4° Contenuto Riservato: Tutto Quesiti: Dichiarativi 2025. Le attenzioni da porre e gli errori da evitare prima della trasmissione

CIRCOLARE TUTTOQUESITI

DI MAURO NICOLA | 20 OTTOBRE 2025

Le risposte alle domande dei professionisti

Si presentano le risposte ai quesiti pervenuti durante il Corso “Dichiarativi 2025. Le attenzioni da porre e gli errori da evitare prima della trasmissione”, in cui sono stati analizzati gli errori più frequentemente commessi in sede di compilazione dei modelli dichiarativi reddituali. L’osservazione attenta di situazioni particolari ha permesso, infatti, di individuare alcune casistiche caratterizzate da criticità, sia per le novità normative che si susseguono incessantemente, sia per le difficoltà compilative che il modello ogni anno presenta.

Quesito n. 1 – Impegno cumulativo unico alla trasmissione di più dichiarazioni o comunicazioni

Domanda

È possibile considerare un unico impegno cumulativo come da mandato professionale, anziché far firmare un impegno per ogni adempimento dichiarativo?

Risposta

Al riguardo si ricorda che l’art. 4-ter, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. Decreto “Crescita”, convertito dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58) ha previsto la possibilità per il professionista di rilasciare un impegno cumulativo unico alla trasmissione di più dichiarazioni o comunicazioni, se il contribuente/sostituto conferisce un incarico in tal senso.

Ai sensi del nuovo comma 6-bis dell’art. 3 del D.P.R. n. 322/1998 – introdotto dal citato art. 4-ter – l’impegno cumulativo può essere contenuto, infatti, anche nell’incarico professionale sottoscritto dal contribuente, se sono indicate le singole dichiarazioni e comunicazioni oggetto dell’impegno stesso. La norma semplifica dunque notevolmente il complesso sistema di gestione degli impegni alla trasmissione che, nel regime previgente, dovevano essere rilasciati distintamente per ciascuna dichiarazione/comunicazione da presentare, con notevole aggravio di adempimenti per i professionisti che non trovava contropartita in alcun vantaggio per il cliente, il quale avrebbe potuto ugualmente essere tutelato, anche in precedenza, dall’accettazione del mandato professionale da parte dell’incaricato.

L’impegno cumulativo s’intende conferito per la durata indicata nell’impegno stesso o nel mandato professionale e, comunque, fino al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stato rilasciato, ferma restando la possibilità di revoca espressa.

In relazione alla tematica in oggetto, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta, con la Risposta a interpello n. 518 del 12 dicembre 2019, affermando che “le istruzioni alla compilazione dei modelli dichiarativi prevedono la sottoscrizione da parte dell’intermediario del riquadro relativo all’impegno alla presentazione telematica, presente nel frontespizio delle dichiarazioni. Tale sottoscrizione precede l’invio telematico e, dunque, non è richiesta successivamente alla presentazione della dichiarazione”.

Pur se in modo criptico, l’Agenzia delle Entrate precisa, dunque, che dovendo il professionista sottoscrivere l’impegno alla trasmissione della dichiarazione prima dell’invio telematico della stessa, egli non è obbligato a sottoscrivere lo specifico riquadro relativo all’impegno, presente nel frontespizio della dichiarazione, all’atto della consegna al cliente della copia della dichiarazione trasmessa e della copia della relativa ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.

Per quanto concerne la data dell’impegno da indicare nello specifico riquadro presente nel frontespizio della dichiarazione, deve ritenersi che, nel caso in cui l’impegno alla trasmissione delle dichiarazioni sia assunto dal professionista nell’incarico professionale sottoscritto dai contribuenti cumulativamente per tutte le dichiarazioni e comunicazioni ivi indicate, nel riquadro predetto dovrà essere indicata la data di conferimento dell’incarico risultante dal mandato professionale sottoscritto dal contribuente.

Al riguardo, va tuttavia evidenziato che qualora, per causa imputabile al contribuente, la dichiarazione/comunicazione dovesse essere trasmessa oltre la scadenza del termine di presentazione stabilito dalla legge, il professionista, al fine di evitare le sanzioni a suo carico previste per i casi di tardività della trasmissione, dovrà avere cura di rilasciare preventivamente al cliente un impegno specifico alla trasmissione di tale dichiarazione/comunicazione e di indicare nel campo “data impegno” del riquadro presente nel frontespizio della dichiarazione la data di quest’ultimo specifico impegno, fermo restando l’obbligo di provvedere all’invio telematico entro un mese dalla predetta data.

