RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 12 DICEMBRE 2025
CONCILIAZIONE SINDACALE
Transazione novativa
Transazione novativa: costo complessivo dell’operazione e importo oggetto di restituzione -Cass., Sez. Lav., sent. 11 novembre 2025, n. 29769
Il Fatto
Un lavoratore agiva in giudizio contro il datore di lavoro P.I. S.p.A. e INPS per ottenere la restituzione di una somma oggetto di un accordo di conciliazione sindacale in base al quale il lavoratore avrebbe dovuto restituirla alla società in cambio della sua riassunzione.
La Corte d’Appello respingeva la domanda del lavoratore, ritenendo che la transazione raggiunta avesse natura novativa e che l’importo dovuto in restituzione dal lavoratore non potesse essere suddiviso in una quota retributiva e una quota previdenziale.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte osserva che il carattere novativo della transazione implica che la somma dovuta in restituzione dal lavoratore prescindeva dalla sua natura retributiva e/o contributiva, e l’accertamento dell’omissione contributiva diventava, pertanto, inutile.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
DIRITTO SINDACALE
Sciopero
La tutela del datore di lavoro in caso di sciopero – Cass., Sez. Lav., ord. 11 novembre 2025, n. 29740
Il Fatto
Un’organizzazione sindacale conveniva in giudizio un datore di lavoro per far accertare la sua condotta antisindacale.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda e il datore id lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
la corte ricorda che, sebbene il datore di lavoro possa adottare soluzioni idonee a limitare il danno materiale derivante dallo sciopero, è necessario che le misure adottate non incidano sull’esercizio del diritto di sciopero.
La corte ribadisce poi la distinzione tra danno alla produzione (connaturale e consentito dallo sciopero) e danno alla produttività (illecito, che pregiudica irreparabilmente la possibilità per l’imprenditore di continuare la sua iniziativa economica).
Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tali principi, la corte rigetta il ricorso.
INPS
Contribuzione
Gli orientamenti giurisprudenziali e la loro efficacia – Cass., Sez. Lav., ord. 19 novembre 2025, n. 30476
Il Fatto
La Corte d’Appello, in sede di rinvio, rigettava l’opposizione proposta da un datore di lavoro avverso una cartella esattoriale INPS relativa al pagamento dei contributi previdenziali obbligatori per indennità di maternità.
Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La Corte ribadisce che, in tema di obbligazioni contributive, la diversità dei periodi di debenza è sufficiente a configurare come diversi i rapporti contributivi. Pertanto, un giudice non può stabilire, con efficacia di giudicato, che le norme debbano essere interpretate in un certo modo anche per il futuro, in quanto i presupposti del nuovo rapporto non si sono ancora realizzati. Ne consegue che un nuovo orientamento giurisprudenziale in materia (che esclude l’esonero dall’obbligo contributivo per maternità) è applicabile al caso di specie, senza che l’invocato giudicato esterno abbia alcun rilievo.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Lavoro agricolo
L’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e le conseguenze della cancellazione – Cass., Sez. Lav., sent. 11 novembre 2025, n. 29754
Il Fatto
INPS aveva avviato un’azione di restituzione nei confronti di un lavoratore per somme erogate a titolo di indennità di disoccupazione agricola, sul presupposto che il pagamento fosse indebito, avendo l’ente riclassificato l’attività esercitata dal datore di lavoro come non più agricola.
Il lavoratore adiva il Tribunale per far accertare l’illegittimità della pretesa di INPS e il Tribunale la Corte d’Appello accoglievano la domanda ritenendo infondata l’eccezione di decadenza ex art. 22 D.L. n. 7/70 sollevata dall’INPS, poiché, secondo i giudici di merito, il lavoratore non aveva impugnato il provvedimento di cancellazione dagli elenchi, ma solo la successiva pretesa restitutoria.
INPS ricorreva per Cassazione.
