2° Contenuto: Tutto Quesiti: come eseguire la Perizia di valutazione d’Azienda

CIRCOLARE TUTTOQUESITI

Le risposte alle domande dei professionisti

DI CARLA DE LUCA | 16 DICEMBRE 2025

Si presentano le riposte ai quesiti pervenuti in occasione del Webinar Come fare dal titolo “Come eseguire la Perizia di valutazione d’Azienda”.
Il Corso si incentra sulla redazione della perizia di valutazione d’azienda, con un approccio operativo orientato alle esigenze di dottori commercialisti e consulenti. Vengono analizzati i principali metodi valutativi, le norme di comportamento professionale e le modalità di presentazione della relazione peritale. L’obiettivo è fornire strumenti pratici e modelli di lavoro per predisporre una perizia chiara, motivata e difendibile, anche in contesti di operazioni straordinarie o contenziosi.

Quesito n. 1 – Rapporto tra valutazione patrimoniale e moltiplicatori di settore

Domanda

Volendo utilizzare i moltiplicatori di settore dove possono essere reperiti quelli più affidabili? In quale modo possono essere utilizzati partendo da una stima basata sul metodo patrimoniale?

Risposta

Le fonti più affidabili per i moltiplicatori di settore sono banche dati specialistiche (Capital IQ, BeBeez, NIMBO, Damodaran, report professionali di studi/associazioni e OIV), da usare però sempre come controllo di plausibilità e non come unico criterio valutativo. Partendo da una stima patrimoniale, i multipli si usano tipicamente per stimare enterprise value / equity value “relativo” e poi confrontare/ponderare il risultato con il valore patrimoniale rettificato.​

  • Banche dati internazionali di mercato: Standard & Poor’s Capital IQ (alla base, ad esempio, dei trading multiples Salvidio & Partners), – Damodaran (dataset per settore, anche Europa), – piattaforme tipo – Seeking Alpha per EV/Sales ed EV/EBITDA di singole quotate.​
  • Banche dati italiane: Report “Moltiplicatori per le valutazioni aziendali” (Salvidio & Partners) che forniscono multipli per settore/sottosettore e Paese, -BeBeez Private Data con EV/EBITDA su deal italiani, costruiti usando bilanci da Camera di Commercio e Leanus.​
  • Portali come NIMBO che pubblicano periodicamente multipli EBITDA/EBIT/fatturato per area, dimensione e industria.​
  • Pubblicazioni OIV e documenti degli Ordini (ad es. ODCEC Padova su “Fonti dei parametri finanziari e di mercato”), che elencano fonti professionali riconosciute.​

Quesito n. 2 – Conferimento d’azienda con perizia antecedente: trattamento del differenziale tra capitale sociale e patrimonio netto

Domanda

Conferimento d’azienda (ditta individuale) in s.r.l. neocostituita. Perizia alla data del 31 ottobre, atto di conferimento data 22 dicembre conferimento in continuità di valore (neutralità fiscale) il valore del patrimonio netto naturalmente per effetto della gestione muta dal 31 ottobre al 22 dicembre – in sede di conferimento il differenziale tra capitale sociale e valore contabile lo imputo a riserva da conferimento?

Risposta

Nel conferimento d’azienda in neutralità fiscale l’operazione rileva fiscalmente ai valori contabili/fiscali alla data di effetto del conferimento; la differenza rispetto al capitale sociale può essere iscritta come riserva da conferimento (riserva di capitale), anche se la perizia è anteriore, purché l’atto colleghi espressamente conferimento e relazione di stima.

Il disallineamento gestionale tra data della perizia (31 ottobre) e data dell’atto (22 dicembre) non fa decadere la neutralità ex art. 176 TUIR, fermo il subentro della s.r.l. nei valori fiscali dell’azienda alla data di conferimento.

La riserva da conferimento derivante da conferimento d’azienda in neutralità viene oggi qualificata, in linea generale, come riserva di capitale exart. 47, comma 5, TUIR, almeno fino a concorrenza del valore fiscale dell’azienda conferita.

Dopo l’abrogazione della norma che imponeva di considerare “utili” gli incrementi di patrimonio netto eccedenti il valore fiscale, la natura fiscale della riserva torna a seguire la natura civilistica di apporto dei soci. Ciò rileva in prospettiva per future distribuzioni: la distribuzione di tale riserva, nei limiti in cui mantiene natura di capitale, non genera dividendi imponibili in capo al socio persona fisica nei limiti previsti dall’art. 47 TUIR.​

Quesito n. 3 – Variazione del patrimonio netto tra perizia e atto di conferimento: assorbimento delle differenze e natura della riserva da conferimento

Domanda

Alla data del conferimento il valore del patrimonio netto è mutato e la riserva da conferimento ad esempio si abbassa, la differenza come la si gestisce? Inoltre, la riserva da conferimento è una riserva di capitale? Faccio un esempio: PN alla data di perizia 200.000 in sede di atto capitale sociale 100.000 euro e 100.000 euro di riserva. Da conferimento poi riverifico alla data dell’atto il PN è sceso a 150.000 euro, la differenza come la gestisco?

