COMMENTO
DI MASSIMILIANO TASINI | 20 NOVEMBRE 2025
L’Ordinanza n. 19556 del 15 luglio 2025 della Corte di Cassazione conferma la linea evolutiva in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e obbligo di repêchage. L’art. 3 della Legge n. 604/1966 prevede che il licenziamento per ragioni economico-organizzative sia legittimo solo se il datore dimostra la soppressione della posizione e l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni compatibili. L’obbligo di repêchage, di fonte giurisprudenziale, costituisce quindi elemento costitutivo della legittimità del recesso.
Fatti di causa e percorso processuale
Nel caso in esame, un lavoratore licenziato per soppressione del posto aveva rifiutato la proposta datoriale di ricollocamento in mansioni inferiori (responsabile prenotazioni, livello I).
Il Tribunale aveva ritenuto legittimo il licenziamento, ma la Corte d’Appello aveva accolto l’impugnazione del lavoratore. La società ricorreva in Cassazione, deducendo l’avvenuto assolvimento dell’obbligo di repêchage mediante l’offerta di mansioni compatibili e il rifiuto ingiustificato del dipendente.
Motivazione della Corte e principio di diritto
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, riconoscendo la legittimità del licenziamento. Secondo la Corte, l’obbligo di repêchage è assolto quando il datore di lavoro dimostri di aver offerto al lavoratore un posto compatibile, anche di livello inferiore, purché coerente con la professionalità acquisita. Il rifiuto del lavoratore esclude la possibilità di considerare il licenziamento illegittimo.
La Corte ha richiamato il principio, già espresso da precedenti consolidati (Cass. n. 5592/2016; Cass. n. 12101/2016; Cass. n. 749/2023), secondo cui l’obbligo di repêchage non impone al datore di lavoro di creare nuove posizioni o modificare la propria organizzazione, ma solo di verificare la disponibilità di mansioni compatibili all’interno dell’organigramma aziendale. In presenza di offerta congrua, il rifiuto del lavoratore legittima il recesso per giustificato motivo oggettivo.
Principio di diritto: “L’obbligo di repêchage si considera adempiuto quando il datore di lavoro offra al lavoratore mansioni inferiori ma compatibili con la sua professionalità e questi rifiuti tale proposta; in tal caso, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo“.
Confronto con precedenti giurisprudenziali verificati
Cass. civ., sez. lav., Sentenza 23 marzo 2016, n. 5592:
→ ha affermato che il repêchage è elemento costitutivo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e che la prova della sua impossibilità grava sul datore.
Cass. civ., sez. lav., Sentenza 13 giugno 2016, n. 12101:
→ ha chiarito che l’obbligo di repêchage deve essere assolto in modo concreto, anche valutando mansioni inferiori compatibili.
Cass. civ., Ordinanza 17 gennaio 2023, n. 749:
→ ha ribadito che il datore di lavoro deve provare la non esistenza di posizioni alternative, ma non è tenuto a istituirne di nuove o a modificare l’assetto organizzativo.
Implicazioni operative e considerazioni conclusive
La pronuncia n. 19556/2025 consolida l’orientamento secondo cui il repêchage è un obbligo di verifica reale, ma non un dovere di mantenimento del posto a ogni costo. Le imprese devono documentare l’offerta di ricollocamento e il rifiuto del lavoratore per dimostrare l’assolvimento dell’obbligo. La corretta tracciabilità di tali passaggi rappresenta elemento essenziale di tutela in caso di contenzioso.
Dal punto di vista sistematico, l’Ordinanza bilancia l’esigenza di tutela del lavoratore con la libertà organizzativa del datore, chiarendo che il repêchage non può tradursi in un vincolo di immutabilità aziendale. L’orientamento, ormai consolidato, orienta la consulenza giuslavoristica verso la formalizzazione di procedure interne di offerta e rifiuto delle mansioni alternative, a garanzia della trasparenza e della difendibilità delle scelte aziendali.
Riferimenti normativi:
- Corte di Cassazione, Ordinanza 15 luglio 2025, n. 19556
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