COMMENTO
DI ETTORE SBANDI | 2 SETTEMBRE 2025
Il 21 agosto USA ed UE hanno emesso un Joint Statement con i termini generali dell’accordo di luglio, che dai primi comunicati aveva lasciato molti dubbi e perplessità che, oggi, sembrano più chiari, pur in assenza di dati e norme certe, ad oggi non adottate. Di base, con alcune, lievi eccezioni – alcune migliorative ed alcune peggiorative – la tariffa dei beni USA importati nell’UE è zero o, comunque, invariata, mentre i beni UE importati in USA soffriranno un dazio del 15%.
Sono ancora colpiti i prodotti agricoli, gli alcolici, alcuni farmaceutici, i semiconduttori e molti (pressoché tutti) i prodotti industriali, in uno scenario che ora si va definendo e che consente alle imprese, finalmente, di pianificare. Si rende necessaria un’attenta mappatura dei propri flussi commerciali e la valutazione di possibili azioni volte a mitigare gli impatti delle nuove imposizioni tariffarie, al fine di favorire le esportazioni e la continuità del business che rischia di essere compromessa dalle nuove misure.
Il Joint Statement del 21 agosto 2025 – Il dazio del 15%
Il 21 agosto scorso, facendo seguito ai primi, incerti comunicati di luglio, in un Joint Statement dedicato, UE e USA hanno reso noti, con maggiore dettaglio, i termini dell’accordo di luglio, quello che ha evitato l’escalation daziaria ed ha assestato il sistema di interscambio atlantico con la fissazione dell’aliquota generale del 15%.
Di base, il punto di intesa raggiunto sta nel fatto che l’UE ha accettato di non applicare una logica ritorsiva alle misure del governo USA, che a sua volta – fatte salve talune eccezioni e qualche minore elemento incerto – applicherà dazi di importazione pari al 15%, per tutti i beni di origine unionale, impegnandosi la stessa UE ad una serie di riconoscimenti, acquisti ed investimenti, fondamentalmente in energia ed armamenti, estremamente rilevanti.
È evidente la volontà politica dell’UE che, per ora, sceglie la linea morbida e del dialogo, e di non punire in maniera ritorsiva la controparte commerciale e di non rischiare altresì di incrementare il vortice dell’innalzamento dei costi per imprese e consumatori interni, già gravati oggi da forti dinamiche inflattive.
L’accordo, che, come si legge nel comunicato congiunto, è teso a garantire “equità, equilibrio e reciproci vantaggi”, conferma dunque, salve eccezioni, il tetto massimo di 15 punti percentuali di dazi statunitensi sui beni di origine UE, inclusi quelli strategici come auto, farmaceutica (per alcuni versi esclusa), semiconduttori e legname, che come (quasi) tutti gli altri beneficeranno di questo limite. Questo 15%, peraltro, non si pone come misura aggiuntiva ai dazi di base – quelli, per intendersi, presenti da sempre per i beni di importazione, a prescindere dalla loro origine (i cosiddetti dazi MFN, quelli della Nazione più favorita), ma li include già e, pertanto, questo importo è da intendersi ridotto.
A differenza degli accordi raggiunti dagli USA con altri partner, in altre parole questo 15% include già i dazi MFN esistenti, per cui, dove i dazi MFN sono pari o superiori al 15%, non si applicheranno ulteriori dazi.
Si badi, però, che quello condiviso non è un Trade Agreement ma, al momento, un “Framework Agreement”, nell’ambito del quale ci si aspetta che le parti adottino provvedimenti legali, aventi data e forza certa, così da permettere alle imprese di comprendere esattamente i contorni dell’operazione, che ad oggi resta nella forma di un comunicato e, dunque, con un orizzonte legislativo tutto da scrivere.
• Dazio addizionale US pari al 15% sulla generalità dei prodotti UE
• Eccezioni legate a particolari categorie merceologiche di interesse strategico
• Negoziazioni ancora in corso per alcuni settori industriali
I settori interessati: il caso automotive, alcolici, acciaio ed alluminio e le garanzie per i beni made in USA
Come rilevato, il dato di maggiore rilievo sta nella scelta che, a livello generale, viene così divulgata:
- dazio UE per i beni USA, invariato;
- dazio USA per i beni UE, 15%.
In realtà, le cose sono più complesse e articolate.
Anzitutto, si deve rilevare che questo dazio del 15% non si pone come misura aggiuntiva ai dazi di base MFN, ma li include già e, pertanto, come sopra già anticipato, questo importo è da intendersi ridotto. Inoltre, in USA si applicherà non il 15%, ma solo il dazio di base, ossia il dazio MFN, su aeromobili e loro parti, farmaci generici e loro ingredienti e precursori chimici, per lo meno, riservandosi le parti di estendere le misure di favore ad altri settori. Questa intesa, infatti, sembra più il prodromo di un Trade Agreement che oggi è lontano dal venire alla luce, ma che in futuro potrebbe garantire nuovi orizzonti commerciali settati verso una logica multilaterale, nuovissima, dove ad ogni origine può corrispondere un diverso dazio.
