RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
A CURA DI FABIO PACE | 12 DICEMBRE 2025
ACCERTAMENTO
Bancario
Presunzioni relative ai conti correnti dei soci – Cass., Sez. trib., Ord. 4 novembre 2025, n. 29093
Si contesta la legittimità dell’accertamento bancario. I conti correnti non si ritengono riferibili ai soci. Si lamenta la mancata valutazione dei documenti giustificativi di alcune operazioni.
In ipotesi di società a ristretta base familiare, l’Ufficio può utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli sia dall’art. 32, che dall’art. 51, secondo comma, nn. 2) e 7), del D.P.R. n. 633/1972, le risultanze dei conti correnti bancari intestati ai soci, imputando alla stessa società le operazioni ivi riscontrate tenuto conto anche della relazione di parentela che lega i singoli partecipanti alla ristretta base sociale, circostanza idonea a fare presumere la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché a identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli dei soci, rimanendo comunque la possibilità per la società di dare la prova contraria. Tali legami familiari, proprio perché gli stessi hanno agito unitariamente sotto lo schermo sociale, costituiscono elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate (Cass. 10 giugno 2022, n. 18704).
Poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e 51 del D.P.R. n. 633/1972, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto a effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto a ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass. ord. 3 maggio 2018, n. 10480).
Se il contribuente fornisce prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti, superando la presunzione di cui all’art. 32cit., il giudice è tenuto a una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tale fine sufficiente una valutazione delle movimentazioni per categorie o per gruppi (Cass. ord. 28 novembre 2018, n. 30786; sent. 30 dicembre 2015, n. 26111).
Induttivo
Principio del contraddittorio – Cass., Sez. trib., Ord. 27 ottobre 2025, n. 28509
L’Agenzia nega che in tema di verifica fiscale vi sia un generale obbligo di preventivo contraddittorio, ritenendo che l’omissione della dichiarazione legittimi l’A.F. a ricostruire il volume d’affari induttivamente, servendosi di ogni elemento probatorio e senza obbligo di preventiva comunicazione di invito a comparire.
La dichiarazione fiscale presentata oltre 90 giorni dalla scadenza, ex art. 2, comma 7, del D.P.R. n. 322/1998, è equiparata a quella omessa. Si applica l’art. 39, secondo comma, del D.P.R. n. 600/1973, che consente all’A.F. l’accertamento induttivo puro, avvalendosi di qualsiasi elemento probatorio, anche in deroga ai criteri ordinari di gravità, precisione e concordanza. L’Ufficio può utilizzare presunzioni semplici e non qualificate, prive dei requisiti di cui all’art. 38, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973, con spostamento dell’onere della prova sul contribuente (Cass., sez. V, 24 febbraio 2017, n. 4785; Cass., sez. V, 22 marzo 2017, n. 7258). L’art. 55 del D.P.R. n. 633/1972, consente all’Ufficio, in caso di mancata presentazione anche della dichiarazione annuale IVA, di determinare induttivamente l’imponibile in base ai dati e alle notizie comunque raccolti o di cui sia venuto a conoscenza (Cass., Sez. V, 22 gennaio 2014, n. 1240).
Il contraddittorio endoprocedimentale è previsto dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, con valutazione di necessarietà ex ante e conseguente nullità dell’accertamento in caso di omissione, nella specifica ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività (Cass., 15 gennaio 2019, n. 701; Cass., 11 settembre 2019, n. 22644); ciò vale anche in caso di accessi istantanei, ossia volti alla sola acquisizione dei documenti a fondamento dell’accertamento (Cass. 12 aprile 2019, n. 10388).
Termini
Raddoppio dei termini in caso di disponibilità finanziarie all’estero – Cass., Sez. trib., Ord. 9 ottobre 2025, n. 27103
Un contribuente ritiene che la disposizione la quale prevede il raddoppio dei termini di accertamento in caso di rilievo di una presunzione di evasione per disponibilità finanziaria all’estero abbia natura sostanziale, perciò ostativa a un’applicazione retroattiva.
