrenza triennale).
In sintesi: la riduzione del 35% dei contributi INPS può essere richiesta solo una volta nella vita e non è più disponibile dopo una riapertura di partita IVA già beneficiata in precedenza.
Quesito n. 29 – Sismabonus ed ecobonus – Soci incapienti
Domanda
Lavori sismabonus ed ecobonus sostenuti da società di persone, con lavori ultimati in parte 2022 e in parte 2024, le cui spese sono state trasferite ai soci pro-quota nelle rispettive dichiarazioni. I soci nella dichiarazione del periodo PF 2025 sono diventati incapienti e lo saranno che nei prossimi 9 anni. I titoli abilitativi del lavoro sono ante 2023. È possibile cedere le quote 2025 e seguenti?
Risposta
Sì, se i titoli abilitativi dei lavori sismabonus e ecobonus sono stati presentati prima del 17 febbraio 2023, è ancora possibile per i soci “incapienti” di una società di persone cedere le quote delle detrazioni non utilizzate nelle dichiarazioni dei redditi PF 2025 e successive, purché si rispettino le finestre e le procedure attualmente in vigore.
Regole attuali sulla cessione delle quote incapienti
Il blocco generale della cessione del credito e dello sconto in fattura decorre dal 17 febbraio 2023: fa eccezione, per le vecchie pratiche, chi ha CILAS/CILA o altro titolo abilitativo/atti deliberativi presentati entro quella data. Per questi interventi “protetti” resta ammessa la cessione delle rate residue di detrazione non usufruita in dichiarazione, anche oltre il 2024, come confermato da recenti FAQ e prassi dell’Agenzia delle Entrate.
I soci possono cedere le quote annuali non detratte (per incapienza o scelta) a soggetti terzi: la cessione deve essere effettuata tramite la procedura telematica dell’Agenzia delle Entrate entro il termine annuale ordinario (16 marzo dell’anno successivo).
Novità e attenzione
Per i lavori con titoli abilitativi dopo il 17 febbraio 2023 la cessione è ormai bloccata, salvo deroghe per specifiche categorie protette (es. Onlus, crateri sismici, alcune aree colpite da eventi calamitosi).
Per spese a cavallo di più anni, la detrazione segue la regola di “pro-quota” annuale anche in caso di lavori conclusi in anni diversi.
In sintesi: se i titoli abilitativi sono ante 17 febbraio 2023, i soci incapienti possono ancora cedere le quote 2025 e seguenti non utilizzate, secondo le vecchie regole e dopo averne fatto comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Sì: per lavori con titoli abilitativi presentati prima del 17 febbraio 2023, i soci incapienti di società di persone possono ancora cedere le quote di detrazione non utilizzate relative a sismabonus ed ecobonus nelle dichiarazioni PF 2025 e seguenti, secondo la normativa attuale.
Requisiti e condizioni
La possibilità di cessione delle quote annuali di detrazione rimane valida per interventi edilizi il cui titolo abilitativo (CILA/CILAS o permesso) sia stato presentato entro il 16 febbraio 2023. In questi casi, le quote di detrazione non fruite perché incapienti possono essere cedute, anche negli anni successivi, attraverso la piattaforma dell’Agenzia Entrate e secondo i termini comunemente previsti (16 marzo dell’anno successivo). Il blocco delle cessioni disposto dal D.L. n. 11/2023 riguarda i nuovi lavori ma non incide sui vecchi titoli “protetti”.
In sintesi: se i titoli abilitativi sono ante 17 febbraio 2023, la cessione delle rate della detrazione non utilizzate dai soci incapienti nelle dichiarazioni 2025 e seguenti resta possibile, secondo le regole in vigore.
Quesito n. 30 – Studio associato professionisti – Variazione delle quote di partecipazione
Domanda
Studio associato fra professionisti, nel caso in cui si voglia riproporzionare le quote di partecipazione per cambio intensità apporto lavoro è necessario redigere atto dal notaio o è sufficiente atto con data certa (PEC?) scrittura privata che vari l’atto di costituzione? Quali sono gli adempimenti necessitano?
