COMMENTO
DI STEFANO SETTI | 17 DICEMBRE 2025
Quando un’impresa italiana riceve una fattura da un fornitore UE con IVA italiana o estera addebitata in modo improprio, si crea una situazione complessa che coinvolge sia la corretta applicazione del reverse charge sia gli obblighi di regolarizzazione previsti dal sistema IVA nazionale. Le irregolarità possono nascere da errori materiali, da scorrette qualificazioni dell’operazione o da divergenze tra normativa italiana e normativa dello Stato del fornitore.
Fatture UE con IVA italiana esposta: irregolarità derivanti da errore di qualificazione dell’operazione
Una delle situazioni più frequenti riguarda la ricezione, da parte di un soggetto passivo italiano, di una fattura emessa da un fornitore europeo con IVA italiana esposta, nonostante l’operazione debba essere tassata tramite reverse charge interno. Ciò accade spesso negli acquisti online quando il cliente non inserisce correttamente il proprio numero di partita IVA, inducendo il sistema del fornitore a trattare l’operazione come B2C anziché come B2B.
Il caso tipico è l’acquisto di beni da un fornitore UE con merce già presente sul territorio italiano: l’operazione è territorialmente rilevante in Italia ai sensi dell’art. 7-bis D.P.R. n. 633/1972 ed è il cessionario italiano a dover assolvere l’imposta tramite reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 2, D.P.R. n. 633/1972.
Quando il fornitore applica erroneamente l’imposta italiana, il primo passo è richiedere la nota di credito e la riemissione della fattura corretta tramite la posizione IVA estera del cedente.
Se ciò non avviene, il cessionario non può considerarsi esonerato dai propri obblighi: deve procedere alla regolarizzazione per evitare le sanzionipreviste dall’art. 6, comma 9-bis.1, del D.Lgs. n. 471/1997.
Al fine di non applicare le sanzioni sembra ragionevole ritenere che, ancorché l’Agenzia delle Entrate non sia intervenuta sul punto, si debba procedere con l’emissione di un’autofattura-denuncia (TD20), seguita da una integrazione tramite TD19, così da assolvere correttamente l’imposta nonostante l’errore del fornitore.
Applicazione del reverse charge nonostante l’IVA estera esposta: errori di territorialità
Un’altra casistica riguarda la ricezione di una fattura contenente IVA estera applicata erroneamente. Questo accade quando il fornitore non residente non qualifica correttamente il committente come soggetto passivo oppure non individua correttamente il luogo di tassazione.
La normativa italiana, confermata dalla circolare n. 28/E/2011, stabilisce chiaramente che l’IVA estera erroneamente esposta non esonerail cliente dall’obbligo di operare il reverse charge. Ciò significa che il documento estero non può essere trattato come un semplice “documento commerciale”, ma deve comunque essere integrato ai sensi degli artt. 17 D.P.R. n. 633/1972 e 46 e 47 del D.L. n. 331/1993.
In questo scenario, il punto critico riguarda la determinazione della base imponibile: se l’IVA estera è stata indicata per mero errore, essa diventa un costo e la base imponibile del reverse charge è costituita dall’importo totale della fattura. L’importo dell’imposta estera non può essere portato in detrazione, poiché essa non è “dovuta” ai sensi dell’art. 168 della Direttiva 2006/112/CE.
Fatture con IVA estera legittimamente applicata: divergenze normative tra Stati membri
Non sempre l’applicazione dell’IVA estera da parte del prestatore UE è frutto di un errore: in alcune circostanze la normativa dello Stato di origine può qualificare un servizio come territorialmente rilevante nel proprio Paese anche quando, secondo la disciplina italiana, sarebbe un servizio generico soggetto a tassazione nel luogo del committente (art. 7-ter D.P.R. n. 633/1972).
Esempi frequenti riguardano servizi fieristici, logistica, spazi espositivi o servizi relativi a beni immobili. Nonostante gli interventi europei volti ad armonizzare tali regole, permangono difformità.
In questi casi il committente deve valutare se presentare o meno domanda di rimborso dell’IVA estera. La scelta incide direttamente sulla modalità di applicazione del reverse charge:
- se chiede il rimborso, l’imponibile su cui calcolare l’IVA italiana è quello al netto dell’imposta estera;
- se non richiede il rimborso, l’IVA estera diventa un costo deducibile e la base imponibile del reverse charge coincide con il totale fattura.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 25/E/2010, ha confermato che l’IVA estera non recuperata può assumere natura di costo e come tale rientrare nell’importo sul quale calcolare l’imposta in reverse charge.
Fatture UE con IVA esposta e comportamento del cessionario: quando la regolarizzazione non è necessaria
La disciplina prevede un’ulteriore eccezione utile per il cessionario italiano: quando il fornitore UE, sebbene abbia sbagliato ad applicare il meccanismo di tassazione, abbia comunque versato l’IVA tramite registrazione nel proprio registro delle vendite, il cliente può evitare la regolarizzazione.
La circolare n. 16/E/2017 ha precisato che, in questo caso, la mancata regolarizzazione non comporta pregiudizi per l’erario italiano, poiché l’imposta è stata comunque assolta.
Il cessionario può quindi esercitare la detrazione dell’IVA esposta, mentre l’eventuale sanzione per errata applicazione del tributo resta in capo alcedente, responsabile in solido.
Si tratta di un’ipotesi particolare, applicabile soltanto quando il fornitore dispone di una posizione IVA in Italia e ha effettivamente adempiuto agli obblighi di liquidazione e versamento. In tutti gli altri casi l’autofattura resta obbligatoria.
Tabella riepilogativa
| Caso operativo | Corretto comportamento IVA | Base imponibile reverse charge | Note rilevanti |
| IVA italiana esposta da fornitore UE per errore | Richiedere nota di credito; se non emessa → TD20 + TD19 | Corrispettivo fattura | Sanzione potenziale art. 6, comma 9-bis.1 del D.Lgs. n. 471/1997 |
| IVA estera esposta per errore di territorialità | Reverse charge obbligatorio | Totale fattura (IVA estera = costo) | L’imposta estera non è detraibile |
| IVA estera esposta correttamente e richiesta di rimborso | Reverse charge obbligatorio | Imponibile al netto dell’IVA estera | L’imposta estera non entra nella base |
| IVA estera corretta ma senza richiesta di rimborso in quanto non possibile | Reverse charge obbligatorio | Totale fattura | L’IVA estera è costo deducibile |
| Cedente estero che versa l’IVA tramite sua posizione IVA in Italia | Reverse charge non necessario | N/A | Detrazione consentita; sanzione al cedente |
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 17;
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6.
- D.L. 30 agosto 1993, n. 331, conv. dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427, artt. 46 e 47.
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