Le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla presunzione di cui al comma 2 e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia di disponibilità finanziarie detenute all’estero, hanno natura procedimentale e non sostanziale, e soggiacciono perciò al principio tempus regit actum.
Tali disposizioni si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (1° luglio 2009), ove venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dall’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2 (Cass. ord. 20 giugno 2025, n. 16613; Cass. ord. 1° luglio 2024, n. 18061; Cass. sent. 1° febbraio 2024, n. 2990).
ACCISE
Rimborsi
Ripetizione dell’addizionale provinciale alle accise – Cass., Sez. I, Sent. 4 dicembre 2025, n. 31648
Per il rimborso dell’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica addebitata in rivalsa, si eccepisce la sola legittimazione del consumatore finale verso l’Erario, negando quella passiva del fornitore fallito.
In tema di addizionale provinciale alle accise ex art. 6, commi 1, lett. c), e 2, del D.L. n. 511/1988, abrogata dal combinato disposto degli artt. 2, comma 6, del D.Lgs. n. 23/2011, e 18, comma 5, del D.Lgs. n. 68/2011, e dall’art. 4, comma 10, del D.L. n. 16/2012, per contrasto con la Dir. n. 2008/118/CE, il consumatore finale che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, l’imposta riconosciuta in contrasto con il diritto UE è legittimato a esercitare l’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. direttamente nei confronti del fornitore, anche nell’ambito della procedura di accertamento del passivo, ove questi sia stato nel frattempo dichiarato fallito, in quanto l’azione diretta del consumatore verso lo Stato è solo facoltativa, ossia alternativa rispetto alla domanda di restituzione da indirizzare al fornitore dichiarato fallito, e in quanto le peculiarità della procedura di accertamento del passivo non implica una legittimazione straordinaria verso l’Erario esclusiva ed escludente l’azione esercitabile nel rapporto interno con il fornitore.
E’ stato ammesso un rimedio straordinario del consumatore verso l’Erario per il rimborso delle accise indebitamente corrisposte al fornitore, ma si è precisato che, per tale azione diretta, è necessario che costui alleghi e provi la sussistenza di condizioni eccezionali (Cass. ord. 19 novembre 2019, n. 29980).
Il consumatore finale – se ha corrisposto al fornitore, a titolo di rivalsa, l’imposta riconosciuta in contrasto con il diritto UE – è legittimato a esercitare, nel rispetto dell’ordinario termine decennale di prescrizione, l’azione di ripetizione dell’indebito direttamente nei confronti del fornitore (che potrà, a sua volta, rivalersi nei confronti dello Stato), poiché la dichiarata illegittimità costituzionale della norma interna per contrarietà al diritto UE (Corte cost. sent. 15 aprile 2025, n. 43) comporta, nei rapporti tra solvens e accipiens, la caducazione ex tunc della causa giustificatrice della prestazione (Cass. sent. 22 maggio 2025, n. 13740).
CATASTO
Rendita catastale
Beni funzionali all’attività produttiva – Cass., Sez. trib., Ord. 1° dicembre 2025, n. 31331
Si sostiene che la rendita catastale deve essere riferita solo a chi vanta diritti reali sull’unità immobiliare.
In materia di classamento catastale, i beni installati in un opificio e funzionalmente indispensabili all’attività produttiva ivi esercitata devono essere considerati – ove presentino natura fissa e stabile integrazione con la struttura edilizia – componenti dell’unità immobiliare stessa, anche quando siano di proprietà del conduttore e da questo utilizzati in forza di contratto di locazione. Pertanto, tali impianti, concorrendo in modo determinante a definire la funzionalità dell’immobile e la sua capacità reddituale, devono essere inclusi nella stima catastale e incidono sulla rendita attribuibile, poiché la destinazione industriale dell’opificio e la sua potenzialità economica devono essere valutate con riferimento al compendio nella sua interezza, a nulla rilevando che sia il proprietario, e non il conduttore, a essere gravato dall’onere impositivo.