Risposta
Per la variazione delle quote di partecipazione in uno studio associato fra professionisti non è necessario l’atto notarile: è sufficiente una scrittura privata autenticata o una scrittura privata con data certa, da effettuarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dello studio per renderla efficace dal periodo di imposta di riferimento.
Forme e modalità valide
La modifica delle quote richiede un atto pubblico o una scrittura privata autenticata: la semplice scrittura privata con data certa (anche tramite PEC o altro mezzo) può non essere sufficiente secondo la rigida interpretazione dell’art. 5, comma 3, lett. c), TUIR, la prassi però in molti casi ammette la scrittura privata con data certa tramite PEC.
L’atto deve essere predisposto e datato al più tardi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’associazione, così da essere efficace sull’imputazione del reddito dello stesso periodo d’imposta.
Adempimenti operativi
Registrazione: non è richiesta in Conservatoria, ma la modifica può essere registrata all’Agenzia Entrate per ragioni di certezza fiscale.
Comunicazione: occorre aggiornare i dati presso l’Agenzia delle Entrate (modello AA7/AA9D) comunicando le nuove quote tra i dati dell’associazione professionale.
Decorrenza: la variazione avrà effetto dal periodo per cui è predisposta se formalizzata prima della presentazione della dichiarazione relativa a quell’anno.
In sintesi: è sufficiente una scrittura privata autenticata (firma autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale) o, secondo l’orientamento più ampio, una scrittura privata con data certa (ad esempio via PEC) laddove non richiesto dal proprio ordine un atto più formale. Non occorre recarsi dal notaio a meno di vincoli statutari specifici.
Quesito n. 31 – Superbonus – Credito rifiutato dalla banca
Domanda
Spese sostenute nel 2023 e credito ceduto ad una banca. La banca, all’ultimo, ha rifiutato parte del credito, ma il contribuente non ha reddito sufficiente per la detrazione. Il credito rifiutato che risulta nel cassetto fiscale del contribuente che fine fa?
Risposta
Il credito rifiutato dalla banca rimane nel cassetto fiscale del contribuente nella sezione “crediti rifiutati” e torna nella piena disponibilità del titolare originario.
In questo caso, il contribuente può: optare per una nuova cessione, eventualmente verso un altro istituto, un privato o un’impresa, attraverso una nuova comunicazione.
Se non trova nuovi cessionari, può utilizzare il credito direttamente in dichiarazione dei redditi, nei limiti della propria capienza fiscale (ossia solo se ha abbastanza reddito imponibile).
Il credito rifiutato dalla banca viene quindi “sbloccato” e può essere ceduto nuovamente o utilizzato in detrazione dal beneficiario originale.
Nel caso di incapienza fiscale, se il contribuente non trova nuovi cessionari e non può detrarre, il credito rischia di restare inutilizzato.
Il credito rifiutato dalla banca non viene perso né eliminato: torna “attivo” nel cassetto fiscale e può essere riceduto o usato per compensazione/detrazione dall’avente diritto, nei limiti della propria situazione personale.
Quesito n. 32 – Ecobonus – Immobile in comodato
Domanda
Quanto tempo prima occorre trasferire la residenza per usufruire degli incentivi dell’ecobonus (su immobile in comodato)?
Risposta
Per usufruire degli incentivi dell’ecobonus su un immobile in comodato, la normativa non fissa un termine uniforme per il trasferimento della residenza come requisito formale per la fruizione della detrazione, ma prevede che il beneficiario debba essere residente nell’immobile (o destinarlo ad abitazione principale) al momento dell’utilizzo in dichiarazione dei redditi o, comunque, al momento del sostenimento delle spese.
Per quanto riguarda le detrazioni fiscali (ecobonus, bonus ristrutturazione), è necessario che l’immobile sia destinato come abitazione principale, quindi occorre aver trasferito la residenza nell’immobile entro il periodo d’imposta di riferimento per la fruizione della detrazione maggiorata (es. aliquota al 50% per la prima casa).
