RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 17 OTTOBRE 2025
AGENTE DI COMMERCIO
Provvigioni
La determinazione contrattuale delle provvigioni dovute dall’agente di commercio – Cass., Sez. Lav., ord. 25 settembre 2025, n. 26190
Il Fatto
Un agente di commercio agiva in giudizio contro la società preponente per ottenere il pagamento delle provvigioni oggetto di storno, relative a provvigioni erogate l’anno precedente.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda, visto che il calcolo era stato effettuato sulla base della previsioni contrattuali.
L’agente ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte osserva che l’art. 1748, comma 6, c.c. – che consente la restituzione delle provvigioni solo in caso di mancata esecuzione del contratto per cause non imputabili al preponente – ha un ambito di applicazione oggettivo limitato alle vicende relative alla fase esecutiva del contratto stipulato tra preponente e terzo. Nel caso di specie, invece, la controversia verte sulla corretta applicazione della misura delle provvigioni concordata tra le parti (al netto degli sconti), senza alcuna questione sulla regolare esecuzione dei contratti promossi dall’agente.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
DATORE DI LAVORO
Corresponsabilità solidale
La corresponsabilità solidale del datore in caso di inadempimento del dipendente – Cass., Sez. Lav., ord. 2 ottobre 2025, n. 26575
Il Fatto
Un datore di lavoro adiva il Tribunale per ottenere il risarcimento del danno per il comportamento inadempiente di un lavoratore per non aver vigilato sulle condotte di altri dipendenti.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte osserva che in tema di corresponsabilità del datore di lavoro, questi risponde infatti ex art. 1228 c.c. anche dell’operato del dipendente ai fini del concorso del danneggiato regolato dall’art.1227 c.c.
Poiché i giudici di merito non hanno approfondito tale tema, la corte accoglie il ricorso sul punto.
DIRIGENTE
Licenziamento disciplinare
La diversa disciplina del licenziamento del dirigente – Cass., Sez. Lav., ord. 2 ottobre 2025, n. 26609
Il Fatto
Un dirigente impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli.
Il Tribunale e la Corte d’Appello ritenevano che il licenziamento non fosse sorretto da giusta causa, ma da giustificatezza, condannando il datore al pagamento del preavviso.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ricorda che nozione contrattuale di giustificatezza che si discosta, sia nel piano soggettivo che su quello oggettivo, da quello di giustificato motivo ex art. 3, Legge n. 604/1966, e di giusta causa ex art. 2119 c.c., trovando la sua ragione d’essere, in particolare, nel rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in ragione delle mansioni affidate – suscettibile di essere leso anche da mera inadeguatezza rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o da importante deviazione dalla linea segnata dalle Direttive generali del datore di lavoro. Ai fini della “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, infatti, non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribuiti al dirigenti.
Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tali principi, la corte rigetta il ricorso.
INPS
Contribuzione
La debenza della contribuzione INPS – Cass., Sez. Lav., sent. 27 settembre 2025, n. 26285
Il Fatto
Una cooperativa adiva il Tribunale per ottenere dall’INPS il rimborso di somme versate a titolo di contribuzione CIGS e contribuzione per mobilità ritenendole non dovute.
Il Tribunale accoglieva la domanda, limitatamente alla prescrizione decennale, ritenendo che l’obbligo contributivo per le compagnie portuali fosse stato introdotto con la Legge n. 92/2012 e non esistesse in precedenza. La Corte d’Appello confermava la sentenze e INPS ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ribadisce che le cooperative portuali inquadrate nel settore industria sono tenute al pagamento della contribuzione CIGS anche per i lavoratori non temporanei, in applicazione dell’art. 5 della Legge n. 469/1984, che ha esteso l’ambito di applicazione della CIGS, e dell’art. 9 della Legge n. 407/1990 che ne ha imposto definitivamente l’obbligo contributivo. Questa estensione si basa sulla natura industriale della cooperativa e sulla necessità di evitare una disparità di trattamento.
Inoltre la corte precisa che l’agevolazione contributiva (art. 27, comma 2-bis, D.L. n. 669/96) si applica solo agli aumenti contributivi effettivi derivanti dalla variazione delle aliquote disposta dall’art. 3, comma 23, della Legge n. 335/1995, al fine di mitigare il maggiore aggravio contributivo tramite una graduale compensazione con la riduzione delle contribuzioni minori. Tale beneficio non si applica, invece, quando l’aggravio contributivo è determinato da una diversa modalità di computo dell’imponibile contributivo (nella specie, in base alla retribuzione “virtuale” ex D.L. n. 338/89, per effetto del D.Lgs. n. 423/01).
Poiché i giudici di merito non si sono attenuti a tali principi, la corte accoglie il ricorso.
LAVORO SUBORDINATO
Diritto sindacale
L’accertamento della condotta antisindacale del datore di lavoro – Cass., Sez. Lav., ord. 2 ottobre 2025, n. 26611
Il Fatto
Un’organizzazione sindacale adiva il Tribunale, denunciando la condotta antisindacale di una società per aver negato l’uso di un locale interno per un’assemblea dei lavoratori, adducendo impedimenti logistici, ma mettendo a disposizione un altro locale più lontano.
Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda e il sindacato ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte rileva che l’art. 27 Legge n. 300/1970 (diritto a un locale idoneo per le riunioni delle RSA), in quanto tale norma è inapplicabile al caso di specie, che riguarda l’assemblea dei lavoratori (art. 20 Legge n. 300/1970), istituto diverso. Il quinto motivo, che riguardava il profilo intenzionale della condotta antisindacale, era assorbito, data l’insussistenza del profilo oggettivo del comportamento datoriale.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Inquadramento
Il procedimento giudiziale trifasico per la valutazione del corretto inquadramento – Cass., Sez. Lav., ord. 2 ottobre 2025, n. 26606
Il Fatto
Un lavoratore ricorreva in giudizio per l’accertamento del diritto a un inquadramento superiore.
Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano parzialmente la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte osserva che i giudici di merito hanno correttamente applicato il procedimento logico-giuridico di inquadramento. Questo procedimento si articola in tre fasi successive:
- accertamento in fatto delle attività svolte;
- individuazione delle qualifiche del CCNL;
- raffronto tra i risultati. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno adeguatamente motivato l’accertamento sulla natura delle mansioni, valorizzando l’autonomia e l’iniziativa del lavoratore.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Lavoro all’estero
La legge applicabile in caso di contratto di lavoro svolto anche all’estero – Cass., Sez. Lav., sent. 25 settembre 2025, n. 26173
Il Fatto
Un lavoratore, impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli dalla società.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado (che aveva disposto la reintegra del lavoratore) la decisione, confermava l’illegittimità del licenziamento per la violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 Statuto dei Lavoratori, a causa della genericità della contestazione, applicando tuttavia la tutela risarcitoria, ritenendo applicabile la pattuizione contrattuale stabilito, visto che il lavoro si svolgeva in Romania
Il lavoratore ricorreva per Cassazione.
Il Diritto
La Corte di cassazione, esaminando congiuntamente i motivi che investivano l’interpretazione dei criteri per la determinazione della legge applicabile, accoglieva il ricorso. La Corte rilevava che la sentenza d’appello aveva compiuto una commistione di piani normativi, applicando la legge italiana per l’illegittimità del licenziamento (violazione art. 7 St. Lav.) e la legge romena (come individuata convenzionalmente) per la sanzione (indennizzo). Tale operazione era ritenuta non condivisibile e in contrasto con l’art. 8 del Regolamento UE n. 593/2008 (Roma I), che impone l’individuazione di un’unica legge applicabile. La Corte ribadiva che l’interpretazione di tale normativa deve ispirarsi al principio del “favor laboratoris”, in quanto parte più debole del contratto, e che il giudice nazionale deve valutare l’insieme delle circostanze per individuare la legge del paese con il collegamento più stretto.
La corte pertanto accoglie il ricorso.
RETRIBUZIONE
Compensazione impropria
La compensazione nel rapporto di lavoro – Cass., Sez. Lav., sent. 24 settembre 2025, n. 26047
Il Fatto
Un medico di medicina generale convenzionato con il SSN agiva in giudizio contro l’ASL per la restituzione di somme trattenute dalla retribuzione. a titolo di risarcimento per il danno erariale cagionato dalla sua condotta di inappropriatezza prescrittiva (iperprescrittività di esami diagnostici, poi pagati a centri accreditati).
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Napoli rigettavano il ricorso.
Il professionista ricorreva per cassazione
Il Diritto
La corte rileva che anche nell’ambito del rapporto di lavoro, quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico rapporto, ancorché complesso, non vi è luogo ad una ipotesi di compensazione «propria», ai sensi degli artt. 1241 e segg. c.c. ma opera il diverso fenomeno della c.d. compensazione «impropria» (o atecnica), il quale si risolve in un mero accertamento contabile del saldo finale di contrapposte partite di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza.
L’operazione contabile di accertamento del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuta dal giudice d’ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione c.d. propria, che invece, per poter operare, postula l’autonomia dei rapporti e l’eccezione di parte.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
Lavoro straordinario
La retribuzione del lavoro straordinario e la sua autorizzazione allo svolgimento – Cass., Sez. Lav., ord. 25 settembre 2025, n. 26181
Il Fatto
Un lavoratore del pubblico impiego adiva il Tribunale per ottenere il pagamento del lavoro straordinario svolto nei giorni feriali e festivi.
La Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda. La Corte territoriale motivava il rigetto, in merito al lavoro festivo, per la mancanza di prova sia di una preventiva autorizzazione sia del fatto che si trattasse di prestazione in eccedenza rispetto all’orario ordinario.
Il lavoratore ricorreva per Cassazione.
Il Diritto
La Corte ricorda che il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo, atteso che l’art. 2108 c.c., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del D.Lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario, se debitamente autorizzato e che, dunque, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, la presenza dell’autorizzazione è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 c.c.
La corte osserva poi che l’autorizzazione all’esecuzione della prestazione straordinaria può essere anche implicita e costituisce presupposto sufficiente per il pagamento dei relativi emolumenti. Tale consenso è desumibile dalla mera organizzazione del lavoro datoriale.
La corte pertanto accoglie il ricorso.
SANZIONE DISCIPLINARE
Proporzionalità
La valutazione giudiziale della proporzionalità della sanzione irrogata – Cass., Sez. Lav., ord. 24 settembre 2025, n. 26003
Il Fatto
Un lavoratore impugnava la sanzione disciplinare conservativa irrogatagli.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava legittima la sanzione disciplinare.
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte ribadisce che la sanzione disciplinare, anche se irrogata per una pluralità di addebiti, è legittima se sorretta anche soltanto da uno di essi, qualora questo sia idoneo a giustificare il provvedimento adottato in base alla normativa disciplinare di riferimento.
Inoltre la corte ricorda che l’immediatezza della contestazione (ex art. 7 Legge n. 300/1970), è una nozione da intendersi in modo relativo, correlata alla complessità dell’organizzazione aziendale e alla necessità di indagini preliminari.
La corte pertanto rigetta il ricorso.
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