4° Contenuto Riservato: Il trust americano giunto alla fine è trasparente

COMMENTO

DI ADRIANA BAREA, SILVIA BETTIOL | 30 SETTEMBRE 2025

La Risposta ad interpello n. 239 dello scorso 15 settembre affronta il caso di un trust americano con beneficiari residenti in Italia. La Risposta appare di rilievo in quanto porta ad alcune conclusioni interessanti. In primo luogo un trust, palesemente interposto nei confronti del disponente, non è più tale alla morte del disponente stesso. In secondo luogo, secondo la Risposta, nonostante, dopo la morte del disponente, il trust abbia il solo scopo di liquidare i beni ed assegnarli ai beneficiari, e non abbia ulteriore durata una volta esaurita questa finalità, lo stesso non risulta interposto nei confronti di questi ultimi, bensì semplicemente fiscalmente trasparente. Purtroppo il contribuente aveva interpellato l’Amministrazione esclusivamente in relazione alle imposte dirette e non anche in merito alle imposte indirette.

Il caso

Gli istanti, persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, risultano essere anche i beneficiari di un trust americano istituito tempo addietro da un loro prozio, cittadino americano.

Vi sono anche altri beneficiari del trust, tuttavia, essendo non residenti, non rientrano tra le parti istanti. La caratteristica fondamentale del trust è che si tratta di un Grantor trust, per cui il prozio, mentre era in vita, aveva il potere di revoca, di modifica dell’atto di trust ed era anche trustee e primo beneficiario.

Conseguentemente, il trust era considerato fiscalmente interposto negli Stati Uniti e i redditi da questo prodotti erano dichiarati direttamente dal disponente.

A seguito della sua morte, il ruolo di trustee è stato assunto da un nuovo soggetto, fiscalmente residente in America, che è anche annoverato tra i beneficiari.

Dopo il decesso del disponente, il trust è stato considerato fiscalmente opaco negli Stati Uniti ed ha regolarmente presentato la propria dichiarazione dei redditi.

Con la morte del disponente, inoltre, sono apparsi nuovi beneficiari, tra cui anche i soggetti fiscalmente residenti in Italia.

Gli istanti sono interessati a conoscere non tanto il profilo della fiscalità indiretta e del monitoraggio fiscale, quanto piuttosto il profilo della fiscalità diretta del trust. In altre parole, gli stessi sono interessati a capire se il trust possa dirsi interposto oppure no, e nel secondo caso, se il trust possa qualificarsi come trasparente o come opaco.

La posizione delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ritiene che il trust non possa considerarsi interposto in quanto al trustee sono riservati ampi poteri gestori sul fondo in trust. Inoltre, il trustee medesimo può essere revocato e sostituito solamente su ordine del tribunale ed è esclusa qualsiasi responsabilitàdello stesso nei confronti dei beneficiari, salvo in caso di dolo o negligenza grave.

Tale insieme di circostanze induce l’Amministrazione a ritenere il trust non interposto e a qualificare lo stesso come trasparente, atteso che coerentemente con le indicazioni fornite dall’Agenzia in altri interventi di prassi, i beneficiari vantano un diritto soggettivo alla percezione dei redditi. Viene peraltro evidenziato come il trustee, pur essendo incluso tra i beneficiari, non presenti rapporti di parentela, né di amicizia, né professionali, con i beneficiari istanti residenti in Italia.

Spunti critici

La tesi dell’Ufficio risulta sicuramente interessante in quanto i contribuenti avevano proposto la soluzione dell’interposizione. Gli stessi, infatti, hanno rilevato come al par. 3.4 della circolare n. 34/E/2022, in caso di trust interposto, i beni rientrano nell’asse ereditario del disponente.

La su citata tesi, secondo cui l’interposizione fiscale, contrariamente a quanto affermato in precedenza, esplica i propri effetti anche ai fini della fiscalità indiretta, è apparsa per la prima volta nella circolare n. 34/E/2022 e non è mai stata rinnegata dall’Ufficio.

Si tratta di una posizione inaccettabilenon conforme al dato normativo e contraria al sistema.

Ad ogni buon conto, gli istanti avranno ragionevolmente ritenuto che, sul presupposto che il trust fosse interposto secondo i canoni italiani, atteso che i beni rientrano nell’attivo ereditario del disponente e, peraltro, devono ora essere liquidati dal trustee per essere assegnati ai beneficiari, vi sono ragionevoli argomentazioni per ritenere che il trust continui ad essere interposto anche dopo la morte del disponente, e che i beneficiari debbano dichiarare direttamente i beni esteri nel loro quadro RW e debbano altresì dichiarare i redditi da questi prodotti.

Si legge infatti che dopo la morte del disponente il trust “non ha alcun scopo o programma negoziale se non: 

  1. quello della distribuzione dei beni in trust ai beneficiari;
  2. quello dello smantellamento del trust stesso”. 

Inoltre, il trust “non ha alcuna durata che vada oltre i suddetti punti a) e b)”.

Che il trust, nella fase antecedente alla morte del disponente, fosse chiaramente interposto secondo i nostri canoni è una valutazione oggettiva. Infatti, a prescindere dalla qualificazione fatta negli Stati Uniti, possiamo rilevare come:

  • lo stesso fosse autodichiarato;
  • il disponente poteva revocare il trust;
  • lo stesso, inoltre, poteva modificare le clausole dell’atto.

Il trust, fino alla morte del disponente, poteva essere assimilato ad un mandato fiduciario.

Nonostante questo, l’Ufficio, dopo la morte del disponente, non lo considera interposto.

A questo punto si aprono due possibili scenari.

Come abbiamo avuto modo di segnalare, i beneficiari non hanno interpellato l’Agenzia delle Entrate sul tema della fiscalità indiretta per cui il chiarimento della circolare 34/E/2022 risulta ancora attuale ed i beni del disponente (vincolati in trust) rientrano nell’attivo ereditario del disponente stesso, per cui sussistendo i requisiti di territorialità i beneficiari dovrebbero anche corrispondere l’imposta di successione e donazione; tuttavia, sotto il profilo della fiscalità diretta i beni sono vincolati in un trust validamente operante, che viene qualificato come trasparente.

Le conclusioni paiono poco plausibili. Forse il ragionamento è un altro.

La Risposta ad interpello potrebbe aprire forse uno spiraglio per ritenere, come giustamente evidenziato in dottrina, che probabilmente l’Ufficio sta rivedendo le tesi illustrate nella circolare n. 34/E/2022 in merito alla valenza dell’interposizione ai fini della fiscalità indiretta.

La ricostruzione potrebbe quindi essere la seguente. Nonostante sia evidente che il trust risulta interposto in capo al disponente, alla morte di questo l’interposizione non rileva ai fini dell’imposta di successione che non è dovuta in relazione ai beni in trust per il mero fatto che il disponente muore, ma sarà dovuta (ovviamente se verificato il requisito di territorialità) nel momento in cui i beni passano ai beneficiari.

Dal punto di vista della fiscalità diretta, nonostante i beneficiari vantino un diritto soggettivo sul fondo in trust, lo stesso deve qualificarsi come trasparente e non come interposto.

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