Risposta

Se alla data dell’atto il patrimonio netto è inferiore rispetto alla situazione/perizia, il “taglio” si assorbe prima sulla riserva da conferimento, che si riduce fino a capienza; se la perdita eccede la riserva, la parte residua incide sul capitale sociale (da gestire poi con delibera ad hoc, ad esempio copertura perdite o riduzione capitale), ferma restando la continuità dei valori fiscali ex art. 176 TUIR. La riserva da conferimento, nel conferimento di ditta individuale in s.r.l., è normalmente qualificata civilisticamente come riserva di capitale assimilata al sovrapprezzo azioni/quote e, fiscalmente, come riserva di capitale ex art. 47, comma 5, TUIR, almeno fino a concorrenza del valore fiscale dell’azienda conferita.​

Nel tuo caso: PN perizia 200, in atto iscrivi 100 capitale e 100 riserva da conferimento; alla data effettiva il PN “effettivo” risulta 150. I 50 di differenza rappresentano il risultato netto del periodo tra data perizia e data di effetto, che, se non si prevede un conguaglio in denaro a favore del conferente, si traduce contabilmente in:​
• mantenimento del capitale a 100 (se non vuoi toccarlo);
• riduzione della riserva da conferimento da 100 a 50, assorbendo integralmente in essa la perdita di periodo.​
Se invece si è pattuito (o si ritiene opportuno) che il risultato del periodo intermedio rimanga in capo al conferente, si può prevedere un conguaglio a favore o a carico del conferente (credito o debito verso socio) che “riporta” il patrimonio netto trasferito al valore di 200, lasciando invariati capitale e riserva contabilizzate nella s.r.l. In pratica si “stacca” dal perimetro conferito l’utile/perdita interinale tramite un aggiustamento di prezzo.​

La dottrina maggioritaria e buona prassi la qualificano come riserva di capitale: è un apporto del socio, civilisticamente assimilabile a sovrapprezzo quote, utilizzabile per copertura perdite e distribuibile solo rispettando le regole delle riserve di capitale. Fiscalmente, la riserva da conferimento di ditta individuale viene ricondotta all’art. 47, comma 5, TUIR: distribuita riduce il costo fiscale della partecipazione e non genera dividendi, ferma la presunzione di prioritaria distribuzione degli utili ex comma 1 quando esistano anche riserve di utili.​

Operativamente, riduci la riserva da conferimento da 100 a 50 per riflettere il PN effettivo 150 alla data di conferimento, mantenendo il capitale sociale a 100. Evidenzia in nota integrativa che lo scostamento (50) è il risultato della gestione intercorsa tra data perizia e data atto, assorbito interamente dalla riserva di capitale.

In assenza di accordi diversi sul conguaglio, non sorgono effetti reddituali in capo a conferente o conferitaria, restando intatta la neutralità ex art. 176 TUIR.

Quesito n. 4 – Valutazione dell’azienda nella trasformazione da s.n.c. a s.r.l.: metodo patrimoniale o patrimoniale-reddituale?

Domanda

Per la valutazione di un’azienda che deve essere trasformata da s.n.c. a s.r.l.. È meglio una valutazione solo patrimoniale oppure patrimoniale reddituale? L’azienda è intenzionata a proseguire l’attività.

Risposta

In base alla formulazione dell’art. 2500-ter, comma 2, c.c., il legislatore, allorquando tratta dei “valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo” sembra identificare nel metodo patrimoniale, quello cui far riferimento: ciò in quanto l’attività dell’esperto deve indirizzarsi ad appurare la fondatezza dei valori dei singoli elementi patrimoniali, piuttosto che la stima del valore dell’azienda (intesa quale sistema unitario) con esplicitazione dell’avviamento.

Nel caso della trasformazione, diversamente, non sussiste alcun nuovo apporto, ma semplicemente una modifica intervenuta nella veste giuridica della società. A seguito di siffatto mutamento, laddove vari anche il regime di responsabilità, la perizia deve garantire l’integrità del patrimonio, a prescindere dalla stima della misura di avviamento generato internamente. Se, dunque, il metodo cui l’esperto deve ricorrere è quello patrimoniale, sorgono dubbi in merito alla tipologia; la dottrina ritiene opportuno rinviare a quella semplice, stante anche l’espressione impiegata dal legislatore; occorre, infatti, precisare che la metodologia complessa prende in considerazione gli elementi intangibili che rappresentano, per buona parte, la manifestazione dell’avviamento il quale, di regola, trova esplicitazione laddove si voglia stimare il valore del sistema aziendale.

