3° Contenuto Riservato: Rassegna di Giurisprudenza 26 settembre 2025, n. 615

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 26 SETTEMBRE 2025

APPALTO

Lavoro subordinato

Le conseguenze del cambio appalto e le tutele dei lavoratori – Cass., Sez. Lav., ord. 9 settembre 2025, n. 24903

Il Fatto

Alcuni lavoratori, adivano il Tribunale per far accertare il loro diritto a transitare presso la società subentrante nell’appalto.

La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado ha riconosciuto il loro diritto a essere assunti a tempo indeterminato e pieno dalla società, dichiarando tuttavia inammissibile la richiesta dei lavoratori di ottenere il pagamento degli emolumenti, in quanto proposta solo in sede di appello.

Sia la società che i lavoratori ricorrevano per  Cassazione.

Il Diritto

la corte osserva che la statuizione del giudice di primo grado sul congelamento della situazione occupazionale durante un affidamento temporaneo del servizio era passata in giudicato, e che la clausola del contratto collettivo che prevedeva l’assunzione del personale precedente, e che non era stata appellata,  era pienamente applicabile e suscettibile di esecuzione in forma specifica  e la domanda dei lavoratori sul pagamento degli stipendi, poi , non poteva considerarsi una mera specificazione della domanda originaria di accertamento del rapporto di lavoro, in quanto era caratterizzata da un diverso petitum e da una diversa causa petendi.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

CESSIONE D’AZIENDA

Lavoro subordinato

La sorte dei  crediti del lavoratore in caso di cessione di azienda – Cass., Sez. Lav., sent. 11 settembre 2025, n. 24998

Il Fatto

Gli eredi di un lavoratore adivano il Tribunale per ottenere il pagamento di diverse indennità (sostitutiva del preavviso, FIRR, suppletiva clientela e di cassa).

La Corte d’Appello accoglieva parzialmente la domanda ma escludeva la responsabilità solidale tra le due società succedutesi a seguito di concordato, in ragione di una specifica pattuizione contrattuale che escludeva il vincolo.

Gli eredi ricorrevano per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che, in caso di trasferimento d’azienda, il subentro dell’acquirente nei debiti pregressi non è automatico e che, in ogni caso, tali debiti devono risultare dai libri contabili obbligatori. La cessione d’azienda da parte della curatela fallimentare ha un effetto “purgativo” sui debiti pregressi.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

Retribuzione

Il mantenimento dello stesso livello retributivo in caso di cessione di azienda – Cass., Sez. Lav., ord. 6 settembre 2025, n. 24676

Il Fatto

Un lavoratore adiva il Tribunale il pagamento del superminimo ad personam che non gli era stato più corrisposto dalla  società cui era stato ceduto il ramo d’azienda.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano al domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

Poiché l’affitto del ramo di azienda prevedeva la conservazione degli stipendi dei lavoratori, la corte osserva che superminimo rappresenta una eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito sicché non è dubbia la appartenenza di esso al trattamento economico del lavoratore.

La corte ricorda poi che in caso di cessione di ramo d’azienda, ai dipendenti ceduti trova applicazione, ai sensi dell’art. 2112, comma 3, c.c., il contratto collettivo in vigore presso la cessionaria, anche se più sfavorevole, atteso il loro inserimento nella nuova realtà organizzativa e nel mutato contesto di regole, anche retributive, restando in vigore l’originario contratto collettivo nel solo caso in cui presso la cessionaria i rapporti di lavoro non siano regolamentati da alcuna disciplina collettiva. La Corte ha poi stabilito che l’onere della prova in caso di cessione di ramo d’azienda spetta alla società cessionaria, che è responsabile in solido per i debiti della cedente.

Poiché i giudici non si sono attenuti a tali principio, la corte accoglie il ricorso.