Quesito n. 2 – Trasmissione del modello redditi del de cuius

Domanda

È possibile inviare il modello Redditi PF di un contribuente deceduto senza indicazione di un erede a seguito di rinuncia all’eredità?

Risposta

Con la Risposta ad interpello n. 367 del 7 luglio 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso chiarimenti in tema di legatario-erede e presentazione della dichiarazione dei redditi del de cuius.

L’art. 65, D.P.R. n. 600/1973 (rubricato “Eredi del contribuente”) prevede che gli eredi del de cuius rispondano in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa. Il comma 3 del medesimo articolo dispone che tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, siano prorogati di sei mesi in favore degli eredi. I soggetti incaricati dagli eredi dovranno poi trasmettere telematicamente la dichiarazione entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello in cui è scaduto il termine prorogato.

Ciò premesso, considerato che in base alla norma citata solo l’erede può presentare la dichiarazione dei redditi di una persona deceduta, l’Agenzia ritiene che il legatario, in linea con quanto indicato nelle istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi, non possa presentare la dichiarazione dei redditi per conto del de cuius.

L’Ufficio ricorda in ogni caso che la notifica degli atti intestati al dante causa potrà essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso e che sarà comunque efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non avranno comunicato all’Ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa (direttamente all’Ufficio o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento) le proprie generalità ed il proprio domicilio fiscale.

In sintesi, chi rinuncia all’eredità non assumerà le vesti di erede e non assumerà tali vesti sin dall’apertura della successione.

Ne consegue anche che non assumendo le vesti di erede, il potenziale erede non ha nemmeno alcun obbligo di natura fiscale in merito all’eventuale dichiarazione dei redditi del deceduto (in tal senso Ordinanza Corte Cassazione n. 21006 del 22 luglio 2021).

Quesito n. 3 – “Visto superbonus” da barrare anche per le rate successive alla prima

Domanda

Spese superbonus anno 2022 e 2023 per le quali è già stato apposto visto di conformità, vengono riportate nel modello Redditi 2025, anno d’imposta 2024, non va apposto di nuovo il visto di conformità?

Risposta

La casella “Presenza visto superbonus” contenuta nel riquadro del frontespizio relativo alla “Firma della dichiarazione” va barrata nella dichiarazione dei redditi da presentare quest’anno anche se, in tale dichiarazione, sono indicate rate successive alla prima, per spese sostenute in periodi di imposta antecedenti al 2023 (considerato che l’obbligo del visto di conformità per il superbonus fruito direttamente in dichiarazione è stato introdotto dal D.L. n. 157/2021, con vigenza dal 12 novembre 2021, secondo i criteri applicativi della circolare Agenzia delle Entrate n. 16/2021, § 1.1.1.1).

Ciò precisato, va aggiunto che, se non sussiste l’obbligo di apposizione del visto di conformità sull’intera dichiarazione, per la trasmissione telematica della dichiarazione il contribuente può avvalersi di un soggetto abilitato diverso dal professionista che ha rilasciato il visto di conformità per il superbonus, restando a cura del contribuente “conservare la documentazione riguardante il predetto visto, da esibire in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria”.

Benché non vi siano specifiche precisazioni in proposito, le medesime indicazioni di prassi devono ritenersi valide anche nel caso in cui subentri un nuovo intermediario per inviare la dichiarazione dei redditi contenente una rata del superbonus successiva alla prima.

Anche in tale ipotesi, pertanto, se non vi è l’obbligo di apposizione del visto di conformità sull’intera dichiarazione, deve ritenersi che il contribuente possa trasmettere la dichiarazione avvalendosi di un intermediario abilitato diverso dal professionista che ha rilasciato il visto di conformità per il superbonus, senza che detto intermediario debba ripetere i controlli già espletati dall’altro professionista che ha rilasciato il visto di conformità per il superbonus, tenuto conto che è onere del contribuente conservare la documentazione relativa al visto già rilasciato (da esibire in caso di controllo dell’Amministrazione finanziaria).