Per una s.n.c. tuttavia con patrimonio “modesto”:

  • se la storia reddituale è debole o poco strutturata, è più lineare e prudente limitarsi al metodo patrimoniale complesso, magari dichiarando che non emergono le condizioni per un avviamento autonomamente quantificabile;​
  • se invece hai una reale azienda in senso pieno (clientela, flussi stabili, struttura), è professionalmente più coerente includere in perizia anche una stima di avviamento, ancorata a dati storici e metodi misti, spiegando bene che il capitale della new-co riflette il valore economico complessivo e non solo il patrimonio contabile.​

Quesito n. 5 – Miglior metodo valutativo

Domanda

Quale può essere il miglior metodo valutativo oggettivo/obiettivo?

Risposta

Non esiste un metodo “perfettamente oggettivo”, ma per una PMI in continuità quello che massimizza oggettività/verificabilità dei dati, restando coerente con la logica economica, è di solito un metodo misto patrimoniale‑reddituale basato su dati contabili rettificati e redditi normalizzati. Il solo patrimoniale è il più verificabile sui numeri, ma rischia di essere poco rappresentativo del valore economico se c’è un avviamento rilevante; il solo reddituale/DCF è teoricamente molto solido ma più esposto ad assunzioni discrezionali.

Quesito n. 6 – Impatto della posizione finanziaria netta nel valore ottenuto applicando il metodo dei multipli

Domanda

È corretto rettificare (positivamente o negativamente) il valore ottenuto con applicazione del metodo dei multipli con la posizione finanziaria netta? Quali elementi dovrei considerare per determinare la posizione finanziaria netta? Ritengo che la valutazione con il metodo dei multipli debba necessariamente tener conto dell’indebitamento o delle disponibilità dell’azienda valutata.

Risposta

È corretto e, anzi, metodologicamente necessario collegare il valore ottenuto con i multipli alla posizione finanziaria netta: in pratica si lavora in logica cash/debt free, distinguendo se il multiplo è di tipo entreprise (EV/EBITDA, EV/EBIT) o equity (P/E, Price/Book). La PFN si determina includendo tutti i debiti finanziari (breve e medio‑lungo) al netto di cassa ed attività finanziarie liquide, con eventuali aggiustamenti per voci “debt‑like” e “cash‑like” rilevanti.​

Se usi multipli di tipo EV (EV/EBITDA, EV/EBIT) ottieni un Enterprise value “indipendente” dalla struttura finanziaria. Equity value = Enterprise value – PFN (se PFN è negativa perché c’è debito) oppure + PFN se c’è cassa netta.​

Se usi multipli equity (P/E, Price/Book), il risultato è già un equity value, quindi l’effetto dell’indebitamento è implicitamente riflesso negli utili o nel patrimonio di riferimento e non va “rettificato” di nuovo con la PFN.​

Quindi sì: quando il multiplo è costruito sull’EV, la rettifica col valore attuale della PFN è il passaggio corretto per arrivare al valore del capitale proprio/quote.

La PFN, in logica valutativa, in genere comprende:​

  • Debiti finanziari correnti:
    • scoperti bancari e conti anticipi;
    • quota corrente di mutui e leasing finanziari;
    • altri debiti finanziari a breve (finanziamenti soci con natura “debt like” se trattati come tali nel deal).
  • Debiti finanziari non correnti:
    • mutui e prestiti a m/l termine;
    • debiti da leasing finanziari;
    • obbligazioni e strumenti assimilabili a debito.
  • Attività finanziarie “cash‑like”:
    • disponibilità liquide (cassa, conti correnti, depositi a breve);
    • titoli ed altre attività finanziarie prontamente liquidabili;
    • in alcune prassi di M&A anche crediti finanziari a breve e crediti d’imposta certi e rimborsabili.​

PFN = Debiti finanziari lordi – (cassa + attività finanziarie liquide + eventuali cash‑like concordate).​

Restano di norma fuori: debiti operativi (fornitori, TFR, fondi rischi puramente operativi), salvo che nel contesto negoziale siano espressamente considerati “debt‑like” e quindi inclusi in una PFN rettificata per la determinazione del prezzo.​

Il metodo dei multipli, se applicato su un indicatore “unlevered” (EBITDA/EBIT), produce un valore dell’impresa indipendente dalla struttura finanziaria; ma nella realtà chi compra o valuta quote deve assumere anche il debito o beneficiare della cassa. Per questo, in dottrina e prassi M&A, il percorso standard è:​

  • Determinare EV con multipli (ad es. EV = multiplo EV/EBITDA X EBITDA normalizzato).
  • Determinare PFN “normalizzata” alla data di riferimento.
  • Calcolare Equity Value = EV – PFN, che diventa la base per il valore delle quote/capitale.​

Quindi la tua impostazione è corretta: una valutazione a multipli robusta deve necessariamente incorporare la PFN, con grande attenzione a come la si definisce e rettifica.

