COMMENTO
DI STUDIO TRIBUTARIO GAVIOLI & ASSOCIATI | 25 NOVEMBRE 2025
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8962, del 17 novembre 2025, che conferma la sentenza primo grado del TAR Puglia, sede di Bari, n. 1192/2022, nel respingere l’appello della Lapet (tributaristi), dispone che l’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi e IVA spetta in via esclusiva alle professioni ordinistiche e resta, invece, preclusa ai tributaristi. Il visto di conformità, introdotto per assicurare la correttezza formale e sostanziale delle dichiarazioni fiscali, rappresenta un passaggio strategico nel rapporto tra contribuenti e Amministrazione finanziaria; la conferma della riserva ai professionisti ordinistici da parte della giurisprudenza amministrativa sancisce, dal punto di vista giuridico e istituzionale, la necessità di percorsi formativi regolamentati, di esami di Stato e di un sistema disciplinare coerente con l’interesse pubblico.
Il ricorso al TAR
Un’associazione di carattere nazionale, costituita nel 1983, riconosciuta ai sensi del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto), rappresentativa della categoria professionale dei tributaristi, i quali per statuto associativo “esercitano la consulenza nelle materie contabili, fiscali e tributarie” (art. 1), ed una professionista appartenente alla categoria, con ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – sede di Bari – hanno impugnato il diniego opposto ad un professionista dall’Agenzia delle Entrate (con nota inviatale in data 11 febbraio 2021 della Direzione provinciale della Puglia) di abilitazione ad apporre sulle dichiarazioni dei redditi e IVA il visto di conformità, ai sensi dell’art. 35, comma 3, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.
Il TAR nel respingere il ricorso evidenziava che il diniego impugnato era legittimamente motivato con riguardo esclusivo al fatto che i tributaristi non rientrano in alcuna delle categorie abilitate al rilascio del visto di conformità, come previsto ai sensi del citato art. 35, comma 2, lett. a), e b), del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, come integrato dalla disciplina regolamentare di attuazione (Decreto del Ministro delle Finanze del 31 maggio 1999, n. 164).
Avverso la sentenza sfavorevole, i ricorrenti (Lapet e un professionista) deducevano sotto vari profili l’illegittimità della riserva di legge dell’abilitazione al rilascio del visto di conformità a favore delle categorie professionali abilitate.
La sentenza del Consiglio di Stato
I giudici amministrativi di Palazzo Spada evidenziano che, con sentenza del 23 luglio 2024, n. 144, la Corte costituzionale dichiarava non fondate le questioni deferite. La pronuncia richiamata della Consulta era fondata sul rilievo che “il visto di conformità ha lo scopo di garantire ai contribuenti assistiti un corretto adempimento di taluni obblighi tributari e di agevolare l’Amministrazione finanziaria nella selezione delle posizioni da controllare e nell’esecuzione dei controlli di propria competenza”, quale forma di “collaborazione a soggetti qualificati, estranei all’apparato degli uffici pubblici, con affidamento di oneri e adempimenti da svolgere nell’interesse prevalente dell’amministrazione”, in attuazione del “principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, ultimo comma, Cost.”.
Posta questa premessa, la sentenza escludeva che la Legge 14 gennaio 2013, n. 4, in materia di professioni non costituite in ordini, le abbia equiparato a quelle invece organizzate in tali enti esponenziali di natura pubblicistica. Più nello specifico, dato atto della salvezza prevista dalla medesima Legge in favore delle attività professionali “riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti” (art. 6, comma 2), e del fatto che l’inquadramento delle professioni “non ordinistiche” in un sistema di vigilanza ministeriale, come pure previsto dalla Legge 14 gennaio 2013, n. 4, non comporta comunque la potestà di “incidere direttamente sulla continuità dell’esercizio della professione”, la sentenza costituzionale nonravvisava perciò un’omogeneità di posizioni tre le due diverse categorie di professioni.
L’interpretazione estensiva della normativa, osserva il Consiglio di Stato con la sentenza in commento, è stata già esclusa in punto ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale e va ribadita nella presente sede, con efficacia decisoria, per le ragioni già esposte nell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale. Esse sono, in estrema sintesi, riferibili al carattere tassativo dell’elencazione delle categorie abilitate al rilascio del visto di conformità, previste dal combinato disposto degli artt. 35, comma 3, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e 3, comma 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. In ragione dell’ora evidenziato predicato di tassatività dell’elenco normativamente fissato, per il Consiglio di Stato non ne è dunque consentita alcuna integrazione in via interpretativa.
Nello specifico è stato affermato che nemmeno la disciplina di cui alla Legge 14 gennaio 2013, n. 4, ha comportato un’equiparazione tra le due contrapposte categorie (tributaristi e commercialisti). Ciò sul rilievo che solo una disciplina di carattere pubblicistico quale quella che permea gli ordini professionali istituiti per legge, e pertanto ad appartenenza necessaria, sia in grado di fornire adeguate garanzie di qualità della prestazione d’opera intellettuale e, con particolare riguardo al caso di specie, di affidabilità della stessa nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Al medesimo riguardo è stato sottolineato che per le sole professioni ordinistiche l’accesso è subordinato al superamento di un esame di abilitazione regolato dalla legge (esame di stato).
Gli elementi ora esposti osserva il Consiglio di Stato sono stati considerati nel loro complesso decisivi per ritenere costituzionalmente legittima la scelta normativa avversata dai tributaristi. Sotto il profilo in questione sono infatti state ricavate legittime ragioni per differenziare le professioni “ordinistiche” e da quelle “non ordinistiche”, in relazione all’interesse pubblico che connota il rilascio del visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi, dato dall’effetto di semplificazione dei controlli su di esse da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’interesse pubblico è stato più precisamente ricavato dalla funzione del visto di conformità “che non si risolve nella mera predisposizione e trasmissione delle dichiarazioni o nella tenuta delle scritture e dei dati contabili, ma è diretto ad agevolare e rendere più efficiente l’esercizio dei poteri di controllo e di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, con assunzione della relativa responsabilità”.
Il Consiglio di Stato non ravvisa neppure i presupposti per rimettere alla Corte UE le questioni pregiudiziali di conformità al diritto comunitario della riserva dell’abilitazione al rilascio del visto.
In conclusione il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado del TAR della Puglia.
Riferimenti normativi:
- Legge 14 gennaio 2013, n. 4, art. 6;
- D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361;
- D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 35;
- Corte Cost., sent. 23 luglio 2024, n. 144;
- Consiglio di Stato, sent. 17 novembre 2025, n. 8962.
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