Quesito n. 4 – Ravvedimento F24 a zero con sanzione fissa

Domanda

Se viene effettuato un versamento tardivo e il modello F24 è totalmente compensato, quindi saldo a zero, quale è il corretto ravvedimento da applicare?

Risposta

Per l’omessa presentazione del modello F24 con saldo a zero, è prevista l’applicazione di una sanzione di 100 euro, ridotta a 50 euro se il ritardo non supera i cinque giorni lavorativi.

La violazione può essere regolarizzata avvalendosi del ravvedimento (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997). A tal fine, è necessario:

  • presentare il modello F24 omesso
  • versare, con il codice tributo “8911”, una sanzione di:
    • 5,56 euro (1/9 di 50 euro), se il modello F24 è presentato entro cinque giorni dall’omissione
    • 11,11 euro (1/9 di 100 euro), se l’F24 è presentato entro novanta giorni dall’omissione
    • 12,50 euro (1/8 di 100 euro), se l’F24 è presentato entro un anno dall’omissione
    • 14,29 euro (1/7 di 100 euro), se l’F24 è presentato entro due anni dall’omissione
    • 16,67 euro (1/6 di 100 euro), se l’F24 è presentato oltre due anni dall’omissione
    • 20 euro (1/5 di 100 euro), se la regolarizzazione avviene dopo che la violazione è stata constatata con un processo verbale.

Quesito n. 5 – Ristrutturazione edilizia: il giusto inquadramento del limite di spesa detraibile per la stessa unità immobiliare

Domanda

È possibile effettuare più interventi di ristrutturazione edilizia detraibili al 50%, autonomi sullo stesso immobile superando i 96.000 euro complessivamente? Quale documentazione è necessaria se non ci sono CILA?

Risposta

Il limite di spesa oltre che per ogni unità, è anche annuale.

Questo non significa che automaticamente ogni anno si possa usufruire e detrarre 96.000 euro.

Se i lavori in corso sono la prosecuzione di un intervento a cavallo di più anni le spese sostenute nelle due annualità concorrono tutte all’ammontare massimo dei 96.000 euro.

Quindi il tetto massimo di spesa non può essere superato, a meno che non si effettuano più interventi autonomi in diversi anni.

Nella circolare n. 17/E/2015 dell’Agenzia delle Entrate viene spiegato, tra le altre cose, che cosa si intende per intervento autonomo. L’autonomia dell’intervento è data in sostanza da una pratica iniziale per avviare i lavori e dal collaudo finale o dalla dichiarazione di fine lavori. Quando invece la normativa non richiede questo tipo di documenti amministrativi l’autonomia è data da elementi oggettivi. Nella stragrande maggioranza dei casi si rientra nella prima ipotesi. Perché un intervento possa essere considerato autonomo dovrà esserci: una pratica iniziale ed un collaudo finale o la fine lavori.

Pertanto, per essere considerati autonomamente detraibili, rispetto a quelli eseguiti in anni precedenti sulla stessa unità immobiliare, i nuovi interventi devono essere anche autonomamente certificati dalla documentazione richiesta dalla normativa edilizia in vigore (per esempio, la denuncia di inizio attività) o, se si tratta di lavori per i quali non va richiesto alcun titolo abilitativo, da un’autocertificazione.

Quesito n. 6 – Dichiarazione tardiva: la sanzione non si applica agli ISA

Domanda

In caso di presentazione di dichiarazione tardiva nei 90 gg. va versata la sanzione di 25 euro anche per il modello ISA ad esso allegato? Il modello ISA è quindi equiparato ad una dichiarazione?

Risposta

Entro il novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo di trasmissione delle dichiarazioni reddituali coloro che non hanno rispettato il termine del 31 ottobre per l’invio del modello Redditi possono ancora inviare una dichiarazione tardiva che è considerata pienamente valida ai fini dell’assolvimento degli obblighi dichiarativi.

La sanzione di 25 euro è individuata sulla base dell’art. 13, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 472/1997, disposizione in base alla quale la sanzione prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione (redditi, 770, IVA) è ridotta ad un decimo del minimo se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni.

La presentazione di una dichiarazione tardiva o omessa comporta dunque l’applicazione di specifiche sanzioni rimaste invariate anche post-riforma fiscale (vedi D.Lgs. n. 87/2024).

