4° Contenuto riservato: Rassegna di Giurisprudenza 28 novembre 2025, n. 624

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA

A CURA DI BENEDETTA CARGNEL | 28 NOVEMBRE 2025

CONTRIBUZIONE

Cassa di previdenza

Il diritto all’iscrizione alla cassa previdenziale – Cass., Sez. Lav., ord. 3 novembre 2025, n. 28976

Il Fatto

Un lavoratore adiva il Tribunale per ottenere il  diritto all’iscrizione al Fondo nazionale di previdenza per i lavoratori dei giornali quotidiani e la conseguente condanna della datrice di lavoro a versare i contributi dovuti nei limiti della prescrizione.

Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda.

Il Diritto

La società ricorreva in Cassazione mentre il Fondo proponeva ricorso incidentale.

La corte ribadisce che, nel caso di specie, ai sensi dell’art. 10 del Regolamento del Fondo, sono iscritti al Fondo gli operai e gli impiegati il cui rapporto è regolato dal contratto nazionale di categoria, a prescindere dal fatto che il dipendente sia addetto allo svolgimento diretto di attività giornalistica, potendo rilevare anche attività commerciali e strumentali alla produzione di notizie.

La corte pertanto rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale.

LAVORO SUBORDINATO

Appalto

I criteri di valutazione della genuinità dell’appalto per la sussistenza o meno di interposizione di manodopera – Cass., Sez. Lav., ord. 12 novembre 2025, n. 29828

Il Fatto

Un lavoratore, dipendente di una Cooperativa di facchinaggio, ricorreva in giudizio per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la società committente ritenendo che l’appalto in essere celasse una illecita interposizione di manodopera.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, accertando la genuinità del contratto di appalto.

Il Diritto

La corte ribadisce che l’appalto è lecito se il requisito della “organizzazione dei mezzi necessari” da parte dell’appaltatore (la Cooperativa) si sostanzia in un servizio in sé, svolto con organizzazione e gestione autonoma del proprio personale, senza che l’appaltante eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore. In tale tipo di appalto, l’assoggettamento dei lavoratori al potere direttivo del formale committente  si deve limitare al mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto o l’esecuzione del servizio, e non tradursi in un potere direttivo pieno.

Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tale principio, la ocrte rigetta il ricorso.

LICENZIAMENTO DISCIPLINARE

Trasporto pubblico

L’applicabilità del procedimento disciplinare speciale ai lavoratori di società di trasporto pubblico – Cass., Sez. Lav., ord. 11 novembre 2025, n. 29745

Il Fatto

Un lavoratore, dipendente di una società di trasporto pubblico, impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo il R.D. n. 148/1931 inapplicabile al rapporto in esame.

Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

Il Diritto

La corte osserva che l’art. 7, comma 1, lett. b) del R.D. n. 148 del 1931, esclude dall’applicazione del regime speciale il personale addetto a servizi che siano soltanto sussidiari del servizio dei trasporti. Nel caso di specie i servizi di gestione dei parcheggi di scambio, della sosta tariffaria su strada e dei parcheggi in struttura, svolti dalla società, sono stati correttamente qualificati come attività sussidiaria, in quanto economicamente distinta dal trasporto pubblico, rivolta a terzi, distintamente organizzata e remunerata, ed esercitabile sul libero mercato, anche da altro soggetto imprenditore.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

PENSIONE

Contribuzione

Il calcolo della pensione sulla base dei contributi effettivamente versati – Cass., Sez. Lav., ord. 10 novembre 2025, n. 29679

Il Fatto

Un professionista adiva il Tribunale chiedendo la riliquidazione della sua pensione previa rivalutazione dei redditi da assumere per il calcolo della media, a partire dal 1980, con l’indice medio annuo ISTAT del 1980 (21,1%), anziché a partire dal 1981 (18,7%), come applicato dalla Cassa di previdenza cui apparteneva.

Il Tribunale e la Corte d’Appello  accoglievano la domanda, ritenendo che la riliquidazione spettasse anche in assenza del versamento del maggior importo contributivo dovuto.

La Cassa ricorreva per cassazione.