Quesito n. 7 – Non obbligatorio applicare formalmente i PIV

Domanda

Nel predisporre una perizia di stima richiesta dal Codice civile per conferimento di azienda o di quote di società per conferimento e/o comunque per altre finalità ove la perizia non è richiesta dalla legge, ma è volontaria, è obbligatorio applicare i PIV?

Risposta

Non esiste oggi un obbligo di legge ad applicare formalmente i PIV nelle perizie di stima ex art. 2343 c.c. o nelle perizie volontarie; si tratta di principi professionali “di best practice”, non di norme primarie vincolanti. Tuttavia la loro applicazione è ormai considerata requisito essenziale di qualità e diventa di fatto uno standard atteso per le valutazioni d’azienda e di partecipazioni, specie quando destinate a terzi (conferimenti, operazioni straordinarie, contenzioso).

Per perizie “legali” (conferimenti, trasformazioni, fusioni, scissioni) è fortemente opportuno dichiarare in premessa il riferimento ai PIV e strutturare il lavoro in coerenza con le loro linee guida (tipologia di valutazione, base di valore, data di valutazione, metodi, analisi di rischio, ecc.).​

Per perizie volontarie (patti tra soci, contenziosi, M&A, valutazioni di fairness) il richiamo ai PIV aumenta difendibilità e credibilità della stima verso controparti, notai, giudici e Amministrazione finanziaria, pur restando una scelta del professionista.

Quesito n. 8 – La valutazione delle categorie SOA possedute dalle imprese che fanno lavori edili pubblici

Domanda

Come si valutano le categorie DIA e le certificazioni ISO e che abilitazioni possedute dalle imprese edili? Sono 3 valori diversi, vanno considerati come parte dell’avviamento ma con che modalità si valutano?

Risposta

Per imprese edili categorie SOA/DIA/abilitazioni, certificazioni ISO e altre abilitazioni non si attribuisce di regola un “valore singolo” a ciascuna, ma si considerano come fattori che generano (o rafforzano) l’avviamento e si valorizzano dentro il metodo reddituale/misto, non con tre numeri autonomi. In pratica li valuti indirettamente, attraverso l’effetto su ricavi, margini e rischio, e li descrivi analiticamente in perizia. Cosa rappresentano economicamente.

  • Categorie / SOA / abilitazioni lavori (DIA come capacità operativa su certi interventi): ampliano il mercato accessibile (importo massimo lavori, tipologia OG/OS, appalti pubblici) e aumentano stabilità e dimensione del portafoglio lavori.​
  • Certificazioni ISO (9001, 14001, 45001 ecc.): incidono su punteggi in gara, accesso a clienti strutturati, riduzione non conformità e rischi, migliorando efficienza e reputazione.​
  • Altre abilitazioni (impianti, sicurezza, ecc.): consentono di svolgere direttamente lavorazioni che altrimenti andrebbero subappaltate, con più margine e controllo.​

Tutti questi elementi: aumentano fatturato “potenziale” e continuità dei lavori; migliorano margini o riducono rischi.

Quindi sono driver di avviamento, non asset separati con un “valore di listino”.

Operativamente quindi: li tratti come driver da descrivere e motivare nell’analisi strategica e nei flussi, non come tre poste da valorizzare singolarmente in euro; l’avviamento risultante (via metodo misto o reddituale) incorpora, in modo coerente, il contributo di categorie, ISO e abilitazioni.

Quesito n. 9 – Valorizzazione quota socio s.n.c. deceduto

Domanda

Si chiede se è corretto non inserire nel valore di stima della quota di socio di s.n.c. deceduto il relativo carico fiscale essendo lo stesso a carico dell’erede.

Risposta

È corretto non “scaricare” sul valore di stima della quota il carico fiscale personale dell’erede: la quota va valutata al suo valore economico (patrimoniale/reddituale) e l’imposizione che colpirà l’erede è un profilo distinto, successorio/IRPEF, non un elemento che riduce il valore civilistico della partecipazione. In altre parole, la società deve liquidare il valore pieno della quota; l’eventuale tassazione resta in capo al percettore e non incide sul quantum del credito verso la società.

Quesito n. 10 – Valutazione di società cooperativa

Domanda

Una cooperativa di produzione e lavoro intende cedere la propria azienda, in quanto la ristretta base sociale non intende proseguire l’attività. Considerato che per le caratteristiche proprie delle cooperative il PN è esiguo e anche i redditi conseguiti nei vari esercizi sono modesti, quale metodo adottare, multipli?