Rispetto alla sanzione di 250 euro, non trova applicazione l’abbattimento di cui all’art. 7, del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui

“Salvo quanto diversamente disposto da singole leggi di riferimento, in caso di presentazione di una dichiarazione o di una denuncia entro trenta giorni dalla scadenza del relativo termine, la sanzione è ridotta a un terzo”.

Detta disposizione, infatti, costituisce una norma generale di “chiusura” del sistema, applicabile ai soli casi non espressamente disciplinati dalle singole disposizioni di settore e, pertanto, non trova applicazione con riferimento alle fattispecie di ritardo che risultino, nel sistema, già sanzionate, quali quelle relative alle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette, ai fini IVA, del sostituto d’imposta e con riferimento ad ogni altra ipotesi in cui il ritardo dichiarativo sia già direttamente regolato.

La dichiarazione tardiva ha pieni effetti anche per l’applicazione degli ISA e dei relativi benefici premiali, sempre se i dati dichiarati dal contribuente ai fini della applicazione degli ISA siano corretti e completi (vedi Agenzia delle Entrate, circolare n. 20/E/2019).

Non trattandosi di omessa dichiarazione (essendo il modello ISA un semplice allegato alla stessa), non opera l’art. 13, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 472/1997, secondo cui il ravvedimento, in tema di omissione dichiarativa, può avvenire solo entro novanta giorni dal termine di presentazione della dichiarazione, con riduzione della sanzione a 1/10 del minimo.

Quesito n. 7 – Affitto di unica azienda: cause di esclusione ISA codice 4

Domanda

Nel caso in cui un imprenditore individuale ha affittato l’unica azienda quale codice di esclusione ISA deve indicare in dichiarazione dei redditi?

Risposta

Nel periodo in cui l’imprenditore individuale o la società hanno ceduto in affitto l’unica azienda. L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 20/E del 9 settembre 2019 ha risolto un problema, più volte sollevato dalla stampa specializzata, affermando che anche i periodi d’imposta successivi a quello in cui l’unica azienda è stata concessa in affitto opera una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA.

La società Rossi s.r.l., esercente l’attività alberghiera, in data 10 maggio 20nn ha concesso in affitto l’unica azienda alla Bianchi s.n.c. stipulando un contratto di affitto d’azienda della durata di 6 anni. Dopo il chiarimento fornito dall’Amministrazione finanziaria, i periodi d’imposta 20nn e successivi per tutta la durata del contratto sono considerati periodi di non normale svolgimento dell’attività. In tal caso opera, una causa di esclusione e nell’apposito rigo presente nel quadro F/G del modello redditi deve essere indicato il codice 4.

Quesito n. 8 – Forfetari con ricavi/compensi a zero e invio della dichiarazione

Domanda

Nel caso in cui un soggetto in regime forfetario e dipendente che nell’anno 2024 non ha avuto alcun tipo di ricavo/compenso, il relativo quadro LM deve essere compilato indicando, solo, il codice ATECO oppure non deve essere affatto compilato?

Risposta

L’art. 1 del D.P.R. n. 600/1973 dispone che

“Ogni soggetto passivo deve dichiarare annualmente i redditi posseduti anche se non ne consegue alcun debito d’imposta. I soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, di cui al successivo art. 13, devono presentare la dichiarazione anche in mancanza di redditi”.

L’art. 1, comma 69, della Legge n. 190/2014, di Stabilità per il 2015, prevede, poi, che,

“Fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi dell’articolo 22 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili.
La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322”.

A ben vedere, quindi, essendo ex lege “esonerati” dalla tenuta delle scritture contabili, dovrebbe concludersi che si tratta di soggetti “non obbligati” (in quanto esonerati dall’obbligo, appunto) alla tenuta delle scritture. Per cui, in assenza di operazioni attive non vi è obbligo della presentazione della dichiarazione.

Quesito n. 9 – Dichiarazione integrativa per ottemperare agli obblighi di monitoraggio delle criptovalute

Domanda

Contribuente dichiara per la prima volta le cripto, dichiarazione 2025, anno 2024. Non le ha dichiarate per gli anni precedenti, inizio possesso 2020. Cosa conviene fare?

Risposta

Dovrebbe valutare l’ipotesi di procedere alla presentazione di dichiarazione integrative contenenti il monitoraggio per gli anni pregressiinteressati dal possesso di tale attività finanziaria al fine di ottemperare agli obblighi del monitoraggio degli asset esteri.

