RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 21 NOVEMBRE 2025
AGENZIA
Recesso
Il recesso del preponente nel contratto di agenzia – Cass., Sez. Lav., ord. 5 novembre 2025, n. 29279
Il Fatto
Un agente proponeva ricorso contro la società preponente per l’accertamento dell’illegittimità del recesso per giusta causa intimatogli.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava integralmente la domanda dell’agente, ritenendo provati gli addebiti a lui contestati.
L’agente ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che il recesso per giusta causa dal contratto di agenzia è disciplinato, in virtù dell’analogia con il rapporto di lavoro subordinato, dall’art. 2119 c.c., che impone di valutare la condotta dell’agente sotto il profilo dell’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia. Quindi il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119 c.c. ben può essere utilizzato, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della configurazione giuridica dei due contratti, per stabilire se lo scioglimento del rapporto di agenzia sia avvenuto o non per un fatto imputabile all’agente tale da precludere la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto perché idoneo a rimuovere il presupposto fiduciario di questo.
Poiché i giudici si sono attenuti a tale principio, la corte rigetta il ricorso.
FERIE
Lavoro subordinato
Il riconoscimento delle ferie differenti dai giorni di riposo – Cass., Sez. Lav., sent. 4 novembre 2025, n. 29141
Il Fatto
Un lavoratore adiva il Tribunale chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento dell’indennità sostitutiva di ferie non godute.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo, sulla base del CCNL applicabile, che le ferie maturate fossero ricomprese e assorbite nell’ammontare dei giorni di riposo previsti.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che è illegittima la sovrapposizione del periodo di riposo a quello di ferie, con conseguente riduzione del periodo feriale. Infatti, le ferie annuali sono irrinunciabili ai sensi dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2109 c.c., e la contrattazione collettiva non può derogare alla disciplina nazionale ed europea che distingue chiaramente tra riposo giornaliero, settimanale e ferie, escludendo la possibilità di sovrapposizione.
La corte pertanto accoglie il ricorso.
INFORTUNIO SUL LAVORO
Responsabilità del datore
Il risarcimento del danno al lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro – Cass., Sez. Lav., ord. 5 novembre 2025, n. 29302
Il Fatto
Un lavoratore, adiva il Tribunale per la liquidazione del danno subito a seguito di un infortunio sul lavoro, dopo che in sede penale era stata accertata la responsabilità del datore di lavoro.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo abnorme il comportamento del lavoratore.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La Corte ribadisce che la sentenza penale definitiva di condanna (e la conseguente condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile) spiega effetto vincolante in sede civile (ai sensi dell’art. 651 c.p.p.) in ordine all’affermata responsabilità degli imputati, precludendo al giudice civile di compiere un nuovo accertamento sull’an della responsabilità civile, e in particolare sulla sussistenza del fatto reato e sul nesso di causalità materiale tra condotta ed evento lesivo.
Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso.
INPS
Contribuzione
La contribuzione dovuta dal datore di lavoro, ente pubblico economico – Cass., Sez. Lav., ord. 3 novembre 2025, n. 29046
Il Fatto
Una Fondazione di ricerca si opponeva a una cartella esattoriale INPS per il pagamento di contributi per indennità di malattia, maternità e disoccupazione.
In sede di rinvio, la Corte d’Appello riteneva non dovutala contribuzione per l’indennità di malattia, confermando la decisione di primo grado, motivando con l’assenza di contestazione da parte dell’INPS in merito alla mancanza di personale operaio alle dipendenze della Fondazione (unico personale per cui era espressamente prevista la contribuzione per malattia). Riteneva invece dovuta la contribuzione per maternità e disoccupazione.
INPS ricorreva in Cassazione.
Il Diritto
La Corte ribadisce che il principio di diritto stabilito per cui alla Fondazione, in quanto ente pubblico economico, è imposto di versare la contribuzione per maternità e malattia. Poiché la circostanza della mancanza di operai era stata dedotta e allegata in modo significativo solo nel giudizio di rinvio, l’INPS non poteva essere onerato della contestazione di un elemento di fatto non tempestivamente dedotto in giudizio.