Non è richiesto che la residenza sia già attiva all’inizio lavori, ma deve risultare al momento della detrazione (o, cautelativamente, al momento del pagamento delle spese).
Per sicurezza, si consiglia di trasferire la residenza nell’immobile in comodato prima di effettuare il pagamento delle spese agevolate o, comunque, entro l’anno in cui si utilizza la detrazione nella dichiarazione dei redditi.
Nel caso il contratto di comodato sia la base per la detrazione, il contratto deve essere registrato prima dell’inizio dei lavori.
Se le spese vengono sostenute nel 2025 e si intende fruire della detrazione nella dichiarazione dei redditi relativa al 2025, la residenza dovrà risultare trasferita entro il 31 dicembre 2025 per poter utilizzare la detrazione come “prima casa”.
In sintesi: il trasferimento della residenza sull’immobile in comodato deve avvenire entro la fine dell’anno delle spese agevolate e comunque prima dell’utilizzo della detrazione, meglio se già fatta prima dei pagamenti, per garantire la legittima fruizione dell’aliquota maggiorata.
Quesito n. 33 – Riduzione INPS 50% – Iscrizione alla Camera di Commercio nel 2024 ed inizio attività nel 2025
Domanda
Posso fare la richiesta di riduzione INPS nel caso di apertura partita IVA ed iscrizione alla Camera di Commercio nel 2024 ed inizio attività nel 2025?
Risposta
No, non puoi richiedere la riduzione contributiva INPS (50% per nuovi iscritti) se la partita IVA e l’iscrizione alla Camera di Commercio sono state effettuate nel 2024 ma l’inizio attività è nel 2025.
La riduzione spetta solo a chi si iscrive per la prima volta alla gestione INPS in corso di nuovo avvio di attività nel 2025.
Requisiti chiave per accedere all’agevolazione
Iscrizione alla gestione INPS: deve risultare una “prima iscrizione” entro il 2025 aperture anticipate (2024) escludono il diritto alla riduzione, anche se l’attività operativa parte dopo.
Avvio attività: la nuova attività deve essere avviata nel corso del 2025, con contestuale iscrizione a INPS e Camera di Commercio entro 30 giorni, l’anticipazione in anni precedenti ne preclude il beneficio.
Circolare INPS n. 83/2025: chiarisce che la riduzione del 50% è riservata a chi avvia e si iscrive nel 2025, con esclusione esplicita di chi risulta già iscritto in anni precedenti, anche a diverse qualifiche.
In sintesi: la riduzione contributiva INPS nuovi iscritti nel 2025 non può essere richiesta se apertura partita IVA e iscrizione a Camera di Commercio sono state fatte nel 2024, sono richieste iscrizione e avvio attività esclusivamente nel 2025.
Quesito n. 34 – Spese di ristrutturazione – Immobile in comodato
Domanda
Per un immobile in comproprietà tra due fratelli, viene fatto un comodato gratuito in favore della figlia e nipote dal 1° gennaio 2024. Successivamente sono iniziati i lavori di ristrutturazione e, dopo qualche mese, la comodataria prende anche la residenza e continua a fare lavori e pagare le fatture. Le detrazioni sono tutte detrazioni al 36% o avendo preso la residenza per le fatture, dopo la data della residenza possono essere al 50%?
Risposta
Le spese di ristrutturazione sostenute dalla figlia comodataria che ha preso la residenza dopo l’inizio dei lavori restano detraibili, ma la normativa 2025 prevede che il comodatario possa beneficiare della sola aliquota ordinaria 36%, senza accedere alla detrazione maggiorata del 50% riservata ai proprietari o a chi detiene un diritto reale sull’immobile, anche se successivamente vi trasferisce la residenza.
Regole 2025 per le detrazioni in comodato
Dal 2025 la detrazione del 50% per ristrutturazione spetta solo ai titolari di un diritto reale che detengono l’immobile come prima casa (abitazione principale).
I comodatari (anche se trasferiscono la residenza nell’immobile in corso d’opera o dopo l’inizio dei lavori) possono accedere alla sola aliquota base del 36%, anche per le spese pagate dopo la residenza.
