CIRCOLARE MONOGRAFICA
Nozione, limiti numerici, casi vietati, durata della missione, diritti del lavoratore e adempimenti di utilizzatore e somministratore
DI EMANUELE MAESTRI | 1 DICEMBRE 2025
Anche a seguito delle recenti decisioni in materia (da ultimo si veda Cass. 7 novembre 2025, n. 29577 ), facciamo il punto sulla particolare tipologia contrattuale della somministrazione di lavoro, considerando qui la forma “a termine”.
Nozione
La somministrazione a tempo determinato è regolamentata dagli artt. 30–40 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, più volte modificati. Ebbene, ex art. 30del D.Lgs. n. 81/2015, il contratto di somministrazione di lavoro è quel contratto – a tempo determinato o indeterminato – con cui un’agenzia di somministrazione autorizzata, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti che, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il comando dell’utilizzatore. In caso di assunzione a termine, il rapporto tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina del lavoro a termine di cui al Capo III del D.Lgs. n. 81/2015, con l’esclusione delle disposizioni concernenti:
- le c.d. pause intermedie, pari a 10 o 20 giorni a seconda che il contratto abbia durata, rispettivamente, fino a ovvero superiore a 6 mesi (art. 21, co. 2 );
- la continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine (art. 23 );
- il diritto di precedenza (art. 24 ).
Il termine originariamente apposto al contratto può essere prorogato, con il consenso del lavoratore e con atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
Ai sensi dell’art. 2, co. 1-ter, del D.L. n. 87/2018 (Legge n. 96/2018), le condizioni ex art. 19, co. 1, del D.Lgs. n. 81/2015, come sostituito dall’art. 1, co. 1, lettera a), di tale decreto, in caso di ricorso al contratto di somministrazione, si applicano solo all’utilizzatore. In pratica, dal 5 maggio 2023, se la somministrazione dura più di 12 e fino a 24 mesi, l’utilizzatore deve dimostrare l’esistenza di una delle seguenti causali:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2026, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
Dal 5 maggio 2023, per effetto dell’art. 24, co. 1-ter , del D.L. 4 maggio 2023, n. 48 (come inserito dalla Legge di conversione 3 luglio 2023, n. 85), fermo il limite dei 24 mesi di durata totale del rapporto (salva una più favorevole disciplina contrattuale collettiva), è possibile prorogare o rinnovare un contratto (a termine o di somministrazione a termine) per un massimo di 12 mesi senza indicare alcuna causale (senza quindi tener conto di eventuali precedenti rapporti a termine o di somministrazione a termine tra le medesime parti).
Infine, le condizioni ex art. 19, co. 1 , non operano in caso di impiego di soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei nn. 4) e 99) dell’art. 2 del Regolamento UE n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con il decreto del Ministro del Lavoro (art. 34, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015; art. 10. co. 1, lettera b, della Legge 13 dicembre 2024, n. 203).
Come chiarito dal Ministero (Circolare 31 ottobre 2018, n. 17), il limite di 24 mesi opera sia per il ricorso a contratti a termine sia per l’utilizzo con contratti di somministrazione a termine: quindi, raggiunto tale limite, il datore non potrà più ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore per svolgere mansioni di pari livello e medesima categoria legale. Inoltre, il computo dei 24 mesi di lavoro deve tenere conto di tutti i rapporti a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma. Quanto alla somministrazione a termine nell’ambito delle attività stagionali, si rinvia alle indicazioni fornite dall’INL con la Nota 26 aprile 2023, prot. n. 716.
Casi vietati
Come previsto dall’art. 32 del D.Lgs. n. 81/2015, il contratto di somministrazione a termine è vietato:
- per sostituire lavoratori in sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno interessato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione, salvo che esso sia concluso per sostituire lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;
- presso unità produttive in cui sono in corso una sospensione di lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la somministrazione;
- ai datori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi della normativa relativa alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (cfr. il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
Limiti numerici
Ai sensi dell’art. 31, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015, salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo il limite ex art. 23 (20% dei contratti a termine sul totale dei tempi indeterminati), il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine o di somministrazione a termine non può eccedere il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula, arrotondando il decimale all’unità superiore se eguale o superiore a 0,5; nel caso di inizio attività in corso d’anno, il limite percentuale si computa sul numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza all’atto della stipula del contratto di somministrazione.
Ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, per contratti collettivi si intendono:
– i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentativa a livello nazionale; e,
– i contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA ovvero dalla RSU.