Quesito n. 10 – Con l’adesione al CPB si accede automaticamente al regime premiale ISA

Domanda

Chi ha aderito nel 2024 al CPB accede automaticamente al regime premiale ISA. In fase di compilazione degli ISA non si raggiunge il massimo dei voti, va segnalato da qualche parte che in ogni caso il regime premiale c’è, avendo aderito al CPB? O la cosa avviene in automatico?

Risposta

Va evidenziato che i soggetti ISA che hanno aderito al CPB 2024/2025 usufruiscono di tutti i benefici del regime premiale.

I soggetti ISA (a prescindere dal punteggio) che hanno aderito al CPB 2024-2025 usufruiscono di tutti i benefici del regime premiale, tra i quali l’esonero dal visto di conformità per la compensazione del credito IRPEF/IRES/IRAP senza necessità di ulteriori adempimenti o comunicazioni di sorta.

Quesito n. 11 – Detrazioni spese di ristrutturazione fruibili anche dal coniuge non proprietario dell’immobile

Domanda

Moglie, in separazione dei beni, ha un appartamento di proprietà al 100% concesso in affitto. Sullo stesso viene effettuata una ristrutturazione: può il marito detrarre il 50% delle spese se paga lui la ristrutturazione?

Risposta

La detrazione fiscale è riconosciuta ai soggetti che possiedono o detengono (sulla base di un titolo idoneo) gli immobili che sono oggetto degli interventi di ristrutturazione, a condizione che ne sostengano le relative spese.

Di seguito i soggetti a cui viene riconosciuta la possibilità di detrarre le spese di ristrutturazione:

  • proprietari o nudi proprietari;
  • detentori dell’immobile (locatari, comodatari);
  • conviventi di fatto;
  • titolari di un diritto reale di godimento, come uso, usufrutto, abitazione o superficie;
  • familiari conviventi;
  • coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro.

Secondo quanto previsto dalla vigente normativa, la detrazione fiscale per ristrutturazione può essere fatta anche dal familiare convivente del detentore o possessore dell’immobile che è oggetto dell’intervento.

Per una maggiore comprensione, per familiari s’intendono:

  • coniuge;
  • parenti entro il terzo grado;
  • affini entro il secondo grado.

Non è necessario, al fine di poter fruire della detrazione fiscale, che i familiari abbiano sottoscritto un contratto di comodato. Questo perché è sufficiente che questi attestino di essere familiari conviventi attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Per ottenere la detrazione, lo status di convivenza deve sussistere già al momento in cui si attiva la procedura (data di inizio dei lavori). I familiari possono detrarre i costi sostenuti per gli interventi realizzati su una qualsiasi delle abitazioni in cui sussiste la convivenza.

La detrazione NON è riconosciuta per le spese che si riferiscono ad immobili a disposizione di altri familiari o di terzi.

Infine, per la detrazione fiscale non è richiesto che l’immobile oggetto di ristrutturazione sia abitazione principale del proprietario o del familiare convivente.

Quesito n. 12 – Ravvedere un omesso versamento di imposta, pagando solo sanzioni e interessi

Domanda

A volte ci accorgiamo successivamente che il versamento delle imposte è stato eseguito in ritardo rispetto alla scadenza originaria. È possibile ravvedere tali tardivi versamenti con il versamento di sanzioni e interessi non contestuale al versamento delle imposte?

Risposta

La circolare n. 42/E/2016 si sofferma inoltre su una casistica piuttosto interessante, che si ha quando il contribuente, in un primo momento, versa tardivamente le imposte, e poi intende perfezionare il ravvedimento corrispondendo altresì le sanzioni e gli interessi legali.

Rammentiamo che, ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, il ravvedimento si perfeziona se, in assenza di atti impositivi o di avvisi bonari, tutti gli adempimenti sono eseguiti, ovvero: rimozione dell’errore commesso, versamento di imposte, interessi legali e sanzioni ridotte. Nella circolare si specifica che bisogna versare gli interessi legali sino a quando le imposte sono state pagate e le sanzioni ridotte. Detta riduzione, però, dipende dal momento in cui avviene il ravvedimento se, successivamente al versamento della sola imposta, sopravviene un atto ostativo al ravvedimento (accertamento, avviso bonario), questo è precluso. Verranno quindi irrogate le sanzioni piene definibili come di consueto al terzo (art. 16 del D.Lgs. n. 472/1997), naturalmente se si tratta di ipotesi in cui la definizione è consentita. Alle stesse conclusioni si può giungere se il contribuente ha pagato solo imposte e sanzioni ridotte, senza versare gli interessi legali e/o senza rimuovere la violazione (esempio, non è stata presentata la dichiarazione integrativa), salvo il caso del c.d. “errore scusabile”.