CONTRATTO A TERMINE

Valutazione giudiziale dell’abuso

La valutazione giudiziale dell’abuso di contratti a termine – Cass., Sez. Lav., ord. 8 settembre 2025, n. 24805

Il Fatto

Un lavoratore adiva il Tribunale per ottenere la nullità dei contratti a termine e di somministrazione stipulati in successione con una società, chiedendo la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e il pagamento delle differenze retributive.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue domande, ritenendo che il ricorso fosse tardivo, non estendendosi l’impugnazione dell’ultimo contratto a quelli precedenti.

Il lavoratore ricorrevano per Cassazione.

Il Diritto

La Corte ricorda che l’impugnazione dell’ultimo contratto della serie, sebbene non estenda la validità dell’impugnativa ai precedenti, consente comunque al giudice di valutare incidentalmente l’intera sequenza dei rapporti per verificare se sia stato superato il limite di durata di trentasei mesi, finalizzato a evitare un’elusione delle norme sui contratti a termine.

La corte pertanto accoglie il ricorso.

INPS

Indennità

La prescrizione della richiesta di indennità ad INPS – Cass., Sez. Lav., ord. 5 settembre 2025, n. 24657

Il Fatto

Un’assistente di volo ha presentato ricorso contro l’INPS per aver liquidato l’indennità di maternità decurtando del 50% le indennità di volo, con un trattamento meno favorevole rispetto a quello previsto per legge.

Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la  domanda, qualificando la condotta dell’INPS come discriminazione di genere ordinando il pagamento delle differenze retributive.

INPS ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte rileva che non vi era stata alcuna discriminazione di genere, intesa come trattamento “meno favorevole” sin dall’inizio, poiché l’INPS aveva liquidato l’indennità sulla base di un’interpretazione della normativa all’epoca ritenuta legittima. Tale comportamento non si configura come una condotta discriminatoria, bensì come un parziale inadempimento dell’obbligazione previdenziale. Di conseguenza, la domanda della lavoratrice non ricadeva sotto la tutela antidiscriminatoria, ma era soggetta alle ordinarie regole del diritto delle obbligazioni e del diritto previdenziale. Pertanto, la Corte d’Appello ha errato nel non accogliere l’eccezione di decadenza sollevata dall’INPS.

La corte pertanto accoglie il ricorso.

LAVORO SUBORDINATO

Dimissioni

La decorrenza delle dimissioni in caso di risoluzione consensuale del rapporto – Cass., Sez. Lav., ord. 9 settembre 2025, n. 24850

Il Fatto

Un dipendente, dopo essersi dimesso otteneva un Decreto ingiuntivo per il pagamento del TFR.

La società datrice di lavoro si opponeva al Decreto, sostenendo il diritto di trattenere l’indennità di mancato preavviso e chiedendo un risarcimento danni.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda della società, accertando che la richiesta da parte della società stessa della riconsegna dei beni aziendali configurasse un mutuo consenso alla risoluzione immediata del rapporto di lavoro, con rinuncia al periodo di preavviso.

La società ricorreva per Cassazione.

Il Diritto

La Corte di cassazione osserva che l’interpretazione della lettera di dimissioni, con contestuale messa a disposizione da parte del lavoratore per il passaggio di consegne, e dell’accettazione da parte della società delle dimissioni immediate come esonero dal preavviso, è del tutto plausibile alla luce del testo delle rispettive comunicazioni e delle circostanze di fatto nello sviluppo degli eventi relativi.

La corte ricorda che la procedura di convalida delle dimissioni è posta a tutela del lavoratore, precisamente, come si evince dalla lettera della legge (art. 4, comma 18, legge n. 92/2012) per accertare la veridicità della data e la autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore, in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto e non vi è interesse del datore di lavoro ad eccepirne la nullità.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

Retribuzione

La necessaria messa in mora da parte del lavoratore in caso di accertamento del lavoro subordinato – Cass., Sez. Lav., ord. 10 settembre 2025, n. 24975

Il Fatto

Alcuni lavoratori adivano in Tribunale per ottenere il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro la Corte d’Appello, in sede di rinvio rigettava la domanda, ritenendo che i lavoratori non avevano fornito prova di aver formalmente costituito in mora la società, offrendo la propria prestazione lavorativa per il periodo in questione.

