COMMENTO
DI LELIO CACCIAPAGLIA | 7 LUGLIO 2025
L’art. 14 del D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, introduce una misura straordinaria che consente alle imprese di affrancare, previo pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, i saldi attivi di rivalutazione e le riserve in sospensione d’imposta ancora presenti nei bilanci al 31 dicembre 2023 e residue al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024. La misura si pone come alternativa a quella disciplinata nella Legge di Bilancio 2025 sull’assegnazione e cessione agevolata dei beni ai soci, la quale prevede l’aliquota del 13%.
Per rimanere aggiornato sul tema, iscriviti alla Giornata del Master MySolution Fisco o Master MySolution Fisco Plus, mercoledì 16 luglio dalle 9.30 alle 12.30, dedicata a “Assegnazione e cessione agevolata”, con Lelio Cacciapaglia e Gianluca Dan.
e agevolative
I commi da 31 a 36, dell’art. 1 della Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (G.U. n. 305 del 31 dicembre 2024) c.d. Legge di Bilancio 2025, hanno reintrodotto la norma sull’assegnazione e cessione agevolata dei beni ai soci a soli 2 anni dalla precedente edizione avvenuta con l’art. 1, commi 100 e ss. della Legge n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023).
La novità del 2025 che si innesta sull’impianto agevolativo in parte condizionandolo, è “esterna” alla disciplina dell’assegnazione e trasformazione agevolata, ma può impattare sulla stessa.
Trattasi dell’art. 14 del D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, che ha introdotto, in via straordinaria e una tantum, la possibilità di affrancare le riserve in sospensione d’imposta con il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, che si pone come alternativa a quella della disciplina reiterata nella Legge di Bilancio 2025 la quale prevede l’aliquota del 13%.
La Relazione illustrativa al Decreto di riforma del TUIR sottolinea come la norma “riapre, in via straordinaria, i termini per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione non affrancati e delle riserve in sospensione di imposta ancora sussistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31.12.2024, previo il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive del dieci per cento”. Dunque, l’affrancamento opera, in relazione al minore importo tra quello delle riserve in sospensione esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023 e quello relativo al bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, nel presupposto che parte della riserva nel corso del 2024 potrebbe essere stata utilizzata.
Ebbene, non vi sono ostacoli all’utilizzo alternativo dell’affrancamento straordinario, laddove la società:
- intenda assegnare i beni previsti e sia costretta ad utilizzare in contropartita una riserva in sospensione d’imposta
- intenda trasformarsi in società semplice se la società commerciale trasformanda presenta a patrimonio netto riserve in sospensione d’imposta.
La scelta di convenienza
Sebbene, a prima vista, l’affrancamento straordinario possa sembrare più conveniente grazie all’aliquota più bassa (10%), il mero raffronto tra le differenti aliquote non è sufficiente a stabilire quale delle due alternative sia la meno onerosa
Occorre distinguere quale tipo di società è coinvolta (società di persone o di capitali).
Infatti:
- nelle società di persone la scelta dell’affrancamento straordinario con l’aliquota del 10% è in generale, certamente più conveniente poiché la successiva distribuzione della riserva non comporta tassazione né per la società né per i suoi soci:
- nelle società di capitali l’affrancamento straordinario con imposta la sostitutiva del 10%, non libera la tassazione in capo ai soci al momento della distribuzione, mentre il pagamento dell’imposta sostitutiva del 13% previsto nell’assegnazione agevolata rende irrilevante anche in capo ai soci l’importo assoggettato a tassazione dalla società.
Inoltre, nella valutazione delle alternative pesa notevolmente la differente durata della rateizzazione delle due imposte sostitutive:
- imposta sostitutiva del 10%: pagamento in 4 rate annuali senza interessi;
- imposta sostitutiva del 13%: pagamento in due rate (60% entro il 30 settembre 2025 e 40% entro 30 novembre 2025).
Corretta individuazione delle caratteristiche della riserva
Ovviamente sono escluse dalla possibilità di affrancamento le riserve iscritte per effetto di rivalutazioni effettuate ai soli fini contabili senza effetto fiscale poiché non si tratta di riserve in sospensione d’imposta.
Ne consegue che il loro utilizzo (sia nell’ambito di assegnazione/trasformazione, sia in occasione della mera distribuzione ai soci utilizzando liquidità):
- non comporta alcuna tassazione in capo alla società di capitali ma solo tassazione (26%) in capo ai soci;
- non comporta alcuna tassazione in capo alla società di persone e in capo ai suoi soci (ma riduce il costo fiscale della loro partecipazione nei limiti di precedenti redditi imputati per trasparenza).