L’interpretazione restrittiva della Legge di Bilancio 2025 e i primi commenti confermano che comodato e successivo trasferimento di residenza non danno diritto al 50%, ma restano agevolabili solo nella quota minima.
Dettaglio operativo
Anche con residenza trasferita dopo l’inizio lavori, tutte le spese (sia prima sia dopo il cambio di residenza) restano detraibili al 36%.
Fino al 31 dicembre 2024, per le spese sostenute entro il 2024, era possibile accedere al 50% come comodatario, ma dal 2025 vale la regola più restrittiva.
In sintesi: per le spese sostenute nel 2025 dalla comodataria che trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio lavori, l’aliquota detraibile resta il 36% secondo la normativa attuale, e non si ottiene il 50% anche dopo il cambio di residenza. Dal 2025, anche se la comodataria trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio dei lavori di ristrutturazione, la detrazione spettante resta al 36% per tutte le spese sostenute a suo nome come comodataria, secondo la nuova disciplina che limita il 50% ai soli proprietari (o titolari di diritto reale) che risiedono nell’immobile.
Quadro attuale per comodatari e residenza
Se il comodato e il consenso all’esecuzione dei lavori sono stati regolarmente registrati, il comodatario può detrarre le spese di ristrutturazione.
Dal 2025, però, la detrazione al 50% è riservata solo a chi possiede un diritto reale sull’immobile (proprietà, usufrutto, uso, abitazione).
Al comodatario (anche se trasferisce la residenza nell’immobile dopo l’inizio dei lavori e paga personalmente le fatture) la detrazione è riconosciuta solo al 36% delle spese sostenute, sia prima che dopo il cambio di residenza, perché la residenza non modifica la natura del titolo di detenzione rispetto al nuovo limite di legge.
In sintesi: per il 2025 rimane applicabile al comodatario la sola aliquota al 36% anche dopo il trasferimento della residenza, senza possibilità di portare al 50% le spese pagate successivamente al cambio di residenza.
Quesito n. 35 – Preliminare di compravendita e concessione utilizzo dell’immobile – Art. 67 TUIR
Domanda
Viene stipulato un preliminare di compravendita e concessione utilizzo dell’immobile stesso prevedendo che il prezzo di vendita di 170.000 euro verrà pagato di n. 120 rate mensili di 900 euro a titolo di caparra confirmatoria mentre i rimanenti 62.000 euro a saldo all’atto notarile. L’operazione dal 1° gennaio 2024, in base alla nuova interpretazione dell’art. 67 potrebbe rientrare nei redditi diversi?
Risposta
Sì, sulla base della nuova formulazione e interpretazione dell’art. 67 TUIR in vigore dal 1° gennaio 2024, operazioni che prevedono un preliminare di compravendita con concessione dell’utilizzo dell’immobile, dove il prezzo viene corrisposto tramite rate identificate come caparra confirmatoria per un lungo periodo, possono rientrare nei “redditi diversi” imponibili, specie se si configura di fatto un “trasferimento mascherato” del godimento dell’immobile fino al saldo definitivo.
Quadro normativo e interpretativo
L’art. 67 TUIR, nella nuova versione seguita a riformulazione e chiarimenti estivi 2024, qualifica come “redditi diversi” una più ampia casistica di proventi derivanti da cessione onerosa di immobili e dai rapporti che di fatto comportano il trasferimento, anche anticipato, di godimento o disponibilità dell’immobile, pur formalmente “ancora” in capo al promettente venditore.
L’utilizzo prolungato dell’immobile da parte del promissario acquirente, formalmente a titolo di “caparra confirmatoria” (ma per un importo rilevante, mediante 120 rate da 900 euro), può essere considerato agli effetti fiscali come un “corrispettivo anticipato” per il trasferimento di un diritto reale di godimento, con conseguente tassazione ai sensi dell’art. 67 come reddito diverso, in capo al promittente venditore.
