3° Contenuto Riservato: Limiti alle acquisizioni documentali se eccepito il segreto professionale

L’OPINIONE

DI ANDREA BONGI | 9 OTTOBRE 2025

Le risposte alle domande dei professionisti

Inutilizzabili i documenti acquisiti dal Fisco in violazione della legge. L’accertamento non può fondarsi su documentazione extra contabile (un block notes) acquisita durante un’ispezione presso uno studio legale, qualora sia stato eccepito il segreto professionale. In tali circostanze gli organi ispettivi devono “in ogni caso” munirsi di preventiva e apposita autorizzazione del Procuratore del Repubblica o, in alternativa, dell’Autorità giudiziaria più vicina. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17228 del 26 giugno 2025. La decisione in commento pone dunque precisi limiti ai poteri di accesso e acquisizione documentale quando questi hanno per oggetto uno studio professionale ed il titolare dello stesso eccepisce il c.d. “segreto professionale”.

Cassazione: inutilizzabili i documenti acquisiti senza autorizzazione successiva all’eccezione di segreto professionale

Con la decisione in commento la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e confermato la sentenza di appello sul presupposto che, per acquisire e utilizzare ai fini dell’accertamento della documentazione extra contabile rinvenuta in uno studio legale che aveva opposto il segreto professionale, era necessaria una specifica autorizzazione della competente autorità, rilasciata dopo la suddetta opposizione.

Nel caso di specie, invece, sia l’accesso che l’acquisizione documentale presso lo studio legale si era basato su un’autorizzazione preventiva e generica, che la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha ritenuto non sufficiente.

È stata pertanto respinta la tesi dell’Ufficio che sosteneva, in maniera abbastanza sorprendente quanto singolare, alla luce anche della legislazione vigente, che “… in ogni caso, l’Amministrazione finanziaria può avvalersi degli elementi acquisiti anche senza il rispetto delle formalità di garanzia difensive prescritte per il procedimento penale”.

Accertamento fiscale: la Procura deve motivare l’autorizzazione solo dopo l’opposizione del segreto professionale

Il fulcro su quale l’ordinanza in commento poggia è l’arresto nomofilattico contenuto nella sentenza delle Sezioni Unite n. 11082/2010. Con detta sentenza è stato infatti affermato che l’autorizzazione richiesta dalla normativa è un atto interno al procedimento fiscale, producente effetti soltanto in tale ambito, e che la valutazione circa la sua legittimità o meno è devoluta al sindacato del giudice tributario, la cui giurisdizione non riguarda esclusivamente gli atti finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria, ma si estende a tutti quelli che siano stati emanati nelle varie fasi dello stesso.

Il “contenuto motivazionale” della suddetta autorizzazione, si legge testualmente nell’ordinanza, “deve essere necessariamente correlato all’esigenza di esplicitare l’avvenuta comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti, ovverosia dei motivi per i quali il contribuente-professionista ha opposto il segreto professionale e delle ragioni che, secondo l’organo verificatore, rendono necessari e/o indispensabili, ai fini della verifica fiscale in atto, l’esame dei documenti e/o l’acquisizione delle notizie secretati”.

In ragione di tale necessità di una comparativa valutazione delle contrapposte ragioni offerte dalle parti appare dunque evidente – conclude la Cassazione sul punto – che l’autorizzazione della Procura della Repubblica, richiesta dall’art. 52, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, non può che essere legittimamente adottata soltanto dopo che il segreto professionale è stato eccepito, e non anche in via preventiva, quando ancora non è dato sapere se, ed eventualmente in relazione a quali documenti, esso sarà opposto.

Il vizio in oggetto rende inutilizzabili i documenti acquisiti e comporta una grave conseguenza ai fini dell’intera operazione di verifica. Nel caso di specie, infatti, l’acquisizione documentale aveva fatto emergere l’esistenza di una “contabilità parallela” dalla quale era poi scaturito un accertamento induttivo a carico dello studio legale.

Lo Statuto del contribuente rafforza la tutela contro i vizi dell’attività istruttoria

La sanzione della inutilizzabilità della documentazione acquisita in violazione della legge, oltre che essere già recepita in alcune circostanze specifiche, dagli stessi giudici di legittimità, è ora sancita espressamente nel nuovo art. 7-quinquies della Legge n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) la cui rubrica è appunto: “Vizi dell’attività istruttoria”.

Tale disposizione recita, infatti che: “non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’art. 12, comma 5, o in violazione di legge”.

Ed è tale disposizione di evidente buon senso che gli Uffici e soprattutto gli organi verificatori devono sempre e comunque attenersi pena veder vanificati gli sforzi compiuti nella lotta e il contrasto all’evasione.

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