La Corte pertanto accoglie il ricorso.
Pensione
I requisiti per ottenere la pensione di reversibilità – Cass., Sez. Lav., ord. 5 novembre 2025, n. 29271
Il Fatto
Il figlio maggiorenne disabile di un lavoratore deceduto adiva il Tribunale per ottenere la pensione di reversibilità, ai sensi dell’art. 22 della Legge n. 903 del 1965 e dell’art. 8 della Legge n. 222 del 1984.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, escludendo la sussistenza del requisito sanitario (totale inabilità lavorativa) e del requisito economico (vivenza a carico).
Veniva proposto ricorso per cassazione.
Il Diritto
La corte ritiene inammissibile il ricorso in merito alla sussistenza del requisito. Accoglie però il motivo di ricorso in merito all’ esenzione dal pagamento delle spese legali, poiché la pensione di reversibilità richiesta rientra pacificamente nel perimetro delle «prestazioni previdenziali o assistenziali» per le quali è applicabile l’esenzione dalle spese, ricorrendo i presupposti reddituali previsti dalla norma.
La Corte pertanto accoglie tale motivo di ricorso e rigetta il ricorso nel resto.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Impugnativa del licenziamento
La validità dell’impugnativa del licenziamento – Cass., Sez. Lav., ord. 6 novembre 2025, n. 29347
Il Fatto
Il Tribunale e la Corte d’Appello dichiaravano inammissibile l’impugnativa del licenziamento intimato al lavoratore per intervenuta decadenza dal termine, ritenendo inidonea, ai fini del rispetto del termine di 60 giorni previsto dall’art. 6 della Legge n. 604 del 1966, una prima nota di impugnativa sottoscritta dal solo avvocato, in assenza sia di una valida e pregressa procura, sia di una successiva ratifica.
Il lavoratore ricorreva in Cassazione.
Il Diritto
La corte ribadisce che l’impugnativa stragiudiziale del licenziamento, ai sensi dell’art. 6, comma 1, della Legge n. 604 del 1966, può essere validamente eseguita in nome e per conto del lavoratore dal suo difensore, purché questi sia stato preventivamente munito di apposita procura scritta. Non è richiesto che il difensore comunichi o documenti la procura al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni, ma è sufficiente che manifesti di agire in nome e per conto dell’assistito e dichiari di avere ricevuto apposito mandato. Il datore di lavoro, una volta convenuto in giudizio, può comunque contestare l’idoneità dell’impugnativa stragiudiziale sottoscritta dal solo difensore.
Poiché nel caso di non era stata fornita alcuna prova né della procura pregressa, né di una successiva ratifica, la corte rigetta il ricorso.
Principio di immediatezza
Il principio di immediatezza della contestazione disciplinare e la sua applicazione – Cass., Sez. Lav., sent. 4 novembre 2025, n. 29139
Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento per giusta causa per aver simulato un infortunio sul lavoro.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo che i filmati video allegati dall’azienda fossero ammissibili e probanti la condotta addebitata, evidenziando che il dipendente si era volontariamente infortunato.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
In merito al principio di immediatezza della contestazione, la Corte ribadisce che esso va inteso in senso relativo, compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo in ragione della complessità di accertamento della condotta.
La Corte osserva poi che, sebbene il deposito originario dei file video e audio potesse non essere stato conforme alle Specifiche Tecniche del PCT vigenti ratione temporis (art. 13 Specifiche tecniche PCT D.M. n. 44/2011), ciò non comporta alcuna nullità dell’ammissione della prova.
La ratio delle Specifiche Tecniche è la “tutela del sistema”, non l’imposizione di una sanzione processuale per l’inosservanza. Poiché i file erano stati resi accessibili al lavoratore fin dal primo grado (che anzi li aveva utilizzati a sua difesa), il contraddittorio e il diritto di difesa non risultavano pregiudicati.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Procedimento disciplinare
L’accertamento giudiziale della condotta contestata al lavoratore – Cass., Sez. Lav., ord. 2 novembre 2025, n. 28950
Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato anche per aver simulato un infortunio sul lavoro, come documentato da un filmato di video sorveglianza aziendale.