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito che assume importanza la sostanza economica e non solo la forma giuridica: se la struttura dell’operazione fa apparire il pagamento come un vero e proprio “prezzo dilazionato” che consente la fruizione anticipata dell’immobile, il relativo provento può essere attratto a tassazione.
Tendenze e attenzione
L’operazione così strutturata viene ora esaminata alla luce del c.d. “abuso del diritto” o dell’“elusione”, ed è a maggior rischio assimilazione nella nuova categoria dei redditi diversi, anche a seguito delle più recenti modifiche introdotte dai decreti attuativi di riforma.
Le somme corrisposte come “caparra confirmatoria” in misura tale e con modalità tali da mascherare un’anticipazione di uso/godimento possono quindi integrare una fattispecie di reddito diversamente imponibile in dichiarazione.
In sintesi: con la riforma dell’art. 67 TUIR, il caso da te descritto ha concrete possibilità di essere considerato reddito diverso ai fini IRPEF/IRES, e occorre molta attenzione nella struttura degli accordi e nella doppia verifica civilistica-fiscale dell’operazione.
Quesito n. 36 – Superbonus – Cessione dei crediti
Domanda
Un contribuente ha un credito 2022 da 110% nel cassetto fiscale. Non ha mai dedotto le rate perché aveva cercato di cedere il credito ad una banca che, dopo aver firmato il contratto, non ha mai accettato nel cassetto fiscale il credito, pur avendo dato il codice fiscale per la cessione del credito. Il contribuente può cedere ora ad altri soggetti anche privati, e non solo banche, il credito?
Risposta
Il D.L. n. 39/2024 ha effettivamente bloccato quasi tutte le nuove cessioni dei crediti fiscali da bonus edilizi, inclusi quelli 110%, con decorrenza dalle spese sostenute e lavori non avviati entro il 30 marzo 2024, e ha disattivato la remissione in bonis per le opzioni non comunicate nei termini.
Dal 29 maggio 2024 la normativa vieta la cessione dei crediti fiscali e lo sconto in fattura per tutte le nuove rate e crediti, salvo poche eccezioni tassative (es. immobili terremotati, taluni lavori già avviati prima delle date spartiacque).
Sui crediti già presenti nel cassetto fiscale (derivanti da spese e lavori antecedenti al 30 marzo 2024, e per cui sono state rispettate tutte le comunicazioni e decorrenze), la cessione rimane possibile solo se la prima comunicazione è avvenuta correttamente, la rata è stata effettivamente generata prima del blocco, e non sono intervenute cause di esclusione o restrizioni specifiche.
I crediti mai ceduti, o per i quali la prima rata non è stata oggetto di cessione o utilizzo diretto, ora (salvo specifiche deroghe) non possono più essere ceduti a terzi: restano fruibili solo in detrazione diretta da parte del titolare originario.
Per crediti residui in cassetto, non ceduti e mai accettati da cessionari prima delle date limite, la nuova normativa ne impedisce la cessione a privati, banche, imprese. Il titolare potrà utilizzarli solo in detrazione IRPEF/IRES, non più trasferirli ad altri soggetti.
In sostanza: dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 39/2024, la cessione del credito è ormai bloccata per la quasi totalità dei crediti edilizi, salvo rarissime eccezioni, e resta valida solo la detrazione personale.
Quesito n. 37 – Riduzione INPS 50% – Revoca della riduzione al 35%
Domanda
Ma perché “deve revocare” il 35%, avete notizie da INPS? Nessuno aveva parlato di “dover revocare” il 35% scegliendo il 50%, anzi la stessa INPS aveva suggerito di fare intanto il 35%. Non ho mai sentito che la revoca fosse dovuta.
Risposta
Possono beneficiare dell’agevolazione gli imprenditori individuali, i soci di società di persone e di s.r.l., i coadiuvanti e i coadiutori familiari dei titolari.
Sono ammessi a fruire della disposizione anche gli imprenditori che applicano ai fini fiscali il regime forfetario.
Poiché la riduzione della Legge n. 207/2024 è fruibile in alternativa rispetto ad altre misure agevolative che prevedono riduzioni di aliquota, per i contribuenti in regime forfetario la misura è alternativa a quella prevista dall’art. 1, commi da 76 a 84, della Legge n. 190/2014.
