3° Contenuto Riservato: Rassegna di Giurisprudenza 14 novembre 2025, n. 622

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 14 NOVEMBRE 2025

APPALTO

Lavoro subordinato

La responsabilità del committente in caso di omissioni dell’appaltatore – Cass., Sez. Lav., sent. 31 ottobre 2025, n. 28773

Il Fatto

Un datore di lavoro e il suo legale rappresentante. proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dall’Ispettorato Territoriale del lavoro per l’impiego di lavoratori dello spettacolo privi del certificato di agibilità. I ricorrenti deducevano di aver stipulato un contratto di appalto di servizi ricreativi con un’altra società e che, pertanto, non fossero a conoscenza delle loro irregolarità.

Sia il Tribunale di Siracusa che la Corte d’Appello rigettavano l’opposizione, affermando che la responsabilità ai sensi dell’art. 6 D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947 si estende a chiunque faccia svolgere l’attività nei locali di cui abbia la disponibilità, a tutela rafforzata del lavoratore dello spettacolo.

I soccombenti proponevano ricorso in Cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che, per i soggetti diversi dal datore di lavoro o committente (come nel caso dell’appaltante che concede i locali), l’elemento soggettivo dell’illecito non è costituito dalla mera conoscibilità, ma dalla effettiva consapevolezza del mancato possesso del certificato di agibilità da parte dei lavoratori. Tale consapevolezza, che è in re ipsa per il datore di lavoro, deve essere oggetto di uno specifico accertamento in concreto per il soggetto terzo, e l’onere probatorio incombe sull’ente titolare del potere sanzionatorio.

 Poiché i Giudici di merito hanno omesso tale accertamento, la corte accoglie il ricorso.

La tutela dei lavoratori in caso di appalto – Cass., Sez. Lav., sent. 31 ottobre 2025, n. 28770

Il Fatto

I lavoratori, dipendenti di una società appaltatrice di servizi di pulizia, adivano il Tribunale per ottenere la condanna del committente ai sensi dell’art. 1676 c.c., al pagamento di retribuzioni, indennità di fine rapporto e T.F.R.

il committente si opponeva, eccependo che le somme dovute all’appaltatrice erano già vincolate da pignoramenti presso terzi notificati da altri dipendenti della medesima società, in data anteriore alla notifica del ricorso.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda dei lavoratori, che proponevano ricorso per cassazione.

Il Diritto

La corte  ribadisce che l’azione diretta ex art. 1676 c.c. è un’azione di cognizione che, esperita anche in via stragiudiziale (con la richiesta di pagamento), determina ex lege la diretta obbligazione del committente verso i dipendenti dell’appaltatore, rendendo indisponibile il credito dell’appaltatore nei confronti del committente. Tale azione, essendo diretta e intercorrendo tra soggetti terzi rispetto al fallito, non è ostacolata dal sopravvenuto fallimento dell’appaltatore. Inoltre, l’esistenza di un pignoramento presso terzi delle somme dovute dal committente all’appaltatore non costituisce un fatto impeditivo della pretesa ex art. 1676 c.c., in quanto si traduce solo in un vincolo di indisponibilità delle somme. Il committente, infatti, rimane debitore dell’appaltatore sino all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, la quale sola trasferisce coattivamente la titolarità del credito al creditore pignorante. Pertanto, in difetto di ordinanza di assegnazione, i giudici di merito hanno errato nel ritenere inesistente il debito del committente verso l’appaltatore al momento della richiesta ex art. 1676 c.c., e quindi nel rigettare la domanda dei lavoratori.

La corte pertanto accoglie il ricorso.

CONTRIBUZIONE

Lavoro subordinato

L’esenzione dell’obbligo contributivo per le società sportive – Cass., Sez. Lav., ord. 24 ottobre 2025, n. 28325

Il Fatto

Un’associazione sportiva  si opponeva ad un verbale di accertamento dell’INPS per  omissioni contributive e assicurative.

Il tribunale e la corte di appello rigettavano la domanda, escludendo l’applicabilità dell’esenzione contributiva prevista dall’art. 67, comma 1, lett. m) del Tuir, rilevando che l’attività svolta non costituiva esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.

La società ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ribadisce che  l’esonero dall’obbligo contributivo, collegato alla disciplina fiscale dei redditi diversi (art. 67 Tuir), pur trovando applicazione anche in materia previdenziale, non è automatico in virtù della mera affiliazione al CONI. L’esonero si applica solo a condizione che il soggetto che lo invoca dimostri, con onere probatorio a suo carico, che l’ente persegua effettive finalità senza scopo di lucro e che le prestazioni siano rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche (inclusa la didattica e la formazione).

Poiché i giudici di sono attenuti a detto principio, la corte rigetta il ricorso.

L’onere di INPS di provare la pretesa contributiva – Cass., Sez. Lav., ord. 31 ottobre 2025, n. 28787

Il Fatto

Una società adiva il tribunale per ottenere l’accertamento negativo della debenza dei contributi pretesi dall’INPS tramite un verbale di accertamento.

Il tribunale e la corte di appello accoglievano la domanda poiché l’Istituto non aveva assolto l’onere di allegare in modo specifico la propria pretesa contributiva.

INPS ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che INPS si è limitata a produrre un generico «prospetto di regolarizzazione contributiva» senza indicare i titoli specifici della pretesa, L’onere di allegare e provare i fatti impeditivi della pretesa contributiva (come l’esenzione) spetta al datore di lavoro, ma questo presuppone necessariamente che l’Istituto Previdenziale abbia prima assolto l’onere di allegare i fatti costitutivi della pretesa in modo specifico.

Poiché i giudici di merito di sono attenuti a tali principi, la corte , rigetta il ricorso.

Retribuzione

L’obbligo contributivo gravante sul datore di lavoro in caso di sospensione del rapporto contributivo – Cass., Sez. Lav., ord. 31 ottobre 2025, n. 28776

Il Fatto

Un datore di lavoro adiva il tribunale per far accertare l’insussistenza dell’obbligo di pagare i contributi previdenziali per i periodi di sospensione concordata del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione, ai sensi del CCNL applicabile.

Il tribunale aveva accolto parzialmente la domanda della società, ma la corte d’appello accoglieva integralmente il gravame dell’INPS, ritenendo che le asserite sospensioni del rapporto di lavoro non potessero considerarsi “giustificate” ai sensi del CCNL.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

la corte di cassazione ribadisce che l’obbligo contributivo è autonomo rispetto all’obbligazione retributiva. La base di calcolo dei contributi non può essere inferiore al minimale contributivo, determinato dai contratti collettivi nazionali. L’obbligazione contributiva è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e rimane dovuta per l’intero ammontare previsto dal contratto collettivo anche nei casi di sospensione della prestazione derivante da un accordo tra le parti o da una libera scelta del datore di lavoro, se non rientra nelle ipotesi previste per legge o CCNL (come malattia, infortunio, etc.). in tale caso, incombe sul datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle ipotesi di esenzione dall’obbligo contributivo.

Poiché i giudici di merito si sono attenuti a detto principio, la corte rigetta il ricorso.

LAVORO SUBORDINATO

Accertamento

La prova della corretta applicazione del lavoro a termine – Cass., Sez. Lav., ord. 31 ottobre 2025, n. 28794

Il Fatto

Un lavoratore, assunto a tempo determinato adiva il tribunale per far accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La corte di appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda ritenendo che la tesi della società, che calcolava il rispetto del contingentamento su base mensile, fosse in contrasto con il tenore letterale dell’art. 2 D.Lgs. n. 368/2001.

La società ricorreva per Cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda il principio di diritto secondo cui la prova dell’osservanza della clausola di contingentamento, rilevante ai fini della verifica dell’oggettiva esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, è integralmente a carico del datore di lavoro.

La corte osserva poi che, riguardo al calcolo del contingentamento, l’interpretazione dell’art. 2 D.Lgs. n. 368/2001 deve fare riferimento ai contratti a termine stipulati nel periodo del contratto da scrutinare e non al numero di contratti in forza mese per mese, poiché ciò porterebbe a computare più volte lo stesso contratto o a non conteggiare contratti di breve durata.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

Demansionamento

Il risarcimento del danno in caso di demansionamento – Cass., Sez. Lav., ord. 3 novembre 2025, n. 29044

Il Fatto

Un lavoratore adiva il tribunale, denunciando il demansionamento subito.

Il tribunale e la corte di appello accoglievano la domanda e condannavano la società al risarcimento del danno determinato in via equitativa.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che in tema di demansionamento e di dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva – non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale – non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo, dovendo il danno non patrimoniale essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto), si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all’esistenza del danno.

Poiché i giudici di merito si sono attenuti a detto principio, la corte rigetta il ricorso.

Riders

L’applicabilità della nozione di lavoro subordinato ai riders – Cass., Sez. Lav., sent. 31 ottobre 2025, n. 28772

Il Fatto

Un gruppo di lavoratori (riders) che avevano operato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, adiva il tribunale per ottenere l’accertamento della natura subordinata del loro rapporto o, in subordine, l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 2D.Lgs. n. 81/2015.

Il tribunale e la corte di appello accoglievano la domanda, ritenndo sussistenti i requisiti dell’esclusiva personalità, continuità ed etero-organizzazione della prestazione.

La società datrice di lavoro ricorreva in Cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che l’art. 2 D.Lgs. n. 81/2015 costituisce una norma di disciplina volta ad applicare le tutele del lavoro subordinato a rapporti che, pur mantenendo la qualificazione giuridica di lavoro autonomo, presentino carattere personale, continuità ed etero-organizzazione. Conseguentemente, la proprietà del mezzo e i relativi costi, pur attenendo alla qualificazione giuridica autonoma, risultano irrilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina protettiva ex art. 2. Il requisito della continuità deve essere infatti interpretato in linea con le collaborazioni coordinate e continuative, in cui l’etero-organizzazione è l’elemento decisivo per l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato.

La Corte pertanto rigetta il ricorso.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Buona fede

Lo svolgimento di attività extra lavorative incompatibili con le prescrizioni che limitano le mansioni svolte dal lavoratore – Cass., Sez. Lav., sent. 27 ottobre 2025, n. 28367

Il Fatto

Un lavoratore, impugnava il licenziamento disciplinare per aver svolto fuori dall’orario di lavoro allenamenti e attività fisica incompatibili con le prescrizioni che limitavano le sua mansioni lavorative.

Il tribunale e la corte di appello rigettavano la domanda, ritenendo che il lavoratore non avesse mai contestato in giudizio la ricostruzione effettuata dal datore di lavoro.

Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che l’attività compiuta dal lavoratore in ambito extra-lavorativo, anche se non in costanza di malattia, può configurare una violazione dei doveri di correttezza e buona fede tale da giustificare il licenziamento laddove non sia “compatibile con le sue condizioni fisiche che abbiano ridotto la sua capacità lavorativa con rischio di aggravamento delle condizioni stesse.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

RETRIBUZIONE

Mansioni

L’accertamento giudiziale dello svolgimento di mansioni superiori – Cass., Sez. Lav., ord. 31 ottobre 2025, n. 28791

Il Fatto

Un lavoratore adiva il tribunale per far accertare lo svolgimento di mansioni superiori, con la conseguente richiesta di condanna al pagamento delle relative differenze retributive.

Il tribunale e la corte d’appello rigettavano la domanda, e il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che i giudici di merito, nel rigettare la domanda, avevano correttamente verificato la mansioni svolte alla luce della declaratoria del CCNL applicabile, arrivando così ad escludere che vi fosse stato lo svolgimento di mansioni superiori.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

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