Ciò che rileva è l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse aziendali, a prescindere dal titolo proprietario: in materia di catasto, l’impianto fotovoltaico insistente su un terreno agricolo e concorrente allo svolgimento dell’attività agricola deve essere classato come fabbricato rurale strumentale anche nel caso in cui l’imprenditore agricolo, individuale o collettivo, non ne sia proprietario ma mero utilizzatore (lessee) in base al contratto di locazione finanziaria (leasing), con conseguente attribuzione della categoria D/10, all’esito di procedura DOCFA, giacché la produzione di energia fotovoltaica, che deve essere sempre imputabile all’imprenditore agricolo, se normalmente impiegata con l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse aziendali, costituisce attività connessa (Cass. 19 novembre 2024, n. 29754).
Il canone di locazione non rileva per determinare la rendita – Cass., Sez. trib., Ord. 1° dicembre 2025, n. 31331
La questione riguarda la determinazione della rendita catastale di opifici e fabbricati destinati a speciali esigenze industriali o commerciali con applicazione del metodo di stima cd. diretta della rendita, basato sul reddito lordo detraibile dall’immobile (cd. procedimento diretto).
Ai fini della determinazione della rendita catastale, il canone di locazione costituisce un elemento soggettivo e potenzialmente non rappresentativo della reale capacità reddituale dell’immobile; pertanto, l’Ufficio erariale può legittimamente ricorrere al procedimento indiretto basato sul costo di ricostruzione deprezzato, al fine di ottenere una valutazione oggettiva e coerente con la funzione produttiva dell’unità immobiliare, senza configurare violazione degli artt. 10 del R.D.L. n. 652/1939 e 8, 19 e 30 del D.P.R. n. 1142/1949.
L’argomentazione secondo cui l’Agenzia avrebbe dovuto applicare il procedimento diretto basato sul canone di locazione trascura di considerare che il prezzo di locazione costituisce un dato soggettivo, potenzialmente condizionato da fattori economici estranei alla reale capacità reddituale dell’immobile. In concreto, il canone pattuito può inserirsi in operazioni economiche più complesse tra locatore e conduttore, come accordi su servizi accessori, sconti o compensazioni, che ne riducono la rappresentatività rispetto alla redditività effettiva dell’immobile ai fini catastali. Al contrario, il procedimento indiretto basato sul costo di ricostruzione deprezzato permette di determinare la rendita in maniera oggettiva e coerente con i criteri di valutazione stabiliti dalla normativa vigente, riflettendo in modo affidabile il valore economico complessivo dell’unità immobiliare destinata a finalità produttive.
Mobil-home non assimilabili agli imbullonati – Cass., Sez. trib., Ord. 1° dicembre 2025, n. 31330
Una società contesta l’esclusione delle mobil-home dalla disciplina sugli imbullonati, sostenendo che sia errato basare l’esclusione sulla connessione al suolo, sugli allacci e sull’uso permanente, trascurando la vera funzione delle mobil-home nel ciclo produttivo dell’attività turistico-ricettiva del campeggio.
Le case mobili (mobil-home) utilizzate nelle attività turistico-ricettive devono essere considerate ai fini della stima catastale, in quanto autonome, stabili e complete di impianti, contribuendo direttamente alla capacità reddituale dell’unità immobiliare, e non rientrano nella categoria degli imbullonati ex art. 1, comma 21, legge n. 208/2015, riservata a beni strumentali al processo produttivo, privi di autonomia abitativa o reddituale.
Le case mobili devono essere considerate, ai fini della stima catastale, perché costituiscono vere e proprie unità recettive, con funzione alloggiativa, complete di impianti, rappresentando una parte essenziale della redditività dell’attività turistica. Il loro collegamento stabile a reti di acqua, energia e gas ne conferma l’uso continuativo e permanente, a differenza degli imbullonati, che sono strumenti o impianti funzionali al processo produttivo, senza autonomia abitativa o reddituale. Dal punto di vista catastale, le mobil-home hanno natura di costruzioni e possono essere valutate con il procedimento indiretto per determinare la rendita dell’immobile, mentre gli imbullonati sono beni strumentali inseriti nel ciclo produttivo e seguono criteri di stima diversi. In sostanza, le mobil-home sono stabili, autonome e contribuiscono direttamente alla capacità reddituale complessiva dell’attività, caratteristiche che non si riscontrano negli imbullonati.