Risposta

Per una cooperativa di produzione e lavoro con patrimonio netto esiguo e redditi storicamente modesti ha poco senso affidarsi al solo patrimoniale o al reddituale puro; in pratica si lavora con un approccio “di mercato” (multipli) molto prudente, integrato da elementi patrimoniali e di continuità/reimpiego (contratti, attrezzature, personale/soci, ecc.). Il metodo a multipli è utilizzabile, ma i multipli vanno fortemente adattati (e di solito ridotti) rispetto a quelli di società più grandi e profit‑oriented, tenendo conto delle peculiarità cooperative.

Per casi come questo, la prassi suggerisce spesso: un patrimoniale “di smobilizzo ordinato” o patrimoniale rettificato, per avere un floorminimo (valore di realizzo di beni, attrezzature, crediti, al netto di debiti e costi di uscita);​ un metodo dei multipli “leggeri” (di fatturato o di EBITDA normalizzato) più come riferimento di mercato per il prezzo negoziale che come stima rigida del capitale economico. ​Il metodo misto patrimoniale‑reddituale classico rischia di dare avviamento nullo o negativo se i redditi sono modesti, confermando che il valore economico è vicino al solo patrimonio rettificato.

Quesito n. 11 – Valore di realizzo in una procedura concorsuale (fallimento)

Domanda

Quale potrebbe essere il metodo di valutazione ottimale di un impianto produttivo di carni in fallimento costituito da attrezzature specifiche ed immobile al fine del maggior importo realizzabile nella futura vendita (differente valutazione tra beni mobili ed immobile o valutazione unitaria)?

Risposta

Per un impianto di macellazione in fallimento l’obiettivo non è il “valore economico in going concern”, ma il presumibile maggior realizzo in liquidazione, e il metodo ottimale è normalmente una stima di valore di liquidazione “orientata alla vendita in blocco” del complesso, con verifica (non somma automatica) dei valori atomistici di immobili e attrezzature. Nella pratica peritale si valuta il complesso unitariamente, ma si scompongono e documentano separatamente i valori di immobile e beni mobili proprio per poter confrontare, nel programma di liquidazione, la convenienza tra cessione in blocco e vendite separate. Imposti la perizia con approccio unitario prevalente (impianto carni = complesso immobiliare + impianti + impiantistica asservita), stimando un “valore di realizzo in blocco” realisticamente ottenibile in gara/asta tra operatori del settore.

All’interno della relazione, stacchi e dettagli:

  • valore di mercato di liquidazione dell’immobile (come se fosse libero),
  • valori di liquidazione delle principali categorie di impianti/attrezzature,
  • evidenziando, anche qualitativamente, l’eventuale perdita o guadagno di valore passando dal blocco alla vendita atomistica.​

Così dà al curatore (e al giudice) uno strumento per scegliere il percorso di vendita che massimizza il realizzo, restando coerente con l’impostazione attuale sul “valore di liquidazione” nelle procedure concorsuali.

Quesito n. 12 – Conferimento ditta individuale in s.r.l.

Domanda

In una operazione di conferimento ditta individuale in una s.r.l. la perizia di conferimento può essere redatta dal professionista tenutario la contabilità, o vi è una causa di incompatibilità?

Risposta

Per il conferimento di azienda di ditta individuale in s.r.l. la legge richiede che l’esperto sia professionale e indipendente dal conferente e dalla conferitaria, ma non vieta in sé che sia il commercialista che ne tiene la contabilità, salvo situazioni di conflitto di interessi assimilabili a quelle del revisore legale.

La condizione decisiva è quindi la reale indipendenza (assenza di interessi propri nell’operazione, partecipazioni, ruoli di amministrazione o controllo, ecc.) e il rispetto dei PIV che impongono di dichiarare eventuali conflitti.

In assenza di cariche di amministratore, sindaco, revisore o partecipazione rilevante nella s.r.l. o nella ditta conferente, il professionista che tiene la contabilità può, in linea generale, redigere la perizia, purché: verifichi e attesti espressamente nella relazione la propria indipendenza; esponga eventuali rapporti continuativi, spiegando perché non incidono sulla neutralità della stima; segua i PIV e la prassi sulle “valutazioni legali”, adottando criteri prudenti e completamente documentati.

Quesito n. 13 – Parere valutativo preliminare alla vendita: incarico al commercialista di fiducia o necessità di esperto indipendente?

Domanda

Il cliente che chiede un semplice parere valutativo al proprio commercialista in previsione di una possibile futura vendita può conferire l’incarico al proprio commercialista o deve necessariamente rivolgersi ad un terzo indipendente?

Risposta

Sì, per un semplice parere valutativo “interno” il cliente può tranquillamente incaricare il proprio commercialista; non esiste un obbligo di rivolgersi a un terzo indipendente, a differenza delle valutazioni “legali” (conferimenti, trasformazioni, ecc.).

