COMMENTO
DI MASSIMILIANO TASINI | 29 DICEMBRE 2025
Le Avvertenze agli avvisi di recupero di crediti di imposta non contemplano la possibilità di procedere a definizione del mero profilo sanzionatorio. Il presente intervento si propone di verificare la correttezza di questa soluzione.
Premessa
Prima della riforma tributaria avviata con la Legge n. 111/2023, la disciplina relativa al recupero dei crediti di imposta era contenuta in differenti disposizioni (art. 1, commi 421–423, Legge n. 311/2004, e art. 27, commi 16–20, D.L. n. 185/2008).
L’art. 1 del D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13 ha introdotto nell’ordinamento tributario italiano l’art. 38-bis del D.P.R. n. 600/1973, portante la disciplina organica degli atti di recupero.
La disposizione è stata novellata per ben due volte: dapprima dall’art. 1, comma 86, della Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Legge di Bilancio 2025), e dappoi dall’art. 23 del D.Lgs. 12 giugno 2025, n. 81. Questi interventi non hanno tuttavia apportato modifiche al tema della definizione del profilo sanzionatorio dell’atto, e dunque possiamo tranquillamente assumere il testo dell’art. 38-bis, che così dispone:
Normativa
1. Per il recupero dei crediti non spettanti o inesistenti, l’Agenzia delle entrate applica, in deroga alle disposizioni vigenti, le seguenti:
a) fermi restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, per la riscossione dei crediti non spettanti o inesistenti utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, l’ufficio può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dagli articoli 60 e 60-ter. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 20 marzo 2002, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2002, n. 96, e all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27;
b) si applicano le disposizioni di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;
(…)
d) il pagamento delle somme dovute deve essere effettuato per intero entro il termine per presentare ricorso senza possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall’ art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n 241. In caso di mancato pagamento entro il suddetto termine, le somme dovute in base all’atto di recupero, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell’articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
La parte che ci interessa è la lettera b), che rinvia agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 472/1997.
L’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, rubricato “Provvedimento di irrogazione delle sanzioni”, così dispone:
Normativa
3. Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali, ovvero delle misure fisse o proporzionali, previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. Le somme dovute possono essere versate anche ratealmente in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i 50.000 euro. L’importo della prima rata è versato entro il termine indicato al primo periodo. Le rate successive alla prima devono essere versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie.
L’art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997, rubricato “Irrogazione immediata”, così dispone:
Normativa
2. È ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali, ovvero delle misure fisse o proporzionali, previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso.
Approfondimento
| La Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 13/2024 è piuttosto scarna. Si legge che: «Il medesimo comma 2, alla lettera b) introduce invece delle disposizioni volte a razionalizzare e omogeneizzare il procedimento di recupero dei crediti, sia non spettanti che inesistenti, utilizzati indebitamente in compensazione. Nella norma viene descritto un unico procedimento accertativo, indipendentemente dalla natura del credito indebitamente utilizzato in compensazione, che prevede: la possibilità di definire in via agevolata le sanzioni ai sensi degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472; distinti periodi di decadenza, dal potere di notifica dell’atto sulla base della diversa tipologia di crediti oggetto di recupero: 8 anni in caso di credito inesistente, ovvero 5 anni in caso di credito non spettante, rispettivamente, per il recupero dei crediti non spettanti e per il recupero dei crediti inesistenti, per tenere conto dell’osservazione della VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati (lettera c); il divieto di compensazione per il pagamento entro il termine di presentazione del ricorso; in caso di mancato pagamento entro il suddetto termine, l’iscrizione a ruolo delle somme dovute in base all’atto di recupero, anche se non definitivo, ai sensi dell’articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; l’attribuzione della competenza all’emanazione degli atti, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, all’Ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del contribuente per il precedente periodo di imposta; l’applicazione delle disposizioni previste dal Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 per le relative controversie. La norma prevede, infine, l’applicazione delle suddette regole, a eccezione di quelle relative a periodo di decadenza e competenza all’emanazione degli atti, al procedimento di recupero degli importi non versati, compresi quelli relativi a contributi e agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti, ovvero a cessioni di crediti di imposta in mancanza dei requisiti. (…) Con riguardo all’osservazione di cui alla lett. d) del parere reso dalla VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati, finalizzata a introdurre la possibilità di pagamento rateale, in analogia con quanto disposto dall’art. 8 del Decreto legislativo n. 218/1997, il Governo, all’esito degli approfondimenti richiesti, ha ritenuto di non recepirla dal momento che, trattandosi di crediti di cui il contribuente non avrebbe potuto fruire, la concessione di siffatta opzione si risolverebbe in una impropria forma di finanziamento utilizzando la leva fiscale» (i due dossier dell’Ufficio Studi di Camera e Senato non forniscono alcun supporto interpretativo). |
Risulta evidente che la discussione si è prevalentemente incentrata sulla possibilità, poi negata, di rateizzare le somme dovute in base agli atti di recupero. Quanto invece alla definizione delle sanzioni, la Relazione non fa altro che parafrasare la previsione normativa.
Le Avvertenze agli atti di recupero dei crediti di imposta
Esaminiamo dapprima le Avvertenze contenute in calce ad un qualunque avviso di accertamento. In esse si dà conto di due possibilità:
- definire l’atto pagando le sanzioni ridotte ad un terzo;
- definire le sole sanzioni con riduzione delle stesse ad un terzo.