Il Diritto 

La  corte conferma che i redditi da assumere per il calcolo della pensione, nel sistema retributivo, vanno rivalutati a partire dal 1980 (anno di entrata in vigore della Legge n. 576/80) applicando l’indice medio annuo ISTAT di quell’anno. La Corte precisa che si tratta di rivalutazione dei redditi (art. 15Legge n. 576/80), distinta dalla rivalutazione delle pensioni (art. 16 ).

La corte osserva poi he reddito da prendere a riferimento per il calcolo della pensione è solo quello coperto da contribuzione “effettivamente versata” (art. 2 Legge n. 576/80), in ossequio al principio della non automaticità delle prestazioni. La rivalutazione è parte integrante del reddito e incide sull’obbligo contributivo. Se la contribuzione versata è inferiore a quella dovuta, la prestazione va calcolata sul minor reddito effettivamente coperto.

Poiché i giudici non si sono attenuti a tale ultimo principio, al corte accoglie il ricorso sul punto.

PREPENSIONAMENTO

Rivalutazione contributiva

Il divieto di cumulo di prestazioni contributive – Cass., Sez. Lav., ord. 11 novembre 2025, n. 29775

Il Fatto

Due lavoratori adivano il  Tribunale per ottenere l’accertamento dell’esposizione ad amianto in ambiente di lavoro e il diritto alla conseguente rivalutazione contributiva ex art. 13, comma 8, della Legge n. 257/1992.

La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado,  rigettava la domanda poiché aveva già usufruito di un prepensionamento (exD.L. n. 299/1994), ritenendo non cumulabile tale beneficio con la rivalutazione contributiva per l’amianto.

I lavoratori ricorrevano per cassazione.

Il Diritto

La corte ribadisce che il divieto di cumulo tra i benefici previdenziali derivanti dall’esposizione all’amianto e quelli derivanti dal prepensionamento  non costituisce un’eccezione in senso stretto ma una questione giuridica che investe il meccanismo stesso di operatività della rivalutazione contributiva per amianto, e che comporta la mancanza di interesse ad agire del pensionato che ha già beneficiato del prepensionamento, in quanto il riconoscimento del nuovo beneficio non potrebbe in concreto incidere sulla sua posizione previdenziale.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

PROCESSO DEL LAVORO

Contribuzione

Il diritto di difesa garantito in caso di opposizione a ordinanza ingiunzione – Cass., Sez. Lav., ord. 13 novembre 2025, n. 30044

Il Fatto

Un datore di lavoro opposizione avverso un’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato del Lavoro di Milano-Lodi con la quale gli era stato richiesto il pagamento di una somma per diverse violazioni, tra cui l’accertamento di rapporti di lavoro subordinato dissimulati.

Sia il Tribunale di Monza che la Corte d’Appello di Milano rigettavano la domanda.

Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione.

Il Diritto

La Corte ribadisce che, nel giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione, l’oggetto è il rapporto e non l’atto amministrativo. Pertanto, i vizi relativi al diniego di accesso agli atti o alla mancata audizione in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, in quanto il diritto di difesa dell’interessato è pienamente garantito dalla cognizione piena del giudice in sede giurisdizionale.

La Corte osserva poi che, sebbene le dichiarazioni rese dai dipendenti agli ispettori (che non sono fatte in presenza dell’ispettore, ma a lui rese) siano liberamente apprezzabili dal giudice, questi può attribuire loro maggior rilievo rispetto a quelle raccolte in giudizio, potendo considerarle prova sufficiente in assenza di prove contrarie.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

PUBBLICO IMPIEGO

Aggravamento infermità

La tempestività della domanda di aggravamento per la revisione dell’equo indennizzo – Cass., Sez. Lav., ord. 10 novembre 2025, n. 29702

Il Fatto

Un lavoratore del pubblico impiego  proponeva domanda di aggravamento di un’infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, al fine di ottenere la revisione dell’equo indennizzo già concesso.

Il Tribunale respingeva la domanda ritenendola tardiva, in quanto presentata nel 2015, successivamente all’entrata in vigore del D.L. n. 201/2011(dicembre 2011), che aveva abrogato gli istituti dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata, fatta salva l’applicazione ai soli procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto.