In questi casi si rientra nella tipologia di “parere valutativo” o “calcolo valutativo” dei PIV, che può essere svolto dal consulente abituale, fermo l’obbligo generale di evitare conflitti di interessi edi dichiarare eventuali limitazioni dell’incarico.​

Un parere valutativo a fini negoziali interni (capire “a che prezzo” potrebbe vendere) è un incarico tipicamente affidato al commercialista di fiducia, che conosce conti e storia aziendale. Diventa opportuno (o richiesto) un esperto terzo indipendente quando: la valutazione deve avere funzione “legale” o di tutela di terzi (conferimenti, fusioni, fairness opinion, perizie in contenzioso, perizie richieste da banche, curatore, giudice);​ oppure quando le parti (es. acquirente/venditore) concordano di volere un parere indipendente per rafforzare la credibilità del valore proposto.

Quesito n. 14 – Valutazione d’azienda: compenso libero e va concordato

Domanda

Quanto si può chiedere come compenso per un lavoro di valutazione d’azienda?

Risposta

Per le valutazioni d’azienda non esistono più “tariffe obbligatorie”, ma solo riferimenti e parametri: il compenso è libero e va concordato, tenendo conto di valore, complessità e responsabilità dell’incarico.

Come ordine di grandezza, i vecchi tariffari e i documenti di onorari consigliati indicano per le valutazioni aziendali compensi in percentuale sul valore/attivo (con scalini decrescenti), oppure a tempo con minimi giornalieri, spesso integrati da una quota fissa.

È bene partire da una stima delle ore/giornate necessarie (raccolta dati, analisi, modelli, relazione, incontri) e applicare un’aliquota oraria/giornaliera coerente con i parametri e gli onorari consigliati del tuo Ordine.​

Verificare che il risultato sia ragionevole anche come percentuale del valore/attivo, confrontandolo con gli scaglioni storici (es. 0,5-1% per piccole pratiche, meno per valori molto elevati).​

Esplicitare in lettera d’incarico: oggetto (parere Vs perizia PIV), attività incluse, tempi, compenso fisso/variabile e rimborsi spese, così da essere trasparente e difendibile verso cliente e, se del caso, terzi.

Quesito n. 15 – La perizia di valutazione d’azienda non giurata può essere redatta dal commercialista non revisore

Domanda

La perizia di valutazione d’azienda, se non deve essere giurata, può essere redatta da un commercialista non iscritto all’albo dei revisori legali?

Risposta

Sì. Una perizia di valutazione d’azienda non giurata può essere redatta da un dottore commercialista anche se non è iscritto al registro dei revisori legali, purché abbia competenza e indipendenza adeguate.

L’obbligo del revisore legale sorge solo nei casi espressamente previsti dal Codice civile (es. conferimenti ex art. 2465, trasformazioni ex art. 2500‑ter), dove è richiesta una relazione giurata di “revisore legale o società di revisione”.

Quando serve il revisore legale: conferimenti in s.r.l.: art. 2465 c.c. richiede relazione giurata di un revisore legale/società di revisione iscritti nel registro e trasformazioni con perizia obbligatoria: giurisprudenza e dottrina confermano la necessità del revisore legale per la relazione giurata “legale”.​

Fuori da queste ipotesi, la valutazione d’azienda può essere svolta come incarico valutativo “ordinario” da un commercialista non revisore, nel rispetto dei PIV (competenza, indipendenza, processo razionale e verificabile).

Quesito n. 16 – Incarico di valutazione conferito tramite collega: committente, fatturazione e scelte metodologiche prudenti

Domanda

Se l’incarico arriva dal collega che tiene la contabilità dell’impresa, è comunque bene che nell’incarico risulti come committente l’impresa stessa? Anche la fatturazione deve avvenire sull’impresa e non sul collega? Trattandosi di una valutazione prudenziale, è corretto utilizzare un metodo patrimoniale senza tener conto dell’avviamento, posto che l’azienda abbia chiuso in utile gli ultimi 3 anni.

Risposta

Sì: è preferibile che committente formale e intestatario della fattura sia sempre l’impresa, non il collega, e che nella lettera d’incarico risulti chiaramente il rapporto diretto valutatore‑impresa; il collega può figurare, al più, come soggetto che propone il professionista o come referente operativo. Questo è più lineare sia deontologicamente (chiarezza del rapporto col cliente e assenza di mediazioni improprie) sia ai fini di responsabilità professionale e assicurativa, perché la prestazione è resa all’impresa e non “subappaltata” al collega.