CONDONI
Definizione agevolata delle liti pendenti
Opposizione a diniego di definizione agevolata e valore della lite – Cass., Sez. trib., Ord. 13 novembre 2025, n. 29957
Un contribuente contesta che l’Ufficio non abbia tenuto conto del giudicato interno, sostenendo che il riferimento alle liti tributarie fissa il valore della lite alla somma in contestazione al 16 settembre 2022.
Gli importi dovuti per la definizione della lite vanno calcolati al netto di eventuali importi annullati in sede di autotutela parziale, di quelli definiti a seguito di conciliazione o mediazione che non abbiano definito per intero la lite, ovvero per i quali si sia formato un giudicato interno sfavorevole all’Ufficio. La parte della controversia sulla quale si è formato il giudicato interno, sfavorevole all’A.F., deve considerarsi non più pendente. Allo stesso modo, se l’A.F., in esercizio del potere di autotutela, ha annullato parzialmente l’atto impugnato, deve ritenersi non più pendente la parte del rapporto controverso oggetto di annullamento (Cass. 24 novembre 2002, n. 34703; circolare 1° aprile 2019, n. 6/E; circolare 28 luglio 2017, n. 22/E, nota 40).
Pertanto, il giudicato interno formatosi nella specie rileva ai fini della definizione agevolata, dato che il riferimento – contenuto nell’art. 5, comma 2, della legge n. 130/2022 – alle liti tributarie fissa il valore della lite alla somma in contestazione al 16 settembre 2022; sulle altre somme non esisteva più né contestazione né controversia. Quando la lite continua per tutta la pretesa fissata in primo grado, si tiene conto del valore ex art. 16, comma 3, della legge n. 289/2002, non influendo i risultati interlocutori intermedi. Se, però, la lite si riduce nell’ammontare per via del comportamento acquiescente di una delle parti, il riferimento è alla somma residua. Il richiamo alla legge n. 289/2002 vale a computare le sole imposte in contestazione residua, con esclusione degli interessi, indennità di mora ed eventuali sanzioni collegate al tributo. Il riferimento al valore ex art. 16, comma 3, della legge n. 289/2002, nel testo dell’art. 5 della legge n. 130/2022, si interpreta come riferito alla parte relativa alla lite in atto al 16 settembre 2022atto al 16 settembre 2022, al netto di giudicati interni. Ciò vale per determinare sia le liti definibili, sia l’imposta da versare per usufruire della definizione agevolata.
IVA
Detrazione
Occultamento di operazioni e diritto di detrazione – Cass., Sez. trib., Ord. 2 dicembre 2025, n. 31406
Un contribuente eccepisce il mancato rispetto del principio di neutralità dell’IVA a fronte di violazione di meri obblighi formali.
Nel caso di un contribuente che realizzi operazioni IVA completamente occultate all’A.F. (cd. evasore totale) secondo la Dir. n. 2006/112 UE – in particolare gli artt. 73 e 78, letti alla luce del principio di neutralità dell’IVA – la ricostruzione, mediante accertamento cd. induttivo puro, della maggiore materia imponibile deve essere intesa comprensiva dell’IVA, con la conseguenza che, ferma restando la possibilità di adottare sanzioni dirette a contrastare la frode fiscale, il soggetto passivo interessato deve disporre del diritto di detrarre l’IVA a monte, da esercitare entro il termine di decadenza prescritto.
Il diritto di detrazione sorge nel momento in cui l’imposta da detrarre diviene esigibile; in quel momento, però, il debito d’imposta non si estingue automaticamente, ma, semplicemente, sorge in capo al cessionario il diritto di estinguere il debito esercitando il diritto di detrazione (Cass. sent. 15 luglio 2015, n. 14767).