Il Diritto
La Corte ribadisce il principio secondo cui l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli a tempo determinato è un presupposto imprescindibile per l’accesso alle prestazioni previdenziali nel settore agricolo (come l’indennità di disoccupazione agricola). L’iscrizione, oltre ad avere una funzione di agevolazione probatoria, è circondata da un’esigenza di accertamento rapido del diritto, data la natura peculiare e discontinua del settore, pertanto una volta che il alvoratore è cancellato dagli elenchi, non può vedersi riconosciuta la prestazione senza aver impugnato il provvedimento amministrativo di esclusione nel termine decadenziale di cui all’art. 22 D.L. n. 7/70.
Poiché i giudici non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso.
Trattamento di fine rapporto
Il pagamento del TFR da parte del fondo di garanzia di INPS – Cass., Sez. Lav., ord. 11 novembre 2025, n. 29745
Il Fatto
Un lavoratore conveniva in giudizio INPS per ottenere il pagamento integrale del TFR dal fondo di garanzia dovuto dal lavoratore, ammesso a procedura di concordato preventivo liquidatorio.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda, ritendo che il diritto del lavoratore nei confronti dell’INPS fosse autonomo rispetto al diritto vantato verso il datore di lavoro.
INPS ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La Corte afferma il seguente principio “la degradazione al chirografo del credito per TFR pattuita in sede di concordato preventivo omologato, dalla quale discenda un pregiudizio al diritto di surroga dell’INPS, non preclude il diritto alla prestazione previdenziale a carico del Fondo di garanzia ai sensi dell’art. 2 Legge n. 297/82, eventualmente potendo l’INPS far valere la responsabilità dell’assicurato ai sensi dell’art.1916, co. 3 c.c.”.
La corte poi chiarisce che l’obbligazione del Fondo, pur essendo autonoma da quella del datore di lavoro, è coincidente nella sua misura con il debito del datore di lavoro come accertato nel titolo che il lavoratore deve precostituirsi, affermando quindi anche tale principio:: “la falcidia di parte del credito per TFR pattuita in sede di concordato preventivo omologato condiziona la misura del diritto della prestazione nei confronti del Fondo di Garanzia ex art. 2 Legge n. 297/82, poiché tale norma correla l’intervento del Fondo non solo all’insolvenza del datore di lavoro ma, altresì, all’accertamento dell’esistenza e alla quantificazione del credito operata in sede concordataria e consacrata nella pronuncia di omologa del concordato”.
Poiché i giudici di merito hanno errato nel ritenere irrilevante tale quantificazione, la corte accoglie il ricorso sul punto.
LAVORO SUBORDINATO
Base imponibile previdenziale
Il principio del minimale contributivo per la determinazione dei contributi da versare – Cass., Sez. Lav., ord. 18 novembre 2025, n. 30459
Il Fatto
Una società cooperativa e un consorzio, insieme ad alcuni responsabili aziendali, impugnavano innanzi un verbale unico di accertamento dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro per la violazione del CCNL in materia di maggiorazioni per lavoro straordinario, festivo e notturno, mancata corresponsione della retribuzione nel periodo di carenza per malattia (c.d. malattia breve), e l’errata determinazione della base imponibile previdenziale (violazione Legge n. 389/1989).
La Corte d’Appello rigettava la domanda e la società ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ribadisce che il minimale contributivo si applica sulla retribuzione dovuta in base alla contrattazione collettiva o al contratto individuale (se migliorativa), e prevale sulla minore retribuzione eventualmente corrisposta, anche in ragione di accordi aziendali derogatori. Il rapporto contributivo è autonomo rispetto al rapporto di lavoro, e l’obbligazione contributiva è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta, rimanendo dovuta nell’intero ammontare previsto dal CCNL anche in caso di assenze o sospensioni concordate non previste dalla legge o dal contratto collettivo.
