2° Contenuto: Tutto Quesiti, Momento di effettuazione delle operazioni: profili operativi

CIRCOLARE TUTTOQUESITI

DI STEFANO SETTI | 12 NOVEMBRE 2025

Le risposte alle domande dei professionisti

Si presentano le riposte ai quesiti pervenuti in occasione della 9ª Giornata del Percorso Specialistico “IVA 2025” dal titolo “Momento di effettuazione delle operazioni: profili operativi”.
Un incontro interamente dedicato a fare il punto sull’IVA alla luce delle più recenti novità normative, di prassi e giurisprudenza, con un taglio operativo e orientato ai casi concreti. 
Il corso ha approfondito i criteri per la corretta determinazione del momento di effettuazione delle operazioni ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972, fornendo strumenti pratici per gestire correttamente registrazioni, adempimenti e tempistiche. La parte finale è stata dedicata alle operazioni con l’estero, analizzando in quali casi l’imposta sorge, come deve essere documentata e quali sono gli errori più frequenti da evitare. Un appuntamento essenziale per chi desidera consolidare le proprie competenze IVA e aggiornarsi in modo completo e mirato. 

Quesito n. 1 – Operazione di acquisto di beni all’estero non territorialmente rilevante ai fini IVA: adempimenti “esterometro” e codifica SDI

Domanda

Impresa italiana acquista materiale in Austria e lo fa consegnare ad altro soggetto austriaco che lo utilizza e consuma per analisi cliniche. L’impresa italiana come deve inviare a SDI l’acquisto di importo superiore a 50.000 euro? Con che codice natura e tipo documento?

Risposta

Nel caso prospettato, il bene non entra nel territorio italiano: la cessione e la consegna avvengono interamente in Austria, tra soggetti entrambi ivi stabiliti ai fini dell’IVA.

Pertanto, secondo quanto dispone l’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, la cessione non è territorialmente rilevante in Italia, in quanto i beni non si trovano nel territorio dello Stato al momento della loro cessione.

Art. 7-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972:
“Le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili esistenti nel territorio dello Stato, ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello Stato.”

Nel caso in esame, i beni non sono mai “esistenti nel territorio dello Stato”, poiché restano in Austria e sono consegnati e utilizzati da soggetto ivi residente.

Ne consegue che l’acquisto effettuato dalla società italiana è una operazione fuori campo IVA per carenza del presupposto territoriale, e non costituisce un acquisto intracomunitario, ai sensi dell’art. 38 del D.L. n. 331/1993, poiché i beni non vengono introdotti in Italia.

Dal 1° luglio 2022, in seguito alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 127/2015, art. 1, commi 3-bis e 3-ter, le operazioni transfrontaliere (attive o passive) fuori campo IVA devono essere trasmesse al Sistema di Interscambio (SDI) in formato elettronico XML, secondo le regole del c.d. “nuovo esterometro”.

Le risposte dell’Agenzia delle Entrate fornite alla stampa specializzata del 15 giugno 2022 hanno chiarito che:

  • per gli acquisti di beni fuori campo IVA ai sensi dell’art. 7-bis, D.P.R. n. 633/1972 (ad esempio rifornimenti di carburante o beni acquistati e consumati all’estero), il file XML va compilato con:
    • codice natura IVA: “N2.2” (“operazioni non soggette – altri casi”);
    • tipo documento: “TD19” (acquisto di beni da soggetti esteri).
  • per le prestazioni di servizi ricevute fuori campo IVA (artt. 7-ter e ss., D.P.R. n. 633/1972), si usa TD17 e N2.2.

La ratio è mantenere la tracciabilità delle operazioni non territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, già prevista dal precedente esterometro (obbligo ora integrato nella fatturazione elettronica).

L’acquisto in questione:

  • riguarda beni mobili materiali;
  • avviene tra fornitore austriaco e società italiana, ma con consegna e consumo in Austria;
  • quindi fuori campo IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-bis, D.P.R. n. 633/1972.

L’importo (superiore a 5.000 euro) determina l’obbligo di comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate, come previsto dal Provvedimento del 28 ottobre 2021 e dalle specifiche tecniche versione 1.8.2.