Usare un metodo patrimoniale prudenziale, senza attribuire avviamento, è in linea di principio possibile, ma va motivato con molta attenzione se l’azienda ha chiuso in utile negli ultimi 3 anni. I PIV e la dottrina ricordano che il solo patrimoniale tende a sottovalutare aziende in funzionamento, perché ignora la capacità di produrre reddito futuro (avviamento); un approccio esclusivamente patrimoniale è davvero “completo” solo per aziende di pura sostanza o prossime alla liquidazione.​

La giurisprudenza tributaria ha più volte affermato che l’assenza di utili non basta, di per sé, a escludere l’avviamento; a maggior ragione, la presenza di utili costanti è indice che un avviamento potenziale esiste, anche se magari modesto.​

Quindi, per una “valutazione prudenziale” con utili negli ultimi 3 esercizi puoi: applicare un patrimoniale complesso e qualificare esplicitamente il risultato come “valore patrimoniale minimo di riferimento”, chiarendo che non include una stima autonoma dell’avviamento;​ spiegare in relazione perché ritieni di non attribuire avviamento (es. redditi modesti, forte rischio, dipendenza dal titolare, redditività non strutturale), pur riconoscendo che in un’ottica pienamente economica un metodo misto o reddituale potrebbe esprimere un valore diverso.​

Quesito n. 17 – Perizia conferimento in holding ex art. 177, comma 2

Domanda

Perizia ai fini di un conferimento da parte di una persona fisica di azioni di s.p.a. in una holding s.r.l. in realizzo controllato ex art. 177, comma 2. L’incaricato può essere affidato al commercialista o rete della società conferita e quale configurazione di valore deve indicare nel mandato considerato?

Risposta

L’incarico può essere svolto dal commercialista, ma non da un soggetto “non indipendente” riconducibile alla rete o struttura della società conferitaria; per i conferimenti in natura la prassi richiede un esperto indipendente sia dal conferente sia dalla conferitaria e dai soci che la controllano. Per i conferimenti in s.r.l., l’art. 2465 c.c. richiede relazione di un esperto indipendente dal conferente, dalla conferitaria e dai soci di controllo; la dottrina civilistica e la prassi notarile estendono questo criterio anche alle valutazioni su partecipazioni conferite.​

Un commercialista esterno scelto dal conferente è quindi un soggetto naturale per l’incarico, purché: non faccia parte della governance né della rete organizzativa/di consulenza stabile della conferitaria; non abbia interessi diretti nell’operazione; dichiari in perizia la propria indipendenza secondo i PIV.​

Se il professionista appartiene alla rete” (in senso organizzativo/economico) della holding conferitaria, l’indipendenza può essere messa in discussione; in questi casi è prudente che l’esperto sia estraneo alla rete. Nel mandato è opportuno indicare esplicitamente una configurazione di valore di mercato / economico della partecipazione (valore equo / fair value), chiarendo però che ai fini fiscali ex art. 177, comma 2, TUIR la plusvalenza rilevante resta quella calcolata sul costo fiscale e sulla frazione di incremento di patrimonio netto della holding, secondo il criterio di realizzo controllato.​

Quesito n. 18 – Le perizie di conferimento e di trasformazione rientrano fra le “valutazioni legali” dei PIV

Domanda

Le perizie di conferimento e di trasformazione possono essere redatte e sottoscritte dal consulente fiscale dell’azienda oppure è necessario rivolgersi ad un valutatore esterno?

Risposta

Perizie di conferimento e di trasformazione rientrano fra le “valutazioni legali” dei PIV e il requisito centrale non è tanto che il professionista sia “esterno”, quanto che sia abilitato e realmente indipendente da conferente, conferitaria/trasformanda e loro soci di controllo. In molti casi, quindi, il consulente fiscale abituale può redigere la perizia, ma ci sono situazioni (specie se è anche revisore o ha ruoli di governance) in cui è opportuno o necessario rivolgersi a un valutatore esterno.​

Quesito n. 19 – Perizia per conferimento di una ditta individuale: valutazione del metodo

Domanda

Dovendo predisporre una perizia per conferimento di una ditta individuale in una s.r.l. neocostituita la semplice valutazione patrimoniale mi permette di avere un valore di circa 15.000 euro: conviene utilizzare unicamente il metodo patrimoniale o inserire nella perizia anche una valutazione dell’avviamento?

Risposta

Per una ditta individuale con patrimonio “modesto”:

  • se la storia reddituale è debole o poco strutturata, è più lineare e prudente limitarsi al metodo patrimoniale complesso, magari dichiarando che non emergono le condizioni per un avviamento autonomamente quantificabile;​
  • se invece hai una reale azienda in senso pieno (clientela, flussi stabili, struttura), è professionalmente più coerente includere in perizia anche una stima di avviamento, ancorata a dati storici e metodi misti, spiegando bene che il capitale della new-co riflette il valore economico complessivo e non solo il patrimonio contabile.​

Quesito n. 20 – Valutazione dell’immobile in leasing

Domanda

Per un immobile in leasing, come effettuare la valutazione, valore commerciale di mercato meno attualizzazione delle rate non scadute oltre al riscatto?