Il credito IVA non può restare sospeso ed essere compensato ad libitum del contribuente, ma tale esercizio del diritto segue delle scansioni temporali e precisi adempimenti. Se nell’anno successivo a quello in cui è maturato, in cui dovrebbe essere portato in compensazione, non è stata presentata la prescritta dichiarazione oppure la stessa risulta tardiva per presentazione oltre i 90 giorni, allora il credito deve essere portato in deduzione nella dichiarazione dei due anni successivi a quella in cui è maturato. E’ ancora la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto a comportare che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (Cass. ord. 8 aprile 2025, n. 9191).
PROCESSO TRIBUTARIO
Atti impugnabili
Comunicazione di esito di controllo in caso di solidarietà IVA – Cass., Sez. trib., Ord. 3 dicembre 2025, n. 31530
Si discute dell’autonoma impugnabilità della comunicazione dell’esito di controllo ex art. 60-bis del D.P.R. n. 633/1972, con cui l’Ufficio informi che, in relazione ad acquisti a prezzi inferiori al valore di mercato, avrebbe iscritto a ruolo la società quale obbligata in solido per l’IVA non versata dalla cedente.
La comunicazione dell’esito del controllo ex art. 60-bis del D.P.R. n. 633/1972, recante l’iscrizione a ruolo del soggetto obbligato in solido, con la quale l’A.F. – a seguito di un invito ad adempiere formalmente comunicato al contribuente-obbligato solidale e rimasto non assolto e considerata la mancata presentazione da parte dello stesso di valide giustificazioni, richieste già nell’invito ad adempiere, per dimostrare che il prezzo inferiore dei beni era stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o in base a specifiche disposizioni di legge e che, comunque, non era connesso con il mancato pagamento dell’imposta – informa quest’ultimo della sua iscrizione a ruolo ex art. 60-bis cit., quale obbligato solidale per gli importi dovuti e non versati dal cedente, e non è un atto impugnabile, ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, in quanto, data la sua finalità meramente informativa, non concreta un atto amministrativo a natura provvedimentale, capace di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive del contribuente, modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori. Né tale comunicazione, essendo successiva all’atto impugnabile, qual è l’invito ad adempiere, formalmente comunicato, costituisce la prima comunicazione con cui si palesi esistente un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto.
Non possono essere oggetto di ricorso gli atti privi di natura provvedimentale, sebbene promananti dall’A.F., da incaricati per la riscossione o da organismi a questi ancillari, salvo che siano la prima comunicazione di esistenza di un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, di non avere avuto notizia (Sez. 5, sent. 19 luglio 2023, n. 21254).
Mediazione
Accordo transattivo e autotutela – Cass., Sez. trib., Ord. 1° dicembre 2025, n. 31324
La questione attiene alla possibilità di esercizio dell’autotutela a seguito di definizione in sede di mediazione.
Nella mediazione tributaria ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, la conclusione del procedimento mediante accordo transattivo preclude all’A.F. il successivo esercizio del potere di autotutela, volto a emanare nuovi avvisi o accertamenti sulle stesse questioni oggetto dell’accordo, poiché tale comportamento integra un uso distorto dell’autotutela e viola i principi di buona fede, correttezza e tutela dell’affidamento del contribuente, di cui all’art. 10 della legge. n. 212/2000, che impongono stabilità e certezza ai rapporti tributari definiti.
Nell’ambito della procedura di mediazione tributaria ex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, l’A.F. può procedere a un nuovo esercizio del potere provvedimentale, qualora la definizione del procedimento non sia avvenuta tramite accordo transattivo, ma mediante autonomo annullamento in autotutela, adottato a seguito dell’iniziativa del contribuente, non determinandosi in tale ipotesi alcuna stabilizzazione convenzionale degli effetti né un affidamento qualificato sulla definitività dell’assetto impositivo.
L’ipotesi dell’accordo raggiunto in sede di mediazione va distinta da quella in cui l’A.F., pur sollecitata dall’iniziativa del contribuente, abbia raggiunto un’autonoma determinazione, in cui l’autotutela dell’A.F. non equivale ad accogliere il reclamo in senso transattivo con il contribuente. Il potere provvedimentale dell’A.F. non è consumato e l’Agenzia può riemettere nuovi avvisi di accertamento sugli stessi atti. Nemmeno è compromesso il principio di buona fede e correttezza, dato che la P.A. ha correttamente emendato il proprio errore, riconosciuto in sede di autotutela e ha poi emesso un nuovo provvedimento in forma legittima.
