4° Contenuto Riservato: L’importanza della finanza esterna a supporto della continuità aziendale

COMMENTO

DI GIOVANNA GRECO | 1 OTTOBRE 2025

La recente ordinanza del Tribunale di Milano 3 luglio 2025, n. 6910 ha confermato che la composizione negoziata della crisi (CNC) non può utilizzarsi nel caso in cui non vi sia prospettiva di continuità e il piano di risanamento predisposto abbia finalità liquidatorie. Nel caso ad oggetto, la società era da tempo in liquidazione, priva di dipendenti, l’unica attività era rappresentata da una consulenza per un anno resa dall’amministratore unico.

La continuità diretta e indiretta

La composizione negoziata della crisi ha come obiettivo la continuità dell’azienda, di cui all’art. 2555 c.c., e non dell’impresa, giacché è la sopravvivenza di quest’ultima a rappresentare condizione necessaria e sufficiente per un fisiologico utilizzo dell’istituto.

In questo contesto sono contemplate due forme di continuità: quella diretta, in cui è l’impresa (lo stesso soggetto giuridico entrato in CNC) a proseguire la propria attività, e quella indiretta, in cui vi è un trasferimento dell’attività dal soggetto giuridico in crisi a un nuovo imprenditore.

La continuità indiretta, peraltro, è la soluzione consigliata (se non l’unica possibile) quando il test pratico per la verifica della perseguibilità del risanamento indica che il margine operativo lordo “a regime” è tale da consentire il ripianamento dello stock di debito da ristrutturare in non meno di 5 o 6 anni. In alcuni casi, inoltre, quando l’EBITDA e/o il MOL sono negativi, il calcolo dell’indice non si rende nemmeno possibile e, purtuttavia, non mancano imprese che, in tale situazione, accedono alla CNC e ne escono con successo.

Qualora il MOL (o EBITDA) fosse negativo ci si può chiedere se la continuità può essere resa possibile non solo dal ripristino di flussi di cassa positivi e congrui generati dalla gestione caratteristica (dal core business), ma anche da altre fonti: la finanza esterna (ad esempio apportata dai soci) o la dismissione di asset la cui cessione non pregiudica la continuità.

Finanza esterna

La finanza esterna è un insieme di risorse economiche fornite da terzi, che diventano cruciali all’interno della composizione negoziata: può essere autorizzata dal tribunale e beneficiare di privilegi (come il finanziamento prededucibile) per supportare la continuità aziendale e la soddisfazione dei creditori. La finanza esterna apportata dai soci a integrazione dei flussi di cassa della continuità può rappresentare in questo una importante soluzione che consente di traghettare l’azienda in continuità a un nuovo imprenditore.

La composizione negoziata della crisi è una procedura volontaria e stragiudiziale per il risanamento dell’impresa che non richiede una finale liquidazione, ma che permette di gestire le trattative con i creditori attraverso un esperto indipendente.

La finanza esterna, ovvero risorse economiche che non appartengono all’imprenditore, può essere richiesta e fornita per supportare il piano di risanamento, ma il Tribunale di Milano ha chiarito, con l’ordinanza 3 luglio 2025, n. 6910, che non si può fare ricorso alla composizione negoziata se il piano ha finalità puramente liquidatorie, poiché questo strumento è pensato per la continuità aziendale. Un tale supporto esterno, oltre che per il rispetto delle norme a tutela dei creditori prededucibili, si rende necessario anche per ragioni di fatto: il mancato pagamento delle retribuzioni alle risorse umane chiave, ad esempio, le può indurre ad accettare altre offerte di lavoro, facendo così venir meno, in re ipsa, la continuità.

Queste considerazioni paiono poter essere trasfuse nelle valutazioni circa la sussistenza di continuità aziendale ai fini della composizione negoziata della crisi: anche in tal caso la finanza esterna può rappresentare un necessario supporto alla continuità aziendale nelle more delle trattative, finalizzate alla definizione delle condizioni del trasferimento del complesso aziendale a terzi e, in funzione di ciò, agli accordi su an e quantum del pagamento ai creditori, soprattutto nei casi in cui alle trattative stesse partecipino solo alcuni creditori e il regolare pagamento degli altri (oltre che dei lavoratori, come richiesto dalla legge) è necessario sia dal punto di vista sostanziale che del rispetto dei doveri di buona fede e correttezza (art. 4, comma 1, del CCII).

Riferimenti normativi:

  • Codice civile, art. 2555;
  • D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 4;
  • Tribunale di Milano 3 luglio 2025, n. 6910.

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