Risposta

Per un immobile in leasing, se bisogna stimare il valore economico del contratto (o del bene “come se fosse tuo”), l’impostazione corretta è proprio: valore di mercato dell’immobile – valore attuale del debito residuo di leasing (canoni futuri + riscatto).

Prima si stima il valore di mercato dell’immobile, poi il valore commerciale attuale (comparabili, reddito, ecc.). e poi si determina il debito residuo di leasing. Si prende il piano di ammortamento e si considera la sola quota capitale dei canoni ancora da pagare + il prezzo di riscatto.

Vanno attualizzati questi flussi al tasso implicito del leasing (o a un tasso congruo di mercato se il dato implicito non è disponibile).​ Valore netto del “diritto di leasing” ≈ valore di mercato dell’immobile – valore attuale del debito residuo (canoni + riscatto).​ Questo valore rappresenta, in sostanza, ciò che un terzo sarebbe disposto a pagare oggi per subentrare nel contratto di leasing (o il “valore economico netto” dell’immobile per l’utilizzatore), ed è il criterio normalmente usato in perizie su cessione di leasing o valutazioni aziendali con immobili in leasing.

Quesito n. 21 – Tasso di attualizzazione “in assenza di rischio”

Domanda

Quali tassi di attualizzazione per capitale in “assenza di rischio” consiglia di utilizzare in questo momento? Inoltre, dove trovare gli spread da aggiungere per la misura del rischio dei singoli settori?

Risposta

Per il tasso “in assenza di rischio” si usa normalmente un risk free coerente con l’orizzonte di valutazione (in pratica BTP a media‑lunga scadenza); gli spread di rischio per settore si ricavano da equity risk premium di mercato e beta settoriali (es. Damodaran, report analisti, documenti tecnici italiani su costo del capitale). In questo momento, valori risk free intorno al rendimento del BTP decennale (circa 3,4-3,5% lordo a inizio dicembre 2025) sono considerati un riferimento ragionevole in molte perizie, da combinare poi con un premio al rischio azionario e con il beta del settore.​

Quesito n. 22 – Reperimento tassi di valutazione

Domanda

Nella formula del metodo misto che utilizzo solitamente mi viene richiesto di applicare il tasso medio di rischio del settore in cui l’impresa opera e il tasso di interesse di un investimento alternativo. Dove posso reperire il dato aggiornato di questi due indici?

Risposta

Definisci il risk free attuale: media dei rendimenti BTP 10 anni (o scadenza coerente con l’orizzonte di valutazione) rilevata su fonti pubbliche (Sole 24 Ore, MEF, Borsa Italiana).​

Reperisci beta e premio di rischio di mercato da:

  • tabelle Damodaran (beta e risk premium per settore/Paese);
  • oppure letteratura/dispense universitarie e documenti OIV che riportano esempi di parametri.​

Quesito n. 23 – Adeguata verifica antiriciclaggio

Domanda

Chiediamo conferma delle due seguenti affermazioni:
a. il ns. Cliente ci dà incarico di valutare la azienda di cui teniamo la contabilità in una operazione di apporto in s.r.l. new-co, riteniamo dover fare la adeguata verifica dell’operazione è corretto?
b. il ns. Cliente viene assorbito da una s.r.l. esistente, subisce l’apporto, il perito ci chiede dati contabili, dobbiamo procedere con AdV?

Risposta

  1. Sì, nel caso di valutazione dell’azienda del tuo cliente in vista di apporto in s.r.l. new-co l’adeguata verifica va fatta (se non già presente e aggiornata): è una nuova prestazione professionale su operazione straordinaria avente ad oggetto beni/valori tipicamente > 15.000 euro; quindi, rientra pienamente nell’ambito di applicazione degli obblighi di adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo. Anche se il valore non fosse determinabile a priori (tipico delle perizie), le Regole tecniche chiariscono che l’AdV va comunque eseguita.​
  2. Se il cliente viene assorbito da una s.r.l. esistente e lei non svolge attività per quest’ultima ma si limita a fornire dati contabili al perito incaricato dall’altra parte, non nasce un nuovo rapporto professionale con la s.r.l. né un nuovo “cliente”: sta lavorando per il suo solito cliente. In generale, quindi, non deve aprire un’AdV autonoma per il perito o per la s.r.l. assorbente; deve solo: avere e mantenere aggiornata l’AdV sul tuo cliente (come sempre); se il perito è un professionista obbligato AML e ti chiede attestazione di adeguata verifica, può rilasciarla nei limiti dell’art. 26 e seguenti, come “terzo” che ha già svolto l’AdV, secondo le regole su ricorso a terzi.​

Quindi:

  1. sì, AdV sul cliente per la valutazione/apporto in new-co;
  2. no, nessuna nuova AdV solo perché un perito le chiede dati, ferma restando l’AdV ordinaria sul suo cliente e l’eventuale attestazione verso il collega se richiesta nei modi previsti.

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