I lavoratori ricorrevano nuovamente per Cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che il diritto dei lavoratori a percepire le retribuzioni, in assenza di attività lavorativa, era subordinato a un atto di  costituzione in mora successivo all’ordine giudiziale di ripristino del rapporto.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

L’onere probatorio gravante sui lavoratori in caso di richiesta di differenze retributive – Cass., Sez. Lav., ord. 6 settembre 2025, n. 24679

Il Fatto

Alcuni lavoratori, dipendenti di una cooperativa e impiegati un’altra società tramite contratti di somministrazione, ha adito il Tribunale per ottenere differenze retributive, ritenendo che i contratti fossero illegittimi.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava  la domanda di differenze retributive poiché i lavoratori non avevano specificato i presupposti necessari, come la dimensione temporale della prestazione lavorativa.

I lavoratori ricorrevano per cassazione.

Il Diritto

La corte rileva che i giudici di merito  hanno valutato la mancanza di prove relative alla quantità di ore lavorate dai ricorrenti, escludendo così la presunzione di un rapporto di lavoro full time, la cui sussistenza non era stata dimostrata. Né  la sentenza precedente, che aveva accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro diretto la società appaltante il servizio, aveva stabilito, con efficacia di giudicato, le modalità temporali della prestazione lavorativa.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

LICENZIAMENTO

Congedo

L’efficacia del licenziamento in caso di precedente congedo – Cass., Sez. Lav., ord. 11 settembre 2025, n. 24993

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il proprio licenziamento, ritenendo che questo non fosse efficace in quanto aveva richiesto un congedo biennale per assistere la madre, ai sensi dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151 del 2001.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda ritenendo che il licenziamento, intimato al termine di una procedura conciliativa, avesse effetto retroattivo a partire dall’avvio della stessa, e che l’eccezione di sospensione prevista per i congedi parentali non si applicasse al congedo biennale per l’assistenza familiare con grave disabilità.

Il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che l’art. 1, comma 41, della Legge n. 92 del 2012, che prevede l’efficacia retroattiva del licenziamento, non è assoluto e può essere derogato.

Pertanto, il licenziamento poteva considerarsi efficace solo dal momento della sua comunicazione, Di conseguenza, la domanda di congedo, presentata prima, è da ritenersi valida, in quanto il rapporto di lavoro era ancora in corso.

Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tali principi, la corte accoglie il ricorso.

TRASFERIMENTO D’AZIENDA

Tutela del lavoratore

La tutela del lavoratore in caso di trasferimento di azienda – Cass., Sez. Lav., ord. 29 agosto 2025, n. 24212

Il Fatto

Un lavoratore adiva il Tribunale per ottenere il pagamento di differenze retributive, sostenendo di aver mantenuto un unico rapporto di lavoro continuativo nonostante il trasferimento di gestione della stazione di servizio dove lavorava. In particolare, il lavoratore chiedeva che il trasferimento di gestione fosse qualificato come una cessione di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., con conseguente responsabilità solidale tra l’originario e il nuovo datore di lavoro per i crediti maturati.

Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda e Tribunale i datori di lavoro proponevano  ricorso per cassazione.

Il Diritto

La corte ribadisce che il trasferimento di azienda si configura ogni qualvolta, pur in assenza di un rapporto contrattuale diretto tra cedente e cessionario, si verifichi un passaggio di un complesso di beni tale da rendere possibile lo svolgimento dell’attività produttiva. Una volta realizzatosi il trasferimento di azienda, i rapporti di lavoro preesistenti al trasferimento proseguono con il nuovo titolare senza necessità del consenso da parte dei lavoratori, con l’effetto che ogni lavoratore può far valere nei confronti del nuovo titolare i diritti maturati in precedenza ed esercitabili nei confronti del cedente .

La corte pertanto rigetta il ricorso.

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