Quesito n. 13 – Contribuente deceduto: il rimborso non erogato dal sostituto di imposta va riportato nella CU dell’anno successivo

Domanda

Un contribuente per i redditi 2024 ha fatto il modello 730, ad agosto 2025 è deceduto senza ricevere il rimborso del 730, è corretto fare un modello redditi correttivo nei termini indicando il credito a rimborso?

Risposta

Il sostituto di imposta che non ha rimborsato l’importo derivante dalla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente a causa della morte del contribuente lo indicherà nella CU, che riguardano le somme erogate nel corso del 2025, al contribuente deceduto. Al punto 64 per l’IRPEF, al punto 74 per le addizionali regionali e al punto 84 per quelle comunali si evincerà che il deceduto non ha potuto fruire del relativo rimborso spettante dalla dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta dell’anno precedente.

In questi casi dovrà agire l’erede che, nell’anno di imposta successivo, deve presentare dichiarazione dei redditi per il defunto facendo valere anche questo credito nei confronti del Fisco. E questo punto va ribadito: l’erede non deve chiedere tale rimborso nella propria dichiarazione dei redditi ma presentando, in qualità di erede, quella del defunto.

Si dovrà indicare il credito risultate del quadro F del modello 730 e nello specifico nel rigo F3.

Se si presenta, invece, il modello Redditi PF, bisognerà indicare il credito nella colonna 3 del rigo RN36 per ottenere il rimborso IRPEF.

Proprio perché si tratta di cose abbastanza delicate, in cui non ci si imbatte tutti gli anni, il consiglio è di farsi assistere da un professionista esperto nella materia, perché presentare la dichiarazione per un defunto, dovendo vantare anche un credito dell’anno precedente, sicuramente non è cosa facilissima.

Quesito n. 14 – Conservazione digitale delle dichiarazioni

Domanda

Per archivio digitale può intendersi anche il software che predispone i dichiarativi? Questo perché il software automaticamente, una volta trasmessa la dichiarazione, salva all’interno del suo applicativo il pdf del dichiarativo completo con ricevuta di trasmissione.

Risposta

La conservazione dei documenti deve essere fatta per un determinato periodo di tempo in base alla specifica tipologia documentale. In particolare, le dichiarazioni dei redditi devono essere conservate fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione, superato il quale possono anche essere cancellate/distrutte (a seconda che siano in formato digitale o in formato analogico).

Naturalmente per le dichiarazioni dei redditi in formato digitale valgono le regole per formazione e conservazione dei documenti informatici e quindi deve esserne garantita la sicurezza, l’immodificabilità e la reperibilità. Adottare le disposizioni normative in materia di conservazione, vuol dire mettere in atto l’insieme di “attività e dei processi che, tramite l’adozione di regole, procedure e tecnologie, garantiscono l’accessibilità, l’utilizzabilità (leggibilità e intelligibilità), l’autenticità (identificabilità univoca e integrità) e la reperibilità dei documenti e dei fascicoli informatici”.

Una volta ricevuta la dichiarazione dei redditi e la relativa ricevuta dell’invio da parte dell’intermediario, il contribuente può anche decidere di conservarla in formato analogico.

Dovrà, però:

  • Stamparla.
  • Apporvi la propria firma e conservarla in modo da poter essere prodotta nel caso di controlli da parte degli organi competenti.

Apposita Risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 217/2022) indica che l’intermediario ha diversi obblighi nei confronti del contribuente/sostituto d’imposta per quanto riguarda la messa a disposizione dei file riguardanti la dichiarazione dei redditi. In particolare, la messa a disposizione delle dichiarazioni può essere evasa in due modi:

  • Utilizzando una specifica piattaforma internet.
  • Ricorrendo alla posta elettronica o alla posta elettronica certificata se e solo se il contribuente abbia dato il suo specifico consenso a ricorrere a questa soluzione.