Approfondimento
| 2) Definizione dell’accertamento con riduzione delle sanzioni a un terzo (art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997): Se il contribuente rinuncia a presentare ricorso, o istanza di accertamento con adesione può definire per intero l’accertamento in maniera agevolata. In questo caso, ottiene la riduzione a un terzo delle sanzioni. Per ottenere l’agevolazione è necessario versare le somme complessivamente dovute per le imposte, sanzioni e interessi entro il termine per presentare ricorso. In ipotesi di presentazione del modello IPEA, l’importo da pagare ai fini della definizione dell’accertamento tiene conto della predetta riduzione delle sanzioni e dell’eventuale ricalcolo della pretesa tributaria, effettuato a seguito della presentazione del modello IPEA. In tale ultima ipotesi, il contribuente provvede al versamento di quanto dovuto a seguito del ricalcolo entro il termine per la proposizione del ricorso, tenendo conto della sospensione di tale termine per 60 giorni conseguente alla presentazione del modello IPEA. La riduzione delle sanzioni a un terzo è riconosciuta anche al contribuente che decide di pagare l’accertamento a rate. Anche in questo caso è necessario effettuare il versamento della prima rata entro il termine per presentare ricorso. La sanzione da pagare non può essere, in ogni caso, inferiore a un terzo della somma dei minimi edittali, cioè degli importi minimi previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. 3) Definizione delle sole sanzioni con riduzione a un terzo (art. 17 D.Lgs. n. 472/1997) Se il contribuente rinuncia alla definizione agevolata dell’intero accertamento, può comunque definire le sole sanzioni, riservandosi la possibilità di impugnare l’accertamento solo per le maggiori imposte, fermo restando che le sanzioni già versate non possono essere rimborsate. In questo caso, ottiene la riduzione delle sanzioni a un terzo di quelle irrogate, a condizione che effettui il versamento entro il termine per presentare ricorso. In caso di presentazione del modello IPEA, l’importo da pagare ai fini della definizione agevolata delle sole sanzioni è indicato nell’eventuale esito del ricalcolo comunicato dall’ufficio competente. In tale ultima ipotesi il contribuente provvede al versamento di quanto dovuto entro il termine per la proposizione del ricorso, tenendo conto della sospensione di tale termine per 60 giorni conseguente alla presentazione del modello IPEA. La sanzione da pagare non può essere, in ogni caso, inferiore a un terzo della somma dei minimi edittali, cioè degli importi minimi previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. |
Si noti che la definizione dell’intero atto rinvia all’art. 15, comma 1, del D.Lgs. n. 218/1997, rubricato “Sanzioni applicabili nel caso di omessa impugnazione”, che così dispone:
Normativa
1. Le sanzioni irrogate per le violazioni indicate nell’articolo 2, comma 5, del presente decreto, negli articoli 71 e 72 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e negli articoli 50 e 51 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1990, n. 346, sono ridotte a un terzo se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
Il riferimento all’art. 2, comma 5, del D.Lgs. n. 218/1997 riguarda gli accertamenti ai fini delle Imposte sui Redditi e dell’Imposta sul Valore Aggiunto.
Veniamo ora all’atto di recupero. Nelle Avvertenze è contemplata solo questa ipotesi:
Approfondimento
| 1) Definizione dell’atto di recupero con riduzione delle sanzioni a un terzo (art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997)Se il contribuente rinuncia a presentare ricorso, o istanza di accertamento con adesione, può definire per intero l’atto di recupero in maniera agevolata. In questo caso, ottiene la riduzione a un terzo delle sanzioni. Per ottenere l’agevolazione è necessario versare le somme complessivamente dovute per le sanzioni e interessi entro il termine per presentare ricorso. Per il pagamento delle somme dovute non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (art. 38-bisdel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). |
Si noti che, sebbene di verta in ipotesi di definizione dell’intero atto – e dunque sia credito di imposta che sanzioni – le Avvertenze non richiamanol’art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997, bensì l’art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997.
Si nota pure che il richiamo all’art. 17 del D.Lgs. n. 472/1997 è lo stesso contenuto nelle Avvertenze relative alla definizione delle sole sanzionidell’avviso di accertamento.
Alcune riflessioni
Chi ha predisposto le Avvertenze agli atti impositivi deve certamente essersi posto il problema. Nel farlo, ha adottato una soluzione che, è evidente, deve essere stata avallata dai tecnici dell’Agenzia delle Entrate.
Le ragioni di tale scelta sono però, almeno a me, oscure.
Non mi pare che la soluzione trovi sicuri punti di ancoraggio nella Legge delega, nel Decreto legislativo attuativo n. 13/2024 e nelle relazioni ad esso corredate e nei Decreti legislativi correttivi di questo. Nemmeno mi pare che vi siano documenti di prassi che giustifichino questa scelta.
Viceversa, mi sembra di poter dire che, quantomeno sul piano interpretativo, non sia né sbagliato né illogico prospettare la tesi della definibilità anche del mero profilo sanzionatorio, così garantendo al contribuente la possibilità di proporre ricorso relativamente alla spettanza del credito di imposta.
Se così non fosse, perché non si può ragionare di un intervento correttivo?
In un’era in cui si parla tutti i giorni di compliance e di strumenti deflativi del contenzioso, garantire al contribuente questa via di fuga sembra logico e ragionevole. Dopotutto, perché ammettere la mera definizione in via breve delle sanzioni in ipotesi di utilizzo di fatture inesistenti e non garantirla in ipotesi di crediti inesistenti e/o non spettanti?
Mentre si può comprendere – ma francamente non condividere – la scelta di vietare la possibilità di rateizzare le somme dovute in sede di definizione dell’avviso di recupero, si fa davvero fatica a capire il motivo di una simile rigidità.
Forse la Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate o, a monte, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, potrebbero aiutarci a comprendere meglio, e magari valutare una diversa soluzione.
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38-bis;
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16, 17;art. 17
- D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, artt. 2, 8, 15.
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