La corte ricorda poi che il mero possesso del DURC non è sufficiente a dimostrare la regolarità contributiva e non impedisce all’INPS di recuperare gli sgravi indebitamente fruiti. Il DURC è una condizione necessaria ma non sufficiente (art. 1, comma 1175 , Legge n. 296/2006), richiedendosi anche l’assenza di violazioni e il rispetto degli accordi e contratti collettivi. Inoltre, l’obbligazione contributiva nasce direttamente dalla legge e le determinazioni dell’ente non sono vincolanti in merito alla sua misura.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
LICENZIAMENTO
Inps
La reintegrazione del lavoratore e l’obbligo contributivo del datore – Cass., Sez. Lav., ord. 28 novembre 2025, n. 31181
Il Fatto
Una lavoratrice impugnava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole dalla società datrice di lavoro.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità del licenziamento per violazione del divieto di licenziamento ex art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001, in quanto il recesso datoriale era intervenuto durante lo stato di gravidanza.
Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione costituisce un’ipotesi eccezionale di condanna a favore del terzo, che non richiede la partecipazione al giudizio dell’ente previdenziale.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Rapporto di lavoro subordinato
La prova della cessazione del rapporto di lavoro – Cass., Sez. Lav., sent. 24 novembre 2025, n. 30823
Il Fatto
Un lavoratore adiva il Tribunale per far accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte d’Appello, in parziale riforma rideterminava la retribuzione dovuta.
Entrambe le parti ricorrevano per cassazione.
Il Diritto
In merito al ricorso del lavoratore, la Corte ribadisce che che nel rapporto di lavoro privato non sussiste un principio di parità di trattamento (salvo violazioni del principio di sufficienza retributiva) e che la diversità di retribuzione tra dipendenti non viola il principio di proporzionalità, non potendo il giudice sindacare la giustezza del corrispettivo.
La corte osserva poi che , una volta esclusa la prova del licenziamento, l’onere di dimostrare l’esistenza delle dimissioni o della risoluzione consensuale ricade sul datore di lavoro eccipiente (art. 2697, comma 2, c.c.). In difetto di tale prova, deve ritenersi la giuridica continuità del rapporto di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento del danno connesso alla mora credendi dalla data di messa in mora.
Poiché i giudici non si erano attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso sul punto.
LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA
Condotta extra-lavorativa
La legittimità del licenziamento disciplinare per condotte extralavorative tali da incidere sul vincolo fiduciario – Cass., Sez. Lav., ord. 12 novembre 2025, n. 29836
Il Fatto
Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato per la condotta extra-lavorativa di detenzione in casa di sostanze stupefacenti.
il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ribadisce che la condotta illecita extra-lavorativa è suscettibile di rilievo disciplinare, in quanto il lavoratore ha l’obbligo accessorio di non porre in essere comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il vincolo fiduciario.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
PENSIONE
Contribuzione
Il ricalcolo della pensione sulla base dei contributi effettivamente versati – Cass., Sez. Lav., ord. 17 novembre 2025, n. 30321
Il Fatto
Un professionista conveniva in giudizio la sua cassa di previdenza chiedendo il ricalcolo della pensione riconosciutagli, sulla base dell’applicazione ai redditi professionali di una maggiore rivalutazione.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Venezia accoglievano la domanda principale e rigettavano la domanda riconvenzionale della Cassa, che chiedeva comunque che il calcolo fosse effettato sui contributi effettivamente versati.
La Cassa ricorreva quindi in Cassazione con due motivi.
Il Diritto
La Corte ha confermato il principio per cui, in tema di previdenza forense, l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi della Legge n. 576/80, va rivalutata a partire dall’anno di entrata in vigore della legge,
La corte osserva poi che il pagamento della contribuzione solo parziale non può impedire di conteggiare per intero l’annualità ai fini dell’anzianità contributiva, ma bisogna poi tenere conto del corrispondente montante contributivo effettivamente versato.
La Corte ha quindi ricordato il principio per cui: i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchiaia sono quelli coperti da contribuzione effettivamente versata. Di conseguenza, in caso di applicazione di un coefficiente di rivalutazione ISTAT inferiore a quello dovuto, con corrispondente minor contribuzione versata, la pensione va calcolata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto.
Poiché i giudici non si sono attenuti a tale principio, la corte accoglie il ricorso sul punto.
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