L’INPS precisa che, se prima della pubblicazione della circolare è stata richiesta la riduzione del regime forfetario, è possibile comunque presentare domanda per la maggior riduzione del 50%, ciò determina la revoca dell’agevolazione precedente dalla data di prima iscrizione alla gestione previdenziale. Successivamente, esaurito il periodo di fruizione della riduzione del 50%, potrà essere chiesta nuovamente quella prevista dalla Legge n. 190/2014.
Quesito n. 38 – Reverse charge – Settore trasporto e logistica
Domanda
In caso di mancata opzione per il pagamento in capo al committente, l’applicabilità della nuova norma come rettificata dall’art. 9 del Decreto è tuttora sospesa in attesa di autorizzazione UE?
Risposta
Sì, l’applicabilità della nuova norma come rettificata dall’art. 9 del Decreto è tuttora sospesa in attesa di autorizzazione UE, in particolare per il regime opzionale di pagamento in capo al committente.
La nuova norma prevede l’obbligo (o la facoltà) per il committente di effettuare direttamente il pagamento delle ritenute fiscali dovute dall’appaltatore o subappaltatore (reverse charge delle ritenute). Tuttavia, l’entrata in vigore effettiva del regime è condizionata dal rilascio della preventiva autorizzazione europea, trattandosi di una misura in deroga alle normali regole IVA/tributarie e soggetta a procedure di compatibilità comunitaria.
In mancanza di opzione da parte del committente, e in assenza di autorizzazione UE, la normativa rettificata resta sospesa e non trova applicazione.
Circolari e dossier ufficiali (Camera, MEF, enti specializzati) ribadiscono che l’operatività è differita all’esito della procedura di notifica e al rilascio dell’autorizzazione formale UE, ai sensi delle direttive sulle misure fiscali nazionali.
La nuova disciplina di versamento diretto delle ritenute da parte del committente rimane sospesa fino a specifica autorizzazione UE nel caso di mancata opzione o assenza di autorizzazione, la norma rettificata non si applica.
Quesito n. 39 – Superbonus – Attrazione nel reddito professionale dei crediti acquistati
Domanda
Un medico ha acquistato un credito da superbonus da una azienda avendo chiaramente un margine.
Detto margine rientra in quelli da dichiarare ai sensi della nuova normativa sul reddito professionale che attrae i redditi extraprofessionali a quello principale?
Non ha avuto il credito in pagamento per una prestazione ma ha colto una opportunità, quindi tale margine non dovrebbe essere attratto.
Risposta
Sì, secondo la nuova normativa fiscale post riforma (D.Lgs. n. 192/2024 e art. 54, comma 3-bis, TUIR), il margine derivante dall’acquisto di crediti da superbonus a prezzo inferiore rispetto al valore nominale è fiscalmente attratto nel reddito professionale, anche se non deriva da una prestazione medica o professionale specifica.
Dal 2024, tutti i proventi e margini, anche quelli derivanti da operazioni “extraprofessionali” strettamente connessi all’attività (incluso acquisto crediti fiscali) vengono attratti al reddito di lavoro autonomo.
Questo principio include anche i margini realizzati a seguito di opportunità colte nell’ambito dell’attività, anche se il credito non è stato ricevuto in pagamento di una prestazione professionale.
L’Agenzia delle Entrate (Interpello n. 171/2025) chiarisce che il valore nominale del credito compensato, meno il costo di acquisto, va tassato come componente positivo di reddito professionale secondo il principio di cassa.
Restano esclusi dall’attrazione nel reddito professionale solo i proventi espressamente esclusi da disposizione di legge.
Operazioni occasionali e non connesse minimamente all’attività possono eventualmente essere qualificate come redditi diversi, ma dal 2024 l’orientamento è molto “espansivo” e ricomprende i margini da acquisto crediti anche colti come opportunità imprenditoriale, se parametrabili alla “sfera professionale”.