Come prima contropartita tariffaria, in aggiunta, l’UE garantirà accessi preferenziali al mercato per taluni prodotti agricoli o di origine animale tipicamente americani, come le noci, la frutta fresca o lavorata, i vegetali, semi, olio di soia e carni varie, oltre a rimuovere i limiti in essere dal 2020 commercio di aragoste, confermandone l’attuale accesso al mercato. Anche qui, l’intesa è molto generica e non è possibile intendere come potrà l’UE procedere a trattamenti speciali senza la cornice di un accordo, ma questa partita, apparentemente, minoritaria, è importantissima, sia per la tipologia di beni che andranno ad individuarsi, sia perché all’accensione di questi procedimenti legislativi volti alla riduzione tariffaria saranno ridotti i dazi automotive, come si dirà qui di seguito.
Infatti, su taluni prodotti speciali, quelli sotto investigazione (c.d. Section 232), come taluni prodotti farmaceutici, i semiconduttori ed il legname, viene inoltre confermato che le tariffe applicate non supereranno la soglia del 15%, mentre più delicata è la situazione per il settore automotive, che oggi ha un dazio speciale più elevato ed al quale viene garantito il 15%, a patto che l’UE avvii un procedimento di riduzione delle tariffe sui prodotti US sopra individuati. Quindi, gli USA vogliono prima vedere le azioni concrete adottate dall’UE e, poi, apriranno il mercato automotive che, comunque, risulterà fortemente colpito.
Ancora più complessa è invece la posizione di acciaio ed alluminio e prodotti derivati che scontano ancora un dazio estremamente pesante, dal 25% all’attuale diffuso 50%, che rende questi beni, oggi, quelli maggiormente sensibili e gravati da misure estremamente penalizzanti, ma che le parti dichiarano di voler riconsiderare, anche innestando un sistema per lo meno di quote o contingenti in grado di agevolare ingressi in USA di prodotto a dazio ridotto, almeno fino ad una certa soglia.
Inoltre, estremamente interessante è l’idea di pianificare tra le parti un sistema di asseverazione dell’origine non preferenziale che renda certa e chiara la determinazione di questo elemento fondamentale dell’accertamento doganale, che è il vero punto caldo dell’intera vicenda “dazi US”, che per la prima volta introducono un sistema daziario selettivo per origine, indirizzando a diversi Paesi diversi trattamenti.
Oltre a tutto ciò, che sul lato tecnico doganale resta tutto da scoprire e da studiare, stanno poi gli accordi ulteriori, come quelli sugli obblighi di investimenti, di acquisto di energia (gas e altro), di spesa militare di prodotto made in USA, che assume l’UE, fatti estremamente discussi nelle ultime settimane e che rappresentano uno dei “prezzi” più consistenti di questa intesa.
• Vino ed alcolici: 15%
• Aerospace: dazio MFN
• Farmaci generici e precursori chimici: dazio MFN
• Automotive: situazione in stallo e dazio attuale 25%
• Acciaio e alluminio e derivati: 25% e 50%
Elementi per l’applicazione del dazio e misure di mitigazione
I maggiori costi legati alle aliquote tariffarie USA sono strettamente legati ai tre elementi che costituiscono i pilastri dell’accertamento doganale: classifica, origine (non preferenziale) e valore della merce.
Si deve notare, in particolare, che l’imposizione dei dazi specifici, reciproci e selettivi, segue il criterio dell’origine, a prescindere dalla provenienza del bene, per cui un bene di origine Cina sconterà la sua tariffa propria, qualunque sia il Paese di spedizione, così come sarà per prodotti UE spediti da Paesi terzi.
I processi decisionali e le eventuali azioni di mitigazione non possono prescindere da un’attenta mappatura dei flussi e delle transazioni sulla base delle tariffe doganali e dell’origine attribuite ai prodotti esportati negli Stati Uniti; si tratta di elementi, tipicamente, customs & trade, che devono essere conosciuti e gestiti tramite adeguati presidi quali procedure o review periodiche.
Al fine di comprendere a pieno la portata delle nuove imposizioni, nonché valutare possibili esclusioni e modalità pratiche di mitigazione grazie all’implementazione di regimi o istituti doganali speciali, si ritiene necessario procedere con approfondite analisi sui driver doganali della classificazione, dell’origine, e del valore, gli unici in grado di favorire i clienti e garantire agli esportatori di restare, in una logica case by case, competitivi sul mercato.
Infine, nell’ottica di diversificazione dei mercati di destinazione, si suggerisce di valutare la possibilità di sfruttare appieno le occasioni date dagli accordi di libero scambio conclusi dall’UE, individuando potenziali nuove opportunità di business in Paesi che garantiscono un dazio nullo o sensibilmente ridotto al momento dell’importazione.
Riferimenti normativi:
- Commissione europea, Comunicato 27 luglio 2025;
- UE/USA, Joint Statement 21 agosto 2025.
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