Intervenire successivamente con nuovi accertamenti sulle stesse questioni costituirebbe un vulnus alla certezza del diritto e alla protezione dell’affidamento legittimo, minando la credibilità delle procedure deflative e la fiducia del contribuente nell’ordinamento tributario, solo se tale nuovo esercizio del potere amministrativo si inserisse in un’effettiva transazione tra contribuente e A.F.
Notifiche
Rinnovazione della notifica del ricorso – Cass., Sez. trib., Ord. 20 novembre 2025, n. 30566
L’Ufficio ha depositato istanza di autorizzazione alla rinotifica del ricorso per cassazione, dato che sia la notifica all’indirizzo PEC del difensore, come risultante dalla sentenza d’appello, sia quella all’indirizzo di residenza del contribuente non erano andate a buon fine.
In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti della richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari a completarlo, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali, di cui sia data prova rigorosa (Cass., S.U., 15 luglio 2016, n. 14594; Cass. 21 agosto 2020, n. 17577).
Si è, poi, escluso che possano costituire circostanze idonee a consentire il superamento del limite temporale sia il deposito di un’istanza per ottenere la riapertura dei termini, trattandosi di una scelta di parte, che non esclude la necessità di riprendere tempestivamente il procedimento notificatorio, sia il fatto che la parte destinataria della notifica avesse indicato un indirizzo errato in un precedente atto di precetto notificato alla controparte, poiché tale circostanza può rilevare ai fini dell’imputabilità dell’errore, ma non anche ai fini della verifica della tempestività della ripresa del procedimento notificatorio (Cass. 31 luglio 2017, n. 19059).
Nella specie, malgrado la non imputabilità all’Agenzia sia del primo errore in sede di notifica a mezzo PEC (in quanto inoltrata all’indirizzo indicato dal difensore), sia dell’esito negativo della seconda (in quanto inoltrata presso l’indirizzo risultante dal certificato di residenza anagrafico), risulta non tempestiva la ripresa del procedimento notificatorio, avendo l’Agenzia unicamente chiesto, in vista dell’adunanza camerale, la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.
SANZIONI
Cause di non punibilità
Vittime usura: la sospensione dei termini non configura una causa di forza maggiore – Cass., Sez. trib., Ord. 2 dicembre 2025, n. 31451
Una società contesta la debenza delle sanzioni, eccependo causa di forza maggiore, integrata dal provvedimento di sospensione dell’incasso di tributi; la norma non pone a carico dell’esecutato le sanzioni dall’inizio dell’evento lesivo fino alla scadenza delle sospensioni e della proroga eventualmente concessa.
Il provvedimento del Procuratore della Repubblica emesso ex art. 7 della legge n. 44/1999, avente a oggetto la sospensione dei termini per gli adempimenti amministrativi in favore di vittime di usura, non integra causa di forza maggiore idonea a escludere la debenza delle sanzioni, una volta scaduto il periodo di sospensione.
La tesi della società è contraria alla lettera della norma, in particolare al comma 7-ter dell’art. 20 della legge n. 44/1999 (oggi abrogato), il quale in modo chiaro precisava che le sanzioni non potevano essere chieste all’esecutato nel periodo di sospensione dei termini (nella specie, dal 2002 al 2012). Tale tesi introdurrebbe una nuova e generalizzata causa di forza maggiore nelle ipotesi di sospensione dei termini disposta in favore delle vittime di usura e di estorsione, consentendo a queste ultime sostanzialmente di non pagare mai, ovvero durante la sospensione dei termini e successivamente alla sua scadenza, le sanzioni dovute per il mancato pagamento dei tributi; in questo modo, le norme in materia di sanzioni verrebbero sostanzialmente abrogate, in aperto contrasto con quanto disposto dal legislatore del 1999.
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