Il Tribunale e la Corte d’Appello ritrattavano la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
la corte ricorda che il giudice del lavoro adito con impugnativa di licenziamento, ove pure comminato in base agli stessi comportamenti che furono oggetto di imputazione in sede penale, non è affatto obbligato a tener conto dell’accertamento contenuto nel giudicato di assoluzione del lavoratore, ma ha il potere di ricostruire autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti materiali e di pervenire a valutazioni e qualificazioni degli stessi del tutto svincolate dall’esito del procedimento penale; ed in ogni caso, poi, la valutazione della gravità del comportamento del lavoratore, ai fini della verifica della legittimità del licenziamento per giusta causa, deve essere da quel giudice operata alla stregua della “ratio” degli artt. 2119 c.c. e 1 della Legge 15 luglio 1966 n. 604, e cioè tenendo conto dell’incidenza del fatto commesso sul particolare rapporto fiduciario che lega le parti nel rapporto di lavoro, delle esigenze poste dall’organizzazione produttiva e delle finalità delle regole di disciplina postulate da detta organizzazione, indipendentemente dal giudizio che del medesimo fatto dovesse darsi ai fini penali, sicché non incorre in vizio di contraddittorietà la sentenza che affermi la legittimità del recesso nonostante l’assoluzione del lavoratore in sede penale per le medesime vicende addotte dal suo datore di lavoro a giustificazione dell’immediata risoluzione del rapporto.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Sanzione
La sanzione applicabile al lavoratore in caso di procedimento disciplinare – Cass., Sez. Lav., ord. 6 novembre 2025, n. 29343
Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda, riconoscendo la sola tutela indennitaria prevista dal comma 5 dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori al lavoratore, che ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che ove il contratto collettivo preveda una sanzione conservativa per la condotta addebitata, il giudice deve attribuire prevalenza a tale valutazione di minore gravità espressa dall’autonomia collettiva, applicando la tutela reintegratoria di cui all’art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori, salvo che non accerti l’intenzione delle parti di non escludere la sanzione espulsiva per i casi di maggiore gravità. Ai fini dell’applicazione della tutela reintegratoria, il giudice può sussumere la condotta accertata in giudizio in una clausola generale ed elastica del contratto collettivo che punisca l’illecito con sanzione conservativa.
Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso.
SANZIONE DISCIPLINARE
Processo disciplinare
La valutazione dei precedenti disciplinari nell’irrogazione di sanzione disciplinare -Cass., Sez. Lav., ord. 31 ottobre 2025, n. 28853
Il Fatto
Un insegnante impugnava la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Il lavoratore chiedeva in subordine l’applicazione di una sanzione conservativa senza decurtazione della retribuzione.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo la condotta lesiva dell’immagine dell’istituzione scolastica e del rapporto fiduciario con studenti e famiglie, in violazione dei doveri di responsabilità e correttezza della funzione docente, anche in relazione alla recidiva del lavoratore.
Il docente ricorreva per Cassazione.
Il Diritto
La Corte di cassazione ha rigettato i motivi di ricorso. In primo luogo, ha ritenuto inammissibile il motivo relativo alla mancata ammissione di mezzi istruttori, poiché il ricorrente non aveva riportato nel ricorso le istanze istruttorie, né indicato la decisività di tali prove, oneri necessari nel giudizio di legittimità.
La corte ribadisce che ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, della Legge n. 300/1970, non si deve tenere conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione, ma ciò non vieta di considerare fatti non contestati e collocantisi oltre il biennio, al fine di confermare la significatività di altri addebiti. Tali precedenti possono essere utilizzati per la valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità del provvedimento sanzionatorio.
La Corte pertanto rigetta il ricorso.
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