Pertanto, la società italiana deve emettere un documento elettronico di tipo autofattura/integrazione per registrare l’operazione ai soli fini comunicativi, senza addebito d’imposta, con le seguenti caratteristiche:

  • Tipo documento: TD19 – “acquisto di beni da soggetti esteri”
  • Codice natura IVA: N2.2 – “operazioni non soggette – altri casi”

Quesito n. 2 – Acquisti intracomunitari di soggetto forfetario oltre la soglia dei 10.000 euro: base imponibile del reverse charge e adempimenti SDI

Domanda

Il forfetario che dovesse superare la soglia dei 10.000 euro riceve la fattura del fornitore estero con IVA, il calcolo del reverse charge è fatto considerando come imponibile il totale fattura comprensivo IVA addebitata dal fornitore estero?

Risposta

Nel caso descritto, il soggetto forfetario italiano, avendo superato la soglia dei 10.000 euro prevista dall’art. 38, comma 5, lett. c), del D.L. n. 331/1993, è tenuto ad applicare l’imposta in Italia secondo le regole ordinarie degli acquisti intracomunitari, anche se opera in regime forfetario.

Questo comporta l’obbligo di:

  1. integrare la fattura del fornitore comunitario con l’IVA italiana (reverse charge), ai sensi dell’art. 46, comma 1, D.L. n. 331/1993,
  2. versare l’imposta dovuta, senza diritto a detrazione (in quanto il forfetario non può esercitare la detrazione IVA),
  3. inviare i dati al Sistema di Interscambio (SDI) mediante tipo documento TD18 (acquisto intracomunitario).

Nel caso prospettato, il fornitore estero ha addebitato erroneamente l’IVA del proprio Stato membro, nonostante si trattasse di una cessione intracomunitaria destinata a soggetto passivo italiano.

Tale imposta non è dovuta e non è rimborsabile al cliente italiano (in quanto trattasi di un’imposta indebitamente applicata in un altro Stato membro).

La Corte di Giustizia UE, in più riprese, ha infatti chiarito che l’IVA addebitata indebitamente in uno Stato membro non è detraibile né rimborsabile dal destinatario, salvo rimborso diretto da parte del fornitore che la ha incassata per errore.

Pertanto, in sede di integrazione ai fini IVA in Italia, il contribuente forfetario non può escludere l’imposta estera dal calcolo della base imponibile, poiché l’importo totale pagato al fornitore, comprensivo dell’IVA UE non dovuta, costituisce comunque il corrispettivo effettivamente pagato per l’acquisto.

In base all’art. 13, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, la base imponibile per l’applicazione dell’IVA è costituita dall’importo complessivo dovuto al cedente, al netto soltanto degli sconti o abbuoni risultanti dalla fattura o da altri documenti.

Nel caso di specie, poiché la fattura del fornitore estero indica un corrispettivo comprensivo dell’IVA estera erroneamente addebitata, tale imposta diventa parte del totale fattura effettivamente corrisposto.

Ne deriva che il contribuente forfetario, ai fini dell’integrazione IVA, dovrà applicare l’IVA italiana sull’intero importo lordo, cioè: (Imponibile + IVA UE erroneamente addebitata) X aliquota IVA italiana.

Il meccanismo del reverse charge deve quindi essere applicato:

  • anche sulla quota corrispondente all’IVA estera, in quanto parte del corrispettivo totale pagato;
  • con emissione di documento elettronico tipo “TD18”, indicando come base imponibile l’importo lordo della fattura (IVA UE inclusa);
  • con indicazione del codice natura IVA N6.9 (“inversione contabile – acquisti intracomunitari”).

L’IVA così calcolata deve essere versata all’Erario italiano, senza alcuna possibilità di detrazione, in quanto il regime forfetario non consente il recupero dell’imposta a credito.

Quesito n. 3 – Fattura intracomunitaria con IVA indeducibile: obbligo di comunicazione elettronica e inclusione nei modelli INTRA

Domanda

Un professionista, non forfetario, riceve una fattura INTRA con IVA indeducibile o totalmente o al 50% (esempio acquisto cellulare) deve inviarle allo SDI e fare INTRA?

Risposta

Anche nel caso di acquisto intracomunitario di beni con IVA indetraibile (parziale o totale), l’operazione deve essere trasmessa elettronicamente allo SDI.

