COMMENTO
DI GIOVANNI IMPROTA | 27 OTTOBRE 2025
Il Ministero del Lavoro con la Nota n. 14744 del 13 ottobre u.s. ha confermato che le dimissioni rassegnate in periodo di prova dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre nei primi tre anni di vita del figlio devono essere preventivamente convalidate presso il Servizio Ispettivo del competente Ispettorato del Lavoro.
Lavoratrice madre al rientro dal periodo di assenza per maternità: tutele
L’art. 56 D.Lgs. n. 151/2001, al 1° comma, prevede che al termine del periodo di congedo per maternità e del periodo di congedo parentale, la lavoratrice ha diritto:
- alla conservazione del posto di lavoro;
- salvo che espressamente vi rinunci, di rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all’inizio del periodo di gravidanza e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino;
- di essere adibita alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
L’inosservanza della suddetta disposizione è punita con la sanzione amministrativa da euro 1.032,91 ad euro 2.582,28 (da Lit. 2.000.000 a Lit. 5.000.000).
Risoluzione rapporto di lavoro con la lavoratrice, madre da meno di un anno: disciplina legale
Ai sensi dell’art. 54 D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”) è espressamente previsto che “le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III,” nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”.
In considerazione del suddetto divieto di licenziamento, il successivo art. 55 come modificato dalla Legge n. 92/2012 prevede una disciplina specifica per le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro che dovesse intervenire nel periodo tutelato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale.
L’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 prevede infatti che in caso di dimissioni rassegnate dalla lavoratrice madre durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento (Sulla base di quanto previsto dall’art. 54 D.Lgs. n. 151/2001 vige un divieto di licenziamento delle lavoratrici madri nel periodo intercorrente fra l’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento dell’anno di età del bambino), la stessa non è tenuta al preavviso ed anzi ha diritto al pagamento da parte del datore di lavoro dell’indennità di preavviso contrattualmente prevista.
Sulla base di quanto previsto dalla suddetta norma:
- le dimissioni o la risoluzione consensuale che dovessero verificarsi durante il periodo di gravidanza o durante i primi 3 anni di età del bambino dovranno essere immediatamente convalidate dalla lavoratrice presso il Servizio Ispettivo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro mediante consegna del relativo modulo ministeriale debitamente compilato, a prescindere dalla data di effettiva cessazione del rapporto di lavoro, essendo subordinata l’efficacia di tale risoluzione alla convalida ex art. 55 D.Lgs. n. 151/2001;
- nell’ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro dovesse intervenire prima del compimento dell’anno di età del bambino, il datore di lavoro sarà tenuto a riconoscere alla lavoratrice l’indennità sostitutiva di preavviso contrattualmente prevista;
- nell’ipotesi in cui la cessazione del rapporto di lavoro dovesse intervenire dopo il compimento dell’anno di età del bambino a seguito di dimissioni, non dovrà essere corrisposto alcunché a titolo di preavviso.
La misura della convalida è funzionale a garantire la libertà e genuinità della volontà del soggetto protetto, impedendo che le dimissioni siano frutto di pressioni o comportamenti discriminatori del datore di lavoro.
Giova tener presente che l’istituto della convalida delle dimissioni, a differenza del divieto di licenziamento che trova applicazione fino al compimento dell’anno di età del bambino, si estende fino al terzo anno di età del bambino.
Sotto il profilo operativo, quindi, il lavoratore deve presentarsi presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, individuato in base al luogo di lavoro o di residenza del lavoratore, ove il funzionario preposto identifica il lavoratore o la lavoratrice interessata, prende visione della lettera di dimissioni o dell’accordo per risoluzione consensuale, ponendo delle domande alla lavoratrice/lavoratore per verificare che le dimissioni non siano state indotte dal datore di lavoro.
Il provvedimento di convalida emesso dall’Ispettorato del Lavoro rappresenta la condizione essenziale per rendere efficace la risoluzione del rapporto di lavoro in conformità a quanto previsto dall’art. 55 sopra citato.
Dimissioni rassegnate in periodo di prova dalla lavoratrice madre o dal padre lavoratore: i chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro
Il Ministero del Lavoro, nella Nota in esame, conferma in maniera inequivocabile che nel caso di dimissioni rassegnate in periodo di prova dalla lavoratrice madre o dal padre lavoratore entro i primi 3 anni di età del bambino devono essere obbligatoriamente convalidate ai sensi dell’art. 55sopra citato.
A tale conclusione, il Ministero giunge a seguito di una interpretazione letterale del 4° comma dell’art. 55 D. Lgs. 151/01 che dispone quanto segue:
“La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro”.
Analizzando tale norma, poiché la stessa fa riferimento genericamente alle dimissioni, senza compiere una distinzione tra fasi del rapporto di lavoro, e non essendovi un’espressa esclusione, a parere del Ministero l’istituto della convalida trova applicazione alle dimissioni rassegnate in periodo prova.
Inoltre, poiché la ratio della norma risiede nell’intenzione del legislatore di tutelare la genitorialità e prevenire abusi, l’esclusione del periodo di prova dall’ambito di tutela svuoterebbe di senso la finalità stessa della convalida, poiché anche in tale fase il lavoratore potrebbe essere esposto a pressioni indebite da parte del datore di lavoro e mascherare quindi un licenziamento sostenuto da motivazioni discriminatorie (Sent. n. 23061/2007).
Implicazioni operative per i datori di lavoro e i lavoratori
Sul piano delle implicazioni operative, la conferma contenuta nella nota in esame comporta sia per il lavoratore padre e la lavoratrice madre, che per i datori di lavoro, per le ipotesi di dimissioni rassegnate in periodo di prova, la necessità di tener conto delle rilevanti indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro, soprattutto ai fini dell’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro che, come sopra precisato, è subordinata alla convalida di tali dimissioni presso il competente Ispettorato Territoriale del Lavoro.
A ciò occorre aggiungere che il chiarimento fornito dal Ministero comporta inevitabilmente:
- per i lavoratori una limitazione dell’autonomia negoziale nel periodo di prova, in cui, come noto, vi è una libertà di recesso;
- per i datori di lavoro, oltre un potenziale aggravio amministrativo, anche la necessità di informare i lavoratori, per evitare irregolarità formali nella cessazione del rapporto.
Riferimenti normativi:
- D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 54, 55, 56
- MLPS, Nota 13 ottobre 2025, n. 14744
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