La Corte d’Appello, in riforma, accoglieva la domanda, ritenendo che il procedimento per l’aggravamento non avesse natura autonoma e che, pertanto, dovesse considerarsi pendente alla data del D.L. n. 201/2011, risalendo l’originaria domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio al 2008.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che in materia di equo indennizzo, la domanda di revisione per aggravamento non apre un autonomo procedimento rispetto a quello originario di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ma costituisce una fase ulteriore ed eventuale dell’unico ed originario procedimento. Ciò in considerazione della connessione eziopatogenetica tra l’insorgenza della patologia e il suo aggravamento.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

REINTEGRAZIONE

Indennità sostitutiva

Il giudizio per il pagamento dell’indennità sostitutiva alla reintegrazione – Cass., Sez. Lav., ord. 11 novembre 2025, n. 29742

Il Fatto

Un lavoratore, dopo aver ottenuto una  sentenza che dichiarava l’inefficacia del licenziamento, ne ordinava la reintegra nel posto di lavoro e condannava la società datrice al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a cinque mensilità, optava per l’indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a quindici mensilità di retribuzione.

Dato il mancato pagamento della somma, il lavoratore proponeva un nuovo giudizio per ottenere la condanna al versamento.

La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva la domanda del lavoratore, escludendo che la prima sentenza potesse costituire titolo esecutivo per l’indennità sostitutiva e rigettando l’eccezione di abusivo frazionamento del credito.

Il datore di lavoro ricorreva per  Cassazione.

Il Diritto

La Corte di cassazione osserva che l’indennità risarcitoria (cinque mensilità) e l’indennità sostitutiva della reintegrazione (quindici mensilità) costituiscono diritti distinti, con il secondo che sorge solo in seguito all’esercizio dell’opzione da parte del lavoratore; pertanto, la prima sentenza non poteva essere titolo esecutivo per il pagamento della seconda somma, rendendo legittimo il secondo giudizio e insussistente l’eccezione di abusivo frazionamento del credito.

La Corte pertanto rigetta il ricorso.

RETRIBUZIONE

Buoni pasto

La natura non retributiva dei buoni pasto – Cass., Sez. Lav., ord. 10 novembre 2025, n. 29615

Il Fatto

Alcuni lavoratori ricorrevano in giudizio per ottenere la condanna della datrice di lavoro subentrata in un appalto di pulizia, e della società committente alla consegna di buoni pasto, la cui erogazione era stata interrotta.

In sede di rinvio. La Corte d’Appello respingeva le domande, ritenendo che l’erogazione non costituisse uso aziendale ma fosse di fonte contrattuale e che i buoni pasto avessero natura non retributiva e pertanto non fossero soggetti al principio di irriducibilità.

I lavoratori proponevano ricorso per Cassazione.

Il Diritto

La corte rileva che anche nell’ambito dei rapporti di lavoro privato, i buoni pasto non hanno natura retributiva, così come le indennità collegate al servizio, concretandosi in una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale; per tale motivo non può essere invocato il principio della irriducibilità della retribuzione medesima.

La corte pertanto respinge il ricorso.

STATUS VITTIMA DEL DOVERE

Benefici assistenziali

Il regime di imprescrittibilità del riconoscimento di status di vittima del dovere – Cass., Sez. Lav., ord. 10 novembre 2025, n. 29683

Il Fatto

Un maresciallo adiva in giudizio per ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere con i connessi diritti ai benefici assistenziali e all’assistenza psicologica.

Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda, precisando che lo status è imprescrittibile, mentre la prescrizione riguardava unicamente le pretese creditizie collegate, quali l’assegno mensile vitalizio.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ribadisce che la condizione di vittima del dovere ha natura di status, cui consegue l’imprescrittibilità dell’azione volta al suo accertamento, mentre i soli benefici economici (come l’assegno mensile vitalizio) sono soggetti a prescrizione. Inoltre, il diritto all’assistenza psicologica è intrinseco e inscindibilmente correlato alla nozione di status di vittima del dovere.

La corte pertanto rigetta il ricorso.

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