DIRITTO PENALE
Corte Suprema di Cassazione – Sezione Quinta Penale – Sentenza n. 2124 del 17 gennaio 2025
Ai fini della configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari rileva la natura dell’atto compiuto, nel senso che lo stesso deve essere funzionale ad un procedimento giudiziario e porsi quale strumento per arrecare un favore o un danno nei confronti di una delle parti di un processo civile, penale o amministrativo (Sez. 6, n. 36323 del 25/05/2009). Il delitto di corruzione appartiene alla categoria dei reati «propri funzionali» perché elemento necessario di tipicità del fatto è che l’atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell’ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto, nel senso che occorre che siano espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione esercitata da quest’ultimo, con la conseguenza che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l’intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell’accordo illecito non comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o non sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai quali il soggetto agente è assolutamente carente di potere funzionale (Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006). Non è, quindi, sufficiente che il soggetto attivo del reato sia un pubblico ufficiale, ma è necessario che l’atto oggetto di mercimonio sia un atto compiuto dal pubblico ufficiale nell’esercizio di pubbliche funzioni e destinato a confluire nel procedimento giudiziario ed in grado di incidere sul suo esito.
Avv. Mariangela Di Biase
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