In entrambe le fattispecie è possibile affrancare:
- la riserva in sospensione d’imposta anche solo per una parte del suo importo.
La base imponibile della sostitutiva
Con riferimento al calcolo dell’ammontare da affrancare, la base imponibile dei saldi attivi di rivalutazione da affrancare è costituita dalla quota parte, come risultante in bilancio – che si intende affrancare senza considerare l’imposta sostitutiva correlata. Infatti, la sentenza della Corte di Cassazione del 4 aprile 2023, n. 9296, ha stabilito che la base imponibile dell’imposta sostitutiva per l’affrancamento è costituita dal saldo attivo di rivalutazione rilevato in bilancio al netto dell’imposta sostitutiva (cfr. anche Cassazione 18 aprile 2018, n. 9509). L’orientamento è stato in fine recepito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E/2022, par. 4.7.
Le imprese in contabilità semplificata – Mancanza di riserva
È noto che l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 57 del 18 giugno 2001, in materia di rivalutazione dei beni ha precisato che, nell’ipotesi di passaggio dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria, l’assenza di una contabilità generale e del bilancio non consente ai soggetti che si avvalgono di regimi semplificati di effettuare accantonamenti a riserva; pertanto, non si può configurare in alcun caso la distribuzione di una riserva (di qualsivoglia tipo).
Al momento del passaggio alla contabilità ordinaria, il contribuente dovrà costituire i saldi patrimoniali di partenza secondo le disposizioni stabilite dal D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689: in tal caso, l’iscrizione in contabilità dei beni rivalutati non comporterà la ricostruzione di alcuna riserva di rivalutazione.
D’altronde, la presa di posizione è conforme a quanto già chiarito nella circolare n. 37/2016, laddove è precisato che la rivalutazione effettuata dai contribuenti in regime di contabilità semplificata non genera, a differenza di quanto accade per gli altri contribuenti in contabilità ordinaria, l’emersione di una corrispondente riserva in sospensione d’imposta (cfr. anche circolare n. 11/2009 e circolare n. 22/2009), anche se il soggetto, successivamente alla rivalutazione, transiti dal regime di contabilità semplificata a quello di contabilità ordinaria. Principi confermato nella Risposta n. 178/2024.
Ordunque, posto che la rivalutazione in regime di contabilità semplificata non comporta l’iscrizione di una riserva in sospensione d’imposta, il maggior valore del bene frutto della rivalutazione comporta in contropartita, nell’eventuale passaggio alla contabilità ordinaria, una riserva qualificabile fiscalmente come riserva di utili libera da vincoli, con la conseguenza che il successivo annullamento di tale riserva – per consentire l’assegnazione dei beni ai soci – non sarà assoggettato a imposta sostitutiva prevista in materia di assegnazione agevolata.
Impresa in contabilità semplificata – Irrilevanza della rivalutazione sulla posizione dei soci
Occorre per completezza riportare una recente presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate nella Risposta ad interpello n. 178/2024 laddove, per la prima volta, fornisce una discutibile presa di posizione: posto che la riserva di “apertura” all’atto del passaggio alla contabilità ordinaria è già libera da vincoli, la sua iscrizione in contropartita ai maggiori valori dei cespiti rivalutati non può incrementare il costo fiscale della partecipazione non trovando applicazione il citato comma 6 dell’art. 68 del TUIR in assenza di imputazione del reddito al socio. Fin qui nulla questio.
Senonché, l’Agenzia aggiunge e conclude affermando che per quanto sopra esposto, si ritiene che la rivalutazione dei beni effettuata nel 2008 da s.n.c. (in costanza di contabilità semplificata, per la quale la società ha versato la prevista imposta sostitutiva) non incrementi il costo fiscale della partecipazione detenuta dall’istante (socio persona fisica) neanche per effetto della successiva opzione della società per il regime della contabilità ordinaria.
E ciò lascia perplessi. È vero che la sostitutiva a suo tempo l’ha versata la società e non il socio ma nell’ottica della trasparenza e di quanto previsto dall’art. 68, comma 6, del TUIR l’importo si dovrebbe considerare che ha concorso alla formazione della base imponibile dei soci.
Riferiemnti normativi:
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, commi da 31 a 36;
- D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, art. 14;
- Agenzia delle Entrate, Risp. a istanza di interpello 2 settembre 2024, n. 178.
Iniziativa gratuita organizzata con l’approvazione dell’editore riservata agli iscritti alla nostra informativa. E’ severamente proibita la condivisione dell’articolo, della pagina e degli allegati e di qualsiasi contenuto condiviso.