Concludendo possiamo affermare che qualora il contribuente, invece, intenda conservare la dichiarazione esclusivamente in formato digitale, trattandosi di documento fiscalmente rilevante, la sua formazione e conservazione sono disciplinate dal combinato disposto degli artt. 2 del Decreto ministeriale 17 giugno 2014, e 20, comma 1-bis, del C.A.D., secondo cui i prescritti requisiti di sicurezza, integrità e immodificabilità del documento devono essere garantiti dalla firma digitale o da un altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata, apposta dal contribuente stesso.

Quesito n. 15 – Spese di ristrutturazione accollate dal condominio: certificazione attestante la spesa del singolo condomino

Domanda

In caso di sostenimento delle spese condominiali da parte di un condomino che si è accollato le spese (plafond 96.000 x 3) l’indicazione nel rigo E41 superiore a 96.000 non consente di indicare un importo superiore perché non tiene conto delle unità che danno diritto ai 288.000 (96.000 x 3)?

Risposta

Un singolo condomino può accollarsi interamente le spese di ristrutturazione di parti comuni se l’assemblea condominiale approva tale scelta, permettendo al singolo di usufruire delle relative detrazioni fiscali.

Questa opzione è possibile nei condomini minimi (con due unità immobiliari) solo se la decisione è unanime, e per l’unico proprietario di un intero edificio, a patto che vi siano comunque parti comuni ad uso di più unità immobiliari, come indicato dall’Agenzia delle Entrate.

Condizioni per l’accollo delle spese

  • Approvazione dell’assemblea:
    L’approvazione della delibera da parte dell’assemblea condominiale è fondamentale affinché un singolo condomino possa sostenere l’intera spesa.
  • Unanimità nei condomini minimi:
    Nei condomini minimi, la decisione di eseguire lavori su parti comuni deve essere presa all’unanimità dai condomini, poiché i loro interessi potrebbero non coincidere.
  • Proprietario unico di un edificio:
    Se l’intero edificio è di proprietà di un’unica persona, ma al suo interno ci sono comunque parti comuni (ad esempio, un cortile o un tetto condiviso da più unità immobiliari), l’unico proprietario può sostenere le spese di ristrutturazione delle parti comuni e usufruire delle relative detrazioni fiscali.
  • Diritto alla detrazione
    Il condomino che si accolla le spese ha diritto alle detrazioni fiscali, come il superbonus o il bonus facciate, come se la spesa fosse stata sua.

L’amministratore dovrà rilasciare una certificazione che attesti la spesa sostenuta e la quota imputabile al singolo condomino per permettergli di usufruire della detrazione.

Quesito n. 16 – Spese ristrutturazione de cuius all’erede che possiede l’immobile nell’anno del decesso

Domanda

È necessaria la successione per ereditare per quote residue delle spese di ristrutturazione effettuate dal de cuius?

Risposta

L’erede che possiede l’immobile al 31 dicembre dell’anno del decesso può includere tale quota nella propria dichiarazione dei redditi anche se non ha ancora presentato la dichiarazione di successione.

Quesito n. 17 – Cessionario deceduto: il credito residuo viene perso

Domanda

Un soggetto ha attenuto, a seguito di cessione, dei crediti d’imposta per lavori edili. Ha utilizzato questi crediti per pagare le imposte e nel 2024 è deceduto. Nel 2025 i crediti residui come bisogna gestirli?

Risposta

In relazione ai bonus edilizi può incorrere il decesso del beneficiario della detrazione o del cessionario del credito d’imposta (incluso il decesso dell’imprenditore individuale che ha concesso lo sconto in fattura).

A tal fine occorre distinguere il caso in cui il beneficio fiscale:

  • risulti fruito nella forma della detrazione fiscale: le quote residue di detrazione non godute dal de cuius si trasferiscono agli eredi che conservano la detenzione materiale dell’immobile oggetto dei lavori, con requisito che va rispettato in ciascun anno per il quale l’erede fruisce di tali residue rate di detrazione;
  • sia stato oggetto di cessione: nessuna disposizione regolamenta il destino delle rate non fruite dal cessionario deceduto, né sono intervenuti chiarimenti di prassi.

In quest’ultimo caso si deve, pertanto, ritenere che le quote di credito residue non transitino agli eredi, ma siano perse (non rientrando, pertanto, neppure nell’asse ereditario da indicare nella dichiarazione di successione).

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