2° Contenuto riservato: ​​Imposte sui redditi: dichiarazione delle sopravvenienze

DIRITTO DEL LAVORO

Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – Ordinanza n. 11919 del 6 maggio 2025

Massima: In tema di imposte sui redditi, le sopravvenienze attive che derivano dal riconoscimento di un credito – o dal disconoscimento di un debito preesistente – in sede giudiziale devono essere dichiarate nell’anno di imposta in cui la sentenza che afferma il credito o disconosce il debito è stata depositata, che costituisce il momento nel quale la posta attiva diviene certa nella sua esistenza e obiettivamente determinabile, ai sensi dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e sempreché l’efficacia esecutiva della sentenza di condanna non sia stata nel frattempo sospesa”. (massima non ufficiale)

Con l’ordinanza in rassegna, la Corte di cassazione ha chiarito quanto segue:

i) la sopravvenienza attiva dev’essere assoggettata ad imposizione con riferimento all’esercizio in cui la posta attiva acquista certezza (Cass. civ., 2023, n. 3901; 2022, n. 24580; 2020, n. 1508).

ii) in linea con tale impostazione, laddove la sopravvenienza consista nel venir meno di un costo già contabilmente rappresentato, rileva il momento in cui si è acquisita la giuridica certezza dell’inesistenza della posta passiva, vale a dire quello in cui «si è verificato il fatto di gestione che ha prodotto il venir meno» della stessa (così Cass. civ., 2023, n. 20608);

iii) nelle ipotesi in cui la sopravvenienza attiva discende dal riconoscimento giudiziale di un credito (o dal disconoscimento di un debito preesistente, come nella specie) occorre aver riguardo, non già al passaggio in giudicato, ma al deposito del provvedimento, momento in cui la posta attiva (o il venir meno della posta passiva) assume una connotazione che corrisponde al canone di «certezza nell’esistenza ed obiettiva determinabilità» stabilito dall’art. 109, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986  (T.U.I.R.) ai fini dell’imputabilità a reddito di una componente positiva;

iv) l’esistenza del credito si determina per effetto del formarsi del titolo giudiziale, ove non sospeso in successive fasi e gradi del giudizio, che contiene anche la sua liquidazione.

Consapevole di un orientamento secondo cui, al diverso fine di statuire in punto ai presupposti di operatività del meccanismo della compensazione giudiziale, richiede il giudicato al fine di integrare il requisito della certezza del credito (Cass. civ., sez. un, 2016, n. 23225), la Corte ha sottolineato tuttavia rilevare che il requisito della certezza sull’esistenza delle componenti di reddito, di cui al citato art. 109, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, dev’essere verificato sulla base di criteri essenzialmente economici; in particolare, la relazione illustrativa a detta ultima norma (già art. 75 T.U.I.R.) affermava che «la ragionevole certezza circa i ricavi e i costi si verifica nel momento in cui le tecniche aziendali ritengono definitivamente formata la componente di reddito, affidando al meccanismo delle sopravvenienze attive e passive le successive, pur sempre possibili, correzioni di importo».

In coerenza con tale impostazione, non pare allora che debba attribuirsi efficacia incisiva alla circostanza del passaggio in giudicato della sentenza (né, in senso contrario, al fatto che l’eventuale prosieguo del contenzioso possa condurre a un diverso risultato), poiché un’eventuale modifica della decisione nei successivi gradi di giudizio realizzerebbe una sopravvenienza passiva, idonea anch’essa a concorrere alla formazione del reddito ai sensi dell’articolo 101 del T.U.I.R..

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