È esente da limitazioni numeriche la somministrazione a termine delle seguenti categorie di soggetti:
- lavoratori di cui all’art. 23, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015;
- lavoratori in mobilità ex art. 8, co. 2, della Legge 23 luglio 1991, n. 223 (abrogato dal 1° gennaio 2017);
- soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato; d) soggetti disoccupati che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; e) lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati” ai sensi dell’articolo 2, numeri 4) e 99), del Regolamento dell’Unione Europea del 17 giugno 2014, n. 651/2014 (art. 31, co. 2, 3° periodo, del D.Lgs. n. 81/2015, come modificato, dal 12 gennaio 2025, dall’art. 10, co. 1, lettera a, della Legge n. 13 dicembre 2024, n. 203).
Per l’elenco dei lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati cfr. Ministero del Lavoro, D.M. 17 ottobre 2017 .
Durata della missione
In materia di durata massima della somministrazione a termine, anche se il lavoratore è stato assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia, il Ministero del Lavoro (Circolare 27 marzo 2025, n. 6) ha precisato che:
- è stata abrogata la disciplina transitoria in vigore fino al 30 giugno 2025, che consentiva all’utilizzatore di superare il limite di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a termine dello stesso lavoratore, ove l’agenzia lo avesse assunto a tempo indeterminato: quindi, in caso di superamento dei 24 mesi, in capo all’utilizzatore viene costituito un rapporto a tempo indeterminato col lavoratore somministrato;
- per i contratti stipulati tra agenzia e utilizzatore dal 12 gennaio 2025, il computo dei 24 mesi di lavoro dei somministrati, ex art. 19 co. 2 D.Lgs. n. 81/2015, deve tener conto di tutti i periodi di missione a termine dopo tale data; quindi, per calcolare il periodo di 24 mesi, valgono solo i periodi di missione a termine che il lavoratore ha effettuato per le missioni avviate dopo il 12 gennaio 2025, senza computare le missioni già svolte in vigenza della precedente disciplina;
- in pratica, va tenuto conto di quanto indicato di seguito:
- nel caso di lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia e inviato all’utilizzatore in una missione a termine per 30 mesi, cessati prima del 12 gennaio 2025, tale periodo non si calcola per raggiungere il limite dei 24 mesi (quindi, il lavoratore può essere inviato in una o più missioni a termine il cui inizio è successivo a detta data, entro il limite massimo di 24 mesi);
- le missioni in corso al 12 gennaio 2025, svolte in base a contratti tra agenzia e utilizzatore stipulati prima, potranno giungere alla naturale scadenza, fino al 30 giugno 2025, senza che l’utilizzatore subisca la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto con il somministrato: però i periodi di missione maturati dopo il 12 gennaio vanno scomputati dal limite dei 24 mesi, previsti dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015;
- le indicazioni già fornite dal ministero con la Circ. n. 17/2018, quanto alla possibilità che i lavoratori assunti dall’agenzia a tempo indeterminato potessero essere inviati in missione senza limiti di durata, sono superate.
Il Tribunale di Teramo (Sentenza 8 febbraio 2023) ha dichiarato illegittima la reiterazione dei contratti di somministrazione a termine – protrattisi per ben 34 mesi quasi ininterrottamente presso il medesimo utilizzatore – anche a seguito di numerose proroghe effettuate con due diverse Agenzie per il Lavoro.
Più recentemente, la Suprema Corte (Cass. 7 novembre 2025, n. 29577), ha stabilito che – se è superato il limite di 24 mesi nei rapporti di somministrazione a termine – su domanda del lavoratore può essere dichiarata la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo all’utilizzatore, poiché tale limite di durata massima si applica anche alle missioni successive del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice (nel caso di specie, il dipendente era stato occupato dall’utilizzatore per ben 4 anni).
Forma del contratto
L’art. 33 prevede l’obbligo di stipulare il contratto di somministrazione a termine in forma scritta, esso deve specificare questi elementi:
- estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;
- numero di lavoratori da somministrare;
- eventuali rischi per la salute e la sicurezza e misure di prevenzione adottate;
- data di inizio e durata prevista della somministrazione;
- mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e inquadramento dei medesimi;
- luogo, orario di lavoro e trattamento economico e normativo dei lavoratori (co. 1 ).
Le informazioni ex co. 1 , la data di inizio e la durata prevedibile della missione, nonché le informazioni ex art. 1, co. 1, D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, sono comunicate per iscritto al lavoratore dall’agenzia con le modalità e i termini ex art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 152/1997, ovvero prima dell’invio in missione presso l’utilizzatore.
L’utilizzatore, con il contratto di somministrazione, si impegna a comunicare al somministratore il trattamento economico e normativo applicabile ai suoi dipendenti con le stesse mansioni dei somministrati e a rimborsargli gli oneri retributivi e previdenziali effettivamente sostenuti in favore dei lavoratori (co. 2).
Diritti del lavoratore e adempimenti di utilizzatore e somministratore
Le norme del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, prevedono espressamente i diritti del lavoratore e gli obblighi dell’agenzia autorizzata (che è il datore del dipendente somministrato) e dell’utilizzatore.