In base all’art. 1, commi 3-bis e 3-ter, del D.Lgs. n. 127/2015, dal 1° luglio 2022 tutte le operazioni transfrontaliere (attive o passive) sono comunicate in formato elettronico XML tramite SDI, in sostituzione del precedente “esterometro”.

Per gli acquisti intracomunitari di beni, il documento elettronico da utilizzare è:

  • Tipo documento: TD18 (“Acquisto di beni intracomunitari”);
  • Codice natura IVA:
    • N6.9 – “Inversione contabile – acquisti intracomunitari” (da utilizzare per l’integrazione del documento estero).

L’invio tramite SDI è obbligatorio a prescindere dalla detraibilità dell’imposta, poiché la comunicazione ha finalità di tracciamento delle operazioni transfrontaliere e non dipende dal trattamento dell’IVA a valle.

Pertanto, anche se l’IVA è indetraibile o detraibile solo al 50%, l’acquisto va integrato e trasmesso a SDI secondo le regole ordinarie del reverse charge intracomunitario (art. 46, D.L. n. 331/1993).

Anche tale operazione deve essere considerata ai fini INTRASTAT, ma con le seguenti precisazioni operative.

In merito agli elenchi riepilogativi INTRASTAT per gli acquisti di beni risulta opportuno ricordare:

  • che l’obbligo di presentazione dell’elenco sussiste solo per i soggetti con periodicità mensile, e
  • riguarda gli acquisti intracomunitari di beni imponibili IVA in Italia, anche se l’imposta risulta parzialmente o totalmente indetraibile.

Pertanto:

  • se il professionista presenta gli elenchi INTRASTAT con periodicità mensile, dovrà includere anche questa operazione nel modello INTRA 2-bis (acquisti di beni).
  • se, invece, presenta gli elenchi con periodicità trimestrale, non è più obbligato a includere gli acquisti (obbligo rimasto solo per i mensili).

Va inoltre ricordato che l’obbligo non sussiste per operazioni che, pur essendo rilevanti ai fini IVA in Italia, risultano non imponibili o esenti (ad esempio, operazioni di tipo sanitario). In questi casi, infatti, non vi è effettiva rilevanza statistica ai fini del sistema INTRASTAT.

Quesito n. 4 – Prestazioni di servizi: la data della fattura deve corrispondere alla data di incasso della prestazione

Domanda

Nel caso della prestazione di servizi, per un incasso avvenuto ad esempio il 10 ottobre, ho 12 giorni per emettere la fattura ma la data fattura può essere un giorno indifferentemente dal 10 ottobre al 22 ottobre? Oppure la data fattura deve essere obbligatoriamente il 10 e i 12 giorni valgono solo per l’invio?

Risposta

La risposta è chiara e confermata dal combinato disposto dell’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972, come modificato dall’art. 11 del D.L. n. 119/2018: la data della fattura deve corrispondere alla data di effettuazione dell’operazione, cioè, nel caso di una prestazione di servizi, alla data dell’incasso del corrispettivo (art. 6, comma 3, D.P.R. n. 633/1972).

Il termine di 12 giorni previsto dall’art. 21, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972 riguarda esclusivamente il tempo concesso per l’emissione e la trasmissione della fattura elettronica allo SDI, non la possibilità di posticiparne la data.

L’art. 11 del D.L. n. 119/2018 ha introdotto nell’art. 21 del D.P.R. n . 633/1972 la lettera g-bis) del comma 2 , che stabilisce che la fattura deve contenere:

“la data in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi ovvero la data in cui è corrisposto in tutto o in parte il corrispettivo, sempreché tale data sia diversa dalla data di emissione della fattura”.

Quesito n. 5 – L’apertura del termine più lungo per i trimestrali non ancora ufficializzata dal Fisco

Domanda

L’apertura del termine più lungo per i trimestrali è stata ufficializzata in un documento? I programmatori di software non si adeguano a questo segnalando l’integrazione oltre il 15 del mese successivo come errore.

Risposta

No, l’apertura del termine più lungo per i soggetti trimestrali non è stata ufficializzata con un documento di prassi ministeriale (circolare, risoluzione o risposta ad interpello).

Si tratta di un chiarimento fornito in sede non ufficiale, ma comunque autorevole, dall’Agenzia delle Entrate nel corso delle “Risposte ai quesiti degli esperti” rese al VI Forum nazionale dei Commercialisti ed Esperti contabili di ItaliaOggi, tenutosi il 23-24 gennaio 2023.