In sintesi: il margine derivante dall’acquisto a sconto di credito superbonus da parte di un medico rientra ora tra i redditi professionali ai sensi dell’art. 54, comma 3-bis, TUIR, anche se l’operazione non ha natura diretta di pagamento per una prestazione.
Quesito n. 40 – Superbonus – Cessione crediti del 2024
Domanda
Un professionista ha un credito da superbonus che aveva caricato sul suo cassetto fiscale da parte di un cliente ed aveva utilizzato nel 2024 solo parzialmente, quindi residua un credito che poteva utilizzare nel 2024. in base alla nuova Risposta di interpello del 15 settembre 2025 può a sua volta cedere il credito non utilizzato nel 2024 anche se scaduto? Sembrerebbe di sì, lo confermate?
Risposta
Sì, secondo la Risposta Agenzia Entrate del 15 settembre 2025, n. 240, il professionista che ha nel proprio cassetto fiscale un credito superbonus non utilizzato nel 2024, può cederlo a terzi anche dopo la scadenza annuale di utilizzo, purché il credito stesso non sia già stato utilizzato in compensazione.
Cosa stabilisce la nuova risposta A.d.E.
Il blocco alle cessioni delle rate residue introdotto dal D.L. n. 39/2024 riguarda solo i beneficiari originari delle detrazioni (ad esempio il privato che riceve per la prima volta il credito), ma non impedisce al cessionario (professionista) che ha già ricevuto il credito nel proprio cassetto fiscale di cedere ulteriormente le quote non ancora utilizzate. Il professionista può quindi effettuare ulteriore cessione delle quote residue non fruite, anche se formalmente scadute per l’utilizzo nell’anno, finché il credito risulta ancora “disponibile” nel cassetto fiscale.
Limite fondamentale
La cessione è possibile solo per crediti non ancora compensati in F24. Il nuovo modello di comunicazione telematica (dal 8 settembre 2025) dovrà essere utilizzato per dette operazioni.
In sintesi: la Risposta dell’Agenzia Entrate conferma che il professionista può cedere i crediti superbonus residui non utilizzati nel 2024, anche se formalmente scaduti, purché non siano stati utilizzati in compensazione.
Quesito n. 41 – Crediti fiscali per interventi edilizi – Redditi di lavoro autonomo
Domanda
Se un professionista si fa pagare da una ditta edile le proprie fatture con i crediti edilizi che la stessa ditta ha in carico, a tassazione va soltanto il differenziale tra l’importo del credito acquistato e gli importi delle fatture del professionista, è corretto?
Risposta
No, con la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 192/2024, non si tassa soltanto il differenziale tra il valore d’acquisto del credito edilizio e l’importo nominale delle fatture compensate: il valore nominale del credito utilizzato per pagare la prestazione professionale va interamente tassato come compenso professionale.
Principio di onnicomprensività (art. 54, comma 3-bis, TUIR)
Dal 2024, quando una fattura di un professionista viene “pagata” con crediti edilizi di valore nominale, l’intero importo nominale dei crediti ceduti che corrispondono al valore delle fatture costituisce compenso tassabile per il professionista, a prescindere dal prezzo di acquisto originario del credito da parte della ditta edile.
Solo nel caso in cui il professionista acquisti personalmente crediti da terzi a prezzo inferiore rispetto al valore nominale, il differenziale positivo (tra nominale e costo di acquisto) genera un provento tassabile al momento dell’utilizzo.
Pagamento della prestazione professionale
Se la ditta edile salda la parcella cedendo direttamente, come pagamento, propri crediti di imposta edilizi, il valore fatto risultare in fattura rappresenta pieno reddito del professionista. Il differenziale (plusvalenza) tra il valore nominale e il prezzo pagato dalla ditta interessa esclusivamente la ditta stessa, non il professionista che riceve il credito in pagamento.
In sintesi: il professionista deve assoggettare a tassazione l’intero valore nominale del credito edilizio ricevuto in pagamento, e non soltanto l’eventuale differenziale, ciò vale anche per la liquidazione IVA e i conseguenti obblighi reddituali.
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