Diritti del lavoratore
Ai sensi degli artt. 35, co. 3, e 36, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015, i lavoratori somministrati hanno diritto a fruire dei servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell’utilizzatore nella stessa unità produttiva (salvo quelli il cui godimento è condizionato all’iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio), e ad esercitare presso l’utilizzatore, per tutta la missione, i diritti di libertà e attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee.
Adempimenti di utilizzatore e somministratore
La tabella elenca i vari adempimenti che la legge pone a carico dell’utilizzatore e del somministratore.
| DOVERI DI UTILIZZATORE E SOMMINISTRATORE | |
| Utilizzatore | Informare il lavoratore “somministrato” circa i posti vacanti esistenti, anche con un avviso generale affisso all’interno dei locali dell’utilizzatore. Se previsto dal contratto, informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e deve formali e addestrarli all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie a svolgere l’attività per cui sono assunti. Osservare nei confronti dei lavoratori “somministrati” gli obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge o contratto collettivo, verso i suoi dipendenti. Se adibisce il lavoratore a mansioni diverse (superiori o inferiori) rispetto a quelle dedotte nel contratto, deve dare immediata comunicazione scritta della variazione al somministratore e consegnarne una copia al lavoratore medesimo. Per l’esercizio del potere disciplinare (riservato al somministratore), comunicare al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione disciplinare di cui all’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori. Risponde verso i terzi dei danni arrecati dal lavoratore nello svolgere le mansioni. Ogni 12 mesi, comunicare alle RSA o RSU o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle AA.SS. comparativamente più rappresentative, il numero dei contratti di somministrazione conclusi, la durata e la qualifica dei lavoratori. |
| Somministratore | Informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive e li forma e addestra all’uso delle attrezzature necessarie a svolgere l’attività lavorativa per la quali essi vengono assunti. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore. |
Trattamento economico e normativo
Ex art. 35, co. 1, del D.Lgs. n. 81/2015, per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i somministrati hanno diritto – a parità di mansioni svolte – a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore (c.d. principio di non discriminazione). Inoltre, l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.
Infine, i contratti collettivi applicati dall’utilizzatore possono stabilire modalità e criteri per la determinazione e la corresponsione delle erogazioni economiche connesse ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o comunque collegati all’andamento economico dell’impresa.
Quanto al contratto collettivo (dell’agenzia e/o dell’utilizzatore) da applicare al lavoratore nel corso della missione, si noti che:
a) il contratto collettivo che regola il rapporto è, anzitutto, quello applicato dall’agenzia, che è il vero e proprio datore; è però necessario che, per tutta la durata della missione, la disciplina applicata al somministrato sia integrata con le previsioni del CCNL dell’utilizzatore;
b) tali conclusioni sono valide anche per quanto concerne i diritti sindacali: anche in tal caso, quindi, si deve anzitutto far riferimento al contratto collettivo applicato dall’agenzia, consentendo però al lavoratore somministrato, nel corso della missione, di esercitare nel contesto in cui è concretamente inserito tutti i diritti sindacali riconosciutigli dall’ordinamento e dal CCNL applicato dall’impresa utilizzatrice (Ministero del Lavoro, Interpello 15 settembre 2023, n. 1 ).
Criteri di computo
Ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. n. 81/2015, il somministrato non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, eccetto quelle relative alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro ex D.Lgs. n. 81/2008, il cui art. 4 dispone che i lavoratori somministrati si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell’arco di un semestre.
In caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a 12 mesi, il lavoratore somministrato viene computato nella quota di riserva, di cui all’articolo 3 della Legge 12 marzo 1999, n. 68. A tale proposito ricordiamo che l’obbligo di assumere lavoratori disabili (c.d. quota di riserva) è previsto nelle seguenti misure:
– 7% dei lavoratori occupati, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti;
– 2 lavoratori, se il datore di lavoro occupa da 36 a 50 dipendenti;
– 1 lavoratore, se il datore ha da 15 a 35 dipendenti.
Somministrazione irregolare
L’art. 38 del D.Lgs. n. 81/2015 fa riferimento alla violazione di alcune norme, prevedendo sanzioni di varia natura. Premesso che, in mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione è nullo, e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore; ai sensi del co. 2del citato art. 38, il lavoratore può chiedere, anche nei soli confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, quando:
- la somministrazione è avvenuta al di fuori delle limitazioni numeriche ex art. 31, co. 2, del D.Lgs. n. 81/2015 (ossia quando, salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo il limite del 20% dei contratti a termine sul totale dei tempi indeterminati, il numero dei lavoratori assunti a termine o in somministrazione a termine è complessivamente superiore al 30% del numero dei lavoratori “stabili” in forza presso l’utilizzatore);
- non sono rispettati i divieti di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 81/2015;
- il contratto non reca gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore, il numero di lavoratori da somministrare, l’indicazione di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottare e, infine, la data di inizio e la durata prevista della somministrazione.
La costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, che dispiega i propri effetti sin dall’inizio della somministrazione, ha conseguenze sul piano giuridico ed economico: da un lato tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o gestione del rapporto, per il periodo in cui la somministrazione ha avuto luogo, si considerano come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, dall’altro, tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione, liberano il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata.
Ex art. 80-bis del D.L. 19 maggio 2020, n. 34D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (Legge 17 luglio 2020, n. 77), il secondo periodo del co. 3 dell’art. 38del D.Lgs. n. 81/2015, in base al quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto non è compreso il licenziamento.
Impugnazione del contratto di somministrazione
Come previsto dall’art. 39 del D.Lgs. n. 81/2015, ove il lavoratore chieda la costituzione del rapporto alle dipendenze dell’utilizzatore, si applica l’art. 6della Legge 15 luglio 1966, n. 604; e quindi il contratto di somministrazione deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, nei successivi 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Infine, se la conciliazione o l’arbitrato sono rifiutati o non è raggiunto l’accordo necessario al loro espletamento, il ricorso al giudice va depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
Secondo la giurisprudenza, l’intervenuta decadenza per superamento del termine di impugnazione non impedisce al giudice di accertare l’abusiva reiterazione di contratti di somministrazione a tempo determinato: nel caso di specie erano stati firmati oltre 10 contratti al mese, più le relative proroghe, per un totale di circa 800 in poco più di 7 anni (Cass. 14 marzo 2024, n. 6898).
Ove il giudice accolga la domanda, oltre a dichiarare costituito il rapporto in capo all’utilizzatore, condanna il datore (ossia l’ex utilizzatore) a risarcire il danno al lavoratore, stabilendo un’indennità onnicomprensiva compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, con riguardo ai criteri ex art. 8 della Legge n. 604/1966, ossia: numero dei dipendenti; dimensioni dell’impresa; anzianità di servizio del lavoratore; comportamento e condizioni delle parti.
Somministrazione fraudolenta
Il regime sanzionatorio della somministrazione fraudolenta è ora contenuto nell’art. 18, co. 5-ter , del D.Lgs. n. 276/2003D.Lgs. n. 276/2003 (inserito dall’art. 29, co. 4, lettera d, n. 1, del D.L. n. 19/2024, convertito in Legge n. 56/2024 ), in base al quale, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a 3 mesi, o dell’ammenda di 100 euro per ogni lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Inoltre, l’importo della sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 18, co. 5-quater e 5-quinquies , del D.L. n. 19/2024 (Legge n. 56/2024 ): è aumentato del 20% se, nei 3 anni precedenti, il datore è stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti, e anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro.
Altre sanzioni
La norma di riferimento è l’art. 40 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81: si veda la tabella per la sintesi.
| SOMMINISTRAZIONE A TERMINE: QUESTE LE SANZIONI | ||
| Violazione | Sanzione | Soggetto interessato |
| Omessa stipulazione del contratto in forma scritta (art. 33, co. 1) | Nullità del contratto (il rapporto viene costituito in capo all’utilizzatore) e sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250 | Utilizzatore e somministratore |
| Mancata indicazione degli elementi del contratto (art. 33, co. 1) | Sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250 | Utilizzatore e somministratore |
| Mancato rispetto delle limitazioni numeriche (art. 31, co. 2) | Utilizzatore | |
| Mancato rispetto dell’obbligo di informare il lavoratore circa i posti vacanti (art. 31) | ||
| Impiego di lavoratori somministrati nelle ipotesi è esplicitamente vietato (art. 32) | ||
| Omessa comunicazione scritta al lavoratore degli elementi del contratto (art. 33) | Somministratore | |
| Violazione del principio di non discriminazione (art. 35) | Utilizzatore e somministratore | |
| Mancato utilizzo dei servizi sociali e assistenziali aziendali (art. 35) | Utilizzatore | |
| Omesso invio delle informazioni previste al sindacato (art. 36, co. 3) | ||
Risoluzione del rapporto
Per completezza segnaliamo che il contratto di somministrazione a termine può risolversi per una di queste cause:
- scadenza del termine originariamente pattuito;
- dimissioni per giusta causa;
- risoluzione consensuale;
- licenziamento per giusta causa, previo esperimento del procedimento disciplinare ex art. 7 Legge n. 300/1970.
Riferimenti normativi:
- Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, artt. da 30 a 40
- D.l. 12 luglio 2018, n. 87 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2018, n. 96)
- D.L. 4 maggio 2023, n. 48, art. 24 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 luglio 2023, n. 85)
- Legge 13 dicembre 2024, n. 203, art. 10
- MLPS, Circolare 9 ottobre 2023, n. 9
- Corte di cassazione, Sentenza 7 novembre 2025, n. 29577
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