Le indicazioni sono state successivamente riportate nell’articolo “IVA: le risposte dell’Amministrazione finanziaria”, pubblicato su MySolution e firmato da Stefano Setti, dove viene appunto precisato che per i contribuenti trimestrali è ammesso un termine più ampio per l’integrazione delle fatture estere, in coerenza con i tempi di liquidazione dell’imposta.

Tuttavia, poiché tale estensione non è stata recepita in un atto ufficiale di prassi, molti software gestionali non riconoscono la validità dell’invio oltre il 15 del mese successivo, segnalando l’operazione come errore.

In sostanza, il chiarimento ha natura interpretativa e non normativa, motivo per cui gli sviluppatori si attengono ancora al termine tecnico “standard” previsto dalle specifiche tecniche SDI.

Quesito n. 6 – Impresa di costruzioni, mancata esecuzione dell’appalto a fronte di terreno ricevuto: corretta gestione IVA e documentazione fiscale

Domanda

Immobiliare di costruzioni ottiene la proprietà di un’area da parte di un privato a fronte di appalto di futura costruzione di immobile su altra area. Questo appalto non viene realizzato per cause non imputabili all’impresa e solo 3 anni dopo la transazione si chiude con il trasferimento di un bene immobile (tra l’altro a soggetto terzo beneficiario). Quali i corretti passaggi IVA? FT e NC?

Risposta

In origine, l’operazione descritta si configura come una permuta ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 633/1972, secondo cui si considerano tali “le operazioni che hanno per oggetto lo scambio di beni o di servizi, e ciascuna cessione o prestazione è soggetta ad IVA separatamente”.

Nel caso specifico, il privato trasferisce la proprietà del terreno all’impresa di costruzioni, mentre quest’ultima si impegna a realizzare e consegnare un immobile da edificare su un’altra area, quale corrispettivo della cessione ricevuta. Si tratta, dunque, di una tipica permuta tra un bene (il terreno) e una prestazione di servizi (l’appalto di costruzione), entrambe astrattamente rilevanti ai fini IVA.

Tuttavia, poiché la prestazione dell’impresa non viene mai eseguita, la permuta non si perfeziona in modo completo. Solo la prima parte – ossia il trasferimento del terreno – si realizza effettivamente, mentre la controprestazione, consistente nella costruzione dell’immobile, rimane ineseguita.

In base all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, le prestazioni di servizi “si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo o, se anteriore, all’atto dell’emissione della fattura”. Nel caso in esame, l’impresa non ha mai né eseguito la prestazione né incassato alcun corrispettivo, se non un bene ricevuto in natura, la cui effettiva acquisizione era però subordinata all’esecuzione futura dei lavori. Ne consegue che, ai fini IVA, l’operazione non si è mai perfezionata, poiché il presupposto oggettivo – l’effettuazione del servizio – non si è mai verificato.

L’acquisizione del terreno, infatti, era sinallagmaticamente collegata all’obbligazione di costruire l’immobile: in altri termini, rappresentava il corrispettivo della futura prestazione edilizia. Venendo meno quest’ultima, viene meno anche la causa economico-giuridica della cessione originaria. Per questo motivo, la successiva transazione tra le parti assume la funzione di chiudere la vicenda e di riequilibrare i rapporti economici in conseguenza del venir meno del contratto di appalto.

Sotto il profilo fiscale, trova applicazione l’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, che consente di emettere nota di variazione in diminuzione (nota di credito) nel caso in cui un’operazione imponibile “venga meno in tutto o in parte”.

Pertanto, qualora l’impresa avesse già emesso una fattura – ad esempio per valorizzare il terreno ricevuto come anticipo del corrispettivo dell’appalto – e successivamente l’operazione non si fosse più realizzata, essa potrà emettere una nota di credito per stornare integralmente l’IVA originariamente addebitata. Tale nota dovrà essere emessa al momento della transazione definitiva, che rappresenta il momento in cui si consolida il venir meno del contratto originario.

Viceversa, se nessuna fattura era stata emessa, non sarà necessario procedere ad alcuna variazione, poiché l’operazione non ha mai generato un debito IVA effettivo, non essendosi mai verificato il momento impositivo della prestazione non eseguita.

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