1° Documento Riservato: Stock Option e regime impatriati: esclusione dell’agevolazione in caso di residenza estera al momento della percezione

CIRCOLARE MONOGRAFICA

Se il pagamento avviene dopo l’uscita dal regime agevolato (anche anticipata rispetto al quinquennio naturale), il beneficio fiscale non si applica

DI MATTIA MERATI | 27 NOVEMBRE 2025

Con la Risposta n. 274 del 28 ottobre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti su un tema di particolare interesse per le imprese e i lavoratori rientrati dall’estero: l’applicabilità del regime impatriati ai compensi di natura differita, come piani di stock option, percepiti da lavoratori che, al momento dell’erogazione, si erano trasferiti all’estero. L’Amministrazione, affidandosi al principio di cassa, ha statuito che il beneficio non è applicabile qualora il reddito venga percepito in un periodo d’imposta successivo alla perdita della residenza italiana (che fa venir meno il regime impatriati), anche se il diritto è maturato durante la vigenza del regime agevolato.

Contesto di riferimento

Il regime impatriati, originariamente introdotto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 e oggi disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. 209/2023, è concepito come misura di attrazione di lavoratori qualificati in Italia, prevedendo una riduzione della base imponibile per i redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti nel territorio dello Stato da soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia.

La fruizione del beneficio presenta alcune insidie applicative: tra queste, rientra anche la gestione dei compensi differiti (es. piani di incentivazione azionaria o bonus posticipati), maturati nel periodo di fruizione dell’agevolazione ma corrisposti in un momento in cui il lavoratore non è più residente.

Il “nuovo” regime impatriati

Il D.Lgs. n. 209/2023 ha riformato integralmente la disciplina, applicandosi – salvo il regime transitorio – ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia dal 2024.

Senza pretesa di esaustività, le principali caratteristiche del “nuovo” regime impatriati sono:

  • agevolazioneconcorrenza parziale (50% o 40% in presenza di figli minori) dei redditi di lavoro dipendente, assimilati e autonomo professionale, entro il limite di 600.000 euro annui, per cinque periodi d’imposta;
  • durata5 periodi d’imposta; non è prevista proroga, salvo eccezioni previste dal regime transitorio;
  • condizioni di accesso:
    • residenza fiscale all’estero per tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento;

In caso di continuità con il datore estero o con soggetti appartenenti allo stesso gruppo: il periodo minimo di residenza all’estero si estende a sei o sette anni, in funzione della pregressa occupazione in Italia.

    • impegno a mantenere la residenza in Italia per almeno quattro anni;
    • attività lavorativa svolta prevalentemente in Italia;
    • possesso di elevata qualificazione o specializzazione, o svolgimento di attività di ricerca, anche applicata, nel campo delle tecnologie dell’IA.

Fattispecie esaminata

Nel 2021 una società italiana ha assunto tre lavoratori provenienti dall’estero, consentendo loro di accedere al regime agevolativo per impatriati disciplinato dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 (regime previgente).

Oltre alla retribuzione ordinaria, i dipendenti beneficiavano anche di piani di incentivazione azionaria. In particolare:

  • un Long Term Incentive Plan, attribuito nel 2022 con maturazione nel 2025;
  • un Deferred Bonus Plan, assegnato nel 2023 con maturazione anch’essa nel 2025.

Nel 2024 i dipendenti hanno interrotto il rapporto di lavoro e trasferito la residenza fiscale in Grecia. I compensi (stock options) legati ai piani di incentivazione sono corrisposti nel corso del 2025.

Quesito formulato dall’Istante

La società, in qualità di sostituto d’imposta, ha chiesto se alle remunerazioni “differite” erogate nel 2025 a titolo di stock option possano applicarsi le ritenute su una base imponibile “ridotta” per effetto del regime impatriatinonostante la perdita della residenza fiscale italiana degli (ex) dipendenti al momento della percezione.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

Il percorso argomentativo condotto dall’Agenzia delle Entrate correttamente parte dalla valutazione circa la potestà impositiva italiana sui redditi oggetto di analisi.

Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, sono imponibili in Italia le attività svolte nel territorio nazionale (art. 23, comma 1, lett. c, TUIR). In virtù del principio di onnicomprensività stabilito dall’art. 51 TUIR, rientrano tra i redditi di lavoro dipendente anche i compensi in natura, come l’assegnazione di strumenti finanziari (ad esempio, stock option).

Ai fini fiscali, il reddito da lavoro dipendente è rilevante nel periodo d’imposta in cui viene percepito, secondo il principio di cassa. Tuttavia, per stabilire il legame territoriale del reddito con il territorio nazionale, occorre considerare il periodo di maturazione del diritto (c.d. vesting period), ossia l’arco temporale in cui è stata svolta l’attività che ha generato il compenso. A questo riguardo, la società istante aveva precisato che gli emolumenti “differiti” sono riferibili all’attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato italiano.

Il diritto pattizio: i redditi da lavoro dipendente nella Convenzione Italia-Grecia

Una volta accertata la potestà impositiva italiana ai sensi della normativa domestica, l’Agenzia valuta correttamente anche le previsioni pattizie contenute nell’art. 15 della Convenzione Italia-Grecia contro le doppie imposizioni.

Nel caso specifico, la Convenzione tra Italia e Grecia contro le doppie imposizioni (art. 15, par. 1) stabilisce che:

(…) gli stipendi, i salari e le altre remunerazioni analoghe percepite da un residente di uno Stato contraente per un’attività dipendente sono imponibili esclusivamente in tale Stato, salvo che l’attività sia svolta nell’altro Stato contraente; in tal caso, le remunerazioni sono imponibili anche in quest’ultimo Stato.

L’Agenzia specifica, inoltre, che il Commentario all’art. 15 del Modello OCSE chiarisce:

  • par. 2.1: la locuzione “salari, stipendi e altre remunerazioni analoghe” comprende anche i compensi in natura, come le stock option;
  • par. 2.2: la potestà impositiva dello Stato della fonte (in questo caso, l’Italia) è subordinata al fatto che il compenso derivi da attività svolta in tale Stato, indipendentemente dal momento di pagamento;
  • parr. 12.1 e 12.3non rileva che la tassazione avvenga in un periodo successivo, quando il dipendente non lavora più nello Stato della fonte.

Su tali basi, l’Agenzia conferma la potestà impositiva italiana su tali redditi.

Tabella di sintesi – art. 15, par. 1, Convenzione tra Italia e Grecia contro le doppie imposizioni

RegolaAllocazione potestà impositivaApplicazione nel caso concreto
GeneraleTassazione esclusiva nello Stato di residenza, se coincide con quello l’attività è svoltaNo
EccezioneTassazione concorrente tra Stato di residenza e Stato della fonte, se l’attività è svolta in uno Stato diverso da quello di residenza., le remunerazioni percepite da soggetti fiscalmente residenti in Grecia sono riferibili ad attività svolta in Italia (Stato della fonte)

La Risposta analizzata va a consolidare il revirement interpretativo, che ha visto l’Amministrazione modificare recentemente il proprio approccio alla tassazione “cross-border” dei redditi da lavoro dipendente percepiti in forma differita (cfr. anche il commento Remunerazioni cross-border a maturazione differita: il dietrofront dell’Agenzia chiude alle precedenti aperture del 28 agosto 2025).
In particolare:
• con la Risposta n. 81 del 25 marzo 2025, l’Agenzia aveva adottato il criterio della maturazione, stabilendo che i compensi riferibili ad attività svolta all’estero in periodi in cui il lavoratore era ivi residente, seppur percepiti da soggetti poi fiscalmente residenti in Italia, fossero tassabili esclusivamente nello Stato della fonte (in quel caso, Regno Unito), limitando l’imposizione italiana alla sola quota riferibile all’attività svolta in Italia. Tale orientamento segnava un significativo scostamento rispetto all’orientamento “tradizionale”;
• con la successiva Risposta n. 199 del 4 agosto 2025, l’Amministrazione, tornando sui suoi passi, ha rettificato formalmente il precedente orientamento, abbandonando il criterio della maturazione e attribuendo rilievo al momento della percezione del reddito. Da qui, la centralità della residenza fiscale al momento dell’incasso, con applicazione del principio di cassa e tassazione concorrente tra Stato di residenza e Stato della fonte, relegando al meccanismo del credito d’imposta (italiano) la soluzione alla doppia imposizione (art. 165 TUIR).

La Risposta n. 274/2025 qui in commento conferma quest’ultima impostazione, attribuendo rilevanza al regime fiscale in funzione del periodo d’imposta in cui il reddito è effettivamente percepito.

L’(in)applicabilità del regime speciale “impatriati”

Così confermata la potestà impositiva italiana, l’Agenzia affronta poi il tema dell’applicabilità (o meno) del regime impatriati a tali somme.

In linea con le argomentazioni di cui sopra, l’Amministrazione afferma che il regime agevolato va valutato in base al principio di cassa: di conseguenza, i compensi derivanti da stock option, se corrisposti dopo il trasferimento della residenza all’estero, non possono beneficiare dell’agevolazione impatriati, anche se maturati durante la vigenza del regime.

A sostegno di questa posizione, l’Agenzia richiama la circolare n. 33/E del 28 dicembre, che afferma: “il reddito assume rilevanza al momento della percezione […] ne consegue che, se il bonus è erogato in un periodo in cui l’impatriato è fuori dal regime agevolativo, concorrerà alla formazione del reddito complessivo secondo le regole ordinarie”.

Sorge qualche perplessità circa l’applicabilità del principio richiamato al par. 7.9 della circolare n. 33/E. Tale documento, infatti, affrontava una situazione per certi versi diversa, quale la naturale scadenza del regime agevolativo (generalmente quinquennale), mentre nel caso in esame l’agevolazione è venuta meno per effetto di un evento “interruttivo” anticipato, dato dal trasferimento della residenza fiscale all’estero.

Nonostante questa differenza, l’Agenzia ha scelto di applicare lo stesso principio anche a questa fattispecie connotata da tematiche di “territorialità”: se il pagamento avviene dopo l’uscita dal regime agevolato (anche anticipata rispetto al quinquennio naturale), il beneficio fiscale non si applica.

Spunti operativi e implicazioni pratiche

La Risposta evidenzia la necessità di una riflessione strategica sulla strutturazione dei piani di incentivazione destinati ai lavoratori impatriati, per evitare di compromettere la piena fruizione dei benefici in caso di pagamenti differiti in contesti di mobilità internazionale.

Inoltre, i dipendenti impatriati dovrebbero prestare particolare attenzione alla tempistica di maturazione dei piani pluriennali, analizzando con cura le clausole contrattuali e il timing dei pagamenti e valutando il carico fiscale “complessivo” in caso di trasferimento all’estero.

Implicazioni pratiche:

  • La società che paga agli (ex) dipendenti non residenti remunerazioni differite per le attività svolte in Italia deve adempiere agli obblighi del sostituto d’imposta.
  • È tenuta ad operare e versare le ritenute d’acconto, limitatamente ai redditi riferibili all’attività svolta in Italia.
  • Il sostituto d’imposta deve verificare con precisione la residenza fiscale del beneficiario al momento dell’erogazione del reddito e deve valutare con attenzione le disposizioni convenzionali tra Italia e lo Stato di residenza del percettore, in particolare sulla ripartizione della potestà impositiva.
  • Il sostituto non può applicare le ritenute su una base imponibile ridotta per effetto del regime agevolativo impatriati (detassazione 70% nel regime previgente, 50% in quello attuale) se, al momento della corresponsione, il regime speciale si è già “interrotto”. La mera maturazione del diritto durante il periodo di fruizione del regime impatriati non basta per garantire l’applicazione del beneficio fiscale.

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