COMMENTO
DI GIOVANNA GRECO | 16 OTTOBRE 2025
Una volta aperta la procedura con la sentenza dichiarativa, la prima fase interna fondamentale è l’accertamento del passivo, cioè la determinazione ufficiale di quali creditori (e per quali importi) parteciperanno alla distribuzione dell’attivo. Questo avviene tramite un procedimento strutturato e cadenzato, incentrato sull’udienza di verifica dello stato passivo presieduta dal giudice delegato.
Domande di insinuazione
Dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale, il curatore invia prontamente ai creditori conosciuti la comunicazione dell’apertura della procedura e l’invito a presentare le domande di ammissione al passivo. La sentenza fissa il termine entro cui i creditori devono insinuarsi, tipicamente 30 giorni prima dell’udienza di verifica. Questa scadenza è per le domande tempestive. In buona sostanza, i creditori hanno generalmente qualche mese di tempo. La domanda di insinuazione è un ricorso telematico indirizzato al curatore e depositato tramite PEC o portale del tribunale, contenente:
- l’indicazione del credito che si intende far valere (importo, causa, data di maturazione);
- l’eventuale titolo di prelazione (privilegio, ipoteca, pegno) su cui si chiede di essere ammessi in via preferenziale, con relativa documentazione (es: atto di iscrizione ipoteca, fatture privilegiati ex art. 2751-bis c.c. per lavoratori autonomi, ecc.);
- eventuali domande di rivendica o restituzione di beni, se il terzo vanta proprietà su cose in possesso del fallito;
- i documenti giustificativi (contratti, fatture, decreto ingiuntivo, assegni protestati, estratti conto, ecc.). Non è obbligatorio un avvocato per presentare l’istanza (il creditore può farlo personalmente, specie nei moduli semplificati predisposti dai tribunali).
Il CCII consente espressamente che la domanda di ammissione possa essere presentata anche senza assistenza di un legale, rendendo la procedura più accessibile ai creditori piccoli. Tuttavia, in casi complessi o con contestazioni, molti creditori si affidano a un avvocato.
Domande tardive
Se un creditore non riesce a rispettare il termine iniziale, può comunque insinuarsi dopo. La legge distingue:
- domanda tardiva semplice: presentata oltre il termine ma entro 6 mesi dalla data in cui lo stato passivo è stato reso esecutivo. In tal caso il creditore viene ammesso ma subirà le decadenze sulle ripartizioni già effettuate (vedi oltre);
- domanda ultratardiva: presentata oltre 6 mesi dall’esecutività del passivo, ma prima che siano esaurite le ripartizioni finali. È ancora ammissibile solo se il ritardo è dovuto a causa non imputabile al creditore e la domanda viene proposta entro 60 giorni dal cessare della causa impediente. Ad esempio, un creditore che scopre l’esistenza del fallimento in ritardo perché non avvisato e dimostra di aver avuto un impedimento oggettivo, può chiedere l’ammissione ultratardiva entro 60 giorni da quando ha saputo della procedura.
Trascorsa la fase di riparti finali, non sono più ammesse domande (in pratica dopo il decreto di chiusura, i crediti non soddisfatti restano tali e il creditore attenderà l’eventuale esdebitazione per la parte residuale).
Mancanza di attivo
Qualora il fallimento sia privo di attivo (nessun bene da liquidare), l’art. 209 CCII prevede che non si faccia luogo all’accertamento del passivo: il curatore, se accerta che non ci sono attività da distribuire ai creditori, può chiedere al giudice delegato di saltare la fase di verifica dei crediti e di chiudere anticipatamente la procedura ai sensi dell’art. 234 CCII. Ciò evita inutili formalità quando comunque i creditori non otterranno nulla. La chiusura per mancanza di attivo (cosiddetta “chiusura per insufficienza dell’attivo”) estingue la procedura fin dall’inizio. I creditori tuttavia restano liberi poi di agire esecutivamente contro il debitore (che a quel punto torna in bonis) qualora emergessero in futuro beni occultati. L’eventuale esdebitazione anticipata (art. 282 CCII) può liberare subito il debitore persona fisica.
Verifica dei crediti e formazione dello stato passivo
Decorso il termine per le insinuazioni tempestive, il curatore esamina tutte le domande ricevute. Egli prepara un progetto di stato passivo, cioè un elenco di creditori suddiviso per grado (prededucibili, privilegiati, chirografari, postergati), indicando per ognuno l’importo richiesto e le sue conclusioni: ammissione integrale, ammissione parziale (ad es. riconosce solo una parte del credito o esclude gli interessi), oppure esclusione (se ritiene il credito inesistente o non sufficientemente provato).
Il progetto di stato passivo, con relative osservazioni, viene depositato in cancelleria prima dell’udienza di verifica, così che i creditori possano prenderne visione. All’udienza di verifica dello stato passivo (alla data fissata nella sentenza, salvo proroghe dal giudice delegato nei limiti di legge), si procede all’esame in contraddittorio.
Il giudice delegato presiede l’udienza, assistito dal curatore. Possono comparire i creditori (spesso rappresentati da avvocati) le cui domande sono contestate o da chiarire. In pratica, se il curatore ha proposto di escludere un credito, il creditore interessato può presentarsi per difendere la propria pretesa. Il giudice delegato esamina ogni domanda, tenendo conto delle conclusioni del curatore e delle eventuali osservazioni del creditore.
Terminata la disamina di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo definitivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria. Il decreto di esecutività contiene l’elenco dei crediti ammessi (eventualmente con riserva) e di quelli esclusi.
I creditori possono essere ammessi con riserva in alcuni casi: ad esempio, se un credito è condizionato o in contestazione pendente altrove (cause civili in corso, ecc.), il giudice delegato lo ammette allo stato passivo “sub iudice”, riservando la definitiva ammissione all’esito del giudizio esterno.
Impugnazioni dello stato passivo
I creditori che non sono soddisfatti dell’esito (perché esclusi o ammessi in misura inferiore al richiesto, o in grado chirografario anziché privilegiato) possono proporre le seguenti azioni:
- opposizione allo stato passivo: è un ricorso che il creditore escluso presenta al Tribunale (in composizione collegiale) contestando il decreto del giudice delegato nella parte che lo riguarda. Deve essere proposto entro 30 giorni dalla comunicazione del decreto di esecutività dello stato passivo;
- impugnazione dei crediti ammessi: anche un creditore già ammesso può avere interesse a impugnare l’ammissione di un altro creditore, se la ritiene indebita (ciò perché l’ammissione altrui incide sulla percentuale di soddisfazione). In tal caso si parla di impugnazione ex art. 208 CCII, sempre davanti al Tribunale entro 30 giorni;
- revocazione dello stato passivo: ancora, se emergono fatti nuovi o errori (es. un credito è stato ammesso per errore di persona), si può chiedere la revocazione in casi tassativi.
I giudizi impugnatori si svolgono come cause civili in parallelo alla procedura.
Soltanto i creditori formalmente ammessi allo stato passivo (anche se con riserva) hanno diritto di partecipare alle ripartizioni dell’attivo. Chi non ha presentato domanda o è stato escluso (senza opporsi o con opposizione respinta) è fuori dal concorso e i suoi crediti restano non soddisfatti, salvo residuali